Se ognuno fa qualcosa si può fare molto
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Se ognuno fa qualcosa si può fare molto

  1. 560 pagine
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Se ognuno fa qualcosa si può fare molto

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15 settembre 1993: nel quartiere Brancaccio, a Palermo, don Pino Puglisi viene ucciso da due sicari mentre sta rientrando a casa. È il giorno del suo 56° compleanno. "Predicava troppo" e la mafia decise di farlo stare zitto. Oggi, a venticinque anni dal suo assassinio e a cinque dalla sua beatificazione come primo martire della criminalità organizzata, le parole del "sacerdote con il sorriso" sono ancora vive e attuali. Questo libro, opera di chi l'ha conosciuto e amato, raccoglie con dedizione i suoi scritti e i suoi insegnamenti. E ce lo restituisce nella sua fede e nel suo impegno civile, mai disgiunti, perché "non ha senso riempirsi la bocca di belle frasi se poi alle parole non seguono i fatti". Riflessioni "catturate" nei numerosi incontri con i ragazzi e i fedeli. Documenti (pochi), testimonianze (molte) del suo operato: da quelle dei suoi assassini - poi pentiti - ai riconoscimenti dei vertici della Chiesa sino a Papa Francesco; ma soprattutto i racconti delle donne e degli uomini comuni che gli sono stati accanto nel suo coraggioso percorso di vita e di fede. Dal Vangelo come "manuale" di libertà e di liberazione dalla mafia alla lotta contro le ingiustizie, al carisma di educatore dei giovani e di profeta della legalità: per la prima volta in un unico volume tutto il pensiero di don Puglisi è offerto e commentato. Uno strumento di riflessione per i credenti che vogliono raccoglierne la preziosa eredità e una testimonianza indispensabile anche per i laici, per comprendere un importante pezzo di storia della nostra Italia bella e terribile.

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2018
ISBN
9788858693445

PARTE QUARTA

La ricerca della felicità

Capitolo I

Scopriamo la nostra vocazione

La pastorale vocazionale è stata il cuore dell’ispirazione di padre Pino Puglisi per tutta la sua attività degli anni Ottanta svolta come responsabile del CDV, il Centro Diocesano Vocazioni e poi del Centro Regionale Vocazioni. L’influenza della sua ricerca spirituale in questo campo è evidente in tutte le iniziative con i giovani, sia tra i banchi del liceo sia nei campi-scuola e infine a Brancaccio.
Eppure la pastorale vocazionale è uno dei campi meno conosciuti della sua attività, mentre si tende a enfatizzare o a sottolineare solo il suo impegno sociale e quello di «eroico prete antimafia» (etichetta che – mi disse personalmente – rifiutava perché non era mai stato “anti”, così come teneva a specificare di non sentirsi un eroe. Anzi, diffidava degli «eroi creati dai mass media»).
In questa parte cercheremo di mettere in evidenza quelle che sono state le linee guida dell’impegno di padre Puglisi in questo campo che, anche all’interno della stessa Chiesa, non è ancora valutato e compreso in pieno. Alla fine degli anni Settanta, il sacerdote – collaborando con mons. Francesco Pizzo, suo predecessore al CDV – aveva già recepito in pieno le indicazioni del Concilio Vaticano II. I padri conciliari, sulla scia delle loro riflessioni esistenziali sull’uomo moderno, avevano trasformato il significato stesso della parola vocazione. Prima nella Chiesa si parlava solo di vocazione sacerdotale, poi si iniziò a estendere il significato alle domande sulla crisi dell’uomo moderno: chi siamo? Dove andiamo? Come un sacerdote può aiutare a comprendere qual è il senso della nostra vita?
Così lo spiegava 3P in una sua relazione: «Nel dopo-Concilio il concetto è stato ampliato moltissimo e si lavorò per cancellare la logica del proselitismo, dell’intruppamento, che prima era accentuata. Il punto è che i preti non si possono limitare a “confezionare” altri preti. L’itinerario spirituale deve prevedere tantissime altre strade. Ecco allora che vocazione non è altro che la risposta alla chiamata, al progetto di Dio, nei più svariati campi, dalla vita sociale a quella professionale».
A partire dal 1978, nel pieno della fase di passaggio tra la vecchia e la nuova mentalità, padre Puglisi guidò a Palermo anche la prima «comunità giovanile vocazionale». Fu uno dei primi esperimenti nel periodo del superamento del Seminario minore, che venne abolito. Gli adolescenti che partecipavano alla comunità di padre Pino vivevano insieme, condividevano gli studi e tutte le attività prima di decidere se abbracciare, in piena libertà, il sacerdozio. La comunità guidata da Puglisi tenne a battesimo molti preti e diventò il punto di riferimento anche di altre esperienze analoghe in tutta la provincia. La sede del gruppo guidato da 3P fu anche fisicamente lontana dal Seminario maggiore di via dell’Incoronazione, proprio per segnalarne la diversità: dapprima a Baida (per circa un anno), poi in via del Vespro e infine in un antico palazzo di via Dante 338.
La piena sintonia di padre Pino con la nuova linea della Chiesa fu notata anche dai vescovi siciliani. Il 24 ottobre 1980 la Conferenza episcopale dell’isola lo nominò per tre anni vice-delegato regionale, incarico rinnovato per il triennio 1983-85. Nel 1986 3P diventò direttore del Centro Regionale Vocazioni (CRV) – col compito di coordinare le attività in tutte le diocesi siciliane – e membro del Consiglio Nazionale (CNV). Manterrà la carica fino all’ottobre del 1991.
Alla fine di un decennio di impegno, in uno scritto di suo pugno preparato in occasione di una riunione tra i direttori dei CDV dell’isola (nel 1989, il 9 e 10 dicembre, ad Acireale, il titolo del convegno era “Presbiteri, religiosi e laici nella parrocchia per una pastorale vocazionale unitaria”), si legge questa splendida sintesi delle esigenze di libertà e consapevolezza che dovevano essere alla base delle nuove iniziative vocazionali, ma anche delle richieste concrete, urgenti che giungevano dalla società. La diocesi ha voluto fare un grande cartonato di queste frasi, che per mesi ha campeggiato in cattedrale accanto all’altare e vicino alla tomba di 3P. Così scriveva padre Puglisi:
Decorazione
Secondo me, dalla celebrazione di questo convegno è emersa soprattutto una cosa: abbiamo bisogno di vocazioni. Vocazioni coscienti, generose, perseveranti, ogni giorno rinnovate. Abbiamo bisogno di persone che siano cioè consapevoli che la vita ha un senso perché è una vocazione. Consapevoli di essere chiamate da Dio nelle comunità in cui vivono per rendere ciascuna un servizio singolare, unico, irripetibile, indispensabile, complementare a quello degli altri per dare vita a vere comunità, nella varietà dei carismi e dei ministeri, dei talenti e dei servizi.
Abbiamo bisogno di vocazioni autentiche alla famiglia, abbiamo bisogno di famiglie che diventino luogo nel quale si viva la Chiesa e siano segno e scuola di comunione e di servizio. Abbiamo bisogno di vocazioni generose alla verginità sponsale, che siano segno chiaro della Chiesa che si dona in modo esclusivo e totalizzante a Cristo. Abbiamo bisogno di vocazioni al ministero ordinato: di diaconi, presbiteri, vescovi che stimolino al servizio e vivano a servizio, che sappiano discernere i veri carismi nelle comunità e li sappiano coordinare tra di loro per un servizio comunitario più efficace.
Abbiamo bisogno di vocazioni al servizio della comunicazione, al servizio dell’annunzio, al servizio missionario, al servizio socio-sanitario, al servizio dei poveri e degli handicappati, degli emarginati e dei tossicodipendenti, dei carcerati e dei dimessi dal carcere, dei giovani e degli anziani, dei lavoratori e dei disoccupati, vocazioni al servizio politico e amministrativo.
Ma innanzitutto abbiamo bisogno di persone che si mettano a servizio delle vocazioni, di persone cioè che siano a servizio dei fratelli, ponendosi accanto a ciascuno per un cammino graduale di discernimento. Persone che a tal fine diano indicazioni, alla luce della Parola di Dio, perché ciascuno capisca qual è la sua vocazione e qual è il servizio che deve rendere.
Decorazione
Per essere veri cristiani occorre quindi scoprire e seguire la propria vocazione, nei vari campi in cui siamo chiamati ad agire. Al servizio dei poveri, dei più sfortunati, degli emarginati. La pastorale vocazionale non è quindi, nella Chiesa, un di più da aggiungere alle altre iniziative ma permea di sé tutta l’azione dei cristiani. Siamo tutti chiamati da Dio. Tutti chiamati, tutti mandati. La visione ecclesiale di padre Puglisi coincide in sostanza con la concezione missionaria del suo essere sacerdote. E a Brancaccio interpretò con coerenza il suo voler essere un missionario a tutti i costi. Fino al sacrificio della vita, pur di non rinnegare la sua chiamata tra gli ultimi di quella periferia.
Nel gennaio del 1990 – poco prima di andare a Brancaccio – 3P tirava un bilancio della sua direzione in una riunione del Consiglio presbiterale della diocesi. Nella relazione c’è l’elenco delle attività intraprese, dalla mostra “Sì, ma verso dove” (visitata a Palazzo Arcivescovile nel 1984 da migliaia di ragazzi), ai campi-scuola estivi, ai successivi incontri di preghiera con gli stessi gruppi di giovani; dai convegni palermitani e siciliani ai corsi per gli animatori, agli incontri mensili con gli adolescenti (a lungo ospitati all’Istituto Gonzaga); dalle iniziative per il mese di gennaio (scelto a Palermo come periodo privilegiato di riflessione sulle vocazioni) a quelle per l’annuale Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, alle attività per seminaristi, catechisti, volontari, collaboratori della liturgia. Venivano infine citati gli esempi delle «comunità vocazionali» in una parrocchia (S. Curato d’Ars) e nei paesi di Lercara e Aspra.
L’intervento fu letto durante la riunione del 12 gennaio 1990. Nel dattiloscritto (otto pagine) si tirava anche un bilancio del convegno, come detto organizzato dal CRV di Puglisi a fine 1989 ad Acireale. Vi parteciparono circa trecento persone, i relatori erano mons. Ignazio Zambito, mons. Ludovico Puma, mons. Vincenzo Cirrincione.
Puglisi faceva poi un bilancio delle attività del suo CDV, sottolineando con un pizzico di orgoglio che dei ragazzi seguiti dal Centro, «parecchi sono già entrati in seminario e alcuni sono già presbiteri». Stesso discorso per alcune suore. Puglisi osservava che «il segno più promettente di speranza sta nell’auspicato, e già in via di realizzazione, rinnovamento della parrocchia, e nel rinnovamento pastorale del parroco». Da qui si intuisce come il progetto di padre Pino fosse globale e puntasse a rinnovare integralmente la figura del sacerdote.
Il documento si concludeva con un questionario da distribuire alle parrocchie per fare il punto sulla pastorale vocazionale nelle varie comunità. Il CDV di Puglisi collaborò anche attivamente alla stesura del Piano pastorale vocazionale della diocesi. In una relazione preparata per il Convegno delle Chiese di Sicilia ad Acireale nel 1989, Puglisi ricorda che «il momento della preparazione del Piano è stato molto importante per il CDV. Il documento, pubblicato a Pasqua del 1980, ha avuto a cominciare dall’ottobre 1978 una lunga gestazione ed elaborazione».
Dall’esame dei verbali risulta che i membri del CDV venivano coinvolti anche nella preparazione degli altri piani pastorali. In un verbale del 12 dicembre 1986, per esempio, si discute del documento sulla “Chiesa particolare” (che sarà poi pubblicato il 22 maggio 1988). La discussione è animata e lo stesso Puglisi non lesina critiche alla bozza che a suo parere non riconosce un ruolo adeguato alla pastorale vocazionale: «Per quanto riguarda l’aspetto pastorale – si legge nel verbale che riferisce il pensiero di 3P – il documento è carente. Sarebbe stato opportuno inserire il discorso della linea vocazionale là dove si parla dei principi generali sulla funzionalità ecclesiale, oppure là dove si parla di evangelizzazione: catechesi e vocazione vanno insieme; oppure nel discorso della liturgia, della diaconia...».
In conclusione: nella pastorale vocazionale padre Puglisi profuse le sue migliori energie di quarantenne, dando slancio anche in Sicilia alle riflessioni esistenziali della Chiesa conciliare. Contribuì in modo fondamentale a un periodo di trasformazione in cui non si diventava più sacerdoti entrando poco più che bambini nel Seminario minore, ma con una scelta adulta e ponderata, così come la scoperta della vocazione è propria di ogni uomo che cerca la direzione della propria vita.
La sua attività fu apprezzata dai vertici della Chiesa siciliana, tanto che Puglisi divenne, come detto, responsabile della pastorale vocazionale a livello regionale. Ma non sempre le sue iniziative vennero comprese fino in fondo e appoggiate del tutto dai suoi confratelli. Il sacerdote sosteneva infatti che «la pastorale vocazionale non era un optional», qualcosa da aggiungere alle altre pastorali. Ma doveva essere il vero senso ispiratore di tutte le pastorali della Chiesa locale. Con il suo stile pacato, Puglisi fece presente le sue critiche nelle sedi ecclesiali opportune. «Queste nostre attività – avvertiva 3P – rimarranno poco feconde se i parroci continueranno ad alzare steccati intorno alla propria chiesa e a non collaborare». Se invece «tutta la pastorale parrocchiale verrà impostata in chiave vocazionale sarà ovvio che almeno alcuni giovani si chiederanno: “Il Signore che vuole che io faccia?”. E tra questi alcuni si porranno la domanda sulla propria vocazione e sulla vocazione sacerdotale». L’abbandono della «tecnica del reclutamento – concludeva padre Pino – ha suscitato iniziali diffidenze che purtroppo in qualche caso isolato sopravvivono e oggi si vive una fase interlocutoria di ascolto e disponibilità».
«Tutti chiamati, tutti mandati»: questo, come detto, era invece il suo slogan sul punto. Siamo tutti chiamati a realizzare la nostra vocazione e tutti mandati per aiutare gli altri a scoprire la propria. A distanza di quasi trent’anni, c’è da chiedersi se ancora oggi queste intuizioni profetiche di Puglisi siano state comprese fino in fondo e fatte proprie dalla Chiesa siciliana, alle prese con una drammatica crisi delle vocazioni e con la necessità di rinnovare tutta l’impostazione di ricerca spirituale e pedagogica dei seminari.

Capitolo II

Un metodo collegiale

Come si muoveva padre Puglisi all’interno della Chiesa? C’è una battuta illuminante del cardinale Salvatore Pappalardo che 3P aveva fatto propria: «Dobbiamo criticare la Chiesa perché è giusto che cresca e migliori... ma dobbiamo criticarla come una madre, non come una suocera!». Così come a Brancaccio e in altre epoche della sua vita, anche nelle attività del Centro Diocesano Vocazioni, 3P portò idee e metodi nuovi, ma spesso non venne compreso e a volte fu guardato con sottovalutazione e diffidenza. Ricordo negli anni Ottanta l’incontro con alcuni preti vecchia maniera di Palermo che, ignorando i miei rapporti di amicizia col sacerdote, se ne uscivano con una battuta contro di lui: «Ma padre Puglisi dove la dice la messa?». Alludevano al fatto che fosse un privilegiato o un “imboscato” perché la diocesi non gli aveva affidato una parrocchia ma solo il lavoro – ai loro occhi poco “concreto” – del Centro Vocazioni.
Conferma questa sottovalutazione del suo lavoro don Carmelo Torcivia che di padre Puglisi fu amico, condividendone le confidenze. Nel suo libro Pino Puglisi prete povero e santo (scritto con Lia Caldarella) Torcivia ricorda: «Persone che rivestivano anche ruoli di alta responsabilità nella diocesi manifestarono non di rado una certa sfiducia nei confronti delle sue convinzioni e dei suoi metodi. E alcuni si chiedevano se non era il caso che tornasse a fare il parroco».
Non per questo 3P si diede per vinto o provocò polemiche. Nelle occasioni ufficiali, però, sottolineò le resistenze al cambio di prospettiva, gli ostacoli frapposti da alcuni sacerdoti contro attività che erano trasversali alle varie parrocchie e puntavano con anni di anticipo a quella che oggi viene definita pastorale d’insieme.
A volte, nelle tante ricostruzioni degli anni passati, si è parlato di padre Puglisi usandolo per criticare l’intera Chiesa e i suoi ritardi. Qui devo sottolineare che padre Puglisi amava profondamente la sua Chiesa, si sentiva incastonato in essa. Non fu un ribelle perché coltivava la virtù dell’obbedienza. Ma non risparmiava critiche costruttive. Sull’obbedienza scrisse: «Vissuta in funzione della comunità rende la comunità stessa unitaria nello scegliere, nel decidere e nell’agire. È chiaro che ciascuno può avere le sue opinioni, i suoi modi di vedere ma perché prevalga la comunione e la pace è necessario che ci sia uno – il vescovo, ad esempio, nelle diocesi – che renda il servizio agli altri di prendere le decisioni, di indicare una linea comune. Non certo secondo il suo capriccio, ma proprio nell’ottica del servizio».
Ciò non vuol dire che all’interno della comunità debba essere spenta la diversità delle voci. «Certe volte – spiegava 3P ricordando la battuta di Pappalardo – noi proviamo un senso di insoddisfazione nei riguardi della Chiesa perché la vorremmo migliore. Tutto però va fatto con lo spirito giusto: quando una madre non si comporta bene, si può criticarla. Ma resta sempre la madre, non la suocera!».
Nel gennaio del 1990 – poco prima di andare a Brancaccio – 3P tirava un bilancio positivo solo per metà della sua direzione in una riunione del Consiglio presbiterale della diocesi: «Mi si può chiedere: quale incidenza ha il lavoro del CDV nella pastorale e nelle parrocchie di Palermo in particolare? Non saprei rispondere con precisione. Forse perché parecchi presbiteri sono ancora convinti che la pastorale vocazionale sia non un modo di essere di tutta la pastorale, ma un settore a parte, un qualcosa da aggiungere a tutte le altre cose da fare in parrocchia, un optional non del tutto necessario, che si può tralasciare. Forse perché parecchi non hanno avuto il tempo di leggere il Piano diocesano di pastorale vocazionale pubblicato nel 1980 e il CDV sta elaborando un’edizione più sintetica e aggiornata». Qui balza agli occhi l’ironia di 3P: dieci anni prima era stato preparato un importante piano e molti parroci ancora dicevano di non aver avuto il tempo di leggerlo. Per loro padre Pino stava allora preparando una seconda edizione più snella in modo che non ci fossero più scuse...
Il Piano diocesano vocazioni, tra l’altro, era stato pubblicato a Pasqua del 1980, per espresso desiderio del cardinale Pappalardo, nella rivista ufficiale dell’Arcidiocesi in modo da avere il massimo della visibilità e della risonanza. Come si ricordava in una relazione introduttiva ispirata da Puglisi e presentata all’assemblea del clero del 22 aprile 1980, le settantacinque pagine erano state elaborate in un anno da sei gruppi di lavoro composti ognuno da circa sessanta persone. Il Piano, al quale avevano dato il loro decisivo contributo sia mons. Francesco Pizzo sia padre Pino, sviluppava un’analisi preoccupata sul numero e sull’età dei sacerdoti della diocesi, concludendo che «se non avvengono inversioni di tendenza, il peggio dovrà ancora venire». Veniva bocciato un anacronistico tentativo di riaprire il Seminario minore per il ginnasio-liceo (era rimasto pressoché deserto). E in consonanza con i documenti ufficiali della Cei si impostava tutta la pastorale vocazionale in maniera moderna e in pieno spirito conciliare. Puntando sul far nascere vocazioni sacerdotali adulte, attraverso un cammino di rinnovamento delle comunità, mediante iniziative mirate per associazioni, scuole e gruppi ecclesiali (in particolare quelli giovanili); cr...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Prefazione di Mons. Corrado Lorefice
  4. Benché morto, parla ancora
  5. PARTE PRIMA. Vita, insegnamento e martirio
  6. PARTE SECONDA. Il prete santo nel quartiere dannato
  7. PARTE TERZA. La formazione e il suo stile di vita
  8. PARTE QUARTA. La ricerca della felicità
  9. PARTE QUINTA. I campi-scuola
  10. PARTE SESTA. Le beatitudini
  11. APPENDICE. Trenta frasi da meditare
  12. Ringraziamenti
  13. Indice