Il grande inganno
eBook - ePub

Il grande inganno

First lady, nemiche perfette ed eroine silenti. Così la politica nasconde le donne

  1. 240 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Il grande inganno

First lady, nemiche perfette ed eroine silenti. Così la politica nasconde le donne

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

First lady, nemiche perfette ed eroine silenti. Così la politica nasconde le donne. Che relazione c'è tra le first lady italiane, invisibili o esposte ma silenti, e le donne che della politica scelgono di fare la propria missione? Apparentemente nessuna. Ma basta grattar via la patina di glamour da copertina delle prime e guardare alle battaglie delle seconde per capire che un nesso c'è e ha a che fare col rapporto problematico che la politica ha con le donne in Italia.
Da Giuseppina Cossiga, figura fondamentale per la storia del marito, ma di cui non si trova neanche una foto, a Veronica Berlusconi, che fuggiva dall'immagine che Silvio ha per anni cercato di cucirle addosso. Da Agnese Renzi, sodale di Matteo ma reticente a qualsiasi ruolo di spalla, alle fidanzate da copertina di Matteo Salvini, fino a Olivia Paladino, da anni compagna del presidente del Consiglio Giuseppe Conte ma refrattaria a ogni ufficialità. La progressiva evanescenza della figura della first lady va di pari passo con gli ostacoli che si trovano sul cammino anche delle donne che della politica hanno fatto una scelta di vita.
Il grande inganno ricostruisce questo percorso attraverso le parole di Emma Bonino, Laura Boldrini, Maria Elena Boschi, ma anche di sociologhe, politologhe, spin doctor, portavoce, rettori, direttori di giornali. Fino al sindaco Beppe Sala, che chiude il cerchio coltivando un'ambizione: far sì che sia Milano a dare all'Italia la sua prima presidente del Consiglio...

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a Il grande inganno di Marianna Aprile in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Politica e relazioni internazionali e Istituzioni politiche e pubblica amministrazione. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Silvia, l’outsider a cinque stelle

Passando in rassegna i suoi quindici anni da moglie del Silvio Berlusconi politico ci siamo quasi convinti (almeno, io sì) che, nel tentativo di sfuggire al marito e al ruolo che provava ad assegnarle, Veronica Lario avesse finito col costruire un profilo da first lady, la prima dell’Italia repubblicana. Ascoltando Filippo Sensi elogiare la scelta di Agnese Renzi di rimanere la mamma e la professoressa di Pontassieve (senza di fatto mai mettere piede a Palazzo Chigi se non nel giorno in cui il marito si è dimesso, dopo il referendum sulla riforma costituzionale del 4 dicembre 2016) e di presenziare solo alle occasioni istituzionali (dalle cene alla Casa Bianca a Expo2015, con una intensificazione delle presenze accanto al marito durante quella che per lui era la madre di tutte le battaglie, quella per il referendum sulla riforma costituzionale) abbiamo disegnato un’altra proto-first lady, sia pure connotata assai diversamente da Veronica. Due modi di declinare un ruolo (inesistente) che però non stanno insieme: la pedissequa opposizione interna alla coppia messa in atto da Veronica e la placida vicinanza di Agnese non sono conciliabili in un identikit coerente della partner del leader. Occorre quindi porsi una ennesima domanda: siamo sicuri di essere tutti d’accordo su cosa intendiamo quando parliamo di first lady e quando ne evochiamo l’esistenza o ne constatiamo l’assenza? Probabilmente no.

Ufficiale e di complemento

E allora vediamo di stabilire dei criteri per tentare di assegnare, sul campo, il titolo, sempre che sia possibile. Il primo requisito è ovvio: essere la compagna del leader. Postilla: con la personalizzazione, la spettacolarizzazione e la poppizzazione della politica, la categoria “leader” cessa di esaurirsi nelle figure del presidente del Consiglio (o al più della Repubblica) e inizia a comprendere anche quelle dei capi partito e addirittura dei frontmen, purché carismatici e popolari. Per intenderci, rientrano nella categoria anche il Renzi pre-premier, nella sua versione scalatore del Partito Democratico; il Salvini ri-fondatore della Lega; il Di Maio in corsa per la carica di leader politico del MoVimento; Di Battista sempre (e sempre un po’ a metà). Secondo requisito: in genere, è la compagna di una vita, o almeno di lungo corso, che con il leader ha condiviso gli inizi, le difficoltà, le delusioni e, solo infine o non ancora, i successi. Terzo: ha una sua autonomia, temi e battaglie che le sono cari (preferibilmente, da quando il marito/compagno non era ancora leader) e per cui si spende in prima persona con credibile continuità.
La first lady canonica è insomma la metà di una coppia intesa innanzitutto come una squadra che individua nella politica il proprio progetto di vita, sul quale in genere punta tutto: la città di residenza, la scelta delle scuole da far frequentare ai figli, le amicizie, le relazioni, le attività extra professionali. Per ragioni diverse, né Veronica Lario né Agnese Landini sembrano improvvisamente rientrare nell’identikit.
Per sua stessa esplicita ammissione la Lario, nella sua prima lettera agli elettori (gennaio 2007, quella dopo i Telegatti) non si sente affatto parte di un progetto. Scrive infatti: «A mio marito e all’uomo pubblico chiedo quindi pubbliche scuse, non avendone ricevute privatamente, e con l’occasione chiedo anche se, come il personaggio di Catherine Dunne, debba considerarmi La metà di niente1». Altro che alleata in un disegno di vita.
Cosa che invece potrebbe sembrare Agnese. Lei e Matteo – entrambi scout – si fidanzano che sono ancora al liceo, decidono di sposarsi dopo aver percorso insieme il Cammino di Santiago de Compostela, danno alla luce tre figli di cui lei si occupa a Rignano sull’Arno, mentre lui scala la provincia e il comune di Firenze e il Nazareno e Palazzo Chigi a Roma. La sua è una presenza costante e solida ma è paragonabile più a una sorta di appoggio esterno che a una reale condivisione, complice e partecipe, a un progetto politico. Niente, siamo di nuovo a zero.

In missione per conto di Casaleggio

Poi, scartabellando tra le figurine del mio personalissimo album delle first lady possibili degli ultimi venticinque anni, è arrivato il colpo di scena inatteso: lo avreste mai detto che la sola a rispondere ai criteri elencati sarebbe stata la più longeva delle fidanzate note di Luigi Di Maio? Vediamo perché Silvia Virgulti è stata a un passo dal poter essere la nostra unica vera first lady.
Quando nel 2013 sbarcò in Transatlantico con la prima delegazione di grillini sconosciuti eletti nella XVII legislatura (le cronache dell’epoca li definirono “marziani” per la lontananza, anche estetica, oltre che anagrafica, con l’immagine classica del parlamentare), Luigi Di Maio scoprì che tra le molte domande cui di lì in poi si sarebbe trovato a dover rispondere c’erano anche quelle sulla vita privata. Lui a lungo se la cavò sostenendo di essere da molto tempo single, dopo due storie importanti, «per colpa della politica», che non gli lasciava il tempo necessario a coltivare l’amore. Risposta inaspettatamente politichese per uno che fin dall’inizio era considerato tra i volti più spendibili del partito dell’antipolitica. Ma tant’è.
Luigi, allora ventisettenne, non poteva ancora sapere che di lì a poco sarebbe stata proprio la politica a risolvere (anche) i suoi problemi di cuore. Per interposto Gianroberto Casaleggio, ovviamente. Pochi mesi dopo l’insediamento della legislatura, infatti, il fondatore del MoVimento Cinquestelle invia a Roma Silvia Virgulti, col compito di migliorare la capacità di alcuni degli eletti, gli eletti tra gli eletti insomma, di stare in video: abbandonata la linea «la tv è morta, noi in tv non ci andiamo», c’era bisogno di rendere un po’ più efficaci le ormai necessarie ospitate televisive. Anche se sarebbe più corretto parlare di apparizioni, visto che i Cinquestelle accettavano (e in parte accettano ancora oggi) di essere intervistati soltanto se in collegamento, anche solo da studi adiacenti a quello in cui si trovavano conduttore e altri ospiti.
Silvia arriva con la missione dichiarata di rendere telegenici parlamentari che, fino a pochi mesi prima, facevano tutt’altro nella vita (spesso nulla). Non tutti la prendono bene (ed è lecito sospettare che in questo rifiuto istantaneo abbia giocato l’impronta decisamente misogina che il MoVimento ha in più occasioni tradito), iniziano a chiamarla “zarina”, “sexy consulente” (l’avvenenza, specie se mista a intelligenza e competenza, lo sappiamo, in certi ambienti rende facili bersagli). Etichette che dovevano servire a mettere in ombra due caratteristiche: il suo potere, evidente a tutti fin da subito; le sue capacità, altrettanto palesi. Nell’astio iniziale dei grillini verso questa brillante e discretissima cremonese, allora men che quarantenne, può aver pesato il fatto che, per convincere Casaleggio padre a spedirla in missione a Roma, lei si fosse presentata da lui con uno studio sugli errori di postura, comportamento e comunicazione che aveva individuato nelle uscite pubbliche dei parlamentari Cinquestelle. Una sorta di “dossieraggio” costruttivo e a fin di bene che però fece storcere molti nasi.
Ma la Virgulti è una glottologa, appassionata di lingue (pare ne parli otto), esperta in PNL (programmazione neurolinguistica, una tecnica che – molto in soldoni – sostiene di poter programmare comportamenti, pensiero e linguaggio orientandoli al raggiungimento di un obiettivo fissato a priori) e comunicazione. Insomma, una coach dal curriculum solido e dal piglio affatto remissivo, era solo questione di tempo perché anche i più restii le riconoscessero l’autorevolezza che meritava. Anche perché a mandarla era Casaleggio e, in più di dodici anni di MoVimento, nessun sismografo, neanche il più sensibile, ha mai registrato tra i Cinquestelle nulla di men che perfettamente allineato al volere dei Casaleggio, padre prima e figlio poi.
Ma torniamo alle nostre cose rosa. La voce di una vicinanza tra “questa Silvia” e Di Maio girava già da un po’ quando lei viene notata la prima volta a fianco dell’allora vicepresidente della Camera. È il 9 settembre 2015, siamo nella Sala Nassirya del Senato, a un evento del MoVimento in cui Di Maio doveva parlare di reddito di cittadinanza accanto a Beppe Grillo. Silvia era in prima fila, cellulare in mano e inviava messaggi freneticamente, con la stessa rapidità con cui Luigi, sul palco, li leggeva per puntellare il proprio discorso. La scena diede molto da parlare, con tanto di sghignazzanti paragoni con gli epici auricolari di Ambra Angiolini animati dalla voce di Gianni Boncompagni a Non è la Rai.
Comunque, pochi mesi dopo (siamo a febbraio 2016) i due faranno la loro prima uscita ufficiale come coppia. Naturalmente targata MoVimento: lo spettacolo di Beppe, Grillo vs Grillo, al Gran Teatro di Roma. Poche settimane dopo, a «Vanity Fair», Di Maio ufficializzerà la relazione, in piedi ormai da due anni: «Ho trovato finalmente una persona che condivide la mia passione e non se ne sente danneggiata: le mie due precedenti ragazze “importanti” erano gelose, la politica per loro era un’amante. Con lei ho una compatibilità assoluta. E poi mi gratifica la fiducia che ripone in me. La differenza d’età [dieci anni; N.d.R.] non la sentiamo, e neanche si vede: Silvia è molto giovane fisicamente. Che sia bella e sexy mi rende ancora più orgoglioso». Messo il pubblico sigillo sulla coppia, Di Maio tornerà di rado sull’argomento; lei invece non accetterà mai di affrontarlo, preferendo restare nel ruolo in cui è giunta a Roma, quello della coach e di non vestire – salvo quando i cerimoniali lo richiedono, come alla Festa della Repubblica al Quirinale – i panni della fidanzata.

«Ci sposiamo e vogliamo un figlio»

Poi le cose cambiano. Ed è ancora una volta la politica a farle cambiare. Nell’agosto 2017, Luigi accetta a sorpresa di farsi intervistare e fotografare con Silvia. Fino ad allora, i due erano stati ritratti insieme in occasioni ufficiali, lei non aveva mai rilasciato interviste e il refrain del MoVimento era ancora tutto un attacco ai “giornaloni” che invece di parlare di cose serie si dedicavano ai gossip e alle baggianate. Solo che Di Maio in quelle settimane calde di agosto era nel pieno di un tour elettorale per sostenere la candidatura di Giancarlo Cancelleri (poi nominato viceministro delle Infrastrutture e dei trasporti nel governo ConteBis) alla guida della regione Sicilia. Le possibilità di vittoria non erano molte, per cui evidentemente la comunicazione grillina decise di giocarsi ogni carta utile, anche l’intervista con taglio sentimental-privato su un settimanale popolare come «Oggi». La base grillina non gradì, al punto che sui social Di Maio in seguito provò a disconoscere quella decisione tentando di fare credere che intervista e foto fossero state “rubate”. Abbastanza inverosimile trattandosi del posato di persone sorridenti che guardano in camera, ma forse confidava nell’inesperienza mista a clemenza dei suoi follower.
Torniamo a quell’intervista. Il capo della comunicazione dei Cinquestelle, Rocco Casalino, con cui avevo dovuto concordarla, era stato chiaro: per avere Di Maio-Virgulti dovevamo prendere tutto il “pacchetto” che comprendeva anche intervista e foto con Cancelleri con la compagna Elena Catanzaro e con Alessandro Di Battista e la compagna Sahra Lahouasnia (al settimo mese di gravidanza del piccolo Andrea). Condizione più che accettabile (anche l’unica, peraltro) che metteva una pietra tombale sulla più volte sbandierata diffidenza dei Cinquestelle verso la comunicazione pop, rosa e privata.
Parto quindi per la Sicilia, destinazione Licata, in provincia di Agrigento. Mezz’ora prima dell’orario stabilito, il luogo dell’appuntamento cambia: non più Licata ma Favara, a una cinquantina di chilometri, all’interno del Farm Cultural Park, un gran bell’esempio di riqualificazione urbana2.
Una volta lì, anche l’orario delle interviste cambia, o meglio, slitta di un paio di ore. Poi finalmente Di Maio e Cancelleri arrivano con le loro compagne, senza Di Battista e la sua. Ufficialmente, Alessandro non sta bene e ha deciso di restare in albergo. Qualcuno dell’entourage però a mezza bocca mi lascia capire che la vera ragione è un litigio tra lui e Luigi, versione che parrebbe confermata dal fatto che, appena le due coppie “reduci” avranno finito la nostra intervista, Alessandro comparirà miracolosamente sanato e salirà pimpante sul palco del comizio di Favara. Erano i primi screzi tra i due “dioscuri” del MoVimento, col tempo ci saremmo abituati, ma allora eravamo ancora in quella fase dello storytelling grillino in cui i due postavano foto insieme sott’acqua e si definivano “fratelli”.
Ma torniamo a Luigi e Silvia e alla loro prima (e unica) intervista di coppia (per la Virgulti, l’unica in assoluto, ancora oggi). Oltre al prevedibile rosario elettorale a tema Sicilia, sgranato mano nella mano davanti a una pizza margherita offerta dagli attivisti di Favara, mi parlarono dei loro quattro anni insieme, della loro vita a Roma, del matrimonio che progettavano, del sogno di un figlio. Insomma, tutto il campionario per far breccia nel target nazional-popolare cui era destinato.
«Siamo in quella fase della vita e della coppia in cui si parla di nozze e culle, ma i figli non si programmano, arrivano al momento giusto, e ora non lo è. Io preferirei prima il matrimonio, in chiesa, mentre lei ne vorrebbe uno civile. Tra i due sono io quello tradizionalista. Quando? Di certo dopo le politiche» precisava Luigi, che come obiettivo primario aveva il 4 marzo 2018 (se no quell’intervista non l’avrebbe mai fatta, siamo sinceri). «Le nozze non sono una priorità. Viviamo entrambi l’impegno politico come una missione e sentiamo che è un momento importante, di svolta, per il paese. La mia paura? Riuscire a mantenere l’equilibrio tra questa missione e la vita di coppia, che non è semplice. Finora ce l’ho fatta, anche se non mi è riuscito di imporgli di spegnere il telefono la sera» diceva Silvia, con vero standing da first lady in pectore. Cosa che peraltro in quel momento era davvero. Per una serie di motivi. Il MoVimento era dato per vincente, e infatti dalle urne portò a casa un trionfante 32,6 per cento. Di lì a un mese si sarebbero tenute delle consultazioni online con cui la base grillina, attraverso uno dei rari voti sulla Piattaforma Rousseau (nata come feticcio della democrazia diretta e divenuta a stretto giro lo strumento confermativo di decisioni prese altrove) avrebbe incoronato, senza alcuna sorpresa, Di Maio capo politico dei Cinquestelle e quindi candidato premier.
Allora, nessuno – neanche da ubriaco – avrebbe potuto presagire un’alleanza con la Lega, la nomina di Giuseppe Conte a Palazzo Chigi, l’ipertrofia politica e mediatica di Salvini, il successivo crollo del MoVimento, il ConteBis in soli quindici mesi… La Virgulti era quindi, in quel momento, la più titolata delle papabili candidate first lady. «La sola definizione mi fa ridere» mi stroncò lei quando glielo feci notare.
Insomma, gli elementi formali e sostanziali per avere anche noi una Hillary Clinton sembravano esserci tutti, in quell’estate del 2017. Anche quella idea dell’affermazione politica come progetto di coppia.
Qualcosa però andò storto, prima nel privato, poi anche in politica. L’intervista uscì, i due si fecero vedere insieme in pubblico qualche altra volta, poi il buio. Finché a fine novembre Di Maio ammise: «Da oltre un mese [cioè dai primi di ottobre; N.d.R.] la nostra relazione sentimentale è finita, ma io e Silvia siamo rimasti in ottimi rapporti. Ci siamo lasciati liberi di vivere ognuno la propria vita. Questo significa volere bene, cioè volere il bene dell’altra persona». Il commento di lei, estorto dai cronisti parlamentari, non fu molto diverso.
Tutto finito, Luigi torna single, anzi torna a quello che definisce il suo primo amore: la politica. Che è poi anche l’amore da cui, come impareremo, nascono tutti gli altri, in una sorta di endogamia intraspecifica: da quando è in politica, Di Maio si accompagna solo a donne che in qualche modo sono nel MoVimento. Affermazione che richiede una piccola digressione sulle donne che nel cuore di Di Maio hanno seguito Silvia, pur senza avere il tempo e le circostanze giuste per potersi configurare come first lady.

Giovanna la siciliana

Pochi giorni dopo l’ufficializzazione della fine del rapporto sentimentale con la Virgulti (quello lavorativo è tutt’ora in corso: lei è nella war room della comunicazione dei Cinquestelle) un conoscente mi contatta per dirmi di sapere per certo che Di Maio ha una nuova compagna e di conoscerne il nome. Notizia certa – assicurava – perché il paese della ragazza in questione è piccolo, la gente notoriamente mormora e gli amici, si sa, non sempre sono tutti amici come sembrano e riescono a resistere alla tentazione di commentare in pubblico un gossip tanto succulento. Il mio conoscente mi fa il nome, io inizio a lavorarci, e a gennaio 2018 sono di nuovo alle prese con gli affari di cuore di Di Maio. E di nuovo in Sicilia, stavolta in provincia di Trapani. Dove verifico che la ragazza che ha davvero rubato il cuore a Di Maio si chiama Giovanna Melodia, fa l’avvocato ed è consigliera comunale di Alcamo eletta col MoVimento.
Vale la pena di raccontarla, la storia di Giovanna e Luigi. Non solo perché la Melodia è un’altra delle figurine del mio album delle first lady mancate (so quanto la definizione la faccia ridere, ma so anche che me la perdonerà), ma perché la sua gestione mediatica racconta molto bene alcuni meccanismi di costruzione pubblica della “coppia presidenziale” messi in campo dai comunicatori politici (in questo caso, da Rocco Casalino e lo staff targato Casaleggio&Associati). Un processo in quattro tappe: il gossip, la sua conferma apparentemente involontaria, la conferma, l’esibizione in occasioni ufficiali.
Quando scendo in Sicilia, dunque, inizio a girare per Alcamo chiedendo della Melodia senza troppo successo: nessuno mi dice nulla anche se è chiaro che tutti sanno di cosa io stia parlando. Allora mi piazzo nel bar di piazza Ciullo accanto al municipio, dopo aver consultato il calendario dei lavori del consiglio comunale, e aspetto. Qualche ora dopo la vedo, ma men...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. IL GRANDE INGANNO
  4. Prima di cominciare
  5. L’inganno della first lady
  6. Il nome (della) rosa
  7. Umani, troppo umani
  8. Veronica, che lo fu senza volerlo (e comunque contro)
  9. Il profumo silente di Agnese
  10. Silvia, l’outsider a cinque stelle
  11. La Lega ce le ha dure
  12. La prova del suocero
  13. Il dispiacere è tutto nostro
  14. Uscire dall’inganno
  15. La nemica perfetta
  16. Libera di essere (anche) bella
  17. Una leader si coltiva in città
  18. Una chiamata alle ali
  19. Appendice
  20. Bibliografia
  21. Ringraziamenti
  22. Copyright