Fuori luogo
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Fuori luogo

  1. 192 pagine
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Fuori luogo

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Informazioni sul libro

Dagli inizi davanti al computer della sua stanza - tra tutorial e video su YouTube - passando per la conquista del Disco d'oro, fino ai live da tutto esaurito… Il percorso di un artista che ha rifiutato il mondo dei talent e che da sempre segue la sua strada, anche se questo significa camminare sull'orlo del precipizio e imparare a convivere con le vertigini.

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Informazioni

1

INTO THE WILD

UN VERO ARTISTA È DESTINATO A ESSERE INFELICE PER TUTTA LA VITA, A RIMANERE UNA PERSONA SOLA.
Into the Wild è la storia di Christopher McCandless che diventa Alexander Supertramp, un ragazzo di buona famiglia che invece di continuare gli studi come tutti si aspetterebbero parte per un viaggio on the road attraverso gli Stati Uniti e raggiunge infine l’immensità selvaggia dell’Alaska, dove vive cibandosi di bacche e animali selvatici, solo e finalmente felice. E dove muore proprio per via di una bacca avvelenata, lasciando un ultimo messaggio: “Happiness is only real when shared”, la felicità è reale solo quando è condivisa.
Spesso mi sento come lui. Vorrei prendere e mollare tutto, eppure so che poi quel “tutto” mi mancherebbe. Vorrei lasciarmi alle spalle pensieri, relazioni e responsabilità, eppure so che senza non saprei stare. Vorrei conoscere persone come fa Alexander nel suo viaggio, magari affezionarmi, ma poi andare avanti comunque per la mia strada, eppure so che da solo quella strada non avrebbe lo stesso sapore.
Ed è proprio questo continuo oscillare che fa sì che io non sia mai sereno, in pace con me stesso. Che mi senta sempre fuori luogo, indipendentemente dal contesto in cui mi trovo e da chi ho accanto. Posso essere al bar sotto casa, in radio o con la mia famiglia, ma mi sento scomodo, mi manca sempre il respiro. Posso circondarmi delle persone migliori del mondo, ma ho sempre quella sensazione, quell’inquietudine alla bocca dello stomaco. E nessuno può farci nulla, nessuno può salvarmi dato che questa condizione riguarda soltanto me, e il rapporto che ho con me stesso. Il fatto che mi senta perennemente in difetto, incompleto. Che a volte sia quasi felice, ma ogni volta che sto per raggiungere la meta quel quasi si sposti. Che mi faccia mille domande e non arrivi mai al punto in cui mi dico: “Ok, è così”, perché quando ci arrivo… arriva un’altra domanda. E vado avanti così senza fine, come davanti a una clessidra sempre sul punto di esaurire la sabbia: quando sono pronto a girarla, ecco scendere un nuovo granello.
Ed è così anche con la musica. Ma è sicuramente un aspetto positivo, che mi fa bene e mi rende più felice, perché capita spesso che mi consoli con una canzone che ho scritto, o di scriverne una e sentirmi più forte. Come se, facendolo, togliessi una piccola parte del problema da me e la infilassi tra le note.
HO UNA FORZA INCREDIBILE NELL’ANDARE AVANTI, RIUSCIRE AD ESSERE INVISIBILE AGLI OCCHI DEGLI ALTRI, UN CUORE DI GHIACCIO ED UNA FIAMMA NEL PETTO, HO QUATTRO SUPERPOTERI MA NON RIESCO AD ESSERE ME STESSO.
Solo che non basta. Perché è vero che la scrittura mi aiuta, è terapeutica, ma mi sento comunque insoddisfatto, ho una concezione di me stesso totalmente diversa da quella degli altri e ho sempre la sensazione di essere più indietro di quello che probabilmente sono. Perché penso che potrei fare di più, che vorrei fare altro e potrei fare meglio, e che il tempo è troppo poco e io costantemente in ritardo. Perché sono sempre alla ricerca della canzone perfetta e ogni volta che raggiungo un risultato penso già a quello successivo. Qualche anno fa il mio sogno era fare un singolo che ottenesse il disco di platino e un album che andasse bene e magari raggiungesse il disco d’oro, e quando è successo, o meglio, l’attimo prima che si realizzasse, il sogno era già svanito, lasciando il posto a quello successivo.
Non significa che sia diventato arrogante o non sia felice di quello che faccio, anzi, in un certo senso vivo nella paura che tutto finisca.
Un po’ come quando ami così tanto una persona che sei terrorizzato all’idea di perderla, così io che amo suonare più di ogni altra cosa al mondo ho paura di non poterlo più fare, o di non riuscire più a farlo. Paura di perdere il tocco, la capacità di immergermi completamente in quello che scrivo… E ogni volta che finisco un pezzo mi domando: riuscirò a farne un altro?
• PIANO B •
Non ho un “piano B”, fondamentalmente non l’ho mai avuto. Se fossi costretto farei anche altro, ma di sicuro la musica non la mollerei, perché sarebbe un po’ come mollare me stesso. Non lo farei neppure se mi offrissero un mucchio di soldi, se mi dicessero: “Ti diamo 10 milioni ma con la musica hai chiuso”. Anche 50. Anche 100. Anche miliardi. Non smetterei di suonare per nessuna ragione al mondo.
Il fatto di essere sotto una major non cambia le cose. Ok, la musica è diventata un lavoro, ma resta un lavoro particolare, che non dà sicurezze: non è facile scrivere canzoni che funzionino, che il pubblico abbia voglia di ascoltare, come non è facile mantenere il modo in cui lo faccio, l’approccio e la passione che stanno alla base.
Tuttavia, se da un lato questo stato d’animo, questa sensazione di insoddisfazione o di non essere “mai abbastanza” è una condanna che mi impedisce di godermi quello che sto facendo, dall’altro è la molla che mi porta a scrivere: sono convinto che il giorno in cui troverò pace, in cui troverò il sistema per uscire da questo fuori luogo costante smetterò di fare musica; di sicuro di fare canzoni come le mie, scritte in un certo modo, con un certo coinvolgimento.
• FUORI LUOGO •
È una delle canzoni cui sono più legato. Mi corrisponde, racconta come sono, come mi sento spesso, praticamente sempre.
Ai live, prima di cantarla, faccio un piccolo discorso, una specie di introduzione in cui racconto che, avendo dedicato il centouno per cento della mia vita alla musica, ho perso persone e momenti che non torneranno più. E ogni volta che la canto o mi capita di riascoltarla ho i brividi, provo davvero compassione per me stesso e commozione per le emozioni che esprime. È come se riuscissi a vedermi in terza persona, una sensazione tanto potente quanto indescrivibile.
L’essere sempre insoddisfatto non solo mi spinge a far musica, mi spinge anche a far meglio e a sognare sempre più in grande.
DOVREI PENSARE MENO, MA SE TOLGO I MIEI PENSIERI COSA MI RIMANE?
Perché è vero, ogni volta che sono sul punto di far sì che il sogno si avveri... il sogno si sposta in avanti e si trasforma in quello successivo. E la distanza che mi separa dalla sua realizzazione resta invariata: più mi avvicino più si allontana, rimanendo irraggiungibile. Ma in questo modo diventa ogni volta più grande: arrivi a cento persone… vuoi arrivare a centomila, arrivi a fare cento concerti all’anno… ne vuoi il doppio. E se qualche anno fa sognavo di suonare in un circolo di paese adesso sogno di riempire gli stadi, di esibirmi all’estero o di collaborare con grandi artisti.
Non è presunzione, ma è solo che credo in me, in quello che faccio.
Magari ho paura di non essere capito e apprezzato al cento per cento, ma sul prodotto non ho dubbi. Sono convinto sia originale, che valga, anche perché prima di lanciarlo ci lavoro parecchio, e se esce è solo perché c’ho sudato sopra, seguendo sì i consigli degli altri, ma soprattutto me stesso. Poi, ogni volta, dopo circa due mesi, mi dico: “Cavolo, avrei potuto fare questo, avrei fatto meglio a fare quello…” ma è normale, l’autocritica ci sta, ed è ciò che mi fa pensare che la mia canzone più bella sarà la prossima, e intanto mi spinge a dare il meglio su quella alla quale sto lavorando.
OGGI HO TUTTO CIÒ CHE SERVE, TRANNE LA COSA CHE VOGLIO DAVVERO.
Però non è solo una questione di quanti dubbi hai o di quanto tempo ci lavori: la differenza la fa la determinazione che ci metti. Uno che nasce con il talento, se non ci crede e non è costante non va lontano. Perché se tieni davvero a fare quello che ami devi avere fame. Devi avere la personalità per inseguirlo. E devi essere disposto a studiare ed essere aperto e attivo; a dedicarci la vita, a sacrificare te stesso. Ma se lo fai, se ci credi fino in fondo, magari non arrivi al punto che esattamente sognavi, ma poco sotto sì, ed è comunque un traguardo.
A volte penso che se avessi preso alcune scorciatoie, se avessi avuto un aiuto oppure avessi realizzato qualche anno fa ciò che sto realizzando ora, con questa meticolosità e questa convinzione, avrei già fatto quel passo, quell’ultimo step che non so bene quale sia ma sento che ancora mi manca.
Poi, però, penso alle mille notti chiuso in studio, ai miliardi di caffè, alle ore davanti allo schermo del computer, ai chilometri macinati su e giù per l’Italia, al pubblico che canta le mie canzoni, alla soddisfazione negli occhi dei miei, agli sforzi e ai sacrifici che ho fatto per seguire ciò in cui credevo. Penso a cosa provo mentre sono alla tastiera con la pioggia che batte sulla finestra. Alla parete alle mie spalle, al post...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. FUORI LUOGO
  4. INTRO
  5. 1. INTO THE WILD
  6. 2. RAINMAN
  7. 3. LIVE
  8. 4. UNA COSA SEMPLICE
  9. 5. FATTORE X
  10. 6. WINGS
  11. 7. MEMORIES
  12. 8. TESTAMENTO
  13. 9. ORO
  14. 10. CRESCERE
  15. 11. I GRANDI NON PIANGONO MAI
  16. 12. OUTSIDER
  17. 13. NEMICO DI ME STESSO
  18. OUTRO
  19. Copyright