Smetti di sentirti una merda
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Smetti di sentirti una merda

  1. 256 pagine
  2. Italian
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Smetti di sentirti una merda

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Informazioni sul libro

Andrea Owen ha visto in faccia il dolore, ha vissuto in prima persona la frustrazione e la debolezza, ha affrontato i grossi ostacoli che la vita le ha messo davanti. Ed è per questo che, forte della sua stessa esperienza, può guidarci in un percorso verso la soddisfazione personale e la serenità.
Rispondendo alla domanda: "Perché stiamo di merda?" ha individuato quattordici abitudini nocive comuni a tutte noi. E per ogni abitudine ha studiato un rimedio efficace che ci propone in questo manuale rivoluzionario, scritto da una donna per le donne.
Owen ci insegna a guardare in faccia i comportamenti che ci fanno stare male: dall'autocritica estrema all'isolamento, dalla sindrome dell'impostore al perfezionismo, dalle manie di controllo all'incessante bisogno di approvazione. Senza mezzi termini, l'autrice scopre le radici di un'insoddisfazione tutta femminile e ci trasmette un metodo per conquistarci la felicità.
Come? Prima di tutto accogliendo i nostri sentimenti, anche quelli negativi: solo così faremo spazio per tutta la gioia che ci meritiamo.

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Informazioni

Anno
2018
ISBN
9788865974322
1

Non fare la stronza con te stessa

Come gestire l’autocritica
«Sembra che ti abbia appena investita un camion.»
«Che cucciola, credi ancora che ti daranno l’aumento!»
«Il due pezzi? Sì, certo. In un’altra vita.»
Hai mai avuto una storia con qualcuno che a parole ti distrugge? Che ti critica continuamente, che non ti considera mai all’altezza di niente e che ti fa sentire un disastro, tanto che cominci a dubitare di te stessa e a credere a ogni cattiveria? Forse non è mai capitato a te personalmente ma conosci qualcuno che ci sta passando e anche solo vederlo succedere è straziante?
Sarebbe bello se stessi parlando di una relazione di coppia e invece... sto parlando di come tu ti rivolgi a te stessa.
Anche se nessuno ti ha mai trattata così, ci scommetto che lo hai fatto da sola qualche volta (o parecchie). Che quando parli con te stessa sei tutt’altro che comprensiva. Quando ti guardi allo specchio, dopo la doccia, per esempio, cosa pensi? E quando commetti un errore? E quando l’aumento lo danno a qualcun altro? Non parliamo poi di quando ti paragoni ad altre donne.
In questi casi, come ti rivolgi a te stessa? Con gentilezza? Con compassione? Sei morbida e accogliente come una coperta calda e profumata stesa al sole?
Ne dubito.
Inizio con questo capitolo perché la tua voce interiore, quella che spesso viene giustamente definita «io-critico», è ciò che porta la maggior parte delle donne a sentirsi di merda. Prendiamo Valerie, una parrucchiera di trentun anni.
Spesso mi ripeto che il motivo per cui sono ancora single a quasi trentadue anni è perché sono grassa. Critico sempre le mie scelte alimentari e mi pento delle decisioni che prendo.
I miei amici si sposano e mettono su famiglia, e se faccio un confronto, mi sento proprio indietro. Se solo fossi più magra, più estroversa, più «qualcosa», a quest’ora sarei felicemente fidanzata.
Devo essere carina anche per lavoro e le persone mi dicono spesso che lo sono, ma io non ci credo. Mi sembra sempre che vogliano soltanto essere gentili.
La storia di Valerie è molto comune: fa costantemente paragoni tra sé e gli altri (vedi Capitolo 4) e crede che la sua felicità dipenda da qualcosa che ancora non ha.
Certe volte l’io-critico può essere estremamente severo, come nel caso di Suzanne.
Passo la vita a prendermi cura di tutti tranne che di me. Non mi ritengo così importante. Non mi rivolgerei MAI a un altro essere umano come mi rivolgo a me stessa. La compassione e l’amor proprio non li contemplo in assoluto. Se faccio qualche un casino (come succede a tutti) la cosa non finisce lì. Mi sento orribile, stupida, grassa e inguardabile, un fallimento totale come persona, donna, moglie, sorella e chi più ne ha più ne metta. Mi convinco che faccio schifo e resto bloccata in quell’idea. Razionalmente so che non è vero niente, ma non fa alcuna differenza. Mi vergogno di questi sentimenti, e anche dei metodi autodistruttivi che uso per provare a nasconderli, entro in una spirale orribile e anche con l’aiuto dello psicologo è difficile venirne fuori.
A essere precisi, questa specie di super-io non si esprime sempre con un vero e proprio monologo né con un pensiero articolato. Molte donne lo descrivono piuttosto come la vaga sensazione di «non essere all’altezza»: l’impressione che le uniche sfigate a non avere ancora trovato il loro posto nel mondo siano loro. Il loop è: «Non sono come gli altri».
Se invece non ti riconosci in queste storie, magari sei il tipo di persona che di fronte alle grandi sfide è sicura che non può farcela e quindi non ci prova nemmeno. Forse ti paragoni ad altre donne senza rendertene conto: è come se a un certo punto la tua testa venisse invasa da un consiglio di amministrazione deciso a valutare ogni aspetto della tua vita. Tant’è che alla fine ti lasci convincere e inizi a credere di soffrire seriamente di un complesso di inferiorità.

DA DOVE ARRIVA?

Da dove arriva questa voce? Dalle profondità degli inferi? Ebbene sì: viene da un triste paesino dell’inferno dove il sindaco è un deficiente. Ovviamente scherzo. Ma continua a leggere se vuoi scoprire quali sono le cause principali che scatenano l’eccessiva autocritica.

La famiglia

L’origine dell’io-critico è spesso rintracciabile nella famiglia. Probabilmente qualcuna di voi, ripensando al modo in cui è stata educata, visualizzerà un cimitero disseminato di eventi dolorosi, altre invece ne avranno un ricordo più sfocato e non distingueranno quale avvenimento le abbia messe in ginocchio.
Poiché sono anch’io un genitore, capisco benissimo il meccanismo. Vogliamo che i nostri figli trovino il loro posto nel mondo. Vogliamo che si sentano realizzati. Che siano sicuri di sé. Desideriamo proteggerli il più possibile dai dolori che scaturiscono inevitabilmente dalle sfide e dalle sofferenze insite nel diventare grandi. È vero o no? Il nostro primo pensiero al mattino non è certo: “Come posso rendere infelice mio figlio?”. Ovviamente no! Partiamo con le migliori intenzioni ma, nel tentativo di «aiutarli» a trovare il loro posto nel mondo e a risparmiarsi le sofferenze, a volte finiamo involontariamente per farli sentire inadeguati in partenza. Prendiamo il caso di Heather.
Il mio io-critico emerge su questioni che riguardano il mio fisico. È un problema che mi accompagna fin dall’infanzia. Sono cresciuta in una famiglia in cui si dava molta importanza all’aspetto estetico, tanto che a sette anni già odiavo il mio corpo. Mia madre (non la biasimo, faceva il meglio che poteva) voleva vestirmi lei, tagliarmi i capelli e farmi la permanente (ebbene sì, erano gli anni Ottanta), e nonostante non mi piacesse affatto, glielo lasciavo fare. Mi sentivo a disagio con il mio corpo ed ero severissima con me stessa. Già da adolescente ero estremamente autocritica e misuravo il mio valore sul mio aspetto estetico. Mi nutrivo delle attenzioni di chi consideravo figo, dei ragazzi in particolare. Se qualcuno mi vedeva carina, allora ero degna d’amore. Era una sensazione tossica.
Ci combatto ancora oggi che ho quarant’anni. Quando il mio io-critico si fa sentire, è per dirmi: «Così non va: è ora di dare una spianata alle rughe e di buttare giù quei tre chili!». So che come sono fuori non rispecchia chi sono dentro, ma questa paura e queste emozioni sono talmente radicate in me che devo lavorarci ogni giorno per evitare che prendano di nuovo il sopravvento.
Fai attenzione all’ultima frase di Heather: razionalmente sa che il suo valore non si misura sul suo aspetto estetico, ma ha comunque bisogno di ricordarselo ogni giorno perché il meccanismo di autocritica è radicato in profondità dentro di lei.
Bada bene: l’io-critico ha radici fortissime. Bisogna lavorare sodo per sbarazzarsene. È per questo che non mi stancherò mai di ripetere che questo lavoro deve essere costante, quotidiano e duraturo.
A parte i tuoi problemi familiari, magari il tuo io-critico si nutre anche delle storie che hai avuto in passato (o che stai vivendo adesso). Come ti dicevo all’inizio del capitolo, gli abusi verbali da parte di un partner possono avere ripercussioni a lungo termine, anche quando la storia è finita. Magari faceva solo commenti sarcastici sul tuo aspetto fisico, sulla tua intelligenza o su qualsiasi altra cosa che ti riguardi. Magari te li buttava lì a mo’ di scherzo, ma inconsciamente si sono insinuati dentro di te e hanno messo radici.

La cultura

Un altro fattore che può aver scatenato il tuo io-critico è la cultura sociale. E questo è uno di quegli argomenti che mi fa dire: «Se inizio non finisco più», ma è troppo importante e va affrontato.
La verità è che viviamo in un mondo che si nutre di quelle donne che non si sentono abbastanza in gamba, abbastanza belle, abbastanza magre, abbastanza e basta. È un principio sul quale si costruiscono imperi, che aiuta l’economia. C’è chi pensa che anche certe religioni tengano le donne in riga facendole sentire inadeguate e inutili per poterle controllare più facilmente.
In alcuni casi è una questione di classismo. Quando ero poco più che ventenne stavo con un ragazzo che era cresciuto in una città borghese dove vivevano i «figli di papà». Si era laureato a Berkeley e stava facendo un master in Business administration. Non so come, ci eravamo trovati a parlare delle nostre prospettive future, ma appena avevo tirato fuori la mia laurea in Fashion merchandising si era fatto una risata e con nonchalance aveva detto: «E quella la chiami laurea?».
Il suo commento mi aveva lasciato di sasso, e lui, che se n’era reso conto, aveva fatto immediatamente dietrofront, scusandosi, ma il messaggio era chiaro: non ero abbastanza in gamba per lui. Anche se le sue intenzioni fossero state buone (ma non era il caso perché era proprio uno stronzo), in una cultura in cui conta tantissimo dove sei nato e dove hai studiato, commenti come quello si insinuano nel profondo, condizionano l’idea che hai di te stessa ed è difficile scrollarseli di dosso.
L’aspetto estetico e la classe sociale sono fattori scatenanti dell’io-critico. Altrettanto importanti, anche se spesso trascurati, sono l’etnia e le preferenze sessuali. Una mia collega, Andréa Ranae Johnson, dice: «Sono una donna e sono nera, parte della mia autocritica gira attorno al fatto che sono pericolosa, che è meglio se non mi incazzo e che devo essere impeccabile perché è questo che ci è stato proiettato addosso da quando eravamo piccole».

CHE IMPORTANZA HA COME MI TRATTO?

Forse l’io-critico è una cosa che ormai fa parte di te. In questo momento magari stai pensando: “Be’? Se sono gentile con gli altri, è così importante come tratto me stessa?”.
Sì, a dire la verità. E la ragione è ovvia (o no?): quando sei troppo dura con te stessa, quando rimproverarti per tutto è diventata un’abitudine e ti tratti sempre male, il risultato è che stai di merda. Non voglio dire che finisci per andare in giro a testa bassa e con la coda tra le gambe tutto il tempo, ma questo continuo maltrattarti alla fine incide sulla tua felicità, sulla sicurezza in te stessa e sulla tua autostima. E in più l’autosabotaggio si estenderà ad altri aspetti della tua vita, alimentando il perfezionismo, l’autocontrollo, il desiderio di isolarti e gli altri atteggiamenti che trovi descritti in questo libro.
Per chi ha figli oppure una storia d’amore o degli amici (quindi per tutti) essere indulgenti con se stessi è assolutamente indispensabile per vivere meglio le relazioni e, secondo me, per ottenere anche l’impossibile. Se solo fossimo tutti più gentili con noi stessi, il mondo sarebbe molto diverso.

IL RIMEDIO

Ora che sai che cos’è l’autosabotaggio, da dove deriva e l’effetto che ha su di te, vediamo come puoi smettere di maltrattarti, ok? Qui sotto troverai, scritte in breve, le istruzioni per non essere più schiava del tuo io-critico. Più avanti le vedremo meglio singolarmente.
  • Riconosci quando ti stai rivolgendo a te stessa in modo negativo (lo so, che palle, ma fidati di me).
  • Individua ciò che scatena questo atteggiamento.
  • Impegnati, usa gli strumenti che hai a disposizione e resta sempre concentrata sull’obiettivo.
Il segreto sta nel saper riconoscere il momento in cui quella voce interiore inizia a punzecchiarti. Se ne sei consapevole sei già a metà dell’opera; se invece non la percepisci, se non ti accorgi quando colpisce, continuerai a darle ascolto e a crederle. Una volta che saprai identificare le cazzate, potrai rifiutarle e liberartene.

Riconoscerlo per cambiarlo

Moltissime donne mi raccontano che si accorgono del loro io-critico solo quando ci sbattono il naso. Oppure che ci sono talmente abituate da prendere tutto quello che dice come verità assoluta.
Come sempre, la parte più ardua del lavoro è scoprire esattamente cosa sta succedendo dentro di noi, prima di apprendere come fare per contrastarlo. E perché? Perché non ci piace sentire le nostre emozioni. E io rientro perfettamente nella categoria perché se ci fosse un club per le persone che «io la penso così e faccio a modo mio», sarei presidente ad honorem. Ma ho imparato che, oltre a pensare e ad agire, è necessario sentire le nostre emozioni per costruirci una vita felice. Lo stesso vale con l’indulgenza verso noi stessi.
Il modo più semplice per lavorarci è compilare una lista di tutte le cose che ti dice il tuo io-critico. L’esercizio seguente ti può aiutare. Prendi un foglio e scrivici sopra i vari aspetti della ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Smetti di sentirti una merda
  4. Introduzione
  5. Come sfruttare al massimo questo libro
  6. 1. Non fare la stronza con te stessa. Come gestire l’autocritica
  7. 2. «Vattene e lasciami in pace!». Nasconderti e isolarti non ti proteggerà
  8. 3. Anestetizzarsi. È un meccanisimo ancora efficace?
  9. 4. Tormentarsi con i paragoni. L’eterna fissazione
  10. 5. Demolirsi la vita un pezzo alla volta. L’autosabotaggio
  11. 6. «Sono una ciarlatana!». La sindrome dell’impostore
  12. 7. Chi bella vuole apparire... L’accondiscendenza e la ricerca di approvazione
  13. 8. La schiavitù del perfezionismo. Autodistruzione all’ennesima potenza
  14. 9. Essere forte. La finta corazza
  15. 10. «È meglio se ci penso io.» Abbandona le tue manie di controllo
  16. 11. «Il mondo sta per crollarmi addosso.» Prepararsi alla catastrofe
  17. 12. Fare lo scaricabarile. La via per la disconnessione
  18. 13. Non me ne frega un ca**o. Il cinismo sotto steroidi
  19. 14. «Le scansafatiche non piacciono a nessuno.» Il lato negativo dell’ambizione
  20. 15. I valori. La tua bussola
  21. 16. Le cose che do per vere
  22. Bibliografia
  23. Ringraziamenti
  24. Copyright