Battezzeresti un extraterrestre?
eBook - ePub

Battezzeresti un extraterrestre?

  1. 368 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Battezzeresti un extraterrestre?

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

Oggi la scienza sta raggiungendo traguardi impensabili anche solo qualche decennio fa. Allo stesso tempo le persone continuano ad avvertire, in varie forme, un grande bisogno di spiritualità. Ma fede e scienza - viene dunque spontaneo domandarci ora più che mai - sono davvero inconciliabili? I gesuiti Consolmagno e Mueller sono tra le voci più autorevoli per rispondere a questo secolare interrogativo. Entrambi uomini di fede e, insieme, scienziati, conducono le attività di ricerca della Specola Vaticana, l'osservatorio astronomico della Chiesa cattolica, con sedi a Castel Gandolfo e a Tucson, in Arizona. In questo libro affrontano alcune fra le domande che più spesso vengono inviate alla loro casella di posta elettronica: come si può conciliare il Big Bang con Dio Creatore dell'universo? La stella di Betlemme fu un fenomeno astronomico reale? Che cosa accadde davvero tra Galileo e la Chiesa? L'universo finirà di esistere? E… battezzereste un extraterrestre? Sono spunti intriganti che stimolano riflessioni ancora più delicate: uno scienziato può essere anche credente? La Chiesa cattolica è davvero contraria alla scienza? Possiamo cercare nella scienza certezze che la religione non ci offre (e viceversa)? Fisica e Bellezza hanno qualcosa in comune? E via dicendo. In sei giornate di dialoghi, ambientati in luoghi sorprendenti - dall'Art Institute di Chicago all'Antartide - e scritti con un ancor più sorprendente senso dell'umorismo, Consolmagno e Mueller esplorano con levità questioni profonde e rilevanti per ciascuno di noi, facendoci sorridere e accompagnandoci ad abbracciare con la mente e lo spirito l'origine e la natura dell'universo.

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a Battezzeresti un extraterrestre? di Guy Consolmagno, Paul Mueller in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Teologia e religione e Religione. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2018
ISBN
9788858693056

Primo giorno:

Genesi biblica o Big Bang scientifico?

SCENARIO: ART INSTITUTE OF CHICAGO

Galleria del primo Novecento
PAUL: Oggi parleremo del principio di tutte le cose, della Creazione stessa, e il fatto di essere a Chicago si sposa perfettamente con l’argomento, visto che ambedue abbiamo avuto una specie di esordio personale proprio qui, nella “città del vento”. Tu hai studiato filosofia alla Loyola University poco dopo essere entrato nell’ordine dei gesuiti, mentre io ho fatto il mio dottorato di ricerca in Storia e filosofia della scienza all’Università di Chicago.
GUY: Ogni volta che leggo i primi versi della Genesi, dove dice «… e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque», mi immagino sempre in piedi sulle rive del lago Huron in tempesta. È da lì che vengo. Tuttavia, se penso al lago Michigan e alla “città del vento”… Se, come me, vieni da Detroit, è difficile ammettere di amare Chicago, eppure è così. Questo quartiere, e il Museum Campus laggiù in riva al lago, per me è come un paradiso dove si trovano molti dei miei luoghi preferiti, come l’Adler Planetarium, lo Shedd Aquarium e altri ancora.
Ma se dobbiamo parlare della nascita dell’universo, come mai siamo venuti all’Art Institute? Non sarebbe stato meglio andare al planetario, ad ammirare lo spettacolo del Big Bang proiettato sulla sua enorme cupola? Oppure al Field, il museo di storia naturale che vanta quella meravigliosa collezione di meteoriti e fossili di dinosauri?
PAUL: Pensa a tutte quelle persone che ci fanno sempre un sacco di domande, a noi astronomi del Vaticano, su scienza e religione e sulla nascita dell’universo…
GUY: Intendi quelli che vorrebbero farci scegliere tra la Genesi e il Big Bang?
PAUL: Proprio loro. Nella maggior parte dei casi non si tratta di scienziati, quindi non credo che sia così utile rispondergli da un contesto scientifico, come ad esempio un planetario.
Molto spesso osserviamo la vita rimanendo su fronti opposti o, tanto per cambiare metafora, in edifici separati: acquario o planetario, lavoro o svago, scienza o religione e via di seguito, e a volte è difficile spostarsi da un fronte o da un edificio all’altro. Per iniziare il nostro dialogo ho quindi scelto un posto in cui sia possibile sovrapporre la scienza alla religione. Qui, all’Art Institute, è evidente che esiste più di un modo per rappresentare la realtà o, meglio, più di uno stile per dipingerla.
E adesso seguimi, voglio mostrarti alcune delle mie opere d’arte preferite.
GUY: Mmm… quello non è Gotico americano di Grant Wood? Sì, la coppia segnata dal tempo che posa di fronte a una casa di legno bianca, l’uomo con un forcone in mano e lo sguardo fisso che sembra bucare la tela e la donna che lo guarda storto…
PAUL: Un quadro che ormai ci è diventato fin troppo familiare, ma a me piace ancora. Sebbene sia realistico come una fotografia, riesce sempre a raccontarti qualcosa, di queste due persone, che una foto non potrebbe mai catturare.
Ma arriviamo in fondo alla sala e fermiamoci nel settore dedicato agli europei, per confrontare Gotico americano con un’altra opera.
GUY: Il vecchio chitarrista cieco di Picasso. Si vede bene che si tratta di un anziano seduto con una chitarra in mano, ma è dipinto in modo quasi astratto. La chitarra è abbastanza realistica, ma il vecchio è raffigurato con tratti e spigoli insoliti, e con una combinazione di blu davvero originale.
PAUL: Sembra più “moderno” di Gotico americano, eppure è stato dipinto quasi trent’anni prima.
Questi due quadri ritraggono persone anziane insieme ai loro strumenti di lavoro. Sono stati realizzati quasi nello stesso periodo, la prima metà del XX secolo, ed entrambi comunicano qualcosa di vero e profondo sull’umanità, a livello intellettuale ma anche sul piano emotivo, in modi che né un libro né un’omelia saprebbero eguagliare.
In nessuno dei due si tenta di mostrare ogni particolare del soggetto e in entrambi sono stati selezionati e posti in evidenza solo alcuni elementi, tralasciando tutto ciò che poteva essere irrilevante o d’intralcio. Credo che la scienza faccia qualcosa di molto simile, perché richiede un’osservazione selettiva e si concentra su determinati elementi trascurandone altri.
GUY: Come in un dipinto che ho visto dove c’è una coppia seduta in un tipico bar di una città nordamericana. L’uomo ha il naso aquilino e la donna che gli sta accanto è vestita di rosso. Sono ritratti dall’altro lato della strada, di notte, attraverso la vetrata del bar. Impossibile scattare una foto del genere, ci sarebbero cavi telefonici e auto parcheggiate lungo la via. Ogni volta che vedo quel quadro, mi viene voglia di uova al tegamino e caffè.
PAUL: I nottambuli di Edward Hopper. Anche quello è qui all’Art Institute.
GUY: Ti ho sempre considerato un fisico convertito alla filosofia. Non ti sapevo così appassionato d’arte.
PAUL: Non sono certo un esperto, credimi, ma ti racconto una storia. Una volta, quand’ero ancora uno studente universitario, quindi moltissimi anni fa, all’Isabella Stewart Gardner Museum di Boston sono rimasto per un’ora e mezza davanti a un quadro, prendendo appunti su uno di quei taccuini gialli a righe. Dovevo svolgere un compito che ci era stato assegnato al corso di Storia dell’arte. Il quadro era il Ratto di Europa di Tiziano, quello con Zeus sotto forma di toro bianco che trascina in mare la principessa Europa per poi possederla. Mentre annotavo le mie impressioni, diversi visitatori del museo hanno iniziato a farmi delle domande sul dipinto, pensando che fossi una specie di esperto. In principio sorridevo, divertito, e la cosa finiva lì, ma dopo un po’ ho cominciato a parlare con loro, a spiegare cosa avevo notato e cosa ne pensavo del quadro. Alla fine ognuno ha detto la sua e ne sono scaturite discussioni animate, con tanto di disquisizioni e divergenze sul significato dell’opera e sulla sua effettiva bellezza.
A quanto pare, non importa essere esperti d’arte per riconoscere e parlare in modo sensato del bello, così come non importa essere scienziati per riconoscere ciò che è vero, né essere esperti di etica per discernere il bene. Gli esperti possono senz’altro aiutarci e guidarci, ma le cose realmente belle, vere o buone possono essere riconosciute e apprezzate da ogni comune mortale, basta essere disposti ad aprire gli occhi e a prendersi un po’ di tempo.
GUY: Bene, e adesso, signor Esperto d’Arte, dove ci dirigiamo?
Fine Ottocento: Impressionismo
PAUL: Una domenica pomeriggio sull’isola della Grande-Jatte. Uno dei miei preferiti. Georges Seurat qui ha ritratto delle eleganti famiglie francesi in un parco parigino su un’isola della Senna, intorno al 1884. La tecnica che ha adottato si chiama puntinismo: invece di usare le solite pennellate, ha ricostruito l’immagine accostando migliaia di puntini colorati, e anticipando di oltre un secolo la riproduzione digitale.
GUY: Odio doverlo ammettere, ma ogni volta che vedo questo quadro mi viene in mente Una pazza giornata di vacanza.
PAUL: È vero, il film con Matthew Broderick, Oh yeah! Questo quadro è al centro di una delle scene clou. Un bel giorno di primavera, tre liceali decidono di marinare la scuola e vivono una serie di improbabili avventure a Chicago. A un certo punto arrivano qui, all’Art Institute, e uno di loro, un adolescente molto tormentato di nome Cameron, si ferma a lungo davanti a Una domenica pomeriggio sull’isola della Grande-Jatte. Mentre fissa la tela con uno sguardo disperato, mettendola sempre più a fuoco, la scena parigina si dissolve in un insieme caotico e casuale di puntini colorati. In quel preciso istante Cameron vede la sua vita cadere a pezzi e dissolversi in altrettanti frammenti privi di significato.
Nutro una certa compassione per quel ragazzo, anch’io ho avuto a che fare con la mia dose di angoscia adolescenziale! Ciò che vedo nel dipinto di Seurat però non è il caos, né la vita che cade a pezzi. Mi sembra piuttosto il mondo analizzato nei suoi particolari più essenziali e infinitesimali.
Quando guardo Una domenica pomeriggio sull’isola della Grande-Jatte, continuo a oscillare avanti e indietro tra la visione d’insieme del quadro, dove un gruppo di persone si gode una meravigliosa giornata al parco, e la visione dei puntini che compongono la scena, dove non vedo affatto la disgregazione del mondo, ma solo un altro modo possibile di osservarlo. Il primo approccio mi permette di ammirare il quadro nel suo complesso, il mondo della vita quotidiana e dell’esperienza comune; il secondo mi consente di distinguere il mondo così come lo vede la scienza, sezionato, fatto di atomi microscopici, di particelle, di onde e campi di forza, e spiegabile matematicamente.
È in questo modo che si arriva a mettere in relazione la scienza con la fede, adottando due modi diversi di osservare lo stesso mondo e usando a turno gli occhi della scienza e quelli della fede. In genere contempliamo il mondo attraverso gli occhi della fede quando vogliamo decifrare il giusto, il bene e il bello delle nostre esperienze quotidiane, quando ci interessa capire se la nostra vita abbia un senso, se sia coerente oppure no.
Usiamo invece gli occhi della scienza quando siamo mossi da un interesse completamente diverso e vogliamo capire in che modo funzioni il mondo e di che cosa sia fatto fin nelle sue parti infinitesimali. Il trucco per individuare il collegamento a prima vista assente tra il mondo analizzato scientificamente e il mondo dell’esperienza quotidiana, o tra i puntini di colore e la scena dipinta da Seurat, sta nell’abituarsi all’idea di alternare i due modi diversi di vedere. E anche nel non preoccuparsi troppo quando un modo tralascia cose di cui l’altro invece prende atto, o dà risalto a cose che l’altro invece trascura.
GUY: Dunque il quadro può essere considerato come un insieme di puntini o come l’immagine di un gruppo di persone in un parco. Le due alternative sono ugualmente valide, non si escludono a vicenda e non mettono in discussione l’autenticità l’una dell’altra.
PAUL: Anch’io come te ho dovuto studiare un po’ di filosofia durante la mia formazione di gesuita. Ci sono quasi impazzito. Essendo un uomo di scienza, non capivo di cosa si preoccupassero tanto i filosofi. E non erano solo le risposte, erano proprio le domande che non riuscivo a capire!
Un bel giorno, dopo un anno e mezzo di avvilimento, ho avuto una specie di illuminazione. Mi stavo scervellando su Aristotele e la sua teoria, sul fatto che ogni cosa debba essere intesa come un insieme di materia e forma. Fino ad allora, grazie alla fisica che avevo studiato, credevo di sapere cosa fosse la “materia”, ossia la sostanza di cui sono fatte le cose. E non riuscivo a immaginare che bisogno ci fosse di aggiungere qualcos’altro, ossia una “forma”, alla materia.
Poi all’improvviso mi si è accesa la lampadina. Fino a quel momento avevo ipotizzato che sapere cosa fosse una determinata cosa significasse scomporla fino alle sue parti infinitesimali (atomi, quark eccetera) e quindi capire le leggi fisiche che ne governano le interazioni. Aristotele però non partiva dal mio stesso presupposto. Secondo lui, scomporre un oggetto fino alle sue parti infinitesimali è soltanto un tratto del percorso che ci porta a conoscerlo. Secondo Aristotele, per conoscere veramente qualcosa, oltre alle sue parti va considerato il suo intero.
GUY: Quindi non solo i puntini, ma anche l’immagine che producono?
PAUL: Sì, ma c’è dell’altro. Aristotele riteneva che comprendere davvero un oggetto significasse sapere di cosa è fatto, che tipo di oggetto è, chi lo ha creato e perché, qual è il suo valore o che senso ha. Secondo lui erano queste le domande a cui rispondere durante l’esercizio della scienza.
Nella scienza moderna, invece, il numero di domande è stato ridotto. Il valore, il significato o lo scopo delle cose sono stati tralasciati a favore di interrogativi sempre più peculiari, mirati ed efficienti. Oggi possiamo analizzare e descrivere tutto ciò che vediamo in natura secondo leggi matematiche e obiettive. Il fatto che la scienza moderna non risponda più alle domande sul valore, sul significato e sullo scopo delle cose, non toglie tuttavia importanza a questi elementi.
Ed ecco il colpo di scena che mi ha sconvolto all’inizio dei miei studi aristotelici. Ogni essere umano in quanto tale ha il diritto di sapere chi ha fatto una cosa e perché, di conoscerne il valore e il significato, anche se la scienza le considera questioni irrilevanti.
La scienza moderna riesce molto bene a fare ciò che fa, dal controllo delle malattie al calcolo di ciò che succede intorno a un buco nero, e questi incredibili risultati possono indurci a supporre, per assurdo, che la visione scientifica del mondo sia la migliore, se non addirittura l’unica legittima. Tale era la mia presunzione negli anni in cui studiavo fisica al college. In ogni caso, chi crede che interpretare il mondo con gli occhi della scienza sia sufficiente a notare tutto ciò che conta, dovrebbe anche credere di riuscire a vedere il dipinto della Grande-Jatte nel suo complesso osservandolo solo punto per punto.
GUY: Ho capito, ci sono. “Oscillare avanti e indietro”, è questa l’immagine da tenere a mente ogni volta che sentiamo dire: «Se credete che Dio parli con noi attraverso le Scritture, perché non accettate la storia della Creazione narrata nella Bibbia?». Forse chi ci fa questo genere di domande ignora che il quadro si può osservare anche in un altro modo e quindi finisce per trattare la Bibbia come un libro di astronomia.
Fatto sta che persino nella Bibbia esistono più modi di osservare il quadro. Ci sono molti racconti biblici diversi sulla Creazione ed è impossibile che siano tutti veri alla lettera, dato che sono discordanti! Deve per forza esserci qualcos’altro sotto. Il fatto che queste storie non possano essere tutte ugualmente vere ci suggerisce che dobbiamo sviluppare la capacità di oscillare avanti e indietro tra racconti diversi, anche all’interno della stessa Bibbia.
PAUL: Ma bisogna stare attenti a non cadere nel facile tranello del «tutto è relativo» e «tutto è vero».
Prima ho raccontato cosa mi è capitato osservando un quadro, i vari scambi di opinione che ho avuto con altri visitatori del museo circa il suo significato e la sua effettiva bellezza, con tanto di motivazioni positive o negative. Discutere a quel modo sulla bellezza di un dipinto è normale, anche nel caso di un classico come il Ratto di Europa. Affrontare una discussione simile sulla verità di una legge scientifica riconosciuta, come ad esempio quella del moto del pendolo, invece, non sarebbe altrettanto normale.
GUY: Sarebbe davvero stupido negare la verità di una legge come quella sul moto del pendolo. Ma cosa intendi dire?, che tutti, esperti o no, hanno il diritto di affermare o negare la bellezza di un’opera d’arte?
PAUL: Un pendolo, una carrucola o un motore elettrico sono oggetti per i quali la scienza è risolta, non perché lo dice qualche esperto scientifico, ma perché sono strumenti affidabili, che usiamo ogni giorno e possiamo dare per scontati. Se invece parliamo di significato e bellezza, allora cambia tutto. In questi ambiti non c’è niente da “risolvere” e ogni generazione deve appropriarsi di questi valori a modo suo, sviluppando il lavoro di quelle precedenti.
GUY: D’accordo, ma non dimentichiamo che esistono dei casi limite, dove le leggi di Newton falliscono ed è necessario ricorrere alla fisica quantistica o alla relatività. Un pendolo che oscillasse accanto a un buco nero si comporterebbe in modo molto anomalo rispetto a quanto previsto dalle leggi di Newton.
PAUL: Certamente. Quando affermo che sappiamo che parti della scienza sono risolte, intendo dire che lo sappiamo entro certi limiti. Limiti che in realtà si possono definire usando la scienza stessa ed entro i quali ciò che stabilisce la scienza non è solo probabile o possibile, ma vero a tutti gli effetti. Oggi conosciamo delle verità che cinquecento anni fa erano impensabili; il nostro progresso è cumulativo.
Come riesce la scienza moderna a fare progressi cumulativi? Perché le domande scientifiche sono molto circoscritte. È un compromesso necessario per lo svolgimento dell’attività scientifica. Si escludono elementi importanti come bellezza, scopo e significato, per riuscire a ottenere un progresso cumulativo in merito alla nostra conoscenza del mondo naturale.
La scienza propone teorie alternative su ciò che osserviamo nel mondo, e noi auspichiamo che, nel tempo, una di queste teorie possa prevalere su tutte le altre. In questo modo avremo un progresso cumulativo. Purtroppo non si può dire altrettanto per le diverse storie bibliche sulla Creazione. I racconti narrati nella Bibbia non sono teorie in competizione tra loro dove alla fine una prevarrà sulle altre. La Bibbia custodisce tutte le sue storie sulla Creazione e le lascia coesistere, fianco a fianco, anche se si contraddicono.
GUY: Lo stesso vale per le storie dei Vangeli. La Bibbia riunisce quattro Vangeli insieme, uno accanto all’altro, anche se raccontano la storia della vita e della morte di Gesù in modo diverso e a volte contraddittorio. Mi viene in mente quando ero fissato con i Beatles e leggevo ogni libro che parlasse di loro. Nel raccontare le stesse cose, ciascuno di quei libri offriva un punto di vista diverso sulla band. I più acuti e precisi non erano sempre quelli scritti durante il periodo di attività del gruppo. Ma per farsi un’idea decente di chi siano stati i Beatles e di cosa la gente pensasse di loro, occorre vagliare tutti quei diversi punti di vista.
PAUL: Il tuo esempio sui Beatles è centrato: per ottenere una visione d’insieme, sono necessari diversi punti di osservazione, e non solo.
In campo scientifico, lo scopo è eliminare le contraddizioni e le incongruenze nel tempo, e questa è una priorità che vale anche nel caso in cui si tenti di scrivere una vera storia dei Beatles. Ma se parliamo di fede, eliminare le contraddizioni e le incongruenze non è una priorità essenziale. Il fatto che la Bibbia contenga in sé tutte quelle storie diverse, una accanto all’altra, dimostra che la fede ha altri scopi rispetto alla scienza. Ciò che la Bibbia tenta di fare, quindi, è qualcosa di diverso.
GUY: Forse non è poi così diverso. Dopotutto, come hai detto tu, la scienza scarta le teorie che non funzionano, ma non va mai bene scartare i dati che non quadrano con una teoria, a meno che non ci sia un ottimo motivo per ritenerli davvero difettosi.
I libri scientifici invecchiano e quando ne esce uno nuovo, con teorie nuove, di solito accantoniamo quelli precedenti. Non è che eliminiamo i dati vecchi, piuttosto li interpretiamo in un altro modo. Le nuove teorie tentano di spiegare i dati vecchi (e quelli nuovi) in modo inedito.
La Bibbia invece, attenzione, non invecchia. Forse contiene i “dati” sugli incontri avvenuti tra l’uomo e Dio, ma non spiega come interpretarli. Anche dopo migliaia di anni, e dopo molti cambiamenti importanti nell’interpretazione della cosmologia dell’universo, continua a offrirci informazioni. Per questo la conserviamo così ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Battezzeresti un extraterrestre?
  4. Preludio
  5. Primo giorno: Genesi biblica o Big Bang scientifico?. SCENARIO: ART INSTITUTE OF CHICAGO
  6. Secondo giorno: Cos’è successo veramente a Galileo?. SCENARIO: LA TORRE DEI VENTI, CITTÀ DEL VATICANO
  7. Appendice: cronologia degli eventi nel caso Galilei
  8. Terzo giorno: Che cos’era la stella di Betlemme?. SCENARIO: TELESCOPI DELLA SPECOLA VATICANA SUL TETTO DELLA RESIDENZA ESTIVA DEL PAPA A CASTEL GANDOLFO
  9. Quarto giorno: Come sarà la fine del mondo?. SCENARIO: CENA NEL RISTORANTE AL TERMINE DELL’UNIVERSO
  10. Quinto giorno: Cos’è successo al povero Plutone?. SCENARIO: PLATEAU DELL’ANTARTIDE ORIENTALE
  11. Sesto giorno: Voi battezzereste un extraterrestre?. SCENARIO: AEROPORTO INTERNAZIONALE DI LOS ANGELES, TERMINAL INTERNAZIONALE TOM BRADLEY
  12. Settimo giorno: Ringraziamenti