- 368 pagine
- Italian
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Non dire una bugia
Informazioni sul libro
Il nuovo thriller dell'autrice de LA RAGAZZA NEL PARCO
Quando il tuo sguardo è offuscato dall'amore, la verità è la cosa più difficile da vedere. Ellie Hatcher si è trasferita a New York da poco, e da poco lavora come detective al NYPD. Non ha ancora molta esperienza sul campo, ma il passato le ha già insegnato molto: a Wichita, nel Kansas, è cresciuta con un padre poliziotto che ha dedicato tutta la vita alla caccia di un serial killer, fino a morire in circostanze mai chiarite. Forse assassinato. O, forse, suicida. Anche se Ellie per molti anni si è rifiutata di crederlo.
Un suicidio accertato sembrerebbe invece il caso a cui sta lavorando adesso. Julia, una ragazza di sedici anni, figlia di una ricchissima famiglia dell'élite newyorchese, viene ritrovata nella vasca da bagno con le vene tagliate, nella splendida casa dei suoi genitori nell'Upper East Side. Nonostante il biglietto di addio, alcuni elementi - prime fra tutti le testimonianze di chi la conosceva bene - fanno pensare che non si tratti di un atto volontario. In questi casi Ellie sa di dover seguire il suo istinto, che le farà scoprire ben presto che Julia non era affatto la persona che sembrava. La detective sarà costretta ad ammettere che dietro il suicidio di una ricca adolescente annoiata c'è una storia più complessa e oscura. Perché, a volte, basta una semplice bugia per allontanarci da quelli che ci vogliono bene, e da noi stessi. E Julia, di bugie, ne aveva dette parecchie.
Domande frequenti
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Julia
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Nuovi iniziConfessioni di una sopravvissuta3.14 DEL MATTINOSono passati vent’anni, eppure alle 3.14 di questa notte ho urlato nel sonno. Probabilmente non me ne sarei accorta se non fosse stato per la leggera gomitata di mio marito, l’uomo stanco e paziente che deve accontentarsi di fare congetture sulla causa dei continui incubi di sua moglie, dato che lei non gli ha mai fornito una vera e propria spiegazione.Ho notato dell’incertezza sul suo viso stamattina. Sorseggiava un caffè ormai quasi freddo, io me ne sono versata una tazza fumante al bancone e ho portato a tavola la caraffa per offrirgli un secondo giro. Ma la sua incertezza non era dettata dall’impossibilità di comprendere il motivo delle mie grida notturne – quello è un sentimento che non lo abbandona mai –, quanto piuttosto dal non sapere se sollevare o meno la questione. Devo chiederle qualcosa? O è meglio non scavare, lasciare che certe cose restino al loro posto?In quel momento ho provato uno slancio di affetto per lui. Perché mi ama abbastanza da preoccuparsi, e si preoccupa abbastanza da lasciare che il non detto resti tale. Così, anche se avrei preferito sfogliare il giornale e commentare con lui i titoli più interessanti prima di vederlo scappare al lavoro, gliel’ho detto.Ho urlato nel sonno alle 3.14 perché vent’anni fa – più di metà vita fa – un uomo entrò nella mia camera e cambiò per sempre la mia infanzia. Non lo sentii aprire la porta, ma percepii la sua presenza. Forse fu il sottile fascio di luce che penetrava nella stanza dal corridoio insieme al suono dei suoi passi. O forse semplicemente il fatto che sapevo da mesi che quel momento – una notte o l’altra – sarebbe arrivato. Quando aprii gli occhi lui era lì. Un ospite sgradito, ma non inatteso.Mi aspettavo che dicesse qualcosa, che offrisse una debole scusa per essere entrato nella mia camera, o persino che tentasse una frase di approccio trita e ritrita, come se avessimo una relazione segreta. Invece non disse niente. Percorse in silenzio i quattro passi che separavano la porta dal letto. Evidentemente non valevo nemmeno qualche parola.Avrei voluto gridare, colpirlo, fargli male. Ma era come se una parte del mio cervello avesse già deciso per me... Anzi, mi sentivo come se una decisione fosse stata presa per entrambe: la me in quella stanza e la vera me, che assisteva alla scena dall’esterno. Né io né lei avremmo gridato. Non ci saremmo difese. Avremmo fissato la sveglia sul comodino e aspettato che quella notte finisse.Ricordo di aver guardato quei numeri rossi e squadrati, di aver riflettuto su come si poteva comporre ogni cifra illuminando varie combinazioni di sette linee dritte che formavano due quadrati uno sull’altro. E in quel momento sul display si leggeva “3.14”. Le tre e quattordici del mattino.Le stesse cifre che questa notte, dopo la gomitata di mio marito, si prendevano gioco di me dal comodino. Quando me ne sono accorta, ho pensato che avrei preferito che mi lasciasse gridare senza svegliarmi, in modo da concedermi di non rendermi conto che, malgrado sia passato così tanto tempo, il mio corpo e la mia mente appartengono ancora, almeno in parte, a quell’uomo e a quella notte.Sono passati vent’anni da quando ho guardato fisso quella sveglia. Dieci da quando ho sposato un uomo disposto a sorvolare sulla mia occasionale tendenza a scoppiare a piangere mentre facciamo l’amore. Sette mesi da quando ho pensato di essermi ripresa abbastanza da iniziare questo blog. Centoquarantatré post sulle mie esperienze da sopravvissuta. Settantaduemilaottocentonovanta parole, non che stia tenendo il conto.Ed è bastato svegliarmi gridando alle 3.14 di questa mattina per sentirmi di nuovo una vittima.Ma al mio amato, dolce marito che stava finendo il caffè prima di andare al lavoro non ho raccontato tutto questo. Sono riuscita a dire soltanto: «Ho fatto un brutto sogno, tesoro. Penso che fosse legato alle cose che mi sono successe da piccola».E poi, dopo averlo salutato con un bacio e averlo guardato scendere le scale della nostra villetta con la ventiquattrore in mano, sono salita di sopra. Ed eccomi qua seduta alla scrivania, adesso, a mettere nero su bianco la verità che nemmeno dopo vent’anni ho il coraggio di confessare alle persone che mi amano.
Se pensi che quella notte di vent’anni fa sia stata brutta, aspetta solo di vedere cosa ho in mente. Non ricorderai più soltanto un orario sull’orologio. Forse un giorno sul calendario, se sei fortunata. Forse una settimana. O magari ti terrò impegnata per un mese. Ma una cosa è certa: non vivrai abbastanza da riuscire a raccontarlo.
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Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- NON DIRE UNA BUGIA
- PARTE PRIMA. Julia
- PARTE SECONDA. Ramona
- PARTE TERZA. Casey
- PARTE QUARTA. Adrienne
- PARTE QUINTA. James Grisco
- PARTE SESTA. Quattro settimane dopo
- Ringraziamenti
- Copyright