Tutto ma prete mai
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Tutto ma prete mai

Una storia di ribellione e d'amore

  1. 304 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Tutto ma prete mai

Una storia di ribellione e d'amore

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Informazioni sul libro

«Tutto, ma prete mai» è la frase che Davide si ripete spesso, negli anni in cui cerca la sua strada, incerto fra il richiamo di un impegno dedicato ai più deboli e la vocazione a una scelta spirituale. La ripete fuggendo dal seminario, ferito da un modello educativo autoritario e privo di affettività. E poi quando i profondi sentimenti per una ragazza gli fanno immaginare una vita di coppia in una comunità missionaria, e ancora nei momenti in cui il buio e il deserto invadono la sua anima. Ma la spinta verso una vita consacrata resta forte, nonostante i tentativi di ignorarla o combatterla. Inizia per lui una lunga lotta interiore, che racconta in questo libro in una confessione coraggiosa, a cuore aperto, senza nascondere gli errori, le fragilità, i passi falsi e i ripensamenti, pieno di gratitudine per i tanti incontri importanti, le prove e gli insegnamenti che lo hanno guidato sulla strada giusta.
Oggi don Davide vive con gioia da sacerdote nella comunità di Nuovi Orizzonti e da anni si occupa di ragazzi "difficili". Per loro, e per i tanti giovani che cercano il loro posto nel mondo, ha deciso di condividere la sua esperienza, quella di un ragazzo irrequieto e un po' ribelle che voleva essere padrone della propria vita e poi ha accettato di lasciarsi condurre da Dio.
Una storia - insolita, appassionante e commovente - che parla della fatica di crescere e di riconoscere la propria vocazione, quale che sia; dell'importanza di avere dei maestri e dei modelli da seguire; della felicità che viene dall'affidarsi a chi ci ama sopra ogni cosa.

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Informazioni

Anno
2021
ISBN
9788858526415
Categoria
Religion

POST-VOCAZIONE

Molte cose,
non è perché sono difficili
che non osiamo farle,
ma è perché non osiamo farle
che sono difficili.
LUCIO ANNEO SENECA

Ciò che amiamo necessita di cura e protezione

Dio non gioca con noi a fare il burattinaio. Se sbagliassimo in buona fede, farebbe concorrere a un bene maggiore ogni nostro passo falso. Affinché questo avvenga serve davvero cercare la sua volontà, mettendo Dio al primo posto, pronti a perdere se stessi e disposti a fare tutto il necessario. Per ridurre i margini di rischio è importante imparare dai propri errori, diventando più prudenti e imparando a fidarci un po’ di più di noi stessi. Troppo volte è difficile trovare il giusto equilibrio tra l’ascolto del proprio cuore e il fare tesoro dei consigli di chi è più avanti di noi nel cammino. Sicuramente è fondamentale cercare un autentico discernimento, puntando a un’umiltà che diventa una condizione privilegiata per essere in ascolto della voce di Dio grazie alla preghiera del cuore. E se avremo fatto tutti i passaggi necessari mettendoci davvero in gioco, anche se si cadesse in errore, sono convinto che, magari con qualche deviazione e disavventura, si giungerà a destinazione.
La vita è sempre imprevedibile. Per questo è bene attrezzarsi al meglio. Per tutti prima o poi arrivano momenti di aridità tali da mettere in discussione anche le più solide convinzioni o le più alte esperienze spirituali. In quei frangenti bisogna rimanere fermi e risoluti, continuando a procedere come se nulla fosse cambiato, attendendo che la tempesta passi, per ragionare poi a bocce ferme e non sotto l’impulso emotivo. L’acqua smossa dalle onde non ci permette di vedere con chiarezza e solo quando torna la bonaccia è possibile scrutare il fondale. Per un consacrato è fondamentale ancorarsi anche all’obbedienza, non come giogo o deresponsabilizzazione, ma come esercizio della propria libertà e come atto di umiltà che dà la garanzia di non lasciar prevalere il proprio ego. Chiaramente mi riferisco a un esercizio corretto di obbedienza dialogante, avendo l’accortezza di non avere guide cieche che guidano altri ciechi1. Chiara ci ha insegnato che l’umiltà, l’unità e l’obbedienza ci rendono “fortezze inespugnabili” come Maria.
Dopo il periodo romantico dell’innamoramento arriva sempre il tempo della maturità, nel quale si è chiamati a confermare i propri sentimenti anche senza la sensazione di farfalle nello stomaco. L’innamoramento dura un tempo limitato e prima o poi svanisce. In quel periodo unico e magico – per la coppia o per chi vive la scoperta dell’incontro con Dio – si vive tutto sotto effetto di una spinta che conferisce come dei superpoteri. Si percepiscono segni e conferme, ci si capisce al volo reciprocamente, tutto di lei/lui o della propria realtà religiosa è meraviglioso e non c’è interesse per nessun altro e nient’altro. Quando questa fase termina svaniscono anche i superpoteri e i piccoli difetti o incongruenze iniziano a pesare. Inizia il banco di prova dell’amore.
Se in una coppia non si fa la fatica reciproca di capire come l’altro si aspetti di essere veramente amato e non ci si esercita in questo, custodendo i tempi necessari per coltivare la relazione e verificarsi, è sicuro che prima o poi i due naufragheranno. Se una persona che vuole rimanere nell’amore di Dio inizia a scendere a compromessi, a non custodire la propria vocazione o a non ricaricare il cuore pregando con fedeltà, donandosi nell’apostolato che genera vita, prima o poi per inerzia si spegnerà, perdendo la propria identità. Ogni vocazione necessita di cura e nutrimento. L’amore chiama amore. Non basta dare un orientamento alla propria vita perché è sicuro che prima o poi arriveranno tempi di deserto e bivi ardui che potrebbero mettere tutto in crisi o diventare il ponte di lancio per una rinnovata scelta.
È possibile smettere di commettere sempre gli stessi errori? Forse no, ma è sicuramente possibile imparare a ridurre i margini di errore e a evitare certe situazioni pericolose. «Fratelli, cercate di render sempre più sicura la vostra vocazione e la vostra elezione. Se farete questo non inciamperete mai»2. Se ci tieni davvero al tuo rapporto di coppia o al tuo cammino con Dio, cerca di rendere sempre più sicura la tua vocazione. Impara a capire cosa ti fa bene e cosa ti è nocivo. «Tutto mi è lecito ma non tutto mi giova»3.
Innanzitutto, considera la tua chiamata un’elezione: Dio si fida di te a tal punto da mettersi nelle tue mani! Dio si fida di te a tal punto da donarti quest’uomo/donna come anima gemella da amare e custodire! Dio si fida così tanto di te da affidarti un suo figlio nella paternità/maternità! Quanta fiducia! Quanto Amore! Tutti noi abbiamo una “missione” nella vita e a volte ne abbiamo più di una. Amiamola, custodiamola e alimentiamo quella fiamma che riscalda il nostro cuore e dà senso ai giorni della nostra esistenza. Dipende da noi. «Omnia vincit amor et nos cedamus amori» – “L’amore vince tutto, arrendiamoci anche noi all’amore”4.
Un passo indispensabile è acquisire sempre maggiore consapevolezza di sé e della propria missione. Un serio cammino di verità interiore è un percorso faticoso che non ha mai fine. L’ho compreso a mie spese arrivando a fare quello che Chiara chiama passaggio di “ciak interiore” tra l’io ideale e l’io reale, ovvero con dolorosi momenti di verità con me stesso e parti di me che non volevo guardare e di cui spesso ero ignaro. A volte si è trattato di contattare parti oscure della mia storia o aspetti del mio carattere, altre volte ha significato guardare in faccia le mie miserie o i miei bisogni. Tutto questo serve per evitare che siano le ferite, le paure condizionanti o i bisogni non riconosciuti a farci agire inconsciamente in una direzione contraria rispetto alla meta della nostra piena realizzazione.
Ad esempio, grazie a questo continuo percorso di contatto con me stesso, ho imparato a non presumere troppo di me, evitando di schiantarmi in piena corsa contro un muro, come più e più volte mi è accaduto. Se impari a conoscerti, l’unica via per non farti nuovamente del male è evitare di esporti in situazioni dove già sai di non poter avere il controllo. La vittoria o la sconfitta sono frutto di diverse scelte che le precedono. Se sei intrappolato nei social e perdi ore preziose della tua vita perché ne sei dipendente, esci ed elimina i tuoi account. Ne gusterai i benefici occupando quel tempo per investire energie in ciò che ami: passioni, sport, musica, arte, lettura e amicizie reali. Se non sai gestirti al bar, cambia compagnia o non andarci più. Se hai relazioni ambigue o negative, chiudi e blocca quei contatti. Circondati di persone sane e positive che vogliono il tuo bene e che ti dicono cosa pensano davvero.
Nulla è più potente della verità, perché ci rende liberi5. Questa stessa verità non solo è liberante, ma ti permetterà di essere sempre di più te stesso, imparando ad amarti perché potrai fare esperienza di essere amato realmente. Quando ho avuto il coraggio di mostrarmi per ciò che sono ad alcune persone fidate, mi sono sentito amato in quanto “Davide” nella mia totalità ed essenza. È un’esperienza unica! Se continuiamo a indossare delle maschere, per quanto sottili possano essere, non ci sentiremo mai amati per chi siamo davvero. Aver condiviso le mie paure e le mie fragilità mi ha anche reso più forte. Chiara usa questa bella immagine: le tenebre messe alla luce diventano luce. È proprio vero. Perdono forza.
Fai tutto ciò che puoi per proteggere ciò che ami. Coltiva la tua vocazione/missione come una pianticella. Custodiscila, alimentala e prima di tutto impara ad amarla. Bisogna lottare per ciò che si ama. A volte passerai per stupido, idealista, romantico, illuso o sognatore, ma tu sarai sereno e felice di guardarti allo specchio.
E quando nel proprio percorso si fallisce? E quando si ricade sempre nei soliti errori, incapaci di tenere fede ai propri propositi? Non essere né troppo duro né troppo indulgente con te stesso. Ciò che conta è che cerchi di fare il massimo possibile partendo dal tuo reale punto di partenza, provando sempre a migliorarti. Non si può chiedere a se stessi o agli altri più di ciò che si può dare, ma non è corretto neppure accontentarsi del minimo. In medio stat virtus – la virtù sta nel mezzo.
Per imparare la prudenza Chiara mi ha consegnato questa frase sapiente: «Fugi longe, cito, semper» – “Fuggi lontano, subito, sempre”. Appena una delle tre condizioni viene meno, la caduta è assicurata. Valgono solo se messe in atto tutte e tre in contemporanea. Fuggi da quella situazione/persona nociva, lontano, subito e sempre. Ma soprattutto impariamo dai nostri errori e ricordiamoci che finché c’è vita c’è speranza. Non è un modo di dire. Il Signore ci assicura che non si stanca mai di noi: «Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me»6. In qualsiasi momento possiamo accoglierlo e Lui può prendere dimora stabile in noi. Dio non ci violenta mai: sta alla porta e bussa. Si tratta di una porta che ha una maniglia sola e questa sta all’interno: sta a noi aprirla. Se lo facciamo Dio può sempre compiere con noi un capolavoro ineguagliabile.
In mezzo alle difficoltà, riparti dal far memoria della motivazione che ti ha portato a fare la tua scelta, da ciò che ti ha fatto innamorare della tua missione e ritorna con il cuore e la mente alla scintilla originaria. Il fuoco potrebbe tornare ad accendersi all’improvviso.
Tutta la varietà,
tutta la delizia,
tutta la bellezza della vita
è composta
d’ombra e di luce.
LEV TOLSTOJ
1. Cfr. Matteo 15, 14.
2. 2 Pietro 1, 10.
3. 1 Corinzi 6, 12.
4. PUBLIO VIRGILIO MARONE, Bucoliche X, 69.
5. Cfr Giovanni 8, 32.
6. Apocalisse 3, 20.

Un salto nel vuoto

Non è dunque affatto certo
che tutti desiderino essere felici,
perché chi vuol avere gioia,
ma non da te che sei la sola felicità,
non desidera davvero la felicità.
SANT’AGOSTINO
Il mio cammino è stato incidentato e pieno di sorprese, mai lineare. Credo comunque che tutto ciò che viviamo, anche i nostri errori, possono concorrere a un bene maggiore, se col cuore si continua a desiderare la volontà di Dio senza scoraggiarsi mai e rialzandosi sempre. Per descrivere il mio stato d’animo prima del grande passo del diaconato, cito una scena del film Indiana Jones e l’ultima crociata, quando Harrison Ford compie la terza prova per raggiungere il santo Graal, chiamata “il balzo della fede”. Davanti al protagonista c’è solo una via per poter proseguire: uno strapiombo troppo largo perché lo si possa superare con un salto. Non sapendo cosa fare e ripetendo a bassa voce il nome della prova, Indiana Jones la supera mettendo una mano sul petto e muovendo un primo passo nel vuoto, avanzando a occhi chiusi. A quel punto il suo piede tocca un ponte invisibile che gli permette di andare oltre. Non ho fatto una scelta definitiva perché fossi certo di farcela, ma semplicemente perché avevo sentito con chiarezza che il Signore mi chiedeva quell’atto di fede.
Il giorno del diaconato mi sono fidato completamente di Dio. Sul piatto della bilancia c’erano tanti elementi per dire razionalmente che la mia umanità non era idonea per il sacerdozio e altrettanti indizi e segni che invece mi confermavano. Nessuno può avere la certezza matematica per la propria vocazione, si arriva però a un’evidenza interiore che prevale su tutte le altre opzioni e ci spinge a compiere un salto in cui ci si consegna con fiducia, rendendosi vulnerabili e rischiando tutto. Secondo me non c’è un’altra via e modalità possibili. Solo il tempo e la concretezza della vita quotidiana potranno darci ragione o smentirci. «La realtà è superiore alle idee e il tutto è superiore alla parte.1» Avevo già firmato una cambiale in bianco con Dio, avendo lasciato casa, famiglia e affetti per seguirlo a Nuovi Orizzonti, ma in quel momento la mia chiamata stava prendendo forma anche in uno stato di vita specifico, assumendo il celibato prima del sacerdozio. Avevo in me tutte le paure di sempre ma sentivo che stavo rispondendo a una chiamata precisa e avevo chiaro che l’unico modo che avevo per vincere la paura era affrontarla.
Da quel giorno ho avvertito qualcosa cambiare in me, in particolare nel modo di vivere la celebrazione eucaristica e nella sensibilità del cuore, anche perché avevo da tempo iniziato a seguire un’indicazione datami da Chiara, che mi aveva suggerito di provare a conformarmi a Gesù giusto servo, meditando in particolare i carmi di Isaia2 per incarnarli nel quotidiano. Avevo speso molto tempo su Isaia 61, 1-4, che è un brano centrale per Nuovi Orizzonti:
«Lo Spirito del Signore Dio è su di me
perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione;
mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai poveri,
a fasciare le piaghe dei cuori spezzati,
a proclamare la libertà degli schiavi,
la scarcerazione dei prigionieri,
a promulgare l’anno di misericordia del Signore…».
Prima e dopo il diaconato ho provato a essere servo senza risparmiarmi, cercando di essere sempre in donazione, evitando sempre di giocare al risparmio. Ero arrivato stanco alla fine dell’anno ma con il cuore gonfio di gioia, facendo davvero esperienza che l’amore è tutto e che la vera gioia è donarsi nella gratuità. Ero così soddisfatto da essere compiaciuto di me stesso, ben lontano da quanto indica san Paolo: «Non valutatevi più di quanto è conveniente valutarsi, ma valutatevi in maniera da avere di voi una giusta valutazione, ciascuno secondo la misura di fede che Dio gli ha dato»3. Nel colloquio di fine anno con Chiara ebbi la presunzione di dire: «Mi sento così felice di me stesso che non avrei paura di morire in questo preciso momento». Dopo aver pronunciato quella frase si è letteralmente scatenato l’inferno. È come se il Signore avesse tolto la sua mano dalla mia testa per farmi capire di cosa sarei stato capace senza la sua Grazia. Ho iniziato a prendere una botta dopo l’altra, vivendo una situazione particolare che mi ha segnato, aprendo un vero e proprio vaso di Pandora con cui avrei dovuto fare i conti poi per molto tempo. Quell’estate mi hanno salvato gli impegni missionari che mi hanno costretto a restare in donazione e a servizio, insieme alla garanzia della fraternità che è anche una custodia e una protezione.
Dopo aver vissuto due grandi missioni, una a Marina di Ragusa e un’altra all’Isola d’Elba, dormendo per terra e andando ovunque con tantissimi giovani missionari, avevo ricevuto un’altra inaspettata comunicazione del vescovo Boccaccio: sarei stato ordinato sacerdote il 23 settembre 2006. Era davvero una data molto vicina. Ho avuto l’impressione che Dio avesse fretta con me, per prendermi letteralmente per i capelli cogliendo la mia apertura di cuore. Mi ero organizzato per tornare in Terra Santa per preparami in preghiera al Getsemani, ma a pochi giorni dalla partenza il viaggio era saltato, perché il 10 agosto 2006 un ventiquattrenne di Monterotondo (Roma), Angelo Frammartino, era stato ucciso a coltellate a Gerusalemme da un palestinese. Dispiaciuto per la tragica notizia, oltre ad aver pregato per quel povero ragazzo e la sua famiglia, mi ero dovuto riorganizzare, perché in quel momento non mi era possibile tornare in Israele. Avevo deciso che il luogo dove san Francesco ha ricevuto le stimmate era il posto ideale per me. Amavo sostare a La Verna in preghiera ed ero già stato lì per gli esercizi spirituali in preparazione al diaconato, immergendomi in solitudine a contatto con la natura nel bosco che avvolge il santuario.
In quei giorni avevo aperto il cuore ai miei genitori, consegnandogli cosa stavo viv...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. TUTTO MA PRETE MAI
  4. Introduzione
  5. PRE-VOCAZIONE
  6. PRO-VOCAZIONE
  7. VOCAZIONE
  8. VOC-AZIONE
  9. PROVOCAZIONI
  10. POST-VOCAZIONE
  11. GHOST CHAPTER
  12. Copyright