Il cancro ha già perso
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Il cancro ha già perso

  1. 108 pagine
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Il cancro ha già perso

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«Con l'immunoterapia si può vincere la lotta contro i tumori.» Michele Maio «Il cancro ha già perso» è una dichiarazione che tutti vorremmo sentire e ogni medico vorrebbe poter dare. Ma è anche un'affermazione vera, perché il cancro ha già perso più di una battaglia, e dunque verosimilmente perderà la guerra. Grazie all'immunoterapia oncologica, alcuni tumori, come il melanoma e certe forme di cancro del polmone, hanno davvero perso, perché la terapia ha dato e continua a dare buoni risultati. E su molti altri tumori, su cui sono in corso sperimentazioni, c'è ottimismo.
L'immunoterapia - celebrata ora anche dal Premio Nobel per la medicina - è la rivoluzione copernicana della lotta ai tumori: il nostro sistema immunitario viene stimolato con i farmaci a fare quello che fa ogni giorno per difenderci, distruggere i corpi estranei, in questo caso le cellule tumorali. La chemio e la radioterapia tradizionali, invece, vanno a colpire tutte le cellule, non solo quelle malate. Quella che, all'inizio, era un ramo della ricerca per sparuti visionari pionieri è diventata in pochi anni la nuova vera frontiera della cura ai tumori.
Incalzato da Giovanni Minoli, l'oncologo Michele Maio, da quasi quindici anni direttore dell'unico reparto in Italia dedicato all'immunoterapia oncologica, a Siena, spiega in parole chiare ma precise ed esaustive cos'è l'immunoterapia, come funziona, per quali tumori ha dato risultati già consolidati, quali sono le prospettive future e la sostenibilità economica delle cure. Fa anche un punto dello stato della ricerca a oggi, e apre un ventaglio di prospettive future o imminenti.

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Informazioni

Anno
2018
ISBN
9788858519752

IL FACCIA A FACCIA

Michele Maio, 60 anni, napoletano, medico e ricercatore. Specialista in oncologia ed ematologia, subito dopo la laurea va in America al New York Medical College, dove partecipa alle prime esperienze di immunoterapia oncologica.
Nell’89 torna in Italia, ad Aviano nel Friuli, responsabile del visionario laboratorio di Bio Immunoterapia dei Tumori e inizia a lavorare su pazienti con melanoma e carcinoma renale: la strategia è quella di potenziare le difese naturali del corpo per reagire all’“invasione” delle cellule malate.
Nel 2004 diventa direttore dell’unico reparto interamente dedicato all’immunoterapia oncologica a Siena che unisce la ricerca e la pratica clinica per dare vita a nuove strategie nella lotta al cancro. Oggi questo centro è al primo posto nella top ten mondiale dei centri dedicati all’immunoterapia, con quaranta sperimentazioni attive in tumori di diverso tipo e – Maio dice – con un unico fine: poter arrivare a breve a curare con l’immunoterapia una percentuale sempre più alta di pazienti.
Il suo impegno nella ricerca è full time e coordina un network di ricercatori sparsi in tutto il mondo.
L’ultima frontiera è lo studio NIBIT-M4, una nuova strategia terapeutica altamente innovativa e di grande impatto scientifico, tutta made in Italy, che conferma che con l’immunoterapia si può vincere la lotta contro i tumori.

Allora, professor Maio, secondo lei il nostro corpo se è ben stimolato può da solo battere il cancro?

Assolutamente sì. Stiamo dimostrando che, attraverso l’utilizzo di nuovi farmaci immunoterapici che attivano le difese immunitarie del paziente, e che abbiamo a disposizione ormai da qualche anno, il nostro corpo lo può fare in modo molto efficace.

È una rivoluzione totale, quindi il cancro ha già perso?

Sì, personalmente la considero una rivoluzione totale in oncologia, che negli anni ci sta dando grandissimi risultati. C’è però ancora moltissimo da fare per far sì che il cancro abbia definitivamente perso.

Ma quando lei ha iniziato questo nuovo approccio era una vera scommessa. Perché?

Lo era senza dubbio. Avevamo in realtà già a disposizione molte informazioni dirette e indirette che sembravano suggerire che il nostro sistema immunitario può distruggere le cellule diventate tumorali, tenendo quindi sotto controllo il cancro. Ma in qualche modo erano informazioni in parte slegate tra loro, era ancora difficile costruire una storia che avesse un senso compiuto. Un po’ come avere tanti tasselli, tutti giusti ma gettati sul tavolo alla rinfusa, senza aver iniziato seriamente a costruire il mosaico. Poi dagli anni ’80 abbiamo cominciato a capire in modo approfondito molti altri aspetti: come funziona il nostro sistema immunitario nel difenderci dagli agenti estranei e quindi potenzialmente pericolosi per il nostro organismo, come le cellule tumorali possono interagire con il sistema immunitario dei pazienti venendone eliminate o riuscendo a sfuggire al suo controllo, e tante altre cose. Si è quindi cominciata a costruire una vera e propria storia che potesse avere un senso compiuto, ad assemblare quindi il mosaico, cominciando a vederne, seppur non ancora completate, la struttura e l’immagine finale. La scommessa era proprio questa: credere fermamente che esistesse un fantastico mosaico da poter eventualmente costruire.

Quali sono i tumori che devono avere più paura dell’immunoterapia?

In linea teorica tutti, senza restrizioni, nella pratica dobbiamo però riuscire a generare dati per provare che ciò è vero. Oggi abbiamo dati positivi sull’efficacia a lungo e lunghissimo termine dell’immunoterapia su tumori molto aggressivi come ad esempio il melanoma, il più letale tra i tumori della pelle, e il cancro del polmone, ma questo semplicemente perché abbiamo iniziato a lavorare prima su questi tumori.

E quindi qualcuno dei tumori ha già perso con voi…

Grazie all’immunoterapia alcuni tipi di tumore hanno definitivamente perso la loro “battaglia” per conquistare spazio e capacità di replicarsi all’infinito nel corpo dei pazienti. Solo per citarne alcuni, l’ha certamente persa il melanoma nel quale ormai negli ultimi anni non impieghiamo quasi mai la chemioterapia, la stanno perdendo alcuni tipi di cancro del polmone, in cui l’immunoterapia si sta progressivamente sostituendo alla chemioterapia utilizzata senza grandi cambiamenti, e senza sostanziali aumenti di efficacia, negli ultimi tre decenni. L’ha persa del tutto recentemente il cancro del rene in cui è stata dimostrata la maggiore efficacia dell’immunoterapia rispetto a un’importante nuova generazione di farmaci a bersaglio molecolare, che pure avevano iniziato a cambiare la storia naturale di questa malattia negli ultimi dieci-quindici anni.

Storia di Giovanni

Avevo tolto un paio di nei nel corso degli anni ma a una visita di controllo il dermatologo ne vide uno nuovo, diverso dagli altri, e lo tolse immediatamente: purtroppo quello era un melanoma che aveva già dato metastasi ai linfonodi e sulla cute della gamba. Seppure rimosse, le metastasi alla gamba riapparivano dopo circa un anno, crescendo molto velocemente… le prospettive di cura erano poche. Era il 2011, avevo 73 anni, quando su consiglio del chirurgo che più volte mi aveva operato arrivai a Siena. Dopo un primo trattamento di chemioterapia in combinazione a un farmaco biologico mi venne proposto un nuovo trattamento sperimentale di immunoterapia nell’ambito di un programma “compassionevole” per chi, come me, aveva fatto tutti i trattamenti ritenuti standard. La malattia era purtroppo progredita in modo molto veloce e facevo una gran fatica a muovermi perché la gamba era completamente ricoperta di metastasi. Dopo tre mesi, al di là di ogni aspettativa, le metastasi cominciarono a regredire, lentamente ma in modo consistente, e resero la mia gamba più leggera, la mia vita migliore... Dal 2012 non ho più effettuato alcun trattamento, mi reco a Siena per i controlli semestrali perché il melanoma, che ha lasciato segni indelebili sul mio corpo, è regredito ormai da tempo completamente.

Senta, ma per essere chiari, lei dice: «Le cellule tumorali non sono tanto diverse da quelle sane». Cioè anche quelle malate non sono poi così malate, è così?

Per alcuni aspetti è proprio così. Le cellule tumorali possono essere più o meno diverse da quelle sane per molte caratteristiche, e noi sappiamo e stiamo imparando che in alcuni casi più sono diverse da quelle normali e più è facile, per molti versi, riuscire a tenerle sotto controllo da parte del sistema immunitario. Ad esempio, infatti, è noto da tempo che le cellule tumorali acquisiscono alterazioni strutturali nel loro dna, alterazioni che non sono presenti nelle cellule sane da cui esse sono derivate. Ciò che di nuovo stiamo imparando del tutto recentemente è che, maggiore è il numero e il tipo di queste alterazioni strutturali del dna delle cellule tumorali, il cosiddetto Tumor Mutation Burden, e quindi più geneticamente diverse esse sono rispetto alle cellule normali, maggiore è la loro capacità di essere riconosciute come estranee dal sistema immunitario del paziente e di venirne distrutte. Pertanto, l’analisi molecolare del Tumor Mutation Burden delle cellule tumorali di ciascun paziente potrà permetterci, in un futuro ormai prossimo, di identificare i pazienti che hanno maggiore probabilità di rispondere all’immunoterapia, selezionando quindi i soggetti che rappresentano i migliori candidati a questo tipo di trattamento. Abbiamo ancora molto lavoro da fare in questa direzione, ma credo fermamente che questa sia una delle strade giuste per migliorare l’efficacia dell’immunoterapia.

Quindi se prima la chemioterapia e la radioterapia distruggevano, l’immunoterapia che fa, combatte e conserva?

Sì, per certi versi sembra essere proprio così. L’immunoterapia in genere combatte e distrugge le cellule tumorali, eliminandole dall’organismo così come può fare la chemioterapia, ma in alcuni casi ne impedisce la replicazione e quindi blocca la progressione della malattia. Si può quindi generare e mantenere una sorta di equilibrio tra il tumore, che diventa “congelato” nella sua capacità di crescere liberamente e all’infinito, e il sistema immunitario. Ciò può contribuire a permettere ai pazienti di vivere più a lungo, anche molto più a lungo.

In sostanza cellule malate e cellule sane fanno un po’ a pugni sul ring?

Sì, infatti, come dicevamo, può accadere che non necessariamente ci sia la scomparsa completa o definitiva del tumore ma piuttosto il suo “contenimento” da parte del sistema immunitario del paziente. Sostanzialmente è un po’ ciò che accade quando due pugili si studiano, guardandosi a vicenda, senza attaccarsi per cercare il colpo del KO definitivo dell’avversario. Questo è ciò che ci permette in molti pazienti di “cronicizzare” la malattia, senza che essa diventi letale, così come abbiamo imparato a fare per molte altre malattie un tempo considerate inguaribili e inevitabilmente fatali, quali ad esempio l’aids.

Storia di Giuseppe

Avevo un neo da molti anni e a una visita di controllo il dermatologo lo vide e me lo tolse d’urgenza. Purtroppo quello era un melanoma di quarto livello con metastasi; dopo alcune chemioterapie che non avevano dato i risultati sperati, i mesi di vita potevano essere da tre a sei. Fortuna volle che in quel periodo, eravamo nel luglio del 2013, il dottor Maio e il suo gruppo presso il Centro di Immuno-Oncologia di Siena avevano la possibilità di inserire pazienti nella terza fase di una sperimentazione in cui veniva utilizzato un nuovo farmaco immunoterapico. Dopo quaranta giorni, alla prima TAC di controllo il tumore era leggermente aumentato. Dall’ottava o nona ha iniziato a regredire fino a sparire completamente in quelle successive agli inizi del 2014, e non faccio più terapia dalla fine di quell’anno. Io nel 2011 ero in queste condizioni e adesso sono più forte di prima. Quindi è un bel risultato di questo farmaco. Da allora, nel 2015, ho fatto il cammino di Santiago, 1.050 chilometri, un’avventura indimenticabile, me la ricorderò finché campo, e speriamo che sia tanto. Io non so come evolverà, può darsi anche che alla prossima TAC vada avanti e per me non ci sia più niente da fare, ma mi hanno dato cinque anni di vita incredibile, e speriamo di continuarla…

«Un bel risultato di questo farmaco» dice il suo paziente, io direi un miracolo. E come sta oggi?

È un ottimo risultato perché oggi sappiamo che grazie all’immunoterapia circa il 50% dei pazienti con un melanoma metastatico, come in questo caso, sono ancora vivi a cinque anni, mentre prima, quando avevamo a disposizione la sola chemioterapia, erano meno del 10%. E questo paziente, come fortunatamente tanti altri, ha vissuto benissimo, e nel pieno delle sue forze fisiche, avendo fatto il cammino di Santiago all’andata e poi successivamente anche in senso contrario. Ma come dicevamo, il sistema immunitario e il tumore possono, in alcuni casi, essere come pugili sul ring e la malattia si può ripresentare, a volte anche dopo anni. È proprio quello che è successo nel caso di questo paziente nel maggio del 2018. Ha ripreso da poco la terapia e le cose sembrano andare fortunatamente bene; questo ci insegna che non bisogna mollare mai!

Ma l’immunoterapia si utilizza anche per prevenire la ricomparsa del tumore?

La speranza è che sia sempre più così nel prossimo futuro, questa è certamente una delle sfide importanti che stiamo affrontando ormai da qualche anno, e sulla quale sono in corso molte sperimentazioni cliniche. Proprio in questa direzione, del tutto recentemente alcuni importanti stu...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. IL CANCRO HA GIÀ PERSO
  4. Ringraziamenti
  5. UNA RIVOLUZIONE DA NOBEL
  6. IL FACCIA A FACCIA
  7. Copyright