Astrobufale
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Astrobufale

  1. 264 pagine
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Astrobufale

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Informazioni sul libro

Fisicamente parlando, non abbiamo idea di cosa componga il 95 per cento dell'universo. I russi hanno più volte espresso ufficialmente dubbi sull'allunaggio americano. Le probabilità di entrare in contatto con civiltà extraterrestri nella nostra galassia sono elevate. Il razzo che spedì il primo statunitense nello spazio esplodeva sei volte su dieci. Quali tra queste affermazioni sono vere? Siamo sicuri - quando si parla di esplorazione spaziale, astronomia, cosmologia - di saper distinguere una ricerca scientifica affidabile da una bufala completamente campata in aria? Il libro di Luca Perri è un gioco serissimo che permette di fare chiarezza su ciò che conosciamo dell'universo che ci circonda e del nostro modo di esplorarlo. Il quiz che apre ciascun capitolo è un pretesto per spingerci a scoprire come la realtà sia spesso molto più affascinante delle nostre fantasie, e le storie in cui ci imbattiamo - dagli inconvenienti della microgravità alle condizioni igieniche sulla Stazione Spaziale Internazionale, dall'epopea delle donne-computer della Nasa agli interrogativi sul destino dell'universo e sulla materia oscura - ci portano a condividere l'entusiasmo dell'autore per quella grande avventura che è la scienza. In più, queste pagine ci spiegano i meccanismi mentali che ci fanno credere alle fake news e ci permettono di sviluppare un metodo critico per valutare la marea di notizie (scientifiche e no) che ci vengono propinate ogni giorno. Tutt'altro che inutile, visti i tempi che corrono.

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Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2018
ISBN
9788858694343
Categoria
Cosmology

1. OH, RAZZO!

QUALE DELLE DUE È FALSA?
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Il razzo che spedì il primo americano nello spazio esplodeva sei volte su dieci.
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L’Unione Sovietica ha più volte espresso ufficialmente dubbi sull’allunaggio americano.

L’ottimismo

L’ottimismo è il profumo della vita!
Tonino Guerra
Il razzo che spedì il primo americano nello spazio esplodeva sei volte su dieci.
VERA!
A partire dal 1927, la comunità scientifica tedesca cominciò i primi test su razzi a combustibile liquido. Inaspettatamente (modalità «sarcasmo» on) la Reichswehr (le forze armate tedesche, prima che nel 1935 assumessero il ben più noto nome di Wehrmacht) si mostrò interessata agli sviluppi dei test negli anni successivi. Alla fine della Prima guerra mondiale, infatti, il trattato di Versailles aveva posto severe limitazioni alla Germania in fatto di armamenti e artiglieria pesante, ma nulla era stato scritto sui razzi. Nei primi anni Trenta, a impressionare i militari – e in particolare il generale Dornberger – furono i test di un vettore progettato e costruito da tale Wernher von Braun, neolaureato in fisica che aveva cominciato a costruire razzi con materiale di recupero.
Il giovane Von Braun venne quindi immediatamente infilato nell’esercito con una borsa di ricerca presso il reparto d’artiglieria, per consentirgli di continuare i propri studi presso Kummersdorf (vicino a Berlino) e conseguire anche un dottorato. Nel dicembre del 1934 Wernher e il suo team riscossero molto successo con il missile A-2 (Aggregat 2), un piccolo razzo con motore a etanolo e ossigeno liquido capace di circa due chilometri e mezzo di gittata. Gli chiesero di lavorare ai successori A-3 e A-4. Quest’ultimo prevedeva una portata di 200 chilometri, con una traiettoria che lo avrebbe portato quasi ai limiti dell’atmosfera, a circa 80 chilometri di quota. Trasportando un carico di circa una tonnellata. Il tutto utilizzando soluzioni geniali e addirittura economiche: il sistema di propulsione, per esempio, era alimentato da una miscela di alcol etilico ottenuto dalla fermentazione e dalla distillazione delle patate e da una soluzione ad alta concentrazione di perossido di idrogeno, cioè acqua ossigenata.
Vista la necessità di testare i razzi, la madre di Von Braun suggerì di trasferire il team da Kummersdorf alla piccola città di Peenemünde, sull’isola baltica di Usedom, in modo da costruire una migliore infrastruttura per i test e garantire maggiore segretezza. La ascoltarono. Il gruppo di Peenemünde iniziò a sviluppare anche propulsori a combustibile liquido per caccia e per aerei a reazione. Fu sviluppato anche il missile antiaereo supersonico Wasserfall. Nel frattempo, Von Braun fu caldamente invitato a entrare nel Partito nazionalsocialista, cosa che fece nel novembre del 1937. Nel maggio del 1940 diventò Untersturmführer (sottotenente) delle Schutzstaffel, le SS. Ma non ci volle molto perché Heinrich Himmler iniziasse a promuoverlo.
Il primo missile operativo A-4 venne lanciato nel marzo del 1942. Percorse un chilometro e mezzo, prima di schiantarsi in mare. Il secondo lancio andò meglio: raggiunse un’altitudine di 11 chilometri, poi esplose. Il terzo lancio, il 3 ottobre 1942, fu invece un successo: 193 chilometri di gittata, oltre 80 di quota. Nel 1943 partì la produzione dell’A-4 per uso bellico, e Von Braun si ritrovò Sturmbannführer (maggiore). Il precursore dei missili balistici venne chiamato Vergeltungswaffe 2, «arma di rappresaglia 2». Più semplicemente, V2. Fu un’idea propagandistica di quel simpaticone di Joseph Goebbels. Il V2 non fu però una vera sorpresa per gli alleati: uno degli A-4 dei test era stato infatti recuperato da militanti della Resistenza polacca, che avevano trasmesso i particolari tecnici al servizio segreto britannico. Gli inglesi lanciarono quindi una grossa offensiva contro i complessi di costruzione dei V2. La base di Peenemünde fu pesantemente bombardata nel luglio del 1943, causando ritardi nella produzione e la morte di molti tecnici e operai, tra cui alcuni detenuti di un vicino campo di concentramento.
Il generale Dornberger suggerì di sparpagliare i complessi di lancio dei missili usando rampe mobili, ma Hitler si incaponì sulla costruzione di immense strutture sotterranee per il lancio. Il risultato del raid inglese fu che la produzione dei missili venne spostata in diverse fabbriche (alcune componenti anche nel Norditalia) e soprattutto in alcuni campi di concentramento. Si stima che nei lager, in particolare in quello di Mittelbau-Dora, le condizioni di lavoro abbiano provocato fino a ventimila morti.
In futuro Von Braun dichiarerà di provare vergogna per tutto questo. Peccato che non ci siano evidenze di sue proteste al riguardo. A dirla tutta, uno screzio con la Gestapo ci fu, nel 1944: lo arrestarono per crimini contro lo Stato. Ma i diritti dei prigionieri non c’entravano nulla: è che Von Braun continuava a farneticare sulla costruzione di missili capaci di andare nello spazio, e la cosa iniziava a essere fastidiosa. Per sua fortuna, il generale Dornberger e il ministro agli Armamenti Albert Speer riuscirono a convincere Hitler che senza Von Braun la produzione di V2 sarebbe stata a rischio, e le accuse caddero.
I missili prodotti venivano poi spediti in treno, per poterli lanciare ininterrottamente da Peenemünde verso Gran Bretagna e Belgio.
Il costo di produzione di un V2 salì però vertiginosamente, arrivando a essere comparabile a quello di un bombardiere. Non proprio giustificato, considerando che aveva un carico di meno di una tonnellata di esplosivo. I servizi segreti alleati si convinsero quindi che il passo successivo da parte dei tedeschi sarebbe stato l’uso del missile come vettore di una bomba nucleare. In realtà lo stato maggiore tedesco considerava tale progetto irrealizzabile nel breve periodo, e i missili V2 lanciati con esplosivi tradizionali non ebbero l’effetto distruttivo immaginato, pur provocando migliaia di vittime.
Nella primavera del 1945, quando l’Armata Rossa giunse a soli 160 chilometri da Peenemünde, Von Braun riunì i suoi collaboratori per decidere a chi consegnarsi. Molti erano terrorizzati dai sovietici. Altri temevano più la Gran Bretagna, dove erano considerati criminali di guerra. Inoltre, le SS avevano avuto l’ordine di uccidere gli ingegneri tedeschi in fuga, per evitare che consegnassero segreti al nemico. Salendo su un treno con documenti falsi, Von Braun riuscì a portare cinquecento persone a consegnarsi ai militari statunitensi. Gli americani, non appena capirono chi avevano di fronte, mandarono di corsa l’esercito a Peenemünde, per portar via tutto ciò che restava dei V2 e distruggere la fabbrica prima che cadesse nelle mani dei sovietici. Requisirono trecento vagoni ferroviari di materiale, ma non tutto: all’arrivo degli statunitensi, infatti, i sovietici avevano già portato via buona parte del lavoro del team di Von Braun.

L’inizio della corsa allo spazio

Grazie alle centinaia di missili tedeschi sequestrati, statunitensi e sovietici furono in grado di avviare i rispettivi programmi missilistici, quelli che avrebbero portato le due nazioni alla corsa allo spazio.
I sovietici partirono dal V2 per sviluppare il missile R-1, una copia pressoché identica dell’originale. Nel tempo, però, riusciranno a progettare l’R-7 Semërka, il razzo che permetterà loro di inviare, il 12 aprile 1961, il primo uomo nello spazio: Jurij Alekseevič Gagarin.
Sul lato americano, diciamo che all’inizio gli scienziati tedeschi non furono propriamente accolti con tutti gli onori, anzi: furono separati dalle famiglie, rimaste in Germania, alloggiati in baracche dissestate e prive di servizi e tenuti sotto costante sorveglianza. Nel complesso, però, meglio di un processo per crimini di guerra. Vennero trasferiti prima nel Delaware, poi a Boston e successivamente nel Maryland, per classificare i documenti di Peenemünde. Infine Von Braun e altri 126 colleghi si stabilirono a Fort Bliss, nel Texas, in un’installazione militare a nord di El Paso.
A Fort Bliss lo staff di Von Braun addestrò il personale statunitense, lanciando in New Mexico alcuni V2 sequestrati in Germania. Il 24 ottobre 1946 venne scattata la prima fotografia della Terra vista dallo spazio, a una quota di 104,6 chilometri. La foto fu scattata con una fotocamera 35mm capace di registrare un’immagine ogni secondo e mezzo, montata su un missile V2 e lasciata ricadere sulla Terra in un resistentissimo contenitore d’acciaio.
Nel 1950 Von Braun e il suo staff vennero trasferiti a Huntsville, in Alabama. Lui nel 1956 sarebbe stato nominato direttore della Divisione sviluppo dell’Army Ballistic Missile Agency. Nel frattempo, però, fu messo a capo dello sviluppo del razzo Redstone.
Il PGM-11 Redstone fu il primo missile balistico americano a medio raggio. Era ovviamente basato sul V2 tedesco. Il primo lancio fu eseguito il 20 agosto 1953. Già nel 1954 il gruppo di Von Braun si disse in grado di lanciare un satellite in orbita nello spazio. La Casa Bianca, però, si oppose. Non si capisce se per diffidenza (non del tutto ingiustificata) verso quel tedesco a cui sembrava interessare solo andare nello spazio, o perché si preferiva il progetto Vanguard, sviluppato dalla Marina militare. Non una grande mossa, quella statunitense, visto che il 4 ottobre 1957 i sovietici, a sorpresa, piazzarono in orbita lo Sputnik 1. Il lancio del razzo Vanguard con un satellite a bordo, che doveva essere pronto solo nel 1958, venne anticipato in fretta e furia al dicembre del 1957. Il lancio fallì, il razzo ricadde a terra ed esplose.
E fu così che Von Braun ebbe finalmente il via libera: in soli tre mesi mise in orbita il primo satellite artificiale statunitense dal lancio dello Sputnik, l’Explorer 1, segnando l’inizio del programma spaziale americano. Era il 31 gennaio 1958, e Von Braun dimostrò al mondo l’affidabilità del proprio Redstone.

Il Programma Redstone

Cioè, più o meno. Dipende da cosa intendete per affidabile.
In ambito militare il Redstone fu utilizzato fino al 30 novembre 1965, per un totale di 56 lanci effettuati. 28 fallirono. Un trascurabile 50%.
«Mi sembra ottimo, facciamoci qualcosa di scientifico!»
Nel frattempo era nata la variante Jupiter-C, razzo a tre stadi per voli suborbitali. Niente orbita attorno alla Terra, quindi, solo salita e discesa. Tre voli effettuati. Solo l’ultimo non ebbe problemi.
«È fatta, l’ultimo è andato bene! È il 33% di successo! Aggiungiamo uno stadio e mettiamoci sopra un satellite!»
Venne quindi sviluppata la variante per il lancio dei primi satelliti artificiali, denominata Juno I. Il primo, quello dell’Explorer 1, fu un successo. Non si può dire lo stesso di tutti gli altri: su un totale di 6 lanci nel 1958, 3 fallirono.
«Perfetto! È un po’ come giocare a testa o croce, ma più emozionante! Il prossimo passo è l’uomo nello spazio!»
1959: nasce la variante Mercury-Redstone, per il lancio delle prime capsule con equipaggio umano (le Mercury, appunto) per volo suborbitale.
Il primo razzo, senza nessuno a bordo, viene lanciato il 21 novembre 1960. Vola per un secondo, innalzandosi nel cielo per meno di una decina di centimetri. Dopo di che il motore si spegne per un calo di energia dovuto a un problema che, nei sessanta voli precedenti dei vari Redstone, non era mai stato notato.
Eccellente.
Si effettuano altri tre lanci, fra il dicembre 1960 e il marzo 1961. Tutti e tre sono un successo! Il secondo, il 31 gennaio 1961, porterà nello spazio il primo vero astronauta statunitense: lo scimpanzé Ham. Ham non assomigliava a un prosciutto, ma doveva il suo nome all’addestramento ricevuto all’Holloman Aerospace Medical Center, e al fatto che il comandante del laboratorio fosse il tenente colonnello Hamilton «Ham» Blackshear. Ciò che differenziava Ham dalle altre scimmie mandate in precedenza, oltre al fatto di essere il primo ominide (cioè una cosiddetta grande scimmia) tornato sano e salvo (al contrario dei due terzi dei predecessori), era che non era solo un passeggero passivo: doveva infatti tirare una leva nello spazio per ricevere in cambio delle banane e, soprattutto, per far capire agli scienziati a terra se le condizioni lassù permettessero o no all’astronauta di compiere azioni. Fu quindi un test fondamentale, in vista del lancio di un uomo.
Dopo tre lanci consecutivi azzeccati, l’entusiasmo era alle stelle. Tranne per il fatto che i sovietici avevano appena spedito Gagarin non solo nello spazio, ma in orbita attorno alla Terra. Cosa che gli statunitensi non erano minimamente in grado di fare. Bisognava correre ai ripari.
«Ragazzi, un filotto così positivo non lo imbroccheremo mai più. Spediamo un uomo!»
Si scelse l’astronauta Alan Shepard, che diverrà famoso per essere il primo americano nello spazio, con la capsula Mercury-Redstone 3 (soprannominata Freedom 7), il 5 maggio 1961. Oltre che per essere completamente fuori di testa.
Al momento del suo lancio infatti, contando tutti i tentativi precedenti con i Redstone, le statistiche parlavano di un 58% di fallimenti. Per carità, non tutti i razzi erano esplosi, o non subito: alcuni erano finiti fuori traiettoria ed erano stati fatti esplodere per sicurezza, per esempio. Altri si erano accartocciati ricadendo a terra. Altri avevano funzionato a metà. Comunque, se volete andare nello spazio e il razzo parte in direzione sbagliata, non è che siate messi molto bene. Per dire.
Shepard però, tanto per avere un’idea del tipo, voleva partire immediatamente dopo Ham. Fu Von Braun a voler fare un lancio di prova con una navicella Mercury perfettamente pronta ma senza equipaggio, viste le statistiche a disposizione. Fu questa precauzione del tedesco a permettere ai sovietici di battere gli statunitensi sul tempo. Anche se, vi ricordo, i russi riuscirono a far fare al proprio cosmonauta un giro intero attorno alla Terra, quindi un’impresa con un coefficiente di difficoltà incredibilmente maggiore.
Ma Shepard, alle esplosioni del razzo, non ci pensava. Al massimo, il suo dubbio era che fosse lui a sbagliare qualcosa durante il volo. Volo in cui, a dirla tutta, lui non è che dovesse compiere chissà quale sfilza di operazioni, visto che in tutto doveva durare 15 minuti. Ciononostante, pare che le sue parole, al lancio, furono: «Please, dear God, don’t let me f*ck up».
Che tradurremo con un edulcorato «Per favore, Signore caro, fa’ che io non rovini tutto». Questa frase elegante è tutt’oggi conosciuta fra gli aviatori come la Preghiera di Shepard.
In realtà, qualche problema ci fu comunque. Shepard entrò nella navicella alle 5:15 del mattino, poco più di due ore prima dell’orario previsto per il lan...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Prefazione di Paolo Attivissimo
  4. Introduzione
  5. 1. Oh, razzo!
  6. 2. Guarda che Luna
  7. 3. Money!
  8. 4. Houston, abbiamo avuto un problema
  9. 5. Perché Stargate è Stargate
  10. 6. Canto notturno di un pianeta errante
  11. 7. Vi(s)ta da astronauta
  12. 8. La risposta è 42
  13. Conclusione
  14. Ringraziamenti
  15. Copyright