Sopravvivere con un adolescente in casa
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Sopravvivere con un adolescente in casa

  1. 192 pagine
  2. Italian
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Sopravvivere con un adolescente in casa

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Il contesto in cui crescono gli adolescenti di oggi è molto diverso da quello delle generazioni precedenti, e per questo non è semplice capire come sentono, pensano e reagiscono i nostri figli nel momento forse più difficile della loro crescita, di fronte a stimoli e cambiamenti interni ed esterni che spesso agli adulti suonano incomprensibili. Per aiutarci a capirli e a individuare linee di condotta che permettano di interagire in modo proficuo, la dottoressa Oliverio Ferraris, una delle massime esperte italiane, fornisce un quadro aggiornato dei punti salienti che riguardano il passaggio all'età adulta e illustra, con linguaggio chiaro e numerosissimi casi concreti, le dinamiche adulti-ragazzi e le risposte più opportune soprattutto nei momenti di crisi. Il corpo e la sessualità, la violenza e l'autorità, le droghe, il mondo virtuale e quello reale, la comunicazione e la trasmissione del sapere: il libro affronta le questioni centrali che coinvolgono gli adolescenti con lo scopo di fornire istruzioni "salvavita" ai genitori che si trovano a gestire un rapporto quasi mai facile. Una guida essenziale per tenere aperto il dialogo, un "prontuario" indispensabile dove ognuno può trovare rapidamente i consigli di cui ha bisogno.

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2019
ISBN
9788858696262
1

IL CORPO

La pubertà, una pietra miliare nella vita di ognuno, porta con sé cambiamenti fisici e comportamentali.
Prendiamo i giochi in comune. Piccoli gruppi di coetanei del proprio sesso si erano già visti nell’infanzia e tuttavia per la maggior parte dei bambini della scuola primaria era del tutto naturale partecipare a gruppi misti, maschi e femmine, purché interessati alle stesse attività. Anche una bambina poteva giocare a pallone con i maschi, se era brava. L’anatomia non era identica, ma non era ancora così differenziata da riflettersi sull’immagine di sé e sulla percezione che ne avevano i maschi.
La pubertà invece è foriera di trasformazioni sia a carico dei caratteri sessuali primari – genitali, ormoni, seno, bacino – sia a carico dei cosiddetti caratteri sessuali secondari – peli, voce, muscolatura, capelli.
Il nuovo corpo, che man mano prende forma con il sopraggiungere della pubertà, può piacere o non piacere al suo proprietario/proprietaria o anche preoccupare. Alcuni seguono serenamente le trasformazioni in corso. Altri le guardano con occhio critico. Altri ancora hanno difficoltà a relazionarsi con quello che percepiscono come un alieno.
È confortante percepirsi più forti fisicamente, più abili nel coordinare i movimenti. È confortante vedersi belli e ricevere apprezzamenti. Ci si può però sentire insicuri quando si fanno dei confronti con chi è più capace, più dotato, più ammirato. Oppure quando i modelli dei media propongono ideali irraggiungibili di efficienza e bellezza.
Nel passaggio dalla preadolescenza, alla media e tarda adolescenza – ossia in quel periodo che grosso modo va dagli 11-12 ai 18-19 anni – la maggior parte dei ragazzi familiarizzerà con l’“alieno” che crescendo lo trasforma: imparerà ad accettarlo, a sfruttarne le potenzialità, a migliorarlo, ad abbellirlo, a gestirlo sulla scena pubblica senza troppe timidezze.

Metamorfosi

Lucio, 13 anni, non si alzerebbe mai all’ora stabilita, non si laverebbe, indosserebbe sempre la stessa maglietta e la stessa felpa. La mamma gli deve star dietro tutte le mattine. «Mi assilli!» protesta lui, energicamente.
Nella sua stanza, però, libri e cd sono in perfetto ordine. Ci sono anche collezioni di figurine iniziate all’età di 7 anni che Lucio regolarmente aggiorna. «Non azzardarti a toccarle!» intima alla sorella, quando lei cerca di avvicinarsi.
Lucio ha una silhouette ancora incerta, non più bambina ma neppure da adolescente. L’acne e una peluria sulle guance denunciano però che l’alieno si è ormai impossessato del suo corpo. «Papà dice che mi crescerà la barba e che mi verrà un naso come il suo, io però spero che non succeda perché il suo naso è grosso e storto» confida a un amico.
Per sentirsi al sicuro Lucio ha bisogno che tutto resti come prima. Così come conserva in un ordine perfetto le cose che gli piacciono, allo stesso modo cerca di conservare immodificato il suo corpo infantile, per tanto tempo parte integrante della sua identità.
Non lavandosi e indossando gli stessi abiti, Lucio cerca di proteggersi dalla metamorfosi. Lavarsi sarebbe “fare una pelle nuova”, cosa da cui istintivamente rifugge. I suoi vecchi abiti fanno corpo con lui, sono una parte sostanziale della sua personalità, e dunque non sostituirli con abiti nuovi significa resistere agli inquietanti mutamenti dell’alieno.
Lucio fa resistenza perché non vuole rinunciare all’immagine stabile e rassicurante del corpo che si è costruito nel corso dell’infanzia. Perdere quella immagine potrebbe significare perdere la sicurezza di una parte fondamentale di sé che ha imparato a conoscere e a gestire, e che è stata per lungo tempo sotto la protezione tranquillizzante dei genitori. Eppure, prima o poi, dovrà assumersi delle responsabilità nei confronti del nuovo corpo, riconoscerlo come proprio e prendersene cura.
Del tutto diversa è l’evoluzione di Silvia, sua coetanea.
Alcuni mesi fa sono arrivate le prime mestruazioni, il cosiddetto menarca che nelle ragazze sancisce il passaggio alla maturità sessuale, anche se, per fortuna, ciò non comporta un raggiungimento immediato della fertilità.
Silvia sapeva che le mestruazioni erano imminenti perché alcune sue amiche le avevano già avute e perché la mamma l’aveva preparata a questo evento epocale. Non sono ancora regolari e le procurano dei crampi al basso ventre che nel primo dei quattro giorni durano alcune ore. Non ne fa però un dramma. Sa, perché le è stato spiegato, che nei primi tempi le mestruazioni possono essere irregolari, abbondanti e dolorose, così quando arrivano i crampi prende un blando antidolorifico consigliatole dalla ginecologa della mamma.
Al contrario di Lucio, Silvia è contenta di crescere e ne apprezza i vantaggi. Come molti adolescenti si guarda spesso allo specchio per seguire le trasformazioni anatomiche che via via si susseguono e tutto sommato è soddisfatta. «Tutto regolare» ha confermato la ginecologa.
È vero che il naso non è più quello a patatina che aveva da bambina e che piaceva tanto al suo papà; ma il profilo che sta emergendo è più maturo, più simile a quello di una donna: sta affiorando un carattere più deciso che non le dispiace. È come se il nuovo naso le indicasse un nuovo modo di essere.
Il seno non è ancora cresciuto come ad altre sue amiche, ma la dottoressa le ha spiegato che alla sua età si cresce in modo disarmonico, che non tutte le parti del corpo si sviluppano all’unisono. Solo tra un paio d’anni potrà avere un quadro definitivo, o quasi, dei cambiamenti in corso.
Silvia, che dall’età di 6 anni pratica la ginnastica artistica, apprezza ciò che il nuovo corpo le consente di fare di più e di meglio e cerca di trarne il massimo, durante gli allenamenti, per poi avere un buon piazzamento nelle competizioni regionali a cui partecipa.
Queste due storie di ragazzi all’inizio della loro adolescenza ci dicono che
le trasformazioni fisiche possono essere percepite in modi molto diversi.
Se in qualcuno possono generare inquietudini, a volte sentimenti di perdita e di vuoto, in altri invece possono rappresentare l’occasione per nuovi percorsi o addirittura l’opportunità per superare traumi vissuti in età precedenti.
È ciò che avviene nel caso che segue, descritto dallo psichiatra Stéphane Clerget (2000).
All’età di 5 anni Matteo incominciò a mostrare una difficoltà nell’uso del braccio e della mano destra. Sebbene non fosse mancino, il suo braccio destro da un certo momento in poi aveva incominciato a muoversi con maggiore difficoltà rispetto al sinistro e spesso si bloccava nel bel mezzo di un movimento. I genitori si erano rivolti a un neurologo. Lo specialista aveva sottoposto il bambino a tutti gli esami del caso senza però trovare alcuna causa organica che potesse giustificare quella anomalia motoria.
Anche il parto era stato normale e, dalla nascita ai 5 anni, nessuno aveva mai notato alcuna differenza funzionale tra i due arti, se non il fatto che, come tutti i destrimani, Matteo afferrava gli oggetti con la mano destra. Questa improvvisa difficoltà a gestire la mano destra provocava spesso dei piccoli incidenti a tavola e, per quanto riguarda il disegno e successivamente la scrittura, le linee e i segni che Matteo tracciava erano per lo più incerti e spezzati. Gli furono prescritte a più riprese delle sedute di psicomotricità che però non gli apportarono alcun giovamento. Si provò anche col nuoto che, com’è noto, richiede movimenti sincroni da entrambe le parti. Ma se in piscina l’istruttore non notava alcuna differenza tra il braccio sinistro e quello destro, al di fuori dell’acqua l’anomalia persisteva come prima. All’età di 14 anni, però, dopo un’estate trascorsa dai nonni, il disturbo scomparve spontaneamente.
Per comprendere le ragioni di quella strana difficoltà motoria e della sua remissione spontanea dopo nove anni, in piena adolescenza, bisogna conoscere un antecedente importante della vita di Matteo; antecedente che i genitori non avevano mai collegato al disturbo non avendolo considerato rilevante. L’episodio significativo emerse, casualmente, in un racconto della mamma di Matteo, quando ormai l’anomalia era scomparsa. Parlando della gelosia dei primogeniti nei confronti dei secondogeniti, la mamma raccontò come Matteo all’età di 5 anni, geloso del fratellino nato da poco, avesse ferito il neonato alla testa una forchetta e come suo padre lo avesse sgridato e severamente punito.
L’handicap motorio (di origine nervosa) era emerso dunque dopo quell’episodio che aveva tanto inquietato il papà e indotto Matteo a non fidarsi più del suo braccio. Quale cortocircuito si era verificato? A seguito del trauma, Matteo aveva probabilmente integrato al suo schema corporeo (di cui ognuno di noi ha una propria rappresentazione interna e che all’età di 3 anni inizia già a delinearsi) il braccio destro come “cattivo”, pericoloso, e inconsciamente ne aveva limitato il funzionamento. E poiché la mano è collegata al braccio anche la mano ne era rimasta coinvolta.
Ma più misteriosa (almeno in apparenza) della causa che aveva scatenato il disturbo motorio è la causa all’origine della riabilitazione spontanea all’età di 14 anni. Ripercorrendo la storia di Matteo si scoprono due motivi concomitanti. Il primo e più importante è strettamente collegato a quei rimaneggiamenti fisici che si verificano nel corso dell’adolescenza a partire dalla pubertà, quando si abbandonano le fattezze infantili e se ne acquisiscono di nuove e diverse.
Gli aspetti inquietanti delle trasformazioni adolescenziali possono farci dimenticare che le trasformazioni possono essere positive e ristrutturanti.
Questo caso ne è un esempio lampante. Quando, per un qualsivoglia motivo, lo schema corporeo è perturbato, le radicali trasformazioni fisiche dell’adolescenza forniscono una nuova opportunità per armonizzare e rendere più coerente e funzionale la propria immagine corporea. Succede anche per certi tic o modalità espressive a carattere compulsivo che, con le trasformazioni dell’adolescenza, possono “per magia” scomparire.
Un secondo motivo, che probabilmente ha coadiuvato il primo, è stato quel periodo di quasi due mesi trascorso in campagna, d’estate, dai nonni. Era quella la prima volta in cui Matteo si allontanava da casa per un periodo lungo, senza i genitori e senza il fratello. Lontano dai genitori Matteo si sentì più libero, più autonomo, meno dipendente da quel rapporto di autorità che fino ad allora lo aveva tenuto legato a loro, in particolare al padre nei cui confronti si era sempre sentito (inconsapevolmente) colpevole. E poiché il fratello non era più a portata di mano, il suo braccio non poteva nuocergli... Matteo incominciò dunque a vedersi come un’altra persona, diversa dal bambino cattivo che aveva ferito suo fratello, e poiché ora il suo braccio apparteneva a un’altra persona non era più pericoloso come prima.
Le trasformazioni fisiche possono dunque infastidire come nel caso di Lucio, essere vissute serenamente come nel caso di Silvia, ma anche essere un’opportunità per superare un trauma e/o armonizzare la propria anatomia verso una maggiore coerenza e funzionalità, come nel caso di Matteo.
Quella che il corpo subisce nella prima fase dell’adolescenza è dunque una vera e propria metamorfosi che trova un equivalente soltanto nei cambiamenti dei primi tre anni di vita. Ma se i piccolissimi non prestano attenzione a ciò che sta accadendo al loro corpo, gli adolescenti invece ne sono consapevoli. A differenza del bambino piccolo l’adolescente si rende conto di essere guardato e valutato in modo nuovo dagli altri, il che ha delle ricadute sul suo comportamento e sulla percezione di sé:
  • ora gli altri si aspettano un maggiore senso di responsabilità, più autonomia e razionalità;
  • gli sguardi degli altri possono stimolare e compiacere, ma anche imbarazzare perché non si sa ancora come reagire o perché si avverte un’intrusione fastidiosa in quella che viene percepita come la propria sfera intima; tipico è il caso delle ragazze che cercano di nascondere il seno sotto casacche o maglioni;
  • l’entrata in circolo degli ormoni sessuali crea un clima nuovo dalle prospettive inedite: non solo si scopre l’attrazione che noi esercitiamo sugli altri ma anche l’attrazione fisica che gli altri esercitano su di noi. Si delinea dunque un nuovo compito, tutt’altro che scontato, quello di gestire la propria sessualità.

Fuori controllo

Alcuni hanno l’impressione di non riuscire a padroneggiare il corpo, le sue reazioni, emozioni e impulsi, il che può generare fastidiosi imbarazzi come gli improvvisi rossori.
Si può arrossire per modestia, per vergogna, per pudore, per rabbia, quando si ascolta una battuta volgare, quando si commette un errore o anche ogni qual volta si incontra una persona da cui ci si sente attratti o addirittura quando qualcuno nomina una determinata persona o si presume che potrebbe nominarla.
Marina (14 anni) è innamorata di Marco, ma poiché sa di piacergli non riesce ad avvicinarsi a lui per paura di arrossire. Se lui si avvicina lei si allontana. Appena lo vede sente il cuore andare a mille e il viso in fiamme. Cerca di superare questa difficoltà aggirandola. Si avvicina a Marco quando ci sono altre persone intorno: nel gruppo si sente protetta, meno esposta, non è obbligata a parlargli direttamente, a sostenere il suo sguardo, al tempo stesso non lo evita dandogli l’impressione di non volerne sapere di lui.
Sonia (15 anni) continua ad arrossire ogni volta che suo padre nomina un ragazzo o le chiede da chi riceve messaggi sul cellulare. È una reazione che la tormenta perché quel rossore che le imporpora le guance comunica a suo padre che lei in qualche modo si sente attratta fisicamente da qualcuno. A causa di questa insistenza paterna Sonia ha sviluppato una vera e propria paura di arrossire, che la porta a infiammarsi con grande frequenza in presenza del padre, ma non solo. Le persone notano i suoi improvvisi rossori e alcune li commentano aumentando il suo imbarazzo e di conseguenza anche il rossore. È una lotta che Sonia si trova a ingaggiare quotidianamente con se stessa, è come se il suo inconscio rivelasse delle “colpe” che non ha. L’unica sua “colpa” è quella di essere più sensibile alle sollecitazioni sessuali di quanto non lo fosse prima che gli ormoni steroidi, entrando in circolazione nell’organismo, la sensibilizzassero agli stimoli sessuali.
Scheda 1
Arrossire: che fare?
Alcuni arrossiscono in situazioni sociali ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Introduzione
  4. 1. IL CORPO
  5. 2. LA SESSUALITÀ
  6. 3. L’ALCOL E LE DROGHE
  7. 4. L’AGGRESSIVITÀ
  8. 5. L’AUTORITÀ
  9. 6. GENERAZIONI E SAPERI
  10. Bibliografia
  11. Copyright