L'esperienza della solitudine
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L'esperienza della solitudine

L'uomo vive come relazione o non vive

  1. 49 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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L'esperienza della solitudine

L'uomo vive come relazione o non vive

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Informazioni sul libro

Nel momento in cui tutti viviamo l'esperienza dell'isolamento e della paura che un'epidemia distrugga le nostre vite e il nostro mondo, un invito a ritrovare in noi e nelle relazioni che segnano la nostra vita gli esempi di carità e di prossimità, a riscoprire l'insegnamento del Vangelo, e soprattutto ad accogliere il dono della salvezza portata da Gesù: risorse che permettono una ripresa di comunione e solidarietà in famiglia, nelle comunità, nella società, per edificare vita buona. Un vero anticipo di resurrezione.

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Informazioni

Anno
2020
ISBN
9788858524503
1

Combattere la paura: arte antica e sempre nuova

Nei giorni del Covid-19, della quarantena, della lotta contro una malattia che ci minaccia profondamente, scruto gli eventi dal luogo di ritiro che ho scelto al termine del mio ministero come Vescovo di Milano: Imberido di Oggiono, in provincia di Lecco.
Qui intorno ci sono i luoghi manzoniani: vivo vicino a «quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno», ad appena dieci chilometri da Malgrate, il paese dove sono nato da mio padre Carlo, camionista, e mia madre Regina, guantaia e casalinga.
Il pensiero za Manzoni e alle mie radici di fede popolare mi porta a meditare, in questa situazione, sulla storia delle nostre terre.
Nel 1576 Milano venne investita dalla peste. La chiamarono “la peste di san Carlo” perché un uomo, san Carlo appunto, la visse in modo differente, senza paura, arrivando a dare la vita per gli altri. In questo modo, egli fece sì che tutti addirittura definissero la stessa peste usando il suo nome.
Se queste giornate di paura, legittima, ci facessero ritornare a un modo di vivere le relazioni simile a quello di san Carlo, non sarebbero giornate sprecate. Proprio in quei tempi trovo un’indicazione su come affrontare le prove di oggi.
Quand’ero bambino ho vissuto l’esperienza della paura diffusa della malattia e della morte. Ricordo le piccole bare bianche dei funerali dei bambini, fra questi alcuni miei cugini, che se ne andavano per polmonite e tubercolosi. Io stesso a vent’anni fui colpito dalla tubercolosi. C’erano anche allora paura e smarrimento, anche se le famiglie erano più numerose e dunque, seppure nel dolore unico e insieme terribile, le morti erano mitigate dalla presenza dei tanti che restavano. Inoltre, c’era un riferimento netto e chiaro alla fede nella risurrezione per cui tutto era vissuto con speranza.
La speranza è indispensabile all’uomo, perché la paura è una cattiva consigliera. Certo, è una reazione normale di difesa di fronte a un evento inatteso e minaccioso. Certo, l’io si smarrisce: è inevitabile e non bisogna scandalizzarsi. Ma proprio per questo è importante far evolvere la paura in modo razionale, cogliere il significato del fatto straordinario che ci sta accadendo.
In un momento come questo, inoltre, si rischia di cercare a ogni costo un nemico, di sfogarsi contro qualcuno cui possiamo imputare la responsabilità della minaccia. Non si riesce a vivere nella paura e così si tentano vie per scrollarsela di dosso. Cercare un nemico è una di queste.
Sono atteggiamenti terribili. Mi colpisce, per esempio, che sui media si sottolinei, parlando dei morti per il Covid-19, che tante di queste persone sono anziane. Come se fosse un sollievo e una rassicurazione per gli altri. Anche io sono anziano, e mi chiedo come si possano sentire i miei coetanei di fronte a simili valutazioni.
Giovanni Boccaccio, il cui Decamerone è ambientato in un luogo di quarantena durante l’epidemia di peste a Firenze, parlò di questo avvelenamento sociale dei rapporti. È un po’ la continuazione di quanto stava già accadendo nei confronti dei migranti: il diverso fa paura.
Quanto sta avvenendo dovrebbe aprire una riflessione su che tipo di relazione si ha con sé stessi e con gli altri, sul tipo di società in cui si desidera vivere, perché è evidente che certe reazioni sono anche figlie delle comunità con cui si ha a che fare.
Persino un credente che viva in una comunità cristiana che parla solo di paura reagirà con la paura. E, da vescovo, penso ai credenti privati del conforto delle celebrazioni liturgiche, visto che i miei confratelli hanno preso la saggia decisione di sospenderle per favorire la lotta comune contro l’epidemia. Ecco: se un segno come questo, se una così profonda rinuncia, dovesse solo aumentare la paura, l’effetto sarebbe triste. Invece bisogna considerare tutto ciò come un dono: ci è chiesto di fare come durante la quaresima ambrosiana, nella quale il venerdì si rinuncia all’eucaristia. E così si comprenderà meglio, nella mancanza, il valore del ricevere il Signore.
Un’altra fonte di paura riguarda la preoccupazione per le conseguenze economiche di questa situazione. L’aspetto economico è importante, ma occorrerebbe affrontare con positività e fiducia il tema della possibile rigenerazione della comunità civile.
Questi giorni devono secondo me far comprendere che, in una società plurale, o l’io vive come relazione o non vive. Dal diffondersi dell’epidemia può nascere un diverso senso di unità e una riflessione per una politica che favorisca la condivisione dentro tale pluralità. Questa narrazione reciproca ancora non c’è, mentre sarebbe necessaria.
Infine vorrei difendere la speranza di tutti contro chi insinua che il Covid-19 possa essere in qualche modo una punizione divina, perché anche questa convinzione può generare una paura particolarmente devastante.
Si tratta di una visione scorretta. Dio vuole il nostro bene, ci ama e ci è vicino. Il rapporto con lui è da persona a persona, è un rapporto di libertà. Certo, egli conosce e prevede gli avvenimenti, ma non li determina. Quando gli chiedono se le diciotto persone morte sotto il crollo della torre di Siloe abbiano particolari colpe, Gesù smonta la questione: «No, io vi dico, non erano più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme» (cfr. Lc 13,3). Per i cristiani Dio comunica attraverso le circostanze e i rapporti umani. Anche da questa circostanza potrà emergere un bene per noi: tanti insegnamenti e la capacità di stare nella paura portandola a un livello razionale.
2

Dedicato agli “eroi” di questo momento: il senso pieno della cura medica

Nei giorni della generosa dedizione di tutto il personale sanitario, persino a rischio della morte, rifletto sul senso profondo della loro azione competente e sapiente.
Quando ci si ammala e, soprattutto, quando la malattia prende un risvolto cronico per cui può solo progredire, ci si rivolge all’ope...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. L’esperienza della solitudine
  4. In punta di piedi, per sussurrare una grande speranza
  5. 1. Combattere la paura: arte antica e sempre nuova
  6. 2. Dedicato agli “eroi” di questo momento: il senso pieno della cura medica
  7. 3. Vanità delle vanità, tutto è vanità?
  8. 4. Renzo e la risorsa che ci permette di dominare il cuore impaurito
  9. 5. Tempo di letture per rinascere con una nuova anima: Delitto e castigo
  10. 6. Due parole per ricominciare: il gratuito e la compassione
  11. 7. La fonte di ogni buon futuro: davanti al Crocifisso
  12. Fonti
  13. Copyright