Alla fine della quinta elementare, nell’agosto 2017, siamo partiti in macchina per un viaggio on the road. Abbiamo fatto 3776 chilometri in dieci giorni, siamo partiti da Roma per andare in Valtellina e da lì siamo ripartiti per il secondo viaggio della nostra vita.
Io e Nino.
Io alla guida, Nino accanto a me.
Due valigie, il pieno di benzina e tutti gli hotel già prenotati da due mesi.
Giorno dopo giorno ho condiviso il diario di viaggio su Facebook, ogni sera pubblicavo un pezzo di viaggio e piano piano hanno cominciato a seguirci, è stato molto bello, mi sentivo meno sola, avevo una rete di persone che sembrava viaggiassero con noi e da cui mi sentivo sostenuta, incoraggiata, abbracciata da lontano.
PRIMO AGOSTO, PRIMO GIORNO, DIARIO DI BORDO
Siamo partiti a mezzogiorno diretti in Piemonte, prima tappa del nostro lungo e largo viaggio verso Parigi in auto.
Langhe, Monferrato.
Durante il viaggio Nino mi ha raccontato, interpretandola, una sua personale versione di Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato. Il film durava cento minuti, la sua versione due ore e mezza. Lo ascoltavo, la conoscevo già, la sua versione. La raccontava sempre il giorno dopo avere visto il film. I suoi personaggi entrano in una fabbrica di prodotti tecnologici e tra le novità c’è una bimba che parla con i fiori e le piante, ma in modo ossessivo e non virtuoso. Si chiama Daniela Ivi e vive in Paraguay, ad Asunción.
Dopo tre ore e mezza di auto siamo arrivati in una casa meravigliosa che sembrava uscita dalla Provenza. Siamo arrivati tardi perché ho sbagliato più volte percorso. Ci ha accolti un signore gentile molto anziano, con la schiena curva che lo obbliga a stare chinato. Intorno a lui una decina di gatti. Il signore gentile ci porta nella stanza, che sembra quella di una casa in Norvegia: è piena di oggetti, di quadri, gli interruttori in bachelite, la biancheria a quadretti azzurri che profuma di bucato, il pavimento in legno nella stanza da bagno grandissima, con piastrelle blu. Anche qui è pieno di oggetti particolari, tantissimi teli da bagno, e un libro sull’arredamento svedese. I proprietari sono due signori di Milano, una coppia di ginecologi in pensione, scopro che conoscono il primario del reparto dell’ospedale del paese dove sono nata, sono premurosi e gentili. La signora mi dice che il color lavanda degli infissi l’ha fatto fare direttamente in Provenza. C’è una cura preziosa in ogni angolo di questa casa, che sembra disegnata da un architetto del Nord Europa, pubblicata da un libro di design, o ricorda la scenografia di un bel film. Anche i gatti paiono disegnati.
Usciamo e cerchiamo di arrivare alle terme nel paese vicino, la piscina chiude presto, arriviamo alle 18,20 e la responsabile ci lascia entrare lo stesso. Non ci fa pagare e ci avvisa che alle 18,30 la piscina chiude. Facciamo in tempo a fare un bagno. Corriamo a bordo piscina, ci spogliamo e facciamo un tuffo. Dopo dieci minuti esatti i bagnini cominciano a fischiare e tutte le persone presenti escono dall’acqua in modo ordinato. Chiedo se possiamo restare cinque minuti in più e il bagnino fa cenno di sì. Andiamo sotto le cascate a fontana. Poi un altro tuffo e usciamo.
Ci dicono che lì vicino c’è la fonte dell’acqua marcia, la troviamo, in effetti l’acqua è giallina e ha un forte odore di uovo. La beviamo, sa di uovo sodo. Nino ride sentendo quell’odore e io sono felice, il primo giorno sta finendo e non è andata male.
Sono stanca, ma sono contenta.
Mettiamo un po’ di acqua marcia in una bottiglia e un po’ sulla puntura di zanzara sul collo di Nino, che sparisce subito.
La sera andiamo a cena. Il ristorante ce l’ha consigliato la padrona di casa, si chiama Terzo Tempo, mangiamo benissimo. Nino sceglie polipo con purea di ceci, io aringhe rosse con burro e pane. Bevo un bicchiere di vino rosso da 14 gradi. Mi arriva un messaggio sul cellulare, un amico che non vedo da tempo mi dice che sta seguendo il nostro viaggio sui social.
Nino dice che vuole assaggiare il dolce tipico, il bonèt e lo finisce tutto.
Fino a due anni fa non mangiava nulla e a scuola aveva un menu speciale a causa della selettività alimentare data dal suo autismo.
Dopo il viaggio a Parigi che abbiamo fatto insieme lo scorso anno ha chiesto di poter mangiare tutto quello che mangiavano i suoi compagni. Da allora mangia quasi tutto. Mi sembra incredibile.
Torniamo alla nostra camera ascoltando la musica degli U2 e No Surprises suonata da Luca Aquino.
Buonanotte.
2 AGOSTO, SECONDO GIORNO, DIARIO DI BORDO
Questa mattina mi sono svegliata prestissimo. Nino dorme, io penso al pezzo di strada da fare oggi. Circa trecento chilometri. Guardo Nino, sorride nel sonno. Nella camera accanto un bambino piccolo sta ridendo, provo a riaddormentarmi, ma non riesco a riprendere sonno, faccio una doccia, aspetto che Nino si svegli e scendiamo per fare colazione. Nel giardino curatissimo di questa casa ci sono due tavoli apparecchiati per la colazione: tutto è coordinato in modo perfetto, dal tovagliolo alla posata. Sui tavoli ci sono frutta fresca, pane, burro, marmellate, french toast, caffè, latte, cereali, biscotti. Nel tavolo accanto al nostro, c’è una famiglia, anzi, la famiglia.
La famiglia perfetta, in questo contesto sembra la famiglia di uno spot dell’azienda leader dei biscotti italiani.
Madre bellissima, sui trentacinque anni, tre figli maschi biondi con gli occhi azzurri, di dieci, sette anni e l’ultimo di dodici mesi. La madre è in forma perfetta.
Figli belli e simpatici.
Parliamo un po’, vivono in Germania, vicino alla Svizzera. Avere tre figli è una cosa normale per loro. Lei mi dice che non ha mai smesso di lavorare. Il marito è bello, silenzioso e gentile.
Scopro che il marito è tedesco, la moglie francese, figli bilingue.
Sono in partenza per Perpignan. Noi per la Provenza.
La proprietaria della casa ci dice di passare per Sospello, un paese francese a cui si arriva da un passo di montagna. Ci vuole un po’ di più, ma poi per fare l’autostrada c’è tempo. Vedo che ci vuole circa un’ora in più. Il marito della signora francese bellissima guarda il suo cellulare, poi guarda me e fa una specie di piccola smorfia.
Dopo la colazione partiamo contemporaneamente. Ci salutiamo con un cenno della mano, è chiaro che non ci vedremo mai più, ma qualcosa di noi resterà familiare all’altro, la condivisione di un’ora in uno spazio da sogno ci legherà per sempre.
Prendo la strada per Cuneo, ci metto quasi due ore per fare cento chilometri. Poi salgo verso la Francia, arrivo a un paese di confine dove ci fermiamo a pranzo, un posto che sembra uscito dalla Svizzera, la cameriera però è una giovane caraibica con una minigonna da spiaggia e delle gambe bellissime. Ho già fatto tre ore di macchina e il navigatore mi dice che ne ho da fare altre tre e mezza. Se avessi fatto Savona-Ventimiglia ci avrei messo solo quattro ore.
Sembra un viaggio infinito e siamo solo all’inizio. Mi auguro che la bella famiglia sia già arrivata a Perpignan perché sicuramente il signore tedesco ha preso l’autostrada. Ma certo che l’ha presa, è tedesco lui.
Nino guarda un film e io mi faccio il mio film in testa mentre continuo a salire verso la fine del passo: se dovessi restare senza benzina qui ci sono solo montagne e quasi neanche più alberi, ma solo arbusti. Ormai è tardi per farsi venire dubbi così continuo a salire e vedo solo le cime delle montagne, quelle che in Valtellina ospitano solo le capre. Alla fine arriverò in cima, mi dico, e poi sarà la discesa.
Sulla cima del passo c’è un hotel e un cartello che segna l’altitudine. Poi finalmente scendiamo.
Per venti minuti non ci sono case, nulla, un tizio in macchina dietro di me mi sorpassa e nei tornanti davanti a me vedo che fa una cosa che ho sempre desiderato fare. Guida contromano, sulla corsia di sinistra. La visibilità glielo permette. Sul lato sinistro però non ci sono più i guard rail ma dei fili verdi. Penso a mia mamma, se fosse qui. Anzi: penso a mia mamma se sapesse come siamo adesso. Da soli, quasi in riserva, nel cuore delle Alpi. Continuo a scendere e finalmente vedo qualche casa, siamo in una Provenza selvaggia, che anticipa quella morbida della lavanda.
Alla fine arrivo a un bivio, ci sono i poliziotti, credo per evitare immigrazione clandestina. Ci manca solo che mi fermino dopo questa strada da incubo.
Uno dei due mi guarda e mi dice che posso andare. Sorride, credo abbia intuito la mia difficoltà nello scendere. Mi guardo nello specchietto retrovisore, gli occhiali da vista, i capelli spettinati e gli occhiali da sole appoggiati male sulla fronte. Nino ha finito di vedere il film.
Ora ha sonno, il navigatore mi dice che ho ancora due ore di guida da affrontare.
Non è possibile.
Finalmente riesco a prendere l’autostrada, ai primi caselli di Mentone ci sono poliziotti con il mitra, penso che lo scorso anno quando siamo andati a Cannes non c’erano così tanti poliziotti. Accendo la musica, accelero e alla fine arrivo all’hotel.
C’è la piscina, e il proprietario vuole parlare italiano. È stato a Roma vent’anni fa, ma si ricorda meglio di Calcata, un paesino molto bello a un’ora di macchina da Roma. «Un posto freak» mi dice. «Lo conosco» gli rispondo. Ci offre una Coca-Cola e io e Nino ci tuffiamo in piscina. Lui è felice. Io sono stanca. Mi manca già la casa del Piemonte. Questa è bella, ma non c’è il cuore della signora che ha arredato l’altra.
Il viaggio di oggi è stato accompagnato dalla musica di Ghali.
«Provo a dire no.»
3 AGOSTO, TERZO GIORNO, DIARIO DI BORDO
«Mamma, promettimi che se ti innamorerai di qualcuno non mi abbandonerai per stare con quel qualcuno.»
Forse questo viaggio gli ha mostrato un mondo più vario, più aperto, fatto di persone diverse con cui entriamo in relazione.
Gli ho detto che, se un uomo ci sarà, sarà un uomo che gli vorrà bene quanto gliene voglio io. Mi ha sorriso e ha addentato un pain au chocolat. Anche qui in Provenza la colazione è curata e buona. Qui è tutto simmetrico, minimalista, la mia tazza del caffè è rossa e quadrata. La piscina è rettangolare, immersa nel bosco. Il punto di vista dall’acqua è straordinario, si vedono gli alberi selvaggi che sembra ti caschino addosso. Una piscina dentro a un bosco. Stamattina abbiamo fatto un altro tuffo in piscina e siamo ripartiti. Il proprietario ci ha salutati con calore, in italiano, la moglie timida e schiva ci ha fatto un cenno da lontano mentre il figlio piccolo è andato a controllare che in piscina non mancasse nulla dei suoi giochi.
Attraversiamo la Provenza, passiamo vicino a Trans-en-Provence. Esattamente trent...