Troppo piombo
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Troppo piombo

  1. 322 pagine
  2. Italian
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Informazioni sul libro

Qualcuno sembra divertirsi a uccidere le giornaliste di un noto quotidiano parigino. Difficile, se non impossibile, smascherare il colpevole: pochi indizi, nessun sospetto, troppi pettegolezzi. È un mistero intricato, un lavoro per il commissario Mordenti e la sua squadra. Mentre "les italiens" cominciano a indagare, una lenta nevicata senza fine ricopre Parigi avvolgendo ogni cosa e confondendone l'aspetto. Ma non è solo la neve a rendere ogni cosa diversa da quello che è: per stanare l'assassino Mordenti dovrà destreggiarsi tra riunioni di redazione, rivalità, ambizioni e inganni, distratto dalla presenza di Nadège, una bella giornalista che forse ha qualcosa da nascondere. Un noir impeccabile tra crimini efferati e sanguinari, cattivi che sembrano buoni, inseguimenti da brividi, e un oscuro legame tra gli omicidi e le banlieue in fiamme.

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2019
ISBN
9788858695913

Tredici

Sembrava che il cielo avesse finalmente vinto la sua stitichezza. La neve ora cadeva leggera in piccoli fiocchi tremebondi.
«Bisogna scendere nell’arena, amico mio» mi sono detto.
La bestia si era liberata approfittando di un momento nel quale avevo, diciamo così, calato la guardia e non solo quella. Una distrazione e lui era saltato fuori digrignando i denti per poi tornare nell’ombra con un balzo.
Il mio mostro era lì, quella mattina, e mi stava guardando dalla profondità della sua tana.
Ho parcheggiato l’auto in divieto di sosta davanti al giornale e ho abbassato l’aletta parasole con il contrassegno «Polizia Nazionale, sbirro in servizio». Adesso i fiocchi scendevano più fitti e l’asfalto era tutto bagnato.
Stavo per entrare quando qualcuno mi ha chiamato. Mi sono voltato e ho visto un tizio che veniva verso di me con un bel maglione norvegese, i jeans e una giacca di tweed blu. L’ho aspettato sulla porta e lui mi si è fermato davanti.
«Non ci hanno ancora presentati» ha detto tendendo la mano. «Sono Michel Kahane, redattore capo qui dentro, tanto per dire.» Ha indicato la porta. «Non voglio farle perdere tempo» ha detto con un sorriso. «L’ho vista arrivare e ho pensato che avremmo potuto prendere un caffè assieme.»
I suoi occhi sorridevano. Era un pelo più basso di me ma il fisico ce l’aveva anche lui. Quando sorrideva due fossette gli si formavano sulle guance. Se fossi stato una donna probabilmente mi sarei messa a balbettare.
Ci siamo presi le misure. «Vada per un caffè» ho detto.
Abbiamo attraversato l’incrocio e siamo entrati ai Deux Magots. C’era un sacco di gente, aver accettato il suo invito mi è sembrata subito una pessima idea. Abbiamo trovato un tavolino vicino alla vetrina. Un cameriere che sembrava il butler di Lord Hamilton ha preso l’ordinazione.
«Tanto per dire, ho sentito che avete avuto una discussione burrascosa con Denise Florian» ha detto sorridendo.
«Le notizie corrono» ho brontolato.
«Voci di corridoio. C’è gente in redazione che avrebbe voluto assistere, tanto per dire» ha detto sarcastico. «Non mi fraintenda, io devo essere sopra le parti. Mi piacerebbe sapere perché avete torchiato proprio loro, c’è un motivo particolare?»
Ho sollevato la tazzina. Sarà anche stato il locale più famoso del mondo, ma il caffè era meno che qualunque.
«Non le abbiamo torchiate» ho detto alzando le spalle. «Gira voce che fossero buone amiche di Garcia e Rosenberg. Volevamo solo qualche informazione.»
«E le avete avute?»
«Non quante speravamo, c’è stato un po’ di trambusto.»
«Si riferisce alla foto di Thérèse con le sue amiche, non è così? Parlandone in riunione, il direttore ha detto che sembrava interessarvi molto, tanto per dire.»
Ho sospirato. «Quando due signore su quattro ritratte in una foto vengono uccise, ci viene da pensare che anche le altre due possano correre lo stesso rischio. Siamo un filo paranoici, noi flic.»
Sembrava deluso. «Un’ultima cosa» ha detto posando la tazzina sul piattino. «Oggi sul giornale abbiamo scritto di Gaspar Wendling. Come mai state indagando sulla sua morte?»
«Lo conosceva?»
«Non esattamente, sto solo facendo il mio mestiere. So che bazzicava la redazione.»
«Non stiamo indagando sulla morte di Gaspar Wendling, non è di competenza della Crim.»
«È possibile che il suo omicidio abbia qualche relazione con la morte di Thérèse e Dalia?»
«Mi sembra un’ipotesi alquanto inverosimile» ho mentito.
Non volevo che pensasse di essere un mio collega o il mio partner. Magari era convinto che fossimo come Starsky e Hutch. Tanto per dire. E Wendling era il mio piccolo segreto, meno si parlava di lui e meglio saremmo stati tutti quanti.
«Su un’agenda è saltato fuori il suo nome, pare non fosse proprio uno stinco di santo, così abbiamo dato un’occhiata al suo dossier. È successo un sacco di tempo fa e tra le due cose non esiste alcun collegamento.»
«Capisco» ha sorriso, «oggi niente scoop per me.»
Mi sono sporto leggermente verso di lui. «Mi dica una cosa lei, piuttosto. L’altro giorno ci siamo incontrati nell’ufficio di Fraysse. Stavamo guardando un ritratto di Thérèse Garcia fatto con delle polaroid, ricorda? Il giorno dopo l’ho mandato a prendere per farlo esaminare dai miei colleghi della scientifica e il ritratto era scomparso.»
Ha sollevato le sopracciglia. «Perché voleva farlo esaminare?»
«Ordinaria amministrazione» ho detto, «intanto qualcuno ha saputo del ritratto e lo ha fatto sparire.»
«Be’» ha detto, «sono i deliziosi piaceri dell’open space. Sospetta di qualcuno in particolare?»
Mi ha scrutato così a fondo che deve aver visto anche quanta moneta avevo in tasca. Ho finito la mia brodaglia e mi sono alzato. «Grazie per il caffè» ho detto, «le chiedo scusa ma adesso devo proprio andare.»
Si è alzato anche lui. Ha messo dieci euro sul tavolino. «Buon lavoro» ha detto stringendomi la mano. «La prego di tenermi informato. Sembra tutto molto interessante.»
Ero irritato come una vipera. L’ho salutato e ho riattraversato la strada per tornare al giornale. Mentre salivo in ascensore ho sfogliato la copia di «Paris24h» che avevo preso all’ingresso. Quello che ho letto non ha fatto che peggiorare il mio umore. Parlava già del tentato omicidio di Nadège Blanc. L’avvenimento avrebbe anche potuto figurare come efficienza della polizia, tipo che anticipava le mosse del killer. Purtroppo un’inquilina aveva raccontato del commissario nudo che correva giù per le scale sventolando tutte le sue armi.
Se per caso qualcuno fosse stato all’oscuro del mio filarino con Nadège questo avrebbe sistemato le cose, coprendo l’intero territorio nazionale. Sai che risate alla Grande Boîte.
Il giornale riportava inoltre che la madama aveva tirato in ballo l’omicidio irrisolto del giornalista Gaspar Wendling, avvenuto mesi prima. L’esatto contrario di quello che avevo appena detto a Michel Kahane.
Arrivato in redazione ho attraversato le forche caudine delle risatine sotto i baffi. Passando tra le scrivanie per raggiungere quella di Nadège, m’è sembrato di essere ancora nudo.
Lei stava parlando con un paio di persone, una tizia sui cinquantacinque anni con i capelli bianchi che indossava un tailleur blu marin e un giovane belloccio dall’aria intellettuale, zazzera bionda in testa e occhiali da Le Corbusier sul naso. Si è voltata verso di me e mi ha fatto un sorriso.
Mi sono sfilato il soprabito e mi sono seduto in attesa che la strana coppia si levasse dai piedi. Intorno c’era una certa animazione. Telefoni che squillavano. Un paio di persone in fondo alla redazione che litigavano per un titolo sbagliato, un paio d’altre intente a scrivere al computer l’articolo del secolo.
Ho preso il giornale e mi sono messo a leggere una storia catastrofica sul riscaldamento del globo e New York che in un centinaio d’anni sarebbe diventata come Venezia. Mi sono immaginato quanto fosse figo scendere in gondola per Fifth Avenue, bevendo una coca e mangiando un hamburger.
Accanto a me, una ragazza stava parlando al telefono stravaccata alla scrivania. Aveva i capelli neri corti, striati da sottili mèche blu. Indossava una dolcevita nera, una salopette rossa e scarpe da ginnastica All Star gialle. Sul tavolo, di fianco al computer, erano posate due bottiglie di Coca-Cola da un litro e mezzo che spiegavano i brufoli che aveva sulle guance.
«Stasera c’è il corso di tango» stava dicendo, «sì, con quel tipo… guarda, non so… dopo la settimana scorsa ho paura ad andarci… Ma sì… non te l’ho raccontato?» Ha sbuffato mettendosi più comoda. «Guarda, martedì è stata allucinante… sì, ero con Marie, lei ci ha anche litigato… stavolta non era colpa sua… te lo giuro… con i maestri arrabbiati perché facevamo male le figure… sai com’è…»
«Non si ascoltano le telefonate degli altri» ha detto alle mie spalle la voce di Nadège. Mi sono voltato.
«Ciao» ho detto.
«Ciao.» Faceva l’allegra ma non lo era mica tanto.
«Come ti senti?»
«Ancora scossa, non ho dormito granché.»
Più o meno la metà della redazione ci stava osservando fingendo di guardare da un’altra parte. Quando le cronache rosa si occupano di te, la privacy va subito a farsi fottere e i paparazzi compaiono come d’incanto.
«Sai» ho borbottato quasi fra me, «stavo ripensando all’altra sera. Quando hai risposto al citofono hai detto di aver sentito la voce di Camille e questo non me lo riesco a spiegare.»
Lei mi ha guardato con curiosità. «È vero. Con tutto quello che è successo non ci ho più pensato. Era una voce piagnucolosa, poteva anche non essere lei. Conoscendola non mi sono nemmeno posta il problema.»
«Evidentemente il nostro amico conosce Padrazzi piuttosto bene, abbastanza da sapere quanto sia lagnosa.»
Attorno a noi continuavano a volare le occhiate. Non avevo voglia di far sapere i cazzi miei a tutta la redazione, in quel posto le notizie viaggiavano già su un canale fin troppo privilegiato. Mi sono avvicinato a Nadège.
«C’è un posto tranquillo dove possiamo parlare?» ho chiesto. «Ho bisogno di farti un paio di domande.»
«Di là in saletta» ha detto imbronciata, «prima della riunione di direzione ci vuole ancora un’ora.»
Mi sono alzato e ho preso il soprabito. Attraversando la redazione abbiamo raggiunto i locali della direzione. In sala riunioni non c’era nessuno, ho buttato il paletò su una sedia e ci siamo accomodati vicino alla finestra. Al di là dei vetri la neve si stava cominciando a fermare. Imbiancandosi, il mondo produceva quello strano fenomeno che si portano appresso le nevicate, quando tutti i rumori diventano ovattati.
Nadège indossava un lungo cardigan di cachemire beige sulla pelle nuda e una gonna color tabacco. I suoi capezzoli spingevano contro la lana come piccoli bottoni. Mi sono costretto a non guardare, ad allontanarmi da lei, dal suo letto, dal suo corpo e dalla sua vita. Mi sono costretto a essere uno sbirro e nient’altro, volevo solamente che mi raccontasse delle cose.
«Quello che è successo ieri sera ha scompigliato le carte ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Troppo piombo
  4. Uno
  5. Due
  6. Tre
  7. Quattro
  8. Cinque
  9. Sei
  10. Sette
  11. Otto
  12. Nove
  13. Dieci
  14. Undici
  15. Dodici
  16. Tredici
  17. Quattordici
  18. Quindici
  19. Sedici
  20. Diciassette
  21. Diciotto
  22. Diciannove
  23. Venti
  24. Ventuno
  25. Ventidue
  26. Ventitré
  27. Ventiquattro
  28. Venticinque
  29. Ventisei
  30. Copyright