Sono io Amleto
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Sono io Amleto

  1. 256 pagine
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Sono io Amleto

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Informazioni sul libro

Sono nato l'11 luglio del 1990.I miei amici non hanno mai smesso. Sono riconoscente, un angelo mi ha protetto fino a oggi.Quando ho firmato il mio primo contratto, dormivo in una macchina.Sono stato una troia. Sono stato una santa.Sono la solitudine. Sono l'eleganza. Sono la moda. Sono quello che l'ha creata con due stracci. La mia anima, il deserto dei tartari.Sono una popstar, una rockstar, un punk rockerz, uno scrittore bohémien.Sono un figlio di Dio, un figlio di ma', un ragazzo normale, un miracolato, un pessimo esempio e la più grande storia mai raccontata prima.Dentro Sono io Amleto c'è tutto l'immaginario di Achille Lauro: un mondo lirico e non convenzionale, le lucide visioni di un'anima forgiata dalla solitudine, dalla strada, dalle droghe.Come tutta la sua produzione, anche questo libro è una prova di creatività che non si lascia intrappolare in nessun modello, e non segue nessuna regola.Con il suo modo unico di usare la parola e lungo inconsueti percorsi narrativi, Lauro ci guida in un viaggio psichedelico, visionario, malinconico e poetico. Ad accompagnarlo, ventitré opere di artisti contemporanei.In un attimo siamo quel bambino silenzioso che sogna di uccidere la Bestia per scappare dal Labirinto, siamo quel ragazzino che si affaccia timido al mondo dei grandi e che fin da subito decide di rompere le regole e infrangere le convenzioni sociali. Ma siamo anche quel giovane uomo che ce l'ha fatta, che ha costruito un impero dalla polvere, che ha sfidato la morte, ha attraversato l'inferno e ha trovato la sua strada nella musica.

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Informazioni

ATTO SECONDO

CONFESSIONI DI UN PUSHER

Esegesi del Ragazzo Madre
AMORE-DROGA-MUSICA - L’INCONTRO CON FRENETIK E PITCH - ASCESA ARTISTICA - TRAP E INTIMISMO

BONNIE AND CLYDE

Conobbi Julia un tardo pomeriggio di primavera. Stavo con Matteo al parco, fumavamo, vendevamo, quando mi chiamò un tipo che non si era più fatto vedere da un paio di mesi perché mi doveva dei soldi, e dire che l’avevo pure tatuato. Mi disse che mi avrebbe mandato qualcuno.
Dopo poco arrivò lei: una ragazzetta smilza, con gli anfibi, le stringhe colorate, un vestitino corto a strisce gialle e nere, la felpa col cappuccio tirato su da cui sbucavano tante treccine torve come serpentelli, sembrava Medusa. Pensai che fosse pazzo a mandarmi ’sta tipa… la SUA tipa.
Gli occhi neri lucidi e fondi. Mi guardò seria e mi porse ’sto pacchetto di sigarette, lo aprii e vidi che dentro c’erano i soldi. “Ho appena conosciuto la mia ragazza” pensai mentre lei evitava il mio sguardo, che allora scese sulle labbra ben disegnate, da angioletto. Si voltò dura: «Ci vediamo» mi disse.
Io le sgasai accanto col mio motorino rubato, vrrrrrrrmmmmh.
La sognavo a occhi aperti, l’avrei rivista il giorno dopo al Villaggio Globale, un locale alternativo che frequentava, poi il giorno dopo ancora e quello dopo… perché ero un bambino innamorato e da quel momento avevo capito che non avevo bisogno d’altro: solo di me e di lei in questa vita dannata. Noi due contro tutti fino alla morte; sì, saremmo morti insieme o non saremmo morti mai, ci dicevamo.
Mi aveva sedotto la sua bellezza naturale, inconsapevole, l’aria un po’ selvaggia, un po’ boschiva e lunare, la sua solitudine che era impercettibile follia, lei era come me. In generale mi attrae questo nelle persone, nelle donne in particolare: un’idea di purezza. Era così che la vedevo: due occhi stupefatti di bambina, che potevano vedere e immaginare qualunque cosa insieme a me. Le peggiori pazzie.
Venne a vivere con noi nella casa di via Bagnone. Lasciammo pezzetti di noi anche da sua madre: qualche cambio, droga nascosta qua e là. Ci amammo come fratelli, come amici, perché questo rappresentavamo l’una per l’altro: tutto, come succede agli adolescenti romantici, idealisti, pieni di vita da desiderare di morire ed escogitare ogni giorno un modo diverso per farlo; non avevamo nemmeno diciotto anni ed eravamo soli: IO e LEI.
La nostra storia cominciò in un giro balordo, con i miei amici ci sfondavamo e lei venne subito assorbita in questo mondo. Era il mondo degli stupefacenti, dei paradisi artificiali.
Sapeva tutto di me, di quello che facevamo. Quando vendevamo divideva con me le cose. Lei era Noi, si era fatta una copia del mio cervello…
Vivevamo in una simbiosi assoluta.
Eravamo spregiudicati, coraggiosi, dannati, arroganti.
Facevamo le peggiori cose senza preoccuparci delle conseguenze.
Quando rimanevamo a casa da soli sperimentavamo le droghe e per noi era un momento di estasi che condividevamo, un momento di amore pazzesco. Non era per divertirsi, ma un modo per suggellare il nostro legame, un patto di sangue per l’eternità. Significava anche: fidati di me e lasciati andare! La droga per amore. Mai un dubbio o un ripensamento. Sparivamo nella notte, fieri della nostra incapacità di stare al mondo. E all’alba tornavamo volando con una rapidità che non lasciava spazio al rimorso né al pentimento. Liberi.
Il mondo non è come pensi
E io so’ proprio come te
Che vorrei difenderti da tutto quanto
Ma tu vuoi difenderti solo da me
[…]
Fatti così, su una ruota con il casco
slacciato,
Siamo fatti così, guarda come cazzo
moriamo, ce ne freghiamo […]
Amore e grammi
Quanto abbiamo aspettato per diventare quello che siamo (l’uno per l’altra), pensavo: la natura dona i suoi frutti migliori dalle piante selvatiche, quelle che non appartengono a nessuno, che crescono spontaneamente e solitarie sui bordi (d’occhi come visioni) di strade secche e terrose… Scrivevo, la mia Bonnie m’ispirava, volevo essere lei, con le treccine, le calze lunghe spaiate, le gonne strane corte o lunghissime, gli occhiali a cuore.
Fu l’inizio della follia in grande il nostro innocente amore criminale fatto di droga, rapine.
Non abbiamo i soldi, ce li andiamo a piglià, questa era la mia filosofia. Sognavamo di fare il bagno nell’oro, in una vasca idromassaggio in cima alla Tour Eiffel, sognavamo il successo da banditi, artisti, amanti divini come Amore e Psiche.
Facevamo rapine e rubavamo quello che ci serviva o ci piaceva. Reati gravi che commettevamo con estrema leggerezza.
Un giorno m’infilai i guanti, la felpa, una benda, fuori pioveva. Lanciai a Julia un foulard per coprirsi la faccia, le mostrai la pistola, lei rise come una bambola rotta. Le presi la testa, raccolsi i capelli nelle mie mani. Lei, ispirata, con le occhiaie profonde e una voce strascicata disse: «Ho paura». Le parole sono armi potentissime capaci di distruggere una vita, perché hanno il potere di emozionare il corpo, innanzitutto quello di chi le pronuncia… Ma non so perché stia pensando a questo ora.
Sentivo che si stava dibattendo, che stavamo lottando, era il nostro modo preferito di fare l’amore, senza nemmeno toccarci.
Uscimmo così, io con la mia giacca dorata, ma irriconoscibile. Salimmo sullo Scarabeo rubato, andavamo lenti per sentire addosso la pioggia, per sentirla scivolare dolce sui nostri cuori incoscienti. Pensavamo che non avrebbe mai più smesso di piovere, che non saremmo mai scesi da quel motorino. Stavamo assaporando un’idea di fine che non sarebbe finita.
Poi mi fermai di colpo vicino al fioraio, scesi, le dissi di aspettare. In un attimo fui di fronte a lui, mi sentivo altissimo, una montagna con ai piedi un fiorellino. Stesi il braccio che terminava con la pistola. Non capivo un cazzo, sentivo solo l’acqua in faccia, l’acqua buia dell’abisso. Riemersi con cinquanta euro, corsi verso il motorino. Lei era ancora lì, il mio amico. Il mondo era ancora lì.
Quando lasciammo la casa di via Bagnone e incominciò la mia vita randagia, mi trasferii per qualche tempo in una casa orrenda anni Settanta con un amico del Blocco. Lei stava ancora con me. Dormivamo su ’sto materasso buttato per terra. Allo sbaraglio più totale.
Poi una sera andammo a una festa all’Indawood Due, sull’Aurelia. Eravamo una decina, compresa Julia, ci facemmo di lsd, io più degli altri, e la notte quando cominciava ad albeggiare vidi la gente in faccia, negli occhi ancora le allucinazioni, pioveva, avevo fame, la gente sdraiata per terra. Mi guardavo intorno, ero l’unico sveglio. Mentre facevo la mista, in mano mi sembrava di avere un mucchietto di vermi. Eravamo su un prato, tutto ancora si muoveva e avevo sbalzi di umore tremendi. Guardo Julia e sento i primi rimorsi, la guardo distesa strafatta e per la prima volta penso: ma dove cazzo l’ho portata, che cazzo le ho fatto fare… non fu solo un pensiero ma una vera presa di coscienza. Chiamai tre di loro, li scrollai e li portai via di lì.
La sera del giorno dopo, ancora con ’sto trip addosso che stava scemando accompagnai Julia a casa da sua madre e al ritorno presi l’autobus 88 ed ebbi allucinazioni in fermata. Allucinazioni che stavolta erano vere e proprie illuminazioni. Stavo prendendo coscienza.
La coscienza avrebbe piano piano distrutto un po’ tutto. Compresi quanto il nostro legame dipendesse dalla droga. Che il nostro amore era dipendenza. Intanto eravamo cresciuti. A 18 anni sei una persona e a 22 sei tutt’altro. All’inizio fare certe cose era divertente, poi si andava ai rave per sballarsi e basta.
Non mi interessava più a un certo punto fare ’sta vita. Vedevo Julia come una figlia da proteggere. Cominciammo a tradirci, a picchiarci. Io ero diventato geloso, ossessivo, non riuscivamo ad accettare la realtà, a capire che semplicemente non eravamo più noi, sempre fuori di testa. Ma quei due non c’erano più, eravamo già morti insieme e continuavamo a inscenare quel momento.
Io avevo un’ambizione pesante! Avevo iniziato presto, con la gavetta del pacchettino, dieci euro qua, dieci euro là. Ma c’era la musica, c’era la scrittura, e mi ero dato un tempo, da ora ai prossimi due anni bisogna sistemarsi, mi ero detto, pigliamoci più che possiamo poi facciamo qualcosa di importante. Mentre capivo che potevo farmi decine di migliaia di euro in una botta sola, era l’Artista a capire. Era il mio lavoro. Finanziavo la musica, i video, un sito. Avevo idee di imprenditoria. La mia coscienza parlava. Vendevo veleni. Non volevo più fare male a nessuno. Chi me lo vendeva era cliente di se stesso. Ma non me, mi dissi, non me.
Tutto si stava aggravando e lei era ancora nel mio inferno mentre succedevano drammi tutti i giorni. Le sue amiche si defilavano una dopo l’altra, le facevano aprire gli occhi. Persino Maria, la ragazza di Simon P. che era cresciuta con noi se n’era andata. Per tre anni non la vedemmo più.
La separazione fu drammatica, c’era troppa droga tra noi, nelle nostre vite. Iniziammo a mentirci, a logorare tutto piano piano, anche a picchiarci. Avevo toccato il fondo, mi stavo suicidando coscientemente. Gli amici si ammazzavano. Sua ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Un sogno dove tutti muoiono
  4. Prefazione. Non sei come me
  5. Sono io Amleto
  6. ATTO PRIMO. L’ENFANT PRODIGE
  7. ATTO SECONDO. CONFESSIONI DI UN PUSHER
  8. INTERMEZZO. IL QUARTO BLOCCO
  9. ATTO TERZO. SAMBA TRAP
  10. ATTO QUARTO. LE PORTE DELLA PERCEZIONE
  11. Postfazione. Il punk gentile
  12. Appendice. I mondi di Achille Lauro
  13. DESIDERIO
  14. MATTEO GUARNACCIA
  15. ALEX FOLLA
  16. BO130
  17. DARIO ARCIDIACONO
  18. MASSIMILIANO ALIOTO
  19. Copyright