I racconti degli Speciali
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I racconti degli Speciali

  1. 216 pagine
  2. Italian
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I racconti degli Speciali

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Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2018
ISBN
9788858691816
Ornamento di separazione

Cocobolo

Ornamento di separazione
Da ragazzino Zheng venerava suo padre. Questo accadeva durante il regno di Kublai Khan, nell’antica Cina, molto prima che l’Europa dominasse i mari; suo padre, Liu Zhi, era un famoso esploratore oceanico. Si diceva che nelle vene gli scorresse acqua salata. All’età di quarant’anni, le sue imprese avevano superato quelle di qualunque altro navigatore vissuto prima di lui: aveva disegnato la mappa dell’intera costa orientale dell’Africa, era entrato in contatto con tribù sconosciute nel cuore della Nuova Guinea e del Borneo, e rivendicato i diritti dell’impero su nuovi vasti territori.
Durante i suoi viaggi aveva combattuto contro pirati e briganti, sedato un ammutinamento, ed era sopravvissuto a due naufragi. Nel porto di Tianjin si trovava una grande statua di ferro che lo ritraeva, con lo sguardo nostalgico volto al mare. La statua era tutto ciò che a Zheng rimaneva di suo padre, poiché l’uomo era scomparso quando lui aveva soltanto dieci anni.
L’ultima spedizione di Liu Zhi era stata organizzata per scoprire l’isola di Cocobolo, a lungo ritenuta leggendaria, in cui, si raccontava, i rubini crescevano sugli alberi e l’oro liquido formava vasti laghi. Prima di partire, Liu Zhi aveva detto a Zheng: «Se non dovessi tornare, promettimi che verrai a cercarmi, un giorno. Non lasciare che l’erba ti cresca sotto i piedi!».
Zheng, debitamente, promise, pensando che nemmeno l’impetuoso oceano avrebbe mai potuto vincere un uomo come suo padre: invece, Liu Zhi non fece più ritorno a casa. Dopo un anno senza avere notizie, l’imperatore organizzò un sontuoso funerale in suo onore. Zheng era inconsolabile, e per giorni pianse ai piedi della statua del padre. Quando crebbe, tuttavia, scoprì cose su suo padre che era troppo piccolo per capire, quando Liu Zhi era ancora in vita, e così l’opinione che aveva di lui piano piano mutò. Liu Zhi era stato un uomo strano, ed era diventato ancora più strano verso la fine della vita. Correva voce che fosse impazzito.
«Nuotava nel mare per ore, tutti i giorni, perfino d’inverno» raccontò il fratello maggiore di Zheng. «Quasi non riusciva a sopportare di avere i piedi sulla terra.»
«Era convinto di essere in grado di comunicare con le balene» disse Ai, lo zio di Zheng, e scoppiò in una grassa risata. «Una volta l’ho perfino sentito mentre cercava di esprimersi nella loro lingua!»
«Voleva che andassimo a vivere tutti su un’isola in mezzo al nulla» spiegò la madre di Zheng. «Io gli dissi: “Ceniamo a palazzo, riceviamo duchi e visconti. Perché mai dovremmo rinunciare a questa vita per vivere come selvaggi su un fazzoletto di sabbia?”. Dopodiché, lui cominciò a evitarmi.»
La gente diceva che Liu Zhi aveva compiuto grandi imprese da giovane, ma poi aveva iniziato a inseguire chimere. Aveva navigato per scoprire una terra abitata da cani parlanti. Raccontava di un luogo nell’estremo nord dell’Impero romano dove vivevano donne polimorfe capaci di fermare il tempo.1 Era stato bandito dalla buona società, e infine i nobili avevano smesso di finanziare le sue spedizioni; perciò lui aveva cominciato a finanziarsele da sé. Esaurita la sua fortuna personale, lasciando moglie e figli sull’orlo dell’indigenza, aveva pensato di partire alla ricerca di Cocobolo per attingere alle sue ricchezze.
Zheng, insomma, capì che le stravaganze di suo padre lo avevano condotto alla rovina e, affacciatosi all’età adulta, fu attento a non ripeterne gli errori. Anche nel sangue di Zheng scorreva acqua salata, e come suo padre anche lui diventò navigatore, ma di un genere molto diverso. Non condusse infatti alcuna spedizione esplorativa, nessun viaggio pionieristico per attribuire nuove terre all’impero. Zheng era un uomo molto pratico, un mercante fatto e finito, ed era alla testa di una flotta di navi mercantili. Non prendeva rischi. Evitava le rotte preferite dai pirati, non si allontanava mai dalle acque conosciute. E la sua vita per mare andava col vento in poppa.
La sua vita sulla terra era ugualmente convenzionale. Cenava a palazzo e coltivava le amicizie giuste. Non pronunciava mai una parola sconveniente né sosteneva un’opinione controversa. In cambio si guadagnò un’ottima posizione sociale e un matrimonio vantaggioso con la viziata pronipote dell’imperatore, che lo proiettò a un passo dalla dorata nobiltà.
Per proteggere quanto aveva accumulato, faceva di tutto per prendere le distanze dal padre. Non parlava mai di lui, cambiò cognome, finse che non esistessero legami di parentela. Ma più Zheng invecchiava, più gli era difficile rinnegare il genitore. Gli anziani parenti dicevano spesso che le maniere di Zheng erano molto, molto simili a quelle di Liu Zhi.
«Il modo che hai di camminare, il tuo portamento» disse zia Xi Pen. «Perfino le parole che scegli: è come averlo qui davanti!»
Perciò Zheng cercò di cambiare. Si mise a imitare l’ampia falcata di suo fratello maggiore Deng, che nessuno paragonava mai al padre. Prima di dire qualcosa, aspettava un momento per organizzare le parole nella testa e non sceglieva mai la prima che gli veniva in mente. Tuttavia non poteva cambiare il proprio viso, e ogni volta che passava dal porto la gigantesca statua del padre gli ricordava quanto si somigliassero. Perciò, una sera, ci andò di soppiatto con una corda e un verricello, e con notevole sforzo abbatté il monumento.
I sogni cominciarono il giorno del suo trentesimo compleanno. Era afflitto da visioni notturne del vecchio – un uomo cotto dal sole e affamato, la barba bianca fino alle ginocchia, senza più nulla in comune con lui – che agitava le braccia dalla riva deserta di qualche isola riarsa. Zheng si svegliava di soprassalto in piena notte, con il sudore che gli imperlava la fronte, tormentato dal senso di colpa. Aveva fatto una promessa a suo padre, e non si era mai nemmeno sforzato di onorarla.
Vieni a cercarmi…
Il suo speziale gli preparò una potente bevanda medicinale, che Zheng cominciò a prendere la sera prima di andare a dormire, e quell’intruglio lo faceva precipitare in un sonno profondo e senza sogni fino al mattino.
Ma scacciato dai sogni, suo padre trovò altri modi di perseguitarlo.
Un giorno, nel cuore dell’inverno, Zheng si ritrovò a indugiare accanto alle banchine, avvertendo un misterioso impulso a saltare nell’oceano e mettersi a nuotare. Represse quell’istinto, e per settimane non si concesse neppure di guardare il mare.
Poco tempo dopo, capitanava una spedizione diretta a Shanghai quando, sottocoperta, udì il canto di una balena. Tese l’orecchio verso lo scafo e si mise in ascolto. Per un momento gli parve di capire cosa l’animale dicesse, di distinguere il senso insito in quelle lunghe vocali ultraterrene.
Co… co… bo… lo!
Zheng si turò le orecchie con il cotone, corse sul ponte e rifiutò di tornare sottocoperta. Cominciava a credere di essere sull’orlo della follia, e paventava il destino che era toccato in sorte al padre.
Di ritorno a casa fece un nuovo sogno, che nemmeno la medicina serale poté evitare. Nel sogno, Zheng si faceva strada tra la boscaglia di un’isola tropicale mentre dagli alberi piovevano dolcemente rubini. L’aria afosa pareva sussurrare il suo nome – Zheng, Zheng – e sebbene lui sentisse la presenza del padre intorno a sé, non vedeva nessuno. Esausto, si stendeva sull’erba, e d’un tratto l’erba si levava tutt’intorno: il manto verde si staccava dalla terra e lo avvolgeva in un abbraccio soffocante.
Si svegliò di soprassalto, con i piedi che gli prudevano da impazzire. Gettate le coperte in fondo al letto, si spaventò vedendo che erano tutti coperti d’erba. Cercò di spazzarla via, ma ogni filo era legato alla pelle. L’erba gli cresceva direttamente dalla pianta dei piedi.
Terrorizzato al pensiero che la moglie se ne accorgesse, Zheng balzò fuori dal letto, corse in bagno e si rasò.
Che accidenti mi sta succedendo? pensò. La risposta era abbastanza evidente: stava perdendo la testa, proprio com’era accaduto a suo padre.
Il mattino dopo, al risveglio, scoprì che non solo dai piedi era spuntata altra erba, ma lunghi filamenti di alghe gli erano cresciuti dalle ascelle. Corse in bagno, strappò le alghe – fu molto doloroso – e si rasò i piedi per la seconda volta.
Il giorno dopo si svegliò con la solita crescita dai piedi e dalle ascelle, e con un’altra novità: le lenzuola erano piene di sabbia. Gli era fuoriuscita dai pori della pelle durante la notte.
Andò in bagno, strappò le alghe e si rasò i piedi, sempre convinto che fosse pura pazzia. Ma quando tornò, la sabbia era ancora nel letto: sua moglie ne era ricoperta e l’aveva tra i capelli. Era sveglia, ora, e cercava invano di scrollarsela di dosso, sconvolta.
Se la vedeva anche lei, allora doveva essere vera, capì infine Zheng. La sabbia, l’erba: tutto quanto era vero. Quindi lui non era affatto pazzo. Gli stava succedendo qualcosa.
Andò a trovare lo speziale, che gli diede un cataplasma dall’odore nauseabondo da applicare sul corpo. Siccome non servì, andò dal chirurgo che gli disse che non c’era nulla da fare, e che l’unica soluzione era amputare i piedi e ostruire i pori con la colla. Era una proposta che ovviamente Zheng non poteva accettare, quindi andò da un monaco e pregarono insieme, ma Zheng si addormentò mentre pregava e quando si svegliò aveva riempito di sabbia la cella del monaco, e quello arrabbiato lo mandò via.
Pareva non esserci cura per il suo problema, e i sintomi peggioravano. Ormai l’erba gli cresceva dai piedi in continuazione, non solo di notte, e per colpa delle alghe aveva l’odore di una spiaggia con la bassa marea. La moglie si spostò a dormire in un altro letto, in una stanza diversa. Zheng ora temeva che anche i suoi soci d’affari venissero a sapere delle sue condizioni e lo emarginassero. Temeva di andare in rovina. Colto dalla disperazione, cominciò a soppesare l’idea di farsi amputare i piedi e ostruire i pori con la colla; ma poi, in un improvviso sprazzo di memoria, gli tornarono alle orecchie le ultime parole pronunciate da suo padre.
Non lasciare che l’erba ti cresca sotto i piedi!
Adesso quella frase misteriosa, su cui Zheng si era interrogato per anni, aveva un senso. Era stato un messaggio: un messaggio in codice. Suo padre sapeva che a Zheng sarebbe successo proprio questo. Lo sapeva perché era successo anche a lui! Non condividevano soltanto il viso e il passo e la maniera di parlare: condividevano anche quello strano tormento.
Vieni a cercarmi, aveva detto lui. Non lasciare che l’erba ti cresca sotto i piedi.
Liu Zhi non era partito in cerca di una mitica fortuna. Era andato via per trovare una cura. E se voleva avere una speranza di eliminare quelle bizzarrie e vivere di nuovo una vita normale, Zheng doveva onorare la promessa fatta a suo padre.
A cena, quella sera, annunciò le proprie intenzioni ai familiari. «Organizzo un spedizione per trovare nostro padre» disse.
Erano increduli. Gli ricordarono che altri erano andati in cerca di Liu Zhi, invano. Le ricerche erano state finanziate dall’imperatore, ma non si era trovata alcuna traccia dell’uomo, né della spedizione. Zheng, un mercante che non si era mai scostato dalle sue sicure rotte commerciali, credeva davvero di essere più fortunato?
«Posso farcela, vedrete» disse Zheng. «Devo solo trovare l’isola di cui andava in cerca.»
«Non la troveresti mai, nemmeno se fossi il navigatore più esperto del mondo» obiettò zia Xi. «Come si fa a trovare un luogo che non c’è?»
Zheng partì, determinato a smentire i familiari. Quell’isola esisteva, e lui sapeva come fare per raggiungerla: avrebbe smesso di prendere il sonnifero e si sarebbe lasciato guidare dai sogni. E se non fosse bastato, avrebbe ascoltato le balene!
Anche il suo primo ufficiale cercò di dissuaderlo. Ammesso che l’isola esistesse, disse, ogni marinaio che sosteneva di averla vista giurava che non la si poteva raggiungere. Dicevano che si spostava durante la notte. «Come credi di poter attraccare su un’isola che ti sfugge?» chiese il primo ufficiale.
«Facendo costruire la nave più veloce che sia mai esistita» rispose Zheng.
Zheng spese buona parte delle sue fortune per farsi costruire quella nave, che chiamò Improbabile. Si ritrovò così sull’orlo della bancarotta, e dovette firmare delle cambiali per ingaggiare la ciurma.
Sua moglie era furibonda. «Di questo passo finiremo all’ospizio!» esclamò. «Dovrò lavare i panni per non morire di fame!»
«Mi riempirò le tasche di rubini, quando troverò Cocobolo» replicò Zheng. «Quando tornerò, sarò più ricco di prima. Vedrai!»
L’Improbabile salpò. Si diceva che Cocobolo si trovasse a sudovest di Ceylon nell’Oceano Indiano, ma l’isola non era mai stata avvistata nello stesso punto. Zheng smise di prendere il sonnifero e attese i sogni profetici. Nel frattempo l...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. I racconti degli Speciali
  3. Frontespizio
  4. Dedica
  5. Indice
  6. Prefazione
  7. Gli splendidi cannibali
  8. La principessa dalla lingua biforcuta
  9. La prima ymbryne
  10. La donna che era amica dei fantasmi
  11. Cocobolo
  12. I piccioni di Saint Paul
  13. La ragazza che domava gli incubi
  14. La locusta
  15. Il ragazzo che sapeva trattenere il mare
  16. Il racconto di Cuthbert