La strada dell'inganno
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La strada dell'inganno

  1. 400 pagine
  2. Italian
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La strada dell'inganno

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Nella fredda oscurità delle strade di San Francisco, un uomo si sente braccato. Sa di avere i minuti contati: tutti quelli intorno a lui sono già morti. Corre, in cerca di un posto sicuro. Ma quando capisce come salvarsi, è troppo tardi.
Di lì a poco, il detective della Omicidi Frost Easton sente suonare il campanello. Aprendo la porta, non può nemmeno immaginare ciò che lo aspetta dall'altra parte. Non vedeva il suo vecchio amico Denny da dieci lunghi anni, e ora è lì, proprio davanti a lui. Ma sta morendo. Con tutto quello che ci sarebbe da dire, Easton può solo stringerlo tra le braccia, e sentirlo sussurrare una parola, l'ultima: Lombard...
Al detective è chiaro fin da subito che quella non sarà un'indagine come le altre. Lombard è la strada che attraversa San Francisco, definita la più tortuosa al mondo. La sua forma ricorda quella di un serpente. E, in giro per la città, hanno iniziato a comparire strani simboli, serpenti rossi, proprio nei punti in cui diverse persone sono morte. Tutto fa pensare all'opera di un serial killer. Se è così, bisogna fare in fretta. Perché i serpenti sembrano aumentare, giorno dopo giorno.
Per scoprire la verità, Easton dovrà riuscire a districare una fitta rete di conoscenze e segreti, che si estende dai quartieri più malfamati fino all'alta società di una San Francisco corrotta e pericolosa, dove quella parola, Lombard, passa di bocca in bocca, tra timore e reverenza. Un nome? Un messaggio? Quel che è sicuro è che c'è qualcuno, appostato negli angoli più oscuri della città, pronto a colpire di nuovo. Letale, come il veleno di un serpente.

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Informazioni

Anno
2021
ISBN
9788858527139

1

Denny Clark emerse da una nuvola di vapore nella fredda oscurità di Chinatown.
Il profumo di zenzero e limone e lo sfrigolare dell’olio bollente l’avevano seguito fino al vicolo. Le sue scarpe lasciarono impronte di sangue di maiale sul lastricato. Sbatté la porta metallica alle sue spalle, silenziando un coro di voci che sbraitavano in mandarino dalla cucina del ristorante. Con la fronte madida di sudore Denny respirava affannosamente e sbirciava nervoso tra le ombre. Su ciascun lato della strada lo sovrastavano sei piani di edifici di mattoni con scale antincendio aggrappate ai muri. I negozi di fronte a lui avevano le saracinesche abbassate e chiuse con lucchetti. Erano le dieci di un venerdì sera.
Era lì per dare un avvertimento, ma era arrivato troppo tardi. Mr Jin se n’era già andato. E anche il figlio. Erano tre lunghi giorni che nessuno li vedeva né aveva loro notizie.
Denny osservò le facce dei passanti. Due ragazze cinesi parlottavano con voci allegre mentre zigzagavano verso di lui in minigonna e tacchi alti. Una prostituta si stava occupando di un cliente calvo all’ingresso di un centro massaggi. A tre metri scarsi da loro un mendicante scopriva i denti gialli e sbatteva a terra una scodella di rame. Denny tirò fuori dalla tasca due o tre monete e gliele lanciò.
Afferrò nel palmo umido un telefonino. Si era scritto sul dorso della mano il numero di Zingari, perché sapeva che più avanti gli sarebbe potuto servire. Era difficile da decifrare: il sudore sulla sua pelle aveva fatto colare l’inchiostro. Digitò il numero e rimase in attesa. Nel ristorante affollato il telefono squillò con insistenza.
Alla fine rispose una voce impaziente. In sottofondo Denny sentì un clarinetto intonare un tema jazz.
«C’è Chester?» chiese Denny.
«Cosa?»
«Chester» ripeté Denny a voce alta e in tono sbrigativo, cercando di sovrastare il baccano. «Devo parlare con Chester.»
«Un attimo.»
Il chiasso del ristorante svanì. Fu messo in attesa e, mentre aspettava, strinse forte il cellulare. Gli tenevano compagnia i Maroon 5: dovette ascoltare Payphone fino al rap di Wiz Khalifa prima di sentire un’altra voce all’altro capo della linea.
«Sono Virgil. Mi dica.»
«Virgil, sono Denny Clark. Cercavo Chester.»
«Bene, bene, Denny. Quanto tempo, straniero. Com’è che negli ultimi tempi non mi hai più portato a fare qualche giro in barca? Sono ferito. Distrutto. Ho bisogno di un po’ di tequila.»
«Scusa, ma è importante. Devo parlare subito con Chester.»
“Devo avvertirlo” pensò Denny.
«Be’, sei arrivato tardi, amigo» rispose Virgil.
«Come? In che senso?»
«Chester ha levato le tende. Sgomberato. Ha tagliato la corda. Si è dato alla macchia. Ha deciso che San Francisco non era abbastanza cosmopolita per lui. Si è trasferito – pronto per la bomba? – a Pocatello, Idaho. Sempre che esista un posto con un nome del genere. Ieri ha mandato un messaggio al titolare e ha detto che vuole stare più vicino ai suoi. Incredibile. Nemmeno un drink di saluto.»
Denny era incredulo. «Ne sei sicuro?»
«Ho il bancone proprio davanti a me. La nuova barista è una morettina dark piena di tatuaggi.»
«Okay. Grazie, Virgil.»
Denny riagganciò. Strinse le dita in un pugno e se lo premette sulla fronte. Intorno a lui tutto crollava a pezzi. Chester non si era trasferito in Idaho, questo era poco ma sicuro. Lo conosceva dal liceo e sapeva che i suoi genitori erano morti. Aveva mentito.
Chester se n’era andato.
Mr Jin e il figlio Fox se n’erano andati.
Proprio come Carla.
Carla, la sua ex moglie, che entrava e usciva dalla vita di Denny da una decina d’anni e l’aveva amato e odiato in egual misura. Si erano presi anche lei.
Tre ore prima era salito sul BARTa per andarla a trovare nel suo appartamento a Berkeley. La polizia era già fuori dall’edificio con quattro volanti e un’ambulanza. Suicidio, gli avevano detto. Il coinquilino l’aveva trovata nell’acqua rossastra della vasca da bagno. Carla si era praticata due profondi tagli verticali sui polsi ed era morta dissanguata.
Un’altra menzogna.
Carla non si era uccisa, non lo avrebbe fatto, non così. Da quando la conosceva, era sempre stata terrorizzata dalla vista del sangue. Se anche avesse voluto farla finita, avrebbe scelto un altro modo. E avrebbe lasciato un biglietto per essere sicura di farlo sentire in colpa.
No, era stata assassinata. Come tutti gli altri. Carla, Chester, Mr Jin e Fox. Per Denny poteva significare solo una cosa.
Lui sarebbe stato il prossimo.
Percorse a passo svelto il vicolo di Chinatown, diretto a nord. I muri di mattoni erano pieni di graffiti rossi e neri, e sul lastricato rotolavano sacchetti di carta vuoti. Striscioni con scritte in cinese sbatacchiavano al forte vento come bandiere. Superò un centro religioso; un negozio che vendeva erbe e ginseng; una fabbrica di biscotti della fortuna. Davanti a lui dei manifestanti battevano sui tamburi con un ritmo minaccioso.
Arrivato quasi a Jackson Street il suo sesto senso lo fece voltare. Si ritirò nell’ingresso di un palazzo, al riparo dalle luci al neon, e osservò la porta della cucina del ristorante di Mr Jin. C’era qualcosa di strano. In quegli istanti qualcosa era cambiato. Poi capì: il mendicante avvolto nella coperta era scomparso. Era svanito nel nulla non appena Denny si era allontanato.
Non poteva essere una coincidenza. Qualcuno lo osservava. Il suo nemico aveva occhi dappertutto.
Aspettò che la folla si diradasse, poi uscì dalla viuzza e si mise a correre. Fece uno scatto su per la collina, scansando bancarelle di frutta e ristoranti dim sum. Attraversò Jackson Street, facendo suonare i clacson delle macchine in coda all’incrocio. Si fermò all’angolo e si guardò le spalle. Le lanterne di carta appese per la strada illuminavano di una luce rossa le facce dei passanti. Si aspettava che qualcuno uscisse dalla fiumana per inseguirlo, ma non vide nessuno. Svoltò e si allontanò a grandi passi, con la testa china. Due isolati più in là, si girò di nuovo. E poi ancora. Continuò a camminare finché non trovò un altro vicolo, in un quartiere deserto e silenzioso.
Fece ancora una telefonata.
«Sono Denny» disse.
«Denny? Che c’è? Stai bene?»
«Sono tutti morti, cazzo. Li ha uccisi lui. Anche Carla. E ora sta venendo da me.»
Ci fu una lunga pausa. «Un attimo. Che cosa dici? Chi è morto?»
«Tutti, uno per uno» rispose Denny. «Tranne me. Manco solo io. Credi che mi lascerà andare?»
«Dove sei adesso?»
«A Chinatown.»
«Ti vengo a prendere.»
«Tu?» disse Denny. «No, non credo proprio. Sei tu che mi hai messo in questa storia.»
«Senti, trova un posto dove nasconderti, tra mezz’ora sono lì.»
Denny non rispose. L’unico suono in quella strada era il fischio rantolante del suo stesso respiro. Rimase accanto a un negozio di vestiti di seconda mano e osservò il quartiere spettrale oltre l’angolo. Un lampione illuminava il marciapiede accanto a lui, ma quello di fronte era buio. Poi nell’oscurità una fiamma si accese e si spense, e nell’aria si diffuse dell’odore di sigaretta.
Non era solo. Gli stavano di nuovo alle calcagna.
Denny fissò il telefono che aveva in mano. «Stai tenendo traccia dei miei spostamenti?»
«Che cosa?»
«Mi hai dato tu questo telefono. Gli hai detto dove trovarmi?»
«Denny, non dire assurdità. Io posso proteggerti.»
«È stata tutta una trappola, vero?» insistette Denny. «Tu lavori per lui. Hai pianificato tutto sin dall’inizio.»
«No, fermo, ascoltami…»
Denny scagliò a terra il telefonino, che si ruppe in mille pezzi. Fece uno scatto verso la fine del vicolo. Quando arrivò alla strada successiva, lanciò un’occhiata dietro di sé. Nel punto in cui aveva parlato al telefono una sagoma solitaria lo osservava tra due palazzi. Lo sconosciuto non mosse neanche un muscolo per inseguirlo, come se sapesse che Denny non aveva vie di fuga. Denny corse alla velocità massima che il suo cuore impazzito gli consentiva. Attraversò Powell Street e si inerpicò per l’isolato successivo fino a Mason, dove i vagoni del tram si susseguivano in una lunga fila. Si era lasciato Chinatown alle spalle. Ora si trovava nel quartiere di Russian Hill. Da lì le strade puntavano dritte al cielo, ripide come sentieri di montagna.
Aveva il ventre e le gambe doloranti. Gli tremavano le cosce. Non riusciva più a correre. Mentre si piegava esausto e si afferrava le ginocchia, sentì qualcosa sfiorargli la testa così vicino da scompigliargli i capelli. Una scheggia di proiettile colpì il muro di cemento dietro di lui. Non c’erano stati botti, fumo o esplosioni, ma qualcuno gli aveva appena sparato e l’aveva mancato.
Si voltò. A metà dell’isolato, nell’oscurità, una figura minuta camminava adagio verso di lui. Teneva in mano una pistola con una strana canna allungata. Una pistola ad aria compressa. Silenziosa. Letale.
C’erano solo loro due in quella strada. Denny e l’uomo che da lì a poco l’avrebbe ucciso.
Barcollò fino alla fine del vicolo cieco di fronte a lui, dove una scala si inerpicava in un parco fino alle alture di Russian Hill. Dietro di lui i passi precisi, composti, rilassati si facevano sempre più vicini. Udì un altro leggero scoppiettio e un fruscio d’aria, ma questa volta sentì un pizzicore al collo simile a una puntura d’ape. Si diede una pacca sulla pelle come se volesse schiacciare un insetto. Quando si guardò le mani, vide una striscia di sangue. Una piccola scia, non il fiotto dirompente di una ferita da arma da fuoco. Lanciò un’occhiata alla collina sotto di lui e vide l’uomo a meno di venti metri di distanza, che lo osservava tranquillo.
In attesa.
Denny si sfregò il sangue fra le dita finché non si seccò. Inspirò ed espirò. Si disse che stava bene, ma in un angolo della sua mente sapeva che non era affatto vero. Sarebbe morto come gli altri. Aveva la tentazione di sedersi sui gradini e aspettare l’ineluttabile. Le vette di Russian Hill incombevano su di lui come l’Everest, e aveva quasi esaurito le forze.
Ma conosceva una persona che viveva lassù, praticamente tra le nuvole. Un tempo era stato come un fratello per lui, ma erano anni ormai che non si parlavano. Non lo poteva più definire un amico, ma non era di un amico che aveva bisogno in quel momento.
Gli serviva un poliziotto.
Denny continuò a camminare. Ogni passo era una pugnalata nel fianco. Ansimava: si rese conto che gli mancava l’aria nei polmoni. Ma continuò a camminare. Arrivò fino alla salita di Taylor Street, alla base di un’altra collina, più ripida e minacciosa di quella precedente. Ma non si fermò. Man mano che saliva la città si apriva sotto di lui in uno spettacolo notturno di luci. Vide la Coit Tower. Vide la Transamerica Pyramid. Il Bay Bridge era una striscia di luce bianca.
Erano passati venti minuti da quando era stato punto. L’uomo che gli aveva sparato non si era nemmeno preso la briga di seguirlo. Perché seguire un morto?
Denny cominciò a notare gli strani segnali che gli mandava il suo corpo. Sentiva le membra intorpidite. Aveva la lingua gonfia e dura. La sa...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. LA STRADA DELL’INGANNO
  4. 1
  5. 2
  6. 3
  7. 4
  8. 5
  9. 6
  10. 7
  11. 8
  12. 9
  13. 10
  14. 11
  15. 12
  16. 13
  17. 14
  18. 15
  19. 16
  20. 17
  21. 18
  22. 19
  23. 20
  24. 21
  25. 22
  26. 23
  27. 24
  28. 25
  29. 26
  30. 27
  31. 28
  32. 29
  33. 30
  34. 31
  35. 32
  36. 33
  37. 34
  38. 35
  39. 36
  40. 37
  41. 38
  42. 39
  43. 40
  44. 41
  45. 42
  46. 43
  47. 44
  48. 45
  49. 46
  50. 47
  51. 48
  52. Nota dell’autore
  53. Ringraziamenti
  54. Copyright