L'umiltà e lo stupore
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L'umiltà e lo stupore

  1. 576 pagine
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L'umiltà e lo stupore

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Nella cappella di Santa Marta, Papa Francesco ha inaugurato un modo nuovo di vivere l'appuntamento mattutino della Messa. Il nucleo di questa originalità bergogliana lo si ritrova nelle sue omelie pronunciate a braccio, senza mai il supporto di un foglio di appunti. Con un linguaggio trasparente e incisivo. Perché, come scrive Gianfranco Ravasi nella Prefazione, "Papa Francesco ama l'essenzialità, cioè la dichiarazione semplice e incisiva, senza ramificazioni e frasi subordinate complesse". In questo terzo volume sono raccolte circa duecento trascrizioni curate dai giornalisti di Radio Vaticana. Una straordinaria occasione per cogliere attraverso questi brani unici la natura e la visione di un grande predicatore che offre la chiave per entrare nel cuore della Parola divina riconciliando tutti. "I tempi cambiano e noi cristiani dobbiamo cambiare continuamente. Dobbiamo cambiare saldi nella fede in Gesù Cristo, saldi nella verità del Vangelo, ma il nostro atteggiamento deve muoversi continuamente secondo i segni dei tempi. Siamo liberi. Siamo liberi per il dono della libertà che ci ha dato Gesù Cristo. Ma il nostro lavoro è guardare cosa succede dentro di noi, discernere i nostri sentimenti, i nostri pensieri; e cosa accade fuori di noi e discernere i segni dei tempi. Col silenzio, con la riflessione e con la preghiera."

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Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2018
ISBN
9788858692271

34

Opere di misericordia: cuore della vera fede

«Rimanere in Dio»: partiamo da questa affermazione di San Giovanni Apostolo, tratta dalla Prima lettura, per iniziare la nostra riflessione. «Rimanere in Dio è un po’ il respiro della vita cristiana, e lo stile.» Un cristiano «è quello che rimane in Dio» che «ha lo Spirito Santo e si lascia guidare da Lui». Al tempo stesso l’Apostolo mette in guardia dal prestare «fede a ogni spirito». Bisogna dunque mettere «alla prova gli spiriti, per saggiare se provengono veramente da Dio. E questa è la regola quotidiana di vita che ci insegna Giovanni».
Ma cosa vuol dire allora «mettere alla prova gli spiriti»? Non si tratta di «fantasmi»: si tratta di «saggiare», vedere «cosa succede nel mio cuore», qual è la radice «di ciò che sto sentendo adesso, da dove viene? Questo è mettere alla prova per saggiare»: se quello che «sento viene da Dio» o viene dall’altro, «dall’anticristo».
La mondanità è proprio «lo spirito che ci allontana dallo Spirito di Dio che ci fa rimanere nel Signore». Qual è dunque il criterio per «fare un bel discernimento di quello che accade nella mia anima»? L’Apostolo Giovanni ne dà uno solo: «Ogni spirito che riconosce Gesù Cristo venuto nella carne, è da Dio, e ogni spirito che non riconosce Gesù non è da Dio»:
«Il criterio è l’Incarnazione. Io posso sentire tante cose dentro, anche cose buone, idee buone. Ma se queste idee buone, questi sentimenti, non mi portano a Dio che si è fatto carne, non mi portano al prossimo, al fratello, non sono di Dio. Per questo, Giovanni incomincia questo passo della sua lettera dicendo: “Questo è il comandamento di Dio: che crediamo nel nome del Figlio Suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri”».
Possiamo fare «tanti piani pastorali», immaginare nuovi «metodi per avvicinarci alla gente», ma «se non facciamo la strada di Dio venuto nella carne, del Figlio di Dio che si è fatto Uomo per camminare con noi, non siamo sulla strada del buon spirito: è l’anticristo, è la mondanità, è lo spirito del mondo»:
«Quanta gente troviamo, nella vita, che sembra spirituale: “Ma che persona spirituale, questa!”; ma non parlare di fare opere di misericordia. Perché? Perché le opere di misericordia sono proprio il concreto della nostra confessione che il Figlio di Dio si è fatto carne: visitare gli ammalati, dare da mangiare a chi non ha cibo, aver cura degli scartati… Opere di misericordia: perché? Perché ogni fratello nostro, che dobbiamo amare, è carne di Cristo. Dio si è fatto carne per identificarsi con noi. E quello che soffre è il Cristo che lo soffre».
«Non prestate fede a ogni spirito, state attenti, mettete alla prova gli spiriti per saggiare se provengono veramente da Dio.» E che «il servizio al prossimo, al fratello, alla sorella che ha bisogno» che «ha bisogno, anche, di un consiglio, che ha bisogno del mio orecchio per essere ascoltato», «questi sono i segni che andiamo sulla strada del buono spirito, cioè sulla strada del Verbo di Dio che si è fatto carne»:
«Chiediamo al Signore, oggi, la grazia di conoscere bene cosa succede nel nostro cuore, cosa ci piace fare, cioè quello che a me tocca di più: se lo spirito di Dio, che mi porta al servizio degli altri, o lo spirito del mondo che gira intorno a me stesso, alle mie chiusure, ai miei egoismi, a tante altre cose… Chiediamo la grazia di conoscere cosa succede nel nostro cuore».
Liturgia del giorno: Prima lettera di San Giovanni 3, 22-4,6, Salmo 2, Vangelo di Matteo 4, 12-17.23-25
(Opere di misericordia, cuore della nostra fede, 7 gennaio 2016)

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Il Padre con un abbraccio ci perdona

Amore, compassione: quanto diversamente possono intenderli Dio e l’uomo! Nella sua prima lettera, l’Apostolo Giovanni intesse una lunga riflessione sui due comandamenti principali della vita di fede: l’amore di Dio e l’amore del prossimo. L’amore di per sé «è bello, amare è bello» e tuttavia un amore sincero «si fa forte e cresce nel dono della propria vita»:
«Questa parola “amore” è una parola che si usa tante volte e non si sa, quando si usa, cosa significhi esattamente. Cosa è l’amore? Delle volte pensiamo all’amore delle telenovele, no, quello non sembra amore. O l’amore può sembrare un entusiasmo per una persona e poi… si spegne. Da dove viene il vero amore? Chiunque ama è stato generato da Dio, perché Dio è amore. Non dice: “Ogni amore è Dio”, no: Dio è amore».
Giovanni sottolinea una caratteristica dell’amore di Dio: ama «per primo». Ne è una prova la scena del Vangelo della moltiplicazione dei pani, proposta dalla liturgia: Gesù guarda la folla e ne «ha compassione», il che «non è la stessa cosa che avere pena». Perché l’amore che Gesù nutre per le persone che lo circondano «lo porta a “patire con” loro, a coinvolgersi nella vita della gente». E questo amore di Dio, mai preceduto dall’amore dell’uomo, conta mille esempi, da Zaccheo, a Natanaele, al figliol prodigo:
«Quando noi abbiamo qualcosa nel cuore e vogliamo chiedere perdono al Signore, è Lui che ci aspetta per dare il perdono. Quest’Anno della Misericordia un po’ è anche questo: che noi sappiamo che il Signore ci sta aspettando, ognuno di noi. Perché? Per abbracciarci. Niente di più. Per dire: “Figlio, figlia, ti amo. Ho lasciato che crocifiggessero mio Figlio per te; questo è il prezzo del mio amore”. Questo è il regalo di amore».
«Il Signore mi aspetta, il Signore vuole che io apra la porta del mio cuore»: questa certezza si deve averla «sempre». E se sorgesse lo scrupolo di non sentirsi degni dell’amore di Dio, «è meglio perché Lui ti aspetta, così come tu sei, non come ti dicono “che si deve fare”»:
«Andare dal Signore e dire: “Ma tu sai, Signore, che io ti amo”. O se non me la sento di dirla così: “Tu sai, Signore, che io vorrei amarti, ma sono tanto peccatore, tanto peccatrice”. E lui farà lo stesso che ha fatto col figliol prodigo che ha speso tutti i soldi nei vizi: non ti lascerà finire il tuo discorso, con un abbraccio ti farà tacere. L’abbraccio dell’amore di Dio».
Liturgia del giorno: Prima lettera di San Giovanni 4, 7-10, Salmo 71 (72), Vangelo di Marco 6, 34-44
(L’abbraccio dell’amore di Dio fa tacere l’accusa del peccato, 8 gennaio 2016)

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La preghiera fa miracoli

Possiamo essere persone di fede e aver smarrito il senso della pietà sotto la cenere del giudizio, delle critiche a oltranza. La storia raccontata nel brano dal Primo libro di Samuele ne è un esempio lampante. I protagonisti sono Anna – una donna angosciata per la propria sterilità che supplica in lacrime Dio di donarle un figlio – e un sacerdote, Eli, che la osserva distrattamente da lontano, seduto su un seggio del Tempio.
La scena descritta fa prima udire le parole accorate di Anna e poi i pensieri del sacerdote, il quale non riuscendo a udire niente bolla con malevola superficialità il muto bisbiglio della donna: per lui è solo «un’ubriaca». E invece, come poi accadrà, quel pianto a dirotto sta per strappare a Dio il miracolo richiesto:
«Anna pregava in cuor suo e si muovevano soltanto le labbra, ma la voce non si udiva. Questo è il coraggio di una donna di fede che con il suo dolore, con le sue lacrime, chiede al Signore la grazia. Tante donne brave sono così nella Chiesa – tante! – che vanno a pregare come se fosse una scommessa… Ma pensiamo soltanto a una grande, Santa Monica, che con le sue lacrime è riuscita ad avere la grazia della conversione di suo figlio, Sant’Agostino. Tante ce ne sono così».
Eli, il sacerdote, è «un povero uomo» verso il quale «sento una certa simpatia» perché «anche in me trovo difetti che mi fanno avvicinare a lui e capirlo bene». «Con quanta facilità noi giudichiamo le persone, con quanta facilità non abbiamo il rispetto di dire: “Ma cosa avrà nel suo cuore? Non lo so, ma io non dico nulla…”.» Quando «manca la pietà nel cuore, sempre si pensa male» e non si comprende chi invece prega «col dolore e con l’angoscia» e «affida quel dolore e angoscia al Signore»:
«Questa preghiera l’ha conosciuta Gesù nell’Orto degli Ulivi, quando era tanta l’angoscia e tanto il dolore che gli è venuto quel sudore di sangue. E non ha rimproverato il Padre: “Padre, se tu vuoi toglimi questo, ma sia fatta la tua volontà”. E Gesù ha risposto sulla stessa strada di questa donna: la mitezza. Delle volte, noi preghiamo, chiediamo al Signore, ma tante volte non sappiamo arrivare proprio a quella lotta col Signore, alle lacrime, a chiedere, chiedere la grazia».
A Buenos Aires c’era un uomo che, con la figlia di nove anni ricoverata in fin di vita, va di notte dalla Vergine di Luján e passa la notte aggrappato alla cancellata del Santuario a chiedere la grazia della guarigione. E la mattina dopo, ritornando in ospedale, trova la figlia guarita:
«La preghiera fa miracoli. Anche fa miracoli a quelli che sono cristiani, siano fedeli laici, siano sacerdoti, vescovi che hanno perso la devozione. La preghiera dei fedeli cambia la Chiesa: non siamo noi, i Papi, i vescovi, i sacerdoti, le suore a portare avanti la Chiesa, sono i Santi! E i Santi sono questi, come questa donna. I Santi sono quelli che hanno il coraggio di credere che Dio è il Signore e che può fare tutto».
Liturgia del giorno: Primo libro di Samuele, 1, 9-20, Primo libro di Samuele 2, 1.4-8, Vangelo di Marco 1, 21-28
(Non i Papi ma la preghiera cambia la Chiesa e i cuori, 12 gennaio 2016)

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La fede è un dono da chiedere a Dio

La Prima lettura tratta dal Primo libro di Samuele racconta la sconfitta del popolo di Dio ad opera dei filistei: «la strage fu molto grande», il popolo perde tutto, «anche la dignità». «Cosa ha portato a questa sconfitta?»: il popolo «lentamente si era allontanato dal Signore, viveva mondanamente, anche con gli idoli che aveva». Si recavano al santuario di Silo, ma «come se fosse una abitudine culturale: avevano perso il rapporto filiale con Dio. Non adoravano Dio! E il Signore li lasciò da soli». Il popolo usa perfino l’Arca di Dio per vincere la battaglia, ma come se fosse una cosa «un po’ “magica”». «Nell’Arca c’era la Legge, la Legge che loro non osservavano e dalla quale si erano allontanati.» Non c’era più «un rapporto personale con il Signore! Avevano dimenticato il Dio che li aveva salvati». E vengono sconfitti, trentamila israeliti uccisi, l’Arca di Dio è presa dai filistei, i due figli di Eli, «quei sacerdoti delinquenti che sfruttavano la gente nel santuario di Silo» muoiono. «Una sconfitta totale»: «un popolo che si allontana da Dio finisce così». Ha un santuario, ma il cuore non è con Dio, non sa adorare Dio: «Credi in Dio, ma un Dio un po’ nebbioso, lontano, che non entra nel tuo cuore e tu non obbedisci ai suoi comandamenti. Questa è la sconfitta!». Il Vangelo del giorno, invece, ci parla di una vittoria:
«In quel tempo venne da Gesù un lebbroso che lo supplicava in ginocchio – proprio in un gesto di adorazione – e gli diceva: “Se vuoi, puoi purificarmi”. Sfida il Signore dicendo: “Io sono uno sconfitto nella vita – il lebbroso era uno sconfitto, perché non poteva fare vita comune, era sempre ‘scartato’, messo da parte –, ma tu puoi trasformare questa sconfitta in vittoria!”. Cioè: “Se vuoi, puoi purificarmi”. Davanti a questo Gesù ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: “Io lo voglio! Sii purificato!”. Così, semplicemente: questa battaglia è finita in due minuti con la vittoria; quell’altra, tutta la giornata, con la sconfitta. Quell’uomo aveva qualcosa che lo spingeva ad andare da Gesù e lanciargli quella sfida. Aveva fede!».
L’Apostolo Giovanni dice che la vittoria sul mondo è la nostra fede. «La nostra fede vince, sempre!»:
«La fede è vittoria. La fede. Come quest’uomo: “Se vuoi, puoi farlo”. Gli sconfitti della Prima lettura pregavano Dio, portavano l’Arca, ma non avevano fede, l’avevano dimenticato. Questo aveva fede e quando si chiede con fede, Gesù stesso ci ha detto che si muovono le montagne. Siamo capaci di spostare una montagna da una parte all’altra: la fede è capace di questo. Gesù stesso ci ha detto: “Qualunque cosa che chiedete al Padre nel mio nome, vi sarà data. Chiedete e vi sarà dato; bussate e vi sarà aperto”. Ma con la fede. E questa è la nostra vittoria».
Concludiamo con questa preghiera:
Chiediamo al Signore che la nostra preghiera sempre abbia quella radice di fede, nasca dalla fede in Lui. La grazia della fede: è un dono la fede. Non si impara sui libri. È un dono che ti dà il Signore, ma chiedilo: “Dammi la fede!”. “Credo, Signore!” ha detto quell’uomo che chiedeva a Gesù di guarire suo figlio: “Chiedo Signore, aiuta la mia poca fede”. La preghiera con la fede… e viene guarito. Chiediamo al Signore la grazia di pregare con fede, di essere sicuri che ogni cosa che chiediamo a Lui ci sarà data, con quella sicurezza che ci dà la fede. E questa è la nostra vittoria: la nostra fede!».
Liturgia del giorno: Primo libro di Samuele 4, 1-11, Salmo 43 (44), Vangelo di Marco 1, 40-45
(La fede non s’impara sui libri, è dono di Dio da chiedere, 14 gennaio 2016)

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La fede è un dono che cambia la vita, non si può comprare

La gente fa di tutto per avvicinarsi a Gesù e non pensa ai rischi in cui può incorrere pur di poterlo ascoltare o semplicemente sfiorare. Il brano tratto dal Vangelo di Marco narra della guarigione del paralitico a Cafarnao. Tanta era la gente davanti la casa dove si trovava Gesù che dovettero scoperchiare il tetto e calare da lì il lettuccio su cui si trovava l’infermo. «Avevano fede, la stessa fede di quella signora che, anche in mezzo alla folla, quando Gesù andava a casa di Giairo, si è arrangiata per toccare il lembo della veste di Gesù, del manto di Gesù, per essere guarita.» La stessa fede del centurione per la guarigione del suo servo. «La fede forte, coraggiosa, che va avanti, il cuore aperto alla fede.»
Nella vicenda del paralitico, «Gesù fa un passo avanti». A Nazareth, all’inizio del suo ministero, «era andato in sinagoga e aveva detto che era stato inviato per liberare gli oppressi, i carcerati, dare la vista ai ciechi… inaugurare un anno di grazia», cioè un anno «di perdono, di avvicinamento al Signore. Inaugurare una strada verso Dio». Qui però fa un passo in più: non solo guarisce i malati ma perdona i loro pecc...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. L’umiltà e lo stupore
  4. Prefazione di Gianfranco Ravasi
  5. Anno 2015
  6. Anno 2016
  7. Anno 2017
  8. Indice