Scripta manent
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Scripta manent

  1. 416 pagine
  2. Italian
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Scripta manent

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Informazioni sul libro

Corrado De Angelis e Roberto Palmieri sono acerrimi rivali di penna. De Angelis, un passato da neurochirurgo, è uno scrittore da premio letterario: i suoi romanzi polizieschi gli hanno procurato fama e fortuna. I libri di Roberto Palmieri, beniamino del pubblico ben prima che autore, vivono di luce riflessa. E vendono di conseguenza. Invitati a partecipare alla trasmissione televisiva Il Duello, i due scrittori si sfidano in diretta, firmando un contratto che li impegna a pubblicare il prossimo romanzo lo stesso giorno, così da misurare in tempo reale il successo dell'uno e dell'altro. Ma dopo il programma, dove nulla va come previsto, Corrado De Angelis scompare. Il mistero si infittisce quando una serie di rapimenti sembra ricalcare alla lettera i crimini narrati proprio nei thriller di De Angelis…

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Informazioni

Anno
2021
ISBN
9788858527146
Libro primo

Cacciatori

1° ottobre

L’intera sezione omicidi aveva accumulato sufficiente esperienza da anestetizzare il proprio lato umano. Chi si era fatto la scorza, chi aveva cambiato la percezione del prossimo, chi si era abituato alle brutalità del mondo. Ciascuno di loro difendeva la sfera privata da quella lavorativa, con un’unica eccezione. Uno di loro viveva in un unico universo, pubblico col privato, amici coi colleghi, morti ammazzati coi vicini di casa. Nel tempo era arrivato a non vedere alcuna differenza tra gli uni e gli altri, abbattendo una dopo l’altra tutte le sue difese. L’esposizione assoluta era per lui una forma di tutela estrema, se tutto poteva colpirti allora nulla poteva ferirti in maniera insopportabile. Per quell’uomo la vita era un’esperienza da attraversare in tutte le sue sfumature e l’uno aveva senso solo all’interno del tutto. Quell’uomo era Allen Guazzi.
Corrado De Angelis, Il peso della morte
*
Una nutrita rappresentanza delle stesse persone che una settimana dopo avrebbero atteso silenziose davanti all’ospedale si trovava al teatro 14 una settimana prima. Le luci erano basse. A un comando diventavano intense per cinque dieci secondi e poi si smorzavano lentamente, a cercare il “punto di confidenza”. In gergo televisivo si chiamava così quella penombra che faceva solo intuire il pubblico intorno ai due protagonisti della serata. Dava una bella sensazione a chi osservava da casa, quasi non si trattasse di una trasmissione televisiva ma di una riunione tra amici. In realtà Il Duello era un patinato contenitore di varie gradazioni di nulla, camuffato da programma di approfondimento di seconda serata. La sua unica ambizione era quella di far scorrere sangue, metaforicamente parlando, e superare a urlacci i decibel della pubblicità, piazzandosi così nella parte medio-alta dei dati di ascolto. Punto di forza era l’essere in diretta, consentendo agli spettatori di gettarsi nella mischia attraverso i social, in cerca dell’hashtag più becero. Gli ospiti e il pubblico appartenevano a due posizioni antitetiche, così opposte e inconciliabili che, a conforto degli autori, era impensabile un confronto civile. Nulla di pecoreccio come “scapoli contro ammogliati”, naturalmente, nessuna volgare derivazione dalla politica o dalla cronaca, mai più poi si sarebbe andati sullo sport, che come si sa eleva il corpo ma non lo spirito.
I due ospiti invitati a scannarsi erano sempre rappresentanti di una qualche forma d’arte. Lirica contro musica pop, cinema contro fiction, pittura su tela contro graffiti. O, come in questa puntata, letteratura alta contro letteratura bassa. In buona sostanza era la serata della disperazione, la più loffia della serie, sistemata in posizione strategica per fare meno danni possibile allo share. Parlare di libri in televisione era un suicidio, ma l’ammanto pretenzioso del «Duello» li obbligava a toccare anche questo tasto dolente. Il tema era scomodo e impopolare, e anche se i due invitati erano nomi di spicco e dai loro lavori erano stati tratti film e serie tv – il che rendeva il concetto di “scrittura” molto più glamourous – il rischio di affossamento c’era. Cercare di far ascolti con la letteratura era come giocare una partita a golf usando il bastone del nonno. A convincere regista, produttore e conduttore a mandar giù il male necessario era stata l’operazione di marketing che le due case editrici, ufficialmente rivali, portavano avanti in parallelo da mesi. Erano tempi di magra ed entrambe cercavano l’occasione di creare un evento che potesse anche pallidamente ricordare l’uscita dei best-seller all’estero, come Harry Potter nelle librerie inglesi, dove i futuri lettori si accalcavano davanti alle vetrine per poter acquistare la loro copia a mezzanotte in punto, il giorno dell’uscita. Ma il massimo che erano riusciti a ottenere era un compromesso squallido tra Sparta e Atene, un’uscita in contemporanea dell’ottavo libro di Corrado De Angelis e del quarto di Roberto Palmieri, cosa di cui, in realtà, non fregava niente a nessuno.
Quella sera sarebbe andata in onda una pantomima dove i due scrittori avrebbero dichiarato di voler stipulare un patto tra veri uomini, firmando l’autorizzazione a far uscire i propri lavori in libreria nello stesso giorno, il 10 ottobre, così da poter misurare in tempo reale il successo dell’uno e dell’altro. Un colpo di teatro goffo che alle menti più fini avrebbe suggerito l’assonanza tra accattivante e accattonante.
L’unica cosa seria di tutta quella messinscena sarebbe stata la firma del notaio che vincolava i due volumi in maniera imprescindibile. Era stato studiato un contratto ad hoc, identico per entrambi, sostitutivo di quello che normalmente si stipula prima della stesura di un libro, che necessitava della firma di tutti e due gli autori. Era stata un’operazione di marketing pompata al massimo in un periodo di fortuna, quando la terra se n’era stata buona, nessuna catastrofe era piovuta dal cielo, gli scandali stavano riprendendo fiato e la crisi era quella di sempre. Un momento buono in cui non c’era nulla di meglio di cui parlare. A quello si era arrivati, alla grancassa, chi fa più rumore vince, gli espositori nei supermercati erano la meta suprema: posti limitati da aggiudicarsi a ogni costo.
*
Corrado De Angelis aveva lavorato fino a cinquant’anni come neurochirurgo. La sua era stata una carriera senza ombre, era partito dalla gavetta fino a diventare primario in due diversi istituti privati. Non molto alto, segaligno, una vaghissima somiglianza con Edgar Allan Poe, non si era mai sposato né aveva convissuto, dedicando la vita al lavoro e a se stesso. Aveva viaggiato molto, era stato negli Stati Uniti per un paio di anni e diverse volte si era recato in Giappone per imparare l’utilizzo di alcuni macchinari che non sarebbero mai approdati in Italia. Tralasciando la partecipazione ad alcune trasmissioni televisive di carattere medico e una manciata di articoli su quotidiani e riviste, non aveva mai avuto grande visibilità per il pubblico non di settore. Inaspettatamente, nell’autunno di sette anni prima, aveva pubblicato un romanzo. Non si trattava di una science-fiction ambientata in un ospedale, come sarebbe stato lecito aspettarsi, anche se con la medicina c’era qualche attinenza.
Il libro raccontava la vita di un uomo semplice, un tecnico di obitorio che affiancava il medico legale di un fantomatico nosocomio milanese. Il tecnico si chiamava Allen Guazzi ed era sordomuto. Il piccolo universo che lo circondava, ricco di personaggi caratteristici, faceva da sfondo alle sue indagini, che si basavano sì su alcuni dettagli scientifici degni delle grandi fiction americane, ma soprattutto su un sesto senso tutto personale del protagonista. Contro ogni previsione il romanzo era stato un successo e De Angelis aveva incamerato un paio di premi prestigiosi. Tutti lo attendevano al varco con il secondo libro, ma questo, se possibile, ebbe ancora più successo del primo. Sull’onda dell’acclamazione popolare venne prodotta una fiction televisiva in cui Allen Guazzi veniva interpretato da un astro nascente del cinema, tale Biagio Redaelli. Il debutto della fiction fu il più seguito di quell’anno, la carriera di Redaelli venne definitivamente consacrata e anche il terzo romanzo fu campione di vendite.
De Angelis venne invitato in ogni trasmissione possibile per parlare di qualsiasi cosa, e la sua somiglianza nei toni e negli atteggiamenti con il proprio personaggio lo rese amatissimo dal pubblico. Allen Guazzi ebbe la propria voce su Wikipedia e cinque fan club, oltre a quello ufficiale. Ciò che il pubblico amava di questo personaggio era la caratura morale, la pulizia, la semplicità di ragionamento. Allen era sia un eroe positivo che un uomo comune, si imponeva contro modelli tracotanti, ipertrofici e distanti anni luce dalla gente. Agli occhi del pubblico era l’Uomo Giusto. Il 78 per cento degli intervistati di un sondaggio lo avrebbe votato perché li governasse e il 93 per cento delle donne lo avrebbe sposato. Ai primi tre romanzi seguirono altri quattro libri in cui Guazzi si scontrava a ritmi alterni con la sua nemesi, un misterioso cattivo che lo ammirava e nel contempo lo odiava. L’identità del nemico, aveva anticipato De Angelis, sarebbe stata svelata nel nono libro.
Solo che un nono libro non ci sarebbe mai stato.
*
La truccatrice tamponava i pochi punti dove la pelle di De Angelis sarebbe potuta diventare lucida. Così magro e con un incarnato tanto pallido e asciutto era quasi impossibile che avvenisse, ma lei si adoperò con professionale meticolosità. Il professore restava fermo mentre la sua scialba assistente gli leggeva a mezza voce alcuni dati. Avvertì una presenza in piedi accanto a sé e attese a occhi chiusi una parola che non arrivò. Apprezzò quell’attesa contornata di discrezione, era una qualità molto rara. Quando la ragazza ripose i tamponi e gli tolse il panno da sotto il mento, sollevò piano le palpebre e girò la sedia. Accanto a lui, c’era un uomo molto bello, elegante, in un completo grigio ferro. Forse il tessuto era impercettibilmente lucido, ma su quel giovanotto era un tocco di eccentricità accettabile, si sposava bene con i capelli rossi, di un riccio indeciso.
«Signor De Angelis, buonasera. Sono Flavio Aragona, il notaio.»
Strinse la mano che gli veniva tesa, con una leggera esitazione. Lo aveva chiamato “signor De Angelis”, non “dottore” o “professore”, come facevano tutti. Era una stranezza. Di norma gli avrebbe dato fastidio, ma fece un’eccezione.
«Felicissimo di conoscerla.»
«La mia presenza è richiesta sul palco da prima che la trasmissione inizi. Speravo di poter conoscere in anticipo sia lei che il signor Palmieri, ma sembra che sia in ritardo.»
«Oh, be’, vorrà fare un’entrata in scena spettacolare.»
«Glielo auguro.»
Il giovane sorrise. Aveva bei denti, sani. Anche la salute era merce rara e De Angelis lo apprezzò per la terza volta di fila. Si affrettò a dire qualcosa che potesse suonare gentile per un notaio, gente notoriamente povera di fantasia e interessi che non fossero i soldi, i testamenti e la compravendita di case, oltre a qualche sporadica apparizione in tv.
«Ha tutti i documenti che le servono? Perché nel caso la mia assistente...»
«Ho quanto mi serve. Buonasera, signora.»
Diede la mano anche alla donna, poi annuì verso entrambi, come a rispond...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Prologo
  4. Libro primo. Cacciatori
  5. Libro secondo. Prede
  6. Epilogo
  7. Ringraziamenti
  8. Della stessa autrice
  9. Copyright