Ascesa e caduta di Adamo ed Eva
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Ascesa e caduta di Adamo ed Eva

  1. 476 pagine
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Ascesa e caduta di Adamo ed Eva

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Narrata in pochi versetti all'inizio della Genesi, la storia di Adamo ed Eva ha avuto, nei secoli, un influsso determinante sulle concezioni delle origini e del destino umani. Pochi racconti si sono dimostrati così tenaci, così diffusi e così "reali". L'insistenza sulla verità letterale della narrazione biblica diventò uno dei pilastri dell'ortodossia cristiana e i pittori rinascimentali conferirono un persuasivo senso di realtà ai primi esseri umani e così alla loro storia. Ma a che cos'è dovuta la sua fortuna? Perché ha affascinato tante menti brillanti e tanti artisti straordinari? È la domanda che si pone Stephen Greenblatt in Ascesa e caduta di Adamo ed Eva, a cui risponde facendo rivivere il racconto della nascita dell'umanità attraverso le sue numerose e diverse interpretazioni: dagli antichi rabbini ai protocristiani, dai codici di Nag Hammâdi agli esegeti coranici, da Agostino a Tommaso, da Milton a Whitman e Mark Twain, passando per van Eyck, Masaccio, Hieronymus Bosch, Dürer e Michelangelo, in una galoppata mozzaf iato tra capolavori dello spirito e della fantasia. "Gli uomini non sanno vivere senza storie. Alcuni di noi le creano di professione e altri - compreso il sottoscritto - dedicano la vita adulta a cercare di comprenderne la bellezza, il potere e l'inf luenza." Oggi, per molti di noi, quella storia è un mito. L'Illuminismo e Darwin hanno svolto il loro compito, e la comprensione delle origini è stata liberata dalla morsa di un'illusione un tempo potente. "L'uomo e la donna nudi nel giardino, con strani alberi e il serpente parlante, sono tornati nella sfera dell'immaginazione da cui erano originariamente emersi." Ma non per questo hanno perso il loro fascino. Adamo ed Eva sono al tempo stesso un'incarnazione della responsabilità e della vulnerabilità umane, della possibilità di scegliere la ricerca della conoscenza disobbedendo alla massima autorità oppure, in alternativa, della possibilità di lasciarsi sedurre fino a operare una scelta insensata, dalle conseguenze catastrofiche e indelebili. "Tengono aperto il sogno di un ritorno, in qualche modo, un qualche giorno, a una beatitudine che è stata perduta. Possiedono la vita - la peculiare, intensa, magica realtà - della letteratura." La stessa che trapela da ogni pagina di questo libro.

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Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2017
ISBN
9788858691649

1

Ossa nude

Perché la storia di Adamo ed Eva – che occupa solo una pagina e mezza delle 1078 che compongono l’edizione moderna della Bibbia di re Giacomo sulla mia scrivania – funziona in modo così geniale e naturale? La senti a cinque o sei anni e non la scordi più. Anche la raffigurazione più schematica la evoca immediatamente, forse non in ogni singolo dettaglio, ma almeno negli aspetti essenziali. Nella sua struttura, questo racconto ha qualcosa che si imprime nella memoria; è indimenticabile nel senso quasi letterale del termine.
Nei lunghi secoli, da quando fu narrato per la prima volta, si è costruito un enorme sistema di supporto: gli insegnanti l’hanno ripetuto all’infinito; le istituzioni hanno ricompensato i fedeli e punito gli scettici; gli intellettuali ne hanno individuate le sfumature e proposto diverse interpretazioni dei suoi enigmi; gli artisti ne hanno realizzate vivide rappresentazioni. Il racconto, tuttavia, sembra in qualche modo indipendente da queste elaborazioni complesse, o, meglio, tutto ciò che ne è derivato pare aver attinto da un’energia originaria inesauribile, come se il suo nucleo fosse radioattivo. Adamo ed Eva incarnano il potere misterioso e tenace della capacità narrativa umana.
Per ragioni insieme affascinanti ed elusive, questi pochi versetti contenuti in un libro antico hanno funto da specchio in cui abbiamo la sensazione di intravedere la lunga evoluzione delle nostre paure e dei nostri desideri. Si sono rivelati sia liberatori sia distruttivi, un inno alla responsabilità umana e una fiaba oscura sulla nostra infelicità, una celebrazione dell’audacia e un incitamento alla misoginia violenta. La gamma di reazioni che, nel corso dei millenni, il racconto ha suscitato in innumerevoli comunità e individui è sorprendente.
Gli antichi rabbini guardarono lo specchio e cercarono di indovinare le intenzioni di Dio: perché mai il Creatore dell’universo avrebbe dovuto preoccuparsi degli esseri umani? Perché li aveva creati in principio? Riflettendo sulle parole del testo sacro, conclusero che l’obbligo originario di «lavorare il suolo» non si riferiva all’attività agricola, bensì allo studio.1 Precisamente, a quello della Torah, cui dedicavano le loro giornate e che consideravano lo scopo più nobile della vita.
I protocristiani non si soffermarono, nella maggior parte dei casi, sulle primordiali abitudini di studio di Adamo, ma sulla devastante perdita dell’Eden causata dalla sua disobbedienza. Il riflesso che scorsero nelle pieghe del racconto era un’immagine del comportamento peccaminoso e delle sue conseguenze. Come Paolo, ricollegarono il fatto angosciante, universale e inevitabile della morte alle azioni dei primi esseri umani, attirati verso il male da Satana. Trovarono conforto, però, nella convinzione che un nuovo Adamo – Gesù Cristo – avesse rimediato, con la sua sofferenza e la sua morte, ai danni provocati dal vecchio primo uomo. Il sacrificio sublime del Messia, speravano ardentemente, avrebbe permesso ai fedeli di recuperare l’innocenza perduta e di riconquistare il Paradiso.
I mufassir (o esegeti coranici) islamici non si concentrarono tanto sulla condotta peccaminosa di Adamo quanto sul suo ruolo di profeta originale di Dio. Il Corano, che risale al VII secolo d.C., si avvicinava ai testi protocristiani nell’identificazione di Satana (o Iblīs) con l’angelo superbo e ingannevole che aveva indotto i primi esseri umani alla disobbedienza. I commentatori successivi specificarono che la forma assunta dal tentatore malvagio non era quella del serpente, bensì di una splendida cammella: «Aveva una coda multicolore, rossa, gialla, verde, bianca, nera, una criniera di perle, il pelo di topazio, gli occhi somiglianti ai pianeti Venere e Giove, e un olezzo di muschio mescolato con ambra grigia».2 Per la loro insubordinazione, Adamo ed Eva erano stati cacciati dal Paradiso e i loro discendenti avrebbero dovuto tenere alta la guardia per sempre: «O figli di Adamo, Satana non vi seduca, come fece quando cacciò dal giardino i vostri padri». La tradizione islamica, tuttavia, definì la violazione all’origine dell’espulsione un errore anziché un crimine nefando destinato a ricadere sui posteri. Dopo la cacciata, Adamo si era calato nel ruolo di custode della Terra e di maestro religioso. Era stato una figura di illuminazione profetica, il primo della discendenza che aveva condotto al Profeta supremo, Maometto, incaricato di guidare nuovamente l’umanità verso la luce di Allah.
Per tutta la tarda antichità, il Medioevo e il Rinascimento, un nutrito gruppo di specialisti analizzò le implicazioni delle sorti di Adamo ed Eva. Nel racconto trovarono gli stimoli per intraprendere uno studio incessante; ogni sfumatura del male che percepivano nel loro cuore; ogni impulso penitenziale a mortificare la carne e a soffocare l’orgoglio ribelle; ogni desiderio di ispirazione profetica; ogni sogno di purificazione perfetta alla fine dei tempi e di ritorno a una felicità senza limiti. Gli asceti, meditando sulle tentazioni della carne, studiarono i versetti in cerca di modi di vita alternativi che forse i primi esseri umani erano stati destinati a adottare. I medici valutarono i possibili benefici fisici di una dieta vegetariana come quella che la nostra specie seguiva nel giardino dell’Eden. I linguisti cercarono di appurare quale lingua parlassero Adamo ed Eva e di rilevarne le eventuali tracce rimaste. Gli esperti di scienze naturali indagarono sulla portata ecologica di un mondo perduto in cui i rapporti tra gli esseri umani e gli altri animali erano molto diversi dai nostri e in cui l’ambiente era saldo nella sua delicata abbondanza. Tra gli ebrei e i musulmani, gli esperti di diritto delle religioni sondarono i risvolti dottrinali e legali del racconto. In tutte e tre le comunità monoteiste, i filosofi ne discussero i significati etici. Nel mondo cristiano, i pittori e gli scultori furono lieti di accettare l’invito a raffigurare il corpo umano in tutta la sua gloria e la sua vergogna.
Soprattutto le persone comuni – che avevano sentito il racconto dal pulpito, che l’avevano visto dipinto sulle pareti oppure udito da genitori o amici – passarono senza sosta la storia al setaccio, in cerca di risposte alle domande che le confondevano. Aiutava a spiegare, o almeno a mettere in luce, gli aspetti più inquietanti del rapporto sessuale, delle tensioni coniugali, delle esperienze come il dolore fisico, il lavoro estenuante e la devastazione della perdita e del lutto. Queste persone guardavano Adamo ed Eva e, come i rabbini, i sacerdoti e gli esegeti musulmani, acquisivano conoscenze della massima importanza su se stesse.
La storia di Adamo ed Eva parla a tutti noi. Riguarda il nostro essere, la nostra origine, perché amiamo e perché soffriamo. Sembra essere stata concepita per avere una vasta portata. Pur fungendo da base per tre grandi credo mondiali, precede, o sostiene di precedere, qualunque religione. Coglie il curioso modo in cui la nostra specie tratta il lavoro, il sesso e la morte – sfaccettature dell’esistenza che condividiamo con gli altri animali – come oggetti di speculazione, quasi dipendessero dalla nostra condotta, come se le cose fossero potute andare diversamente.
Noi esseri umani, dice, siamo stati fatti unicamente a immagine e somiglianza del Dio che ci creò. Quel Dio ci donò il predominio sulle altre specie, ma ci impose anche un divieto. Senza spiegazioni né giustificazioni. Agli albori dei tempi, però, non era necessario che i nostri progenitori comprendessero; occorreva solo che obbedissero. Il fatto che Adamo ed Eva non abbiano obbedito, che abbiano violato l’ordine esplicito di Dio, determinò tutto ciò che seguì nella vita della nostra specie, dal fenomeno universale della vergogna al fatto universale della mortalità.
L’insistenza sulla verità letterale del racconto – un vero Adamo e una vera Eva in un vero giardino – diventò uno dei pilastri dell’ortodossia cristiana. È alla base del mio interesse per questa storia. Come fa qualcosa di inventato a diventare così reale e convincente? Come fa una statua di pietra a respirare o un burattino di legno ad alzarsi e a ballare senza fili? E cosa succede quando le creature immaginarie si comportano come se fossero vive? Sono forse, per questa stessa ragione, condannate a morte?
Per generazioni, uomini e donne devoti si sforzarono di tener fede a una proposizione teologica, cercando di considerare il racconto dell’uomo e della donna nudi e del serpente parlante un resoconto rigorosamente accurato degli eventi che diedero il via alla vita come la conosciamo. Filosofi, teologi, sacerdoti, monaci e visionari, insieme a poeti e artisti, contribuirono a questo enorme sforzo collettivo. Tuttavia fu solo nel Rinascimento – l’epoca di Dürer, Michelangelo e Milton – che nuovi geniali sistemi di rappresentazione riuscirono finalmente a conferire un persuasivo senso di realtà ai primi esseri umani e a dare piena vita alla loro storia.
Questa incredibile conquista, uno dei massimi trionfi dell’arte e della letteratura, dimostrò di avere conseguenze inaspettate. Adamo ed Eva furono associati a statue pagane sorprendentemente realistiche che i cacciatori di opere d’arte dissotterrarono dalle rovine della Grecia e di Roma. Furono esaminati e giudicati in base a criteri morali applicati non solo al lontano passato, ma anche ai contemporanei viventi. Furono paragonati alle orde di uomini e donne nudi incontrati di recente nelle Americhe, persone in apparenza stranamente immuni dalla vergogna fisica che gli esseri umani avrebbero dovuto provare dopo la Caduta. Proprio perché ora Adamo ed Eva parevano così reali, sollevarono difficili domande sull’acquisizione del linguaggio all’inizio dei tempi, sui rapporti sessuali, sulla razza, sulla mortalità.
Il senso di realtà rinnovò, amplificandoli, i dolorosi quesiti che avevano sempre circondato l’antica storia delle origini: che razza di Dio avrebbe proibito alle sue creature di conoscere la differenza tra il bene e il male? Come avrebbero potuto quelle creature obbedire senza questa conoscenza? E cosa poteva significare la minaccia della morte per coloro che non avevano mai vissuto questa esperienza e non potevano sapere cosa fosse? Le autorità ecclesiastiche e statali reagirono duramente agli scettici che si ostinavano a fare queste domande, ma si rivelò impossibile placare un’inquietudine che affondava le sue radici nell’efficace tentativo di far apparire reali i primi mitici esseri umani. Con l’Illuminismo, i dubbi si moltiplicarono e non poterono più essere messi a tacere. All’orizzonte si profilarono lo scetticismo acuto di Spinoza, lo sguardo penetrante di Charles Darwin e la risata beffarda di Mark Twain.
In tutto il mondo, le collezioni di storia naturale espongono orgogliosamente oggetti chiamati olotipi.3 Anche detti esemplari tipo, sono gli esempi fisici, unici e ufficialmente riconosciuti di un’intera specie. Questa creatura chiusa in una teca del Museum of Vertebrate Zoology all’Università della California a Berkeley è, per il mondo scientifico, il rappresentante designato del tritone granuloso (Triturus similans Twitty); quel cranio al Centre National d’Appui à la Recherche a N’Djamena, nel Ciad, è l’unico esemplare tipo del primate estinto Sahelanthropus tchadensis. L’impresa di identificare e raccogliere questi campioni iniziò nel XVIII secolo. L’esemplare tipo del lupo grigio, Canis lupus, descritto nel 1758 dal grande zoologo e botanico Carl Linnaeus, è conservato al Museo svedese di storia naturale a Stoccolma, insieme a molti altri olotipi che lo studioso e i suoi allievi devoti riconobbero per primi (poiché Linnaeus basò la sua descrizione su un autoesame, l’esemplare tipo della nostra specie, l’Homo sapiens, altri non è che lui stesso). Lo United States National Herbarium a Washington ospita circa 110.000 olotipi di piante. Il Museum of Vertebrate Zoology a Berkeley possiede gli esemplari tipo di 364 mammiferi, 174 uccelli e 123 rettili e anfibi. Il Museo di storia naturale a Berlino custodisce, nelle wet collections («collezioni umide»), innumerevoli barattoli con creature marine che galleggiano nell’etanolo. Alcuni sono contraddistinti da un pallino rosso, a indicare che contengono olotipi.
Ciascun olotipo è stato designato come tale dalla persona che ha scoperto una nuova specie e poi l’ha denominata e descritta, secondo determinati criteri formali, in un articolo scientifico. Se lo scopritore riesce a pubblicare l’articolo e a inserire l’esemplare in una collezione idonea, si dice che è l’«autore» della specie. L’olotipo diventa così l’esemplare ufficiale, riconosciuto dalla comunità scientifica; ciascuno è la pietra di paragone particolare e concreta da cui, forse, derivano le caratteristiche principali di un’intera specie. Finora sono state identificate quasi due milioni di specie. Si stima che sulla Terra ne esistano poco meno di nove milioni.
La storia narrata dalla Genesi immagina che Dio abbia condotto ogni bestia selvatica e ogni uccello del cielo dinanzi a Adamo perché imponesse loro un nome, analogamente a come gli scienziati scelgono la denominazione degli olotipi. Il testo non specifica la lingua che Adamo usò né quanto tempo durò la procedura o quando ebbe luogo. Di solito i commentari biblici partivano dal presupposto che si fosse svolta nello stesso giorno della creazione dell’uomo, dato che Dio aveva creato la donna solo dopo l’attribuzione dei nomi (la maggior parte dei commentatori era restia a credere che Adamo avesse vissuto a lungo senza una compagna).4 Alcuni studiosi si domandarono se gli insetti più fastidiosi fossero in qualche modo comparsi e avessero ricevuto un nome dopo i sei giorni della creazione, in conseguenza del peccato di Adamo e non perché stabilito dal piano originario. Altri erano un po’ preoccupati per i pesci, perché la Bibbia menziona solo le creature della terra e dell’aria. «Perché i pesci non furono portati da Adamo?» chiese l’ecclesiastico e scienziato dilettante Alexander Ross nel 1622, per poi rispondersi da solo: «Perché non somigliano all’uomo quanto le bestie; secondo, perché non avrebbero potuto essere d’aiuto all’uomo quanto le bestie; terzo, perché non potevano vivere fuori dall’acqua».5
In cielo e in Terra ci sono più specie di quante ne vengano elencate nella Bibbia, ma chiunque abbia ideato questa storia migliaia di anni fa capì, come ha fatto anche la scienza moderna, che si può conoscere un’intera specie attraverso un solo rappresentante. L’essere umano del primo capitolo della Genesi è, in realtà, l’olotipo della razza umana. Dio diede vita a questa creatura e, con cautela, la mise sulla Terra – nuda, ovviamente – sotto forma di esemplare tipo. Quando si esamina Adamo, si considera una singola figura particolare ma anche l’intero genere umano.
In Adamo, afferma il racconto biblico, non si incontra solo il rappresentante, ma anche il primissimo esempio della specie, il progenitore di tutti coloro che seguirono. Anche qui le collezioni scientifiche moderne hanno un equivalente: in questo caso non gli olotipi, bensì i fossili di coloro che si pensa siano i nostri antenati. Il più famoso è la creatura soprannominata «Lucy», una femmina di Australopithecus afarensis vissuta tre milioni duecentomila anni fa, le cui ossa, diverse centinaia, furono rinvenute dall’antropologo americano Donald Johanson in Etiopia nel 1974. Per questo nomignolo scherzoso Johanson e il suo team si ispirarono alla canzone dei Beatles Lucy in the Sky with Diamonds, che ascoltavano senza sosta su un registratore nel loro accampamento sperduto.
La magia di un nome ben preciso ha conferito un fascino intramontabile a questa antenata lontana e indiretta, ora conservata al Museo nazionale dell’Etiopia a Addis Abeba. Era alta circa un metro e dieci centimetri, con un cervello piccolo come quello di uno scimpanzé, assai diversa dagli esseri umani moderni, che fecero la loro comparsa in Africa solo più di tre milioni di anni dopo. Ciò che è importante, tuttavia, è che Lucy non penzolava dagli alberi, bensì camminava su due piedi. Nessuno sostiene che fu l’antenata diretta dell’umanità, ma prove molto convincenti dimostrano come la nostra specie, l’Homo sapiens, abbia un legame significativo con questa creatura. Gli Hominini, la tribù tassonomica che comprende gli esseri umani odierni e i nostri parenti più prossimi ormai estinti, derivò da questi mammiferi primati bipedi.
Le implicazioni di questo processo evolutivo sono enormi e sono state oggetto di veementi contestazioni. Un tempo era sembrato possibile raccontare una storia efficace: noi Homo sapiens siamo all’estremità di un lungo ramo del grande albero della vita. Esaminando i successivi antenati estinti, potremmo seguire molto lentamente il ramo verso il tronco e ricostruire le fasi che abbiamo attraversato per raggiungere lo (splendido) stato attuale. Ora, con la scoperta di un numero crescente di fossili – Paranthropus boisei, Homo habilis, Homo rudolfensis, Homo ergaster, Homo erectus, Homo heidelbergensis, Homo neanderthalensis, Homo naledi eccetera –, la storia generale diventa sempre meno semplice. La nostra ascendenza, ha scritto di recente un biologo evolutivo, non assomiglia tanto a un ramo quanto a «un fascio di ramoscelli – si potrebbe addirittura paragonarla a un cespuglio aggrovigliato».6
In una sala al quinto piano del Peabody Museum of Archaeology and Ethnology ad Harvard, David Pilbeam, un noto paleoantropologo (cioè una persona che studia le linee di parentela tra la nostra specie e i suoi parenti più prossimi), è stato così gentile da mostrarmi alcuni di questi «ramoscelli». Prima del mio arrivo aveva tirato fuori delle ossa (oppure stampi di ossa in gesso o in plastica), alcune in scatole di cartone su tavoli di formica, altre assemblate in scheletri e adagiate su piccole piattaforme munite di rotelle. Ciascun osso rappresenta un salto indietro nel passato, misurato in milioni di anni.
C’era anche una riproduzione di Lucy in uno scatolone coperto di cellophane, come un pacco consegnato da una fiorista per un’occasione importante (un funerale, direi). In realtà, non c’è molto da vedere: frammenti di teschio e parte della mandibola, qualche costola, l’osso sacro e parte del bacino, pezzi di gambe e braccia. Lì accanto, su un carrello provvisto di rotelle, era stato ricostruito un modello più completo di Australopithecus. Poco lontano era collocato lo scheletro di uno scimpanzé, e Pilbeam mi ha indicato le differenze impercettibili tra la sua struttura e quella di Lucy. Impercettibili è l’aggettivo giusto: senza la sua guida esperta, me le sarei perse quasi tutte e non mi sarei accorto che una creatura era una scimmia e l’altra la mia antenata.
Il fossile più antico della sala era quello del Sahelanthropus proveniente dal Ciad. A me sembrava il teschio di una piccola scimmia ma, come un detective, Pilbeam ha notato gli indizi che rivelavano come probabilmente avesse una postura eretta e camminasse su due piedi. Se è così, acquisì questa capacità molto presto; il fossile è stato datato a circa sette milioni di anni fa, cioè non molto distante dal momento in cui l’ultimo antenato comune si divise, con una discendenza che condusse agli scimpanzé e un’altra a noi.
Mentre mi guardavo intorno facendo salti temporali di milioni di anni, ho provato qualcosa di simile al fastidio che ha spinto gli scienziati a mettere in discussione le metafore dell’evoluzione umana come sviluppo costante e progressivo lungo un ramo ben definito. In un angolo, a eccezione di una traccia pressoché invisibile, il nostro progenitore Sahelanthropus pareva appartenere a un universo differente dal nostro. Nell’altro, c’era lo scheletro completo dell’uomo di Neanderthal, con ossa spesse come quelle di un...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Ascesa e caduta di Adamo ed Eva
  4. Prologo. Al tempio
  5. 1. Ossa nude
  6. 2. Lungo i fiumi di Babilonia
  7. 3. Tavolette d’argilla
  8. 4. La vita di Adamo ed Eva
  9. 5. Ai bagni pubblici
  10. 6. Libertà originale, peccato originale
  11. 7. L’omicidio di Eva
  12. 8. Incarnazioni
  13. 9. La castità e i suoi inconvenienti
  14. 10. La politica del Paradiso
  15. 11. Farsi reali
  16. 12. Gli uomini prima di Adamo
  17. 13. Declino
  18. 14. I dubbi di Darwin
  19. Epilogo. Nella foresta dell’Eden
  20. Un campionario di interpretazioni
  21. Un campionario di storie delle origini
  22. Ringraziamenti
  23. Note
  24. Bibliografia
  25. Referenze fotografiche
  26. Indice