La città è dei bianchi (Nero Rizzoli)
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La città è dei bianchi (Nero Rizzoli)

  1. 480 pagine
  2. Italian
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La città è dei bianchi (Nero Rizzoli)

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NERO RIZZOLI È LA BUSSOLA DEL NOIR FIRMATA RIZZOLI. Diceva Faulkner che il Sud bisogna raccontarlo; che bisogna spiegare perché la gente vive lì, e anzi perché vive. Il Sud raccontato qui è quello della città di Atlanta del 1948, l'anno in cui, per la prima volta, a otto afroamericani fu concesso di arruolarsi nelle forze di polizia per pattugliare i quartieri abitati dalla propria gente. Da questo dato storico, Mullen prende spunto e inventa due personaggi profondamente umani, gli agenti Lucius Boggs e Tommy Smith, due poliziotti che, come gli altri sei del loro gruppo, non sono autorizzati a guidare un'auto di pattuglia né a mettere piede negli uffici della centrale né ad arrestare i bianchi.
Quando, in un giorno di luglio, una giovane ragazza di colore viene uccisa e gettata in una discarica, Boggs e Smith, davanti all'indifferenza dei vertici della polizia, avviano un'indagine clandestina. Una decisione temeraria, in aperta sfida alla legge vigente dei bianchi.
La rivoluzione si è appena messa in moto ma ha ingranaggi lenti; la macchina che abolirà la segregazione si inceppa ancora, funziona a scatti, però la caccia non ammette ripensamenti. La terra lungamente offesa e impastata di paura dove vivono i negri reclama giustizia e riscatto sociale. E allora l'indagine di Boggs e Smith sarà implacabile, il loro viaggio incendiario.

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Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2019
ISBN
9788858697696

1

Era quasi mezzanotte quando uno dei nuovi lampioni installati su Auburn Avenue andò incontro allo sfortunato destino di essere il primo lampione centrato in pieno da una macchina. I frammenti del fanale di una Buick bianca si sparpagliarono sul marciapiede ai piedi del palo colpito e piegato.
Le cavallette continuavano a ronzare nell’aria afosa di luglio. In tutta la città le finestre erano spalancate, e senza dubbio il botto dell’impatto aveva svegliato parecchia gente. L’unico passante in quell’isolato, un vecchio che rincasava dopo aver spazzato i pavimenti allo zuccherificio, sarà stato a non più di dieci metri di distanza. Quando l’auto aveva superato il cordolo era scattato all’indietro, ora però si era fermato e rimase a osservare per un istante, nel caso il palo decidesse di piegarsi del tutto e precipitare. Non accadde. Non ancora, se non altro.
La Buick fece lentamente retromarcia, la ruota anteriore sgonfia mentre scendeva lo scalino del marciapiede. Il palo si inclinò visibilmente, da una parte e poi dall’altra, come l’asta di un enorme metronomo.
L’uomo sentì una voce di donna, gridava qualcosa tipo «che diavolo credi di fare, portami a casa», roba di questo genere. Il vecchio scosse la testa e si allontanò con passo incerto prima che la situazione degenerasse.
Che i lampioni fossero o no effettivamente nuovi era una questione di punti di vista. Erano lì da qualche mese, ormai, ma tenendo conto di quanto tempo c’era voluto perché i vertici della comunità di colore di Atlanta convincessero il sindaco a installarli, e dei tanti, tantissimi anni in cui i negri avevano percorso le strade del loro quartiere, anche le più trafficate e prestigiose, completamente al buio – tenuto conto di tutto questo, la presenza celestiale di quei lampioni veniva ancora percepita come una novità.
Di tutto ciò il guidatore della Buick non sapeva nulla.
Aveva cercato di fare inversione al centro della strada, vuota se si escludeva la sua auto, ma aveva calcolato male le distanze, o l’ampiezza della carreggiata, o sottovalutato le leggi della fisica. E forse non si era nemmeno accorto che a due isolati da lì c’erano due agenti della polizia di Atlanta.
*
Cinque minuti prima l’agente Lucius Boggs aveva finalmente chiesto conto al suo partner, Tommy Smith, dell’andatura zoppicante.
«Non ti sei fatto male giocando a baseball. Sputa il rospo.»
«Una brutta scivolata» disse Smith.
«Ma hai detto a McInnis che eri in terza base.»
All’appello, quella mattina, Smith aveva rassicurato il sergente McInnis sulle condizioni del ginocchio: era tutto a posto, solo un fastidio che aveva sentito durante una partita con un gruppo di amici. «Lo sa come funziona sulla sabbia, signore, non fa presa.» McInnis aveva ascoltato quella spiegazione impassibile, quasi fosse abituato a certe fantasiose scemenze, ma avesse deciso che non valeva la pena di indagare oltre per scoprire la verità.
«Sono caduto da una finestra» confessò Smith. Erano su Hilliard Street, a tre isolati dall’YMCA per negri nel cui scantinato aveva sede il loro improvvisato distretto. A quell’ora il sole era sparito da un pezzo, ma aveva lasciato un tepore più che sufficiente a far credere che stesse già per rispuntare. Entrambi gli agenti avevano la canottiera madida di sudore, e anche le camicie dell’uniforme erano chiazzate.
«La finestra di casa tua?»
«Tu che ne dici?»
Boggs incrociò le braccia e non riuscì a trattenere un sorriso. «E chi è la signorina su cui cercavi di fare colpo con le tue doti acrobatiche?»
«A dire il vero la stavo giusto intrattenendo con le mie doti acrobatiche. Solo che in quel momento è arrivato il marito.»
«Stai scherzando?»
«Mi aveva detto che l’aveva lasciata, che se n’era andato a Detroit. Che le serviva un avvocato per le carte del divorzio e roba così.»
Gli agenti di polizia di Atlanta erano tenuti ad attenersi a un rigido codice di condotta morale – niente alcol, nemmeno a casa, e non dovevano correre dietro alle donne –, ma la cosa non era entrata nella testa di Tommy Smith. I poliziotti negri evitavano con zelo gli alcolici, dato che sapevano tutti fin troppo bene che un testimone avrebbe potuto segnalarli e farli sospendere, ma per Smith l’idea di convertirsi improvvisamente alla castità era davvero troppo.
«Ti farai ammazzare.»
«Io con le donne sposate non ci provo, e tu lo sai.»
«Eccetto questa, e quella ragazza che faceva certe cose con le noci caramellate, e poi quella…»
«Lì era diverso, lei la conoscevo da un pezzo.»
Intanto avevano ripreso a camminare.
«E poi cos’è successo?»
«Tu che ne dici? Mi sono rimesso le mutande e sono saltato giù dalla finestra.»
«Che piano?»
«Terzo
«No!»
«Uno di quei palazzi senza scale antincendio. Direi che mi è andata piuttosto bene, tutto considerato.»
«E il marito?»
«Non sono mica rimasto a origliare.»
«Non eri nemmeno preoccupato?»
«La tipa era perfettamente in grado di gestire la cosa e di cavarsela da sola.»
Boggs era figlio di un pastore, e anche se aveva deciso di non seguire le orme del padre, l’idea di spassarsela con le ragazze in giro per la città, come faceva il suo partner, gli era del tutto estranea. La sua esperienza con le donne si limitava a qualche appuntamento innocente con certe signorine ben educate e di buona famiglia appartenenti all’intellighenzia nera di Atlanta, ed era appena uscito da un fidanzamento con una ragazza che, alla fine, gli aveva detto chiaro e tondo che per lei la tensione di avere un promesso sposo a rischio di essere ucciso o pestato ogni notte era troppo, e non poteva reggere.
Un’auto di pattuglia si stava avvicinando, stranamente con i fari spenti. Sulla Hilliard non c’era illuminazione e non c’erano i marciapiedi. Smisero di parlare e rimasero in attesa, entrambi indecisi se fare qualche passo indietro, chiedendosi se magari quel gesto non sarebbe apparso troppo remissivo.
Poi l’auto accelerò, e a quel punto tutti e due lo fecero eccome, un passo indietro, sulla sottile striscia di prato ed erbacce che era già il giardino di qualcuno. La macchina di pattuglia scartò verso di loro, con una leggera derapata, poi inchiodò e si fermò.
Intravidero due agenti bianchi che non riconobbero – sbirri di altri turni che a quanto pareva si trovavano solo per caso a passare nel quartiere.
I due poliziotti bianchi iniziarono a gridare: «Oooh-oooh-ohhh!».
«Aaah-aaah-aaah!»
Versi da scimmie e da orangutan, e con qualche gridolino da gorilla tanto per gradire.
«Woo-woo-woo-booga-booga
«Ehi, musi neri, paratevi il culo!»
Poi l’auto di pattuglia diede gas, con dentro i due sbirri bianchi che ridevano come matti.
Non potevi mostrare paura. Si comportavano come se fosse solo uno scherzo innocente, anche quando ti puntavano col motore su di giri mentre attraversavi la strada, anche quando ti mancavano di un soffio. In più di un’occasione Boggs si era ritrovato a fare segno a un’auto di pattuglia, bisognoso di assistenza per completare un arresto, e la macchina aveva accelerato dritta contro di lui fino a costringerlo a levarsi di mezzo. E intanto ridevano. Sicuro che, il giorno in cui avessero davvero investito uno dei poliziotti di colore, avrebbero sostenuto la tesi dell’incidente.
A Smith e al suo collega era passata la voglia di raccontare aneddoti mentre si avvicinavano all’incrocio con la Auburn, in una notte silenziosa se si escludeva il brusio meccanico delle cavallette e il richiamo dei grilli. Il foyer del Bailey’s Royal Theatre era spento, come spente erano le luci dell’orafo e del sarto; qualcuno aveva lasciato accesa una lampada nell’ufficio della Atlanta Life Insurance Company, al secondo piano, ma a parte quella e alcuni lampioni a bordo strada, il buio era totale. Fu in quel momento che sentirono il botto.
Si girarono di scatto, entrambi con la recondita speranza che l’auto di pattuglia di poco prima fosse finita contro un idrante o magari contro un muro di mattoni. Invece videro una Buick bianca a due isolati di distanza, per metà sul marciapiede, e il palo della luce che praticamente ballava sopra l’abitacolo, o se non ballava di sicuro oscillava come un avvinazzato. Rimasero a guardare la scena mentre il lampione si spegneva una volta, poi ancora, proprio come succedeva a casa loro durante il temporale.
La Buick stava facendo manovra. Da quella distanza era impossibile leggere la targa. Poi iniziò ad avanzare verso di loro.
Ormai erano in polizia da quasi tre mesi, sempre di pattuglia a piedi nei dintorni di Auburn Avenue (lo stesso quartiere in cui, a parte gli anni della guerra, avevano vissuto) e nel West Side, dall’altra parte rispetto al centro della città. Anche se agli otto agenti negri di Atlanta non erano ancora state affidate le auto di servizio, le uniformi le avevano: berretto nero con lo stemma dorato della città, camicia blu scuro su cui era appuntato il distintivo scintillante, calzoni neri e cravatta nera (Smith era uno dei due agenti della squadra a utilizzare il farfallino, a suo dire più elegante). Le spesse cinture di cuoio erano appesantite da un massiccio arsenale di armi e attrezzi, compresa una pistola, il terrore di parecchi bianchi ad Atlanta e oltre i confini cittadini.
Boggs si piazzò al centro della carreggiata e sollevò la mano aperta. Gli sbirri bianchi si potevano anche divertire a fingere di investire i loro colleghi di colore, ma con i civili era tutta un’altra storia. O almeno così sperava Boggs. La Buick stava procedendo a un’andatura più lenta del normale, quasi fosse intimidita. La luce dei fanali si rifletteva sul distintivo.
L’auto si fermò.
«Non spegne il motore» osservò Smith dopo un paio di secondi.
Boggs raggiunse lo sportello di sinistra mentre il collega, con un movimento speculare, andava a piazzarsi davanti alla portiera del passeggero. Le suole delle sue scarpe non facevano quasi nessun rumore: l’asfalto era stato meticolosamente spazzato da qualcuno quella mattina, per terra non c’era un solo ramoscello e neanche mozziconi di sigaretta.
Fino a quel momento il bagliore dei lampioni aveva impedito ai due agenti di mettere a fuoco gli occupanti. Erano riusciti a distinguere solo le sagome del guidatore, che indossava un cappello, e di un passeggero, a capo scoperto.
Boggs fece per parlare, pronto a chiedere di esibire la patente e il libretto di circolazione, quando si rese conto che l’uomo al volante era bianco.
Non se l’aspettava. Sospettava invece che fosse sbronzo, e fin lì ci aveva preso: fu travolto da una zaffata alcolica quando l’uomo corpulento si voltò verso di lui, sul viso un’espressione di fastidio e disprezzo.
«Posso vedere la sua patente e il libretto, signore?»
Non se ne vedevano molti, di bianchi, a Sweet Auburn, il più ricco dei quartieri neri di Atlanta – o forse di tutto il mondo, come dicevano gongolando i più megalomani. I bianchi amanti dell’avventura, in cerca di qualche buona scommessa o di una puttana nelle zone oscure della città, di norma si fermavano a Decatur Street, oltre i binari della ferrovia, meno di un chilometro a sud. Oppure li beccavi in altri quartieri, ancora più malandati, dove c’erano di pattuglia altri poliziotti di colore. Questo tizio si era perso, oppure era così ubriaco e stupido da pensare che tutte le zone nere della città offrissero i vizi che tanto desiderava, mentre il quartiere in cui si trovava ospita...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. La città è dei bianchi
  4. 1
  5. 2
  6. 3
  7. 4
  8. 5
  9. 6
  10. 7
  11. 8
  12. 9
  13. 10
  14. 11
  15. 12
  16. 13
  17. 14
  18. 15
  19. 16
  20. 17
  21. 18
  22. 19
  23. 20
  24. 21
  25. 22
  26. 23
  27. 24
  28. 25
  29. 26
  30. 27
  31. 28
  32. 29
  33. 30
  34. 31
  35. 32
  36. 33
  37. 34
  38. 35
  39. 36
  40. 37
  41. 38
  42. 39
  43. 40
  44. Ringraziamenti
  45. Copyright