Castello di Chambéry, maggio 1416
«…e dunque vi chiedo di allestire un banchetto indimenticabile, mastro Chiquart, sontuoso quanto quelli a cui ormai ci avete abituato.»
«Certo, signor duca, vi assicuro che non avrete a pentirvi della fiducia che mi accordate.»
Amedeo di Savoia, sorrise soddisfatto.
«Vedete,» continuò «oltre che un caro amico, il maresciallo Bonifacio di Challant è una risorsa preziosa per il governo del ducato, fine stratega, abile ambasciatore, attento consigliere. I servigi che continua a prestare a questa corte sono davvero insostituibili e la sua imminente visita qui al castello conferma quanto sia saldo il legame che conserva con me. Il minimo che io possa fare per dimostrargli gratitudine è allestire un banchetto degno di un principe: banchetto che affido alle vostre abili mani di maestro di cucina.»
«Non dubitate, saprò come…»
«A proposito,» lo interruppe il duca «avete già assunto il nuovo aiuto cuoco?»
«In verità no, signore, trovare una persona affidabile e capace è più difficile di quanto pensassi: da quando il povero Gillet Rumilly è morto, ho messo alla prova almeno tre uomini, ma nessuno di loro ha dimostrato di avere le qualità necessarie.»
«E quindi è ancora Marion, la moglie di Rumilly, a svolgere le funzioni di cuoco realizzatore? Mi pare bizzarro che una donna, poco più che una sguattera, possa fare un lavoro da uomo.»
Era il rimprovero che Chiquart si aspettava da tempo.
«In effetti lo è,» si affrettò a rispondere «ma si tratta di una situazione temporanea: ho convocato da poco un cuoco borgognone, un giovane promettente che mi è stato indicato dal barone di Beauvoir. Entro una decina di giorni arriverà qui al castello e comincerà l’apprendistato.»
«Bene, ho troppa fiducia in voi per dubitare delle vostre parole. Ah, ancora una cosa: state continuando a dettare le vostre ricette allo scrivano Dudens? Sapete quanto io tenga ad avere una testimonianza scritta del vostro valore di maestro di cucina, vero?»
Vuoi che non lo sappia, pensò Chiquart, così, se all’improvviso dovessi rendere l’anima a Dio, tu ti ritroveresti un intero trattato da affidare già bello e pronto a un altro cuoco.
«Certo, signor duca, e vi sono grato per questo» lo blandì con un sorriso. «Non temete: la pazienza di Dudens nel riempire pagine e pagine con le mie ricette non verrà meno fino a quando non avrò terminato di dettargliele.»
Amedeo VIII annuì soddisfatto e, con un cenno del capo, congedò il suo prezioso capo cuoco.
«Hai finito di setacciare quelle maledette mandorle, Jean? E tu, Joseph, quando pensi di finire di spiumare il cappone? Cosa credi, che abbia intenzione di servirlo fra due mesi?»
La voce tonante di Amizon Chiquart echeggiò aspra fra le pareti fumose della cucina. Spaventati, i due garzoni rimasero con le mani a mezz’aria e alzarono gli occhi verso lo scanno dove sedeva il maestro: il sudore che gli imperlava la fronte metteva in evidenza una profonda ruga di disappunto. La conoscevano bene e sapevano che non prometteva niente di buono.
A conferma dei loro timori, Chiquart si alzò, si diresse a lunghe falcate verso il grande camino che ospitava gli spiedi e, incurante del calore sprigionato dal fuoco, si chinò a controllarli.
«E questi schidioni sarebbero ben nettati, secondo voi?» ruggì rivolto ai quattro ragazzi che manovravano le aste. «Cosa diavolo è questa ruggine? Non vi avevo forse ordinato di raschiarla via prima di infilzarci gli arrosti?»
«Maestro,» osò ribattere Antoine, l’ultimo arrivato fra i garzoni «li abbiamo scrostati ieri gli schidioni e vi assicuro che più di così non…»
Il ceffone che gli arrivò in piena faccia lo fece cadere di lato, contro l’imboccatura del camino.
«Prova a replicare un’altra volta ai miei rimproveri e torni subito a far pascolare le capre in quel moccichino di prato dove sei stato fino all’altro ieri, razza di bifolco!» tuonò il capo cuoco, dirigendosi minaccioso verso il banco su cui erano allineati i vasi delle spezie.
Li aprì a uno a uno e, impassibile, ne ispezionò il contenuto. Arrivato all’ultimo, alzò uno sguardo glaciale sul lavorante che aveva davanti.
«Due settimane fa, avevo ordinato all’economo di rimpinguare le scorte di galanga. Com’è che qui ne vedo solo una spolverata in fondo al vaso?»
«Ecco, maestro, ve… vedete… il fatto è che…» balbettò l’uomo «…che lo speziere al momento non ne aveva più. Però ha detto che entro una decina di giorni arrivava la nuova fornitura e…»
«Mi sembra che i dieci giorni siano passati, o sbaglio? Perché la galanga non ha ancora varcato la soglia di questo castello? Credi forse che bastino solo zenzero e noce moscata per preparare un ippocrasso degno degli ospiti del nostro amato duca?»
Il lavorante abbassò gli occhi, rosso in volto. Indignato, Chiquart strinse le mani a pugno e le appoggiò sui fianchi.
«Dov’è finita Marion?» sbraitò. «Perché non è qui?»
Come se quello strillo rabbioso avesse potuto evocarla, la ragazza si materializzò sulla soglia della porta posteriore e avanzò calma verso Chiquart: dalla cuffia che le tratteneva i capelli qualche ricciolo nero scendeva a sfiorare gli zigomi ambrati.
«Eccomi, maestro, sono andata in dispensa a controllare quante libbre di lardo ci restano.» Sorrise. «Basteranno di sicuro.»
Il cuoco non ricambiò il sorriso. Afferrò la giovane per il gomito e la spinse con malagrazia verso il portico esterno.
«Allora,» attaccò minaccioso «ti ricordi bene tutto quello che ti ho detto di fare? Bada, se dimenticherai anche un solo ingrediente o sbaglierai i tempi di cottura, dovrai vedertela con me. Hai capito, vero?»
«Certo, maestro, non temete.»
«Bene, allora ripetimi la successione delle portate, ma in fretta, perché devo tornare subito in cucina a controllare cosa stanno facendo quegli scansafatiche dei garzoni.»
«Prima di tutto fichi di Spagna, mele delle Cévenne e limoni di Sicilia, accompagnati da chiaretto di Borgogna» cominciò Marion. «Poi, brodetto di cappone e brodetto di Savoia, a cui seguiranno bianco mangiare e frittelle di pane. Poi, dopo che i giullari avranno intrattenuto gli ospiti, lo scalco provvederà a portare in sala gli arrosti.»
«Siamo certi di avere a disposizione tutta la selvaggina necessaria?»
«Sì, abbiamo lepri, caprioli, fagiani, allodole e capponi. E poi, come mi avete ordinato, il cinghiale.»
«Ecco, appunto, il cinghiale: te l’ho già detto, ma preferisco spiegartelo di nuovo. Il cinghiale dovrà essere presentato tutto intero, come l’ho preparato durante il banchetto per l’incoronazione del duca, tre mesi fa. Le fauci della bestia sputeranno fuoco e per tenerle spalancate servirà uno stecco robusto: appena dietro, in fondo alla gola, dovrà essere nascosto del cotone imbevuto di acqua di vite e canfora, avvolto nella giusta quantità di cera che mantenga viva la fiamma. Ti è tutto chiaro?»
«Non è possibile dimenticare quale sia stata la cura che avete impiegato nell’allestire questa particolare portata e, credetemi, farò di tutto per imitare la vostra maestria.»
Chiquart annuì con un grugnito.
«Entro la giornata di oggi, vanno preparate anche le salse, camelina e tremolette per gli arrosti e agliata bianca per il pesce. A proposito, siamo riusciti a procurarci la lampreda, di cui mi dicono sia particolarmente ghiotto Bonifacio di Challant?»
«Sì, e anche trote, lucci, carpe e granchi di lago.»
«Allora, dicevo, le salse. Bada a che l’aglio venga ben scottato sotto le braci, in modo da perdere l’eccesso di afrore: la sala ducale non dovrà puzzare come una locanda da villani! Alla tremolette e alla camelina penserò io, la preparazione è troppo delicata per affidarla alle tue mani: l’importante è che al momento della realizzazione gli ingredienti siano tutti pronti sul banco, siamo intesi?»
«Non dubitate, maestro.»
«Bene. Quanto ai dolciumi, ai canditi e agli altri capricci speziati che concluderanno il banchetto, nel pomeriggio darò ordini al pasticciere di cucina. Verrai con me e, visto che sai scrivere, annoterai ogni cosa, in modo da stargli alle calcagna durante la realizzazione: non posso certo rischiare di ritrovarmi una pasta di marzapane dura come un sasso o delle cialde poco cotte e mollicce, come è successo in occasione dell’ultimo convito.»
Chiquart si voltò e, senza aggiungere altro, rientrò nei locali delle cucine.
Marion sospirò, si riannodò i lacci allentati della cuffia e lo seguì.