L'astuzia del Coronavirus
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L'astuzia del Coronavirus

Una riflessione filosofica intorno alla pandemia

  1. 50 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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L'astuzia del Coronavirus

Una riflessione filosofica intorno alla pandemia

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Informazioni sul libro

Il fatto che il virus ci abbia colto così di sorpresa dimostra forse che il nostro sistema razionale e tutto il pensiero occidentale siano stati poco utili o inefficaci? Senaldi riflette sulla nostra condizione umana e su cosa ci insegna la filosofia durante questo tempo di clausura in cui i nostri riferimenti culturali, cognitivi e filosofici vengono messi a dura prova.

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Informazioni

Anno
2020
ISBN
9788858524442

I

«Le tragedie, come i quadri,
vogliono la giusta distanza.»
ENNIO FLAIANO
Come diceva un grande italiano: «La situazione è grave, ma» aggiungeva con ironia «non è seria»1. Se l’attuale pandemia è certo una grave tragedia, è difficile non ammettere che essa è anche bizzarramente priva del primo requisito di un fatto tragico, che dovrebbe precederlo e confermarne la vera natura, cioè la serietà. Le cose serie, come compostezza, riserbo, sobrietà, sono diventate rare, lasciando il campo a confusione, clamore e tantissimi interventi, sovente di segno opposto, in un disordine di cui il principale responsabile non è che lui, il virus. Ma che cos’è, o meglio, “chi” è questo virus? Benché sia stato bollato con una serie mortificante di epiteti, da bastardo a maledetto, da subdolo a malvagio, mi ha colpito il modo con cui l’ha definito una mia collega, purtroppo esperta in materia, dato che se l’è pure preso: «È scaltro» mi ha confessato. Ecco, oltre a essere (ovviamente) malefico e pericoloso, questo virus sembra manifestare non solo una qualche forma di intelligenza, ma persino una sorta di gusto perverso nello scompigliare la nostra vita. E se l’astuzia, un tempo, connotava una Ragione talmente elevata da potersi permettere di essere anche “furba” oltre che razionale, il Coronavirus ci porrebbe di fronte a una inedita «astuzia della (s)ragione»2 che sta invece più in basso di tutte le strategie umane messe in atto per fermarlo. Insomma, maledetto e insieme perversamente astuto (non male, per un affarino di 120 milionesimi di millimetro).
Non ci tengo a sembrare cinico tessendo le lodi di un male che tante vittime ha mietuto, tra cui anche amici personali. Io stesso, nel momento in cui scrivo, non so se quel malessere che ho provato a metà febbraio fosse un semplice raffreddamento o una forma leggera di infezione. E forse, visto che è passato del tempo e i controlli sono giustamente riservati ai casi gravi o a chi opera negli ospedali, non lo saprò mai.
Ma la novità della cosa e insieme la sua eccezionalità ci devono spingere a considerare i fatti con un minimo di distacco, da una prospettiva non solo sanitaria, ma anche più ampia, e forse compiutamente filosofica. E bisogna ammettere che questo virus è così filosoficamente furbo che chiunque si azzardi a dirne qualcosa, viene ridicolizzato non dai propri detrattori, ma dai fatti stessi. Valenti virologi, a un mese dalla sua comparsa in Cina, dichiaravano pubblicamente che non sarebbe mai arrivato in Italia, salvo poi essere tra i primi a ribadirne l’estrema pericolosità, una volta conclamata l’epidemia nel nostro paese3. Segretari di partito, presidenti di regione, o entrambe le cose, insieme a sindaci, assessori, politologi e professori, che all’inizio avevano optato per la politica del “#nonsiferma” (#milanononsiferma, #italianonsiferma, ecc.), hanno pagato la loro leggerezza con la smentita più bruciante e inconfutabile, cioè il contagio; cosa accaduta peraltro anche a (apparentemente) “intoccabili” altezze reali o a star del cinema e della televisione, nonché a primi ministri (Boris Johnson), a viceministri della sanità (come l’iraniano Iraj Harirchi), e a tanti altri, che credevano di poterlo sottovalutare. E i loro nemici politici giurati, che in altri tempi ne avrebbero sbandierato i plateali errori, beffeggiandoli, li hanno piuttosto compatiti con muta costernazione, giacché non solo alcuni avevano già contratto l’infezione, ma cresceva in loro, più che la solidarietà, il terrore di fare la stessa meschina figura pubblica.
Però, si dirà, sul fronte delle misure prese, le cose sono andate diversamente: il governo italiano, infatti, ha coraggiosamente stabilito un blocco della popolazione senza precedenti nella storia dal dopoguerra a oggi, che ha fatto scuola nel mondo. Purtroppo però, anche queste scelte, oltre a essere state comunicate in modo non sempre lineare, hanno trascinato con sé conseguenze paradossali. Il governo italiano, seguito in questo da molti altri, ha dovuto ricorrere ad acrobazie giuridiche per ottenere l’obbedienza dei cittadini e limitarne la libertà di movimento, promulgando diversi decreti la cui validità costituzionale è opinabile, e che ha ingenerato una serie ormai leggendaria di perplessità, lasciandoci spesso nell’incertezza più totale (quanto ci si possa allontanare da casa con un cane, quanto possano correre dei bambini, quante volte, e persino per quali prodotti!, sia lecito fare la spesa, e via a seconda delle casistiche). Non a caso alcuni hanno parlato di «stato di eccezione» permanente, altri di «decreti fuorilegge»4. Il virus, in sintesi, è riuscito laddove schiere di attivisti avevano sollevato le loro critiche invano, cioè portare a contraddizione gli esecutivi democratici occidentali, costringendoli a emanare decreti “totalitari” proprio in nome della salvezza del “popolo”, dimostrando così implicitamente che la “libertà” non è sempre il valore più alto su cui si fondano5. Ma non si può negare che, al contrario, lo stesso virus sia riuscito a costringere anche il “totalitario” governo cinese a confessare democraticamente (anche se controvoglia e in modo parziale) la verità su un’epidemia che, se l’avesse potuta controllare, avrebbe certo cercato di nascondere al proprio popolo e al resto del mondo6. E sempre il virus ha costretto il “liberista” governo statunitense a riformare in tutta fretta il proprio sistema sanitario nazionale, notoriamente classista e razzista, adottando (almeno in parte) misure “sociali(ste)”, se non altro per evitare la catastrofe (il 69 per cento della popolazione a reddito minimo non ha diritto al congedo per malattia e quindi va a lavorare anche se contagiata)7.
Ma persino sul piano delle misure cautelative strettamente sanitarie, il virus ha soffiato la sua sferzante ventata di sovversione. All’inizio, si sono impiegate in Italia misure pomposamente eccezionali per il rientro di un giovane dalla zona cinese del contagio, con sistemi di biocontenimento militare rivelatisi inutili (era negativo)8; poi si è minimizzata la funzione delle più modeste mascherine igieniche (che invece ora sono considerate irrinunciabili), per evitare accaparramento e isteria collettiva, ma di fatto perché non erano disponibili in grandi quantità o, addirittura (con una leggerezza forse fatale) «per non spaventare le persone»9. È stato notato che molti casi sono stati curati con successo, dimostrando che la scienza medica può dominare tecnicamente l’epidemia, ma la raffica di decessi nelle case di riposo per anziani (dovuta a negligenza, omissioni, storture organizzative) rivela invece anche qui la capricciosa tirannia del virus, capace di vanificare ogni sforzo curativo. Di più, esso si è letteralmente fatto beffe della “iatrocrazia”, quel senso di onnipotenza che da tempo caratterizza la pratica clinica, esacerbando la contraddizione di fondo di ogni moderno sistema sanitario, ossia l’atroce divario tra la possibilità teorica di salvare qualunque paziente, a qualunque costo, e l’impossibilità pratica di farlo.
Il virus ha così costretto anche i più coriacei difensori della “Ragion scientifica” a ricordarsi che la medicina è una scienza induttiva e non può fornire certezze aprioristiche, ed è quindi sempre esposta a confutazione, anche in forza di un solo caso avverso10. Ma, se questo può aver fatto sulle prime gioire gli adepti di un sapere “olistico” di segno opposto, magari nutrito da ancestrali radici antropologiche, anche questo entusiasmo è stato aspramente ridimensionato dal sospetto che forse sono state proprio le pratiche “tradizionali” in uso nella medicina cinese (che prevede l’impiego di sostanze di origine animale, come la bile di orso, o le scaglie di pangolino) tra i possibili fattori dello spillover, il (famoso) salto di specie compiuto dal virus11.
In ogni caso, «la corrosiva dialettica»12 del virus non ha certo risparmiato le scienze deduttive, come la statistica. Bankitalia ha addirittura diramato un comunicato significativamente intitolato Salviamo i dati economici dal Covid-19, come se il virus potesse infettare, oltre agli esseri umani, anche concetti astratti come i “dati statistici”13. Il fatto è che in un certo senso è proprio così: i non specialisti in cerca di certezze, se non dall’arte medica (di cui si è capito subito il comprensibile affanno) almeno dalla scienza dei dati, hanno fatto l’amara scoperta che le analisi statistiche non sono sempre “sane”, ma possono essere “infette”, cioè possono interpretare i dati in modi molto diversi. «Il punto è che lo stesso dato può veicolare informazioni differenti in relazione al modo in cui viene presentato»14. Grazie al virus cioè, si è venuti a scoprire qualcosa che del resto gli statistici stessi non si sognerebbero di negare, cioè che «i numeri non sono neutrali»: le statistiche sono descrizioni o inferenze basate certamente su dati oggettivi, ma la cui presentazione è anche “soggettiva”, e varia a seconda dei sistemi di calcolo; le statistiche possono offrire quindi raffigurazioni molto diverse dello stesso fenomeno, dato che in una certa misura dipendono dal sistema adottato dall’istituto di ricerca, o persino dal singolo ricercatore15.
I dati stessi di un fenomeno che all’occhio inesperto apparirebbe “oggettivo”, per esempio, il numero dei morti, sono così variabili che «se si considera il complesso dei decessi dal 1° gennaio al 28 marzo 2020, in diversi comuni non si ravvisa un aumento, ma piuttosto una diminuzione del numero dei morti, rispetto al dato medio dello stesso periodo degli anni 2015-2019», una constata...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. L’astuzia del Coronavirus
  4. I
  5. II
  6. III
  7. Copyright