Corrosione
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Corrosione

Combattere la corruzione nella Chiesa e nella società

  1. 224 pagine
  2. Italian
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Corrosione

Combattere la corruzione nella Chiesa e nella società

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Le cronache italiane sono piene di storie di corruzione, ma non siamo i soli a soffrirne: nei ricchi Paesi dell'Occidente è un fenomeno molto diffuso, che assume dimensioni devastanti nelle zone più povere del pianeta, dove è una delle prime cause di povertà e sottosviluppo. Proprio per questa sua capacità di avvelenare la convivenza civile, la Chiesa sta conducendo da tempo una battaglia contro la corruzione, e Papa Francesco le ha riservato spesso parole di severa condanna. Peter Kodwo Appiah Turkson, cardinale e arcivescovo emerito del Ghana - chiamato da Papa Francesco alla guida del Dicastero per lo Sviluppo Umano Integrale, che si occupa di coloro che si trovano in stato di sofferenza per motivi economici, politici e sociali - affronta il problema della corruzione inquadrandolo nell'ottica della Chiesa, molto più ampia e universale di quella limitata al malaffare politico ed economico. Secondo tale visione, infatti, la corruzione è prima di tutto un modo di essere e di pensare della persona, che le impedisce di progredire spiritualmente, e riversa i suoi effetti sulla società, rendendola ingiusta e iniqua. Ecco perché la lotta alla corruzione non può limitarsi alle leggi, ma deve puntare allo sviluppo di una cultura che contenga in sé gli anticorpi contro una malattia alla quale siamo tutti esposti, soprattutto quando ci troviamo in condizione di esercitare una qualsiasi forma di potere. Perché la corruzione si insinua ovunque, e nessuno ne è immune, neanche la Chiesa.

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Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2017
ISBN
9788858689790
Categoria
Religion

1

Archimede e il cardinale

Il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson è stato nominato da papa Francesco prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale.
Questo organismo della Curia romana, nato nel gennaio 2017, risulta dalla soppressione e fusione di quattro Pontifici Consigli secondo il processo di riforma avviato negli ultimi anni: Giustizia e pace, Migranti, Sanità, Cor unum (il servizio della carità nella Chiesa e nel mondo).
La riforma ha unificato in uno questi quattro dicasteri perché l’essere umano non va visto solo in un segmento della sua vita. Piuttosto, va considerato nel suo insieme. Così, la persona, in ogni parte del mondo, non va classificata o ristretta in un’unica definizione o in un solo aspetto della sua vita. Riassumendo in una formula, lo sviluppo integrale è di ogni uomo e di tutto l’uomo. Questa è l’intenzione all’origine della nascita del nuovo organismo.
Nello statuto firmato da papa Francesco il 17 agosto 2016 si legge: «Il dicastero assume la sollecitudine della Santa Sede per quanto riguarda la giustizia e la pace, incluse le questioni relative alle migrazioni, la salute, le opere di carità e la cura del creato. Il dicastero esprime la sollecitudine del Pontefice verso l’umanità sofferente... i bisognosi, i malati e gli esclusi, e segue... quanti sono costretti ad abbandonare la propria patria o ne sono privi, gli emarginati, le vittime dei conflitti armati e delle catastrofi naturali, i carcerati, i disoccupati e le vittime delle forme contemporanee di schiavitù e di tortura e le altre persone la cui dignità è a rischio».
Al primo posto c’è la giustizia, che la corruzione nega come nega la libertà. La corruzione è, infatti, deterioramento personale, rapporto segreto e, nei suoi esiti criminali, esclusione del diritto e della dignità umana.
Il punto di vista del cardinale Turkson è istituzionalmente planetario, ma da tale prospettiva mondiale può giungere una più nitida comprensione di ciò che accade da noi. Soprattutto, ci auguriamo che emerga una comprensione ampia della corruzione non solo come «reato di tangenti», ma nella sua essenza antropologica e come dilemma mondiale all’origine di tante delle piaghe più crudeli del nostro tempo.
Due punti dai quali partire: 1. «alla radice di qualunque atteggiamento corrotto c’è una stanchezza della trascendenza»;1 2. si usa la stessa parola, corruzione, per il reato e per definire un deterioramento, anche in natura. Perché? Partendo da qui si può capire che la corruzione, se così si può dire, non è solo corruzione, ed è da questa prospettiva che ora si può interpellare il cardinale Turkson, per capire prima di tutto quale angolo di osservazione ha, su questo, la Chiesa cattolica.
*
Cardinale Turkson, che cos’è la Chiesa cattolica?
La Chiesa cattolica è l’assemblea dei convocati da Cristo, da tutte le nazioni, per fare l’esperienza della sua salvezza e percorrere la via di discepolato di Gesù.2 La Chiesa è l’assemblea degli uomini (esseri naturali) convocati a vivere la grazia della salvezza in Cristo, come figli di Dio (esseri soprannaturali). Essendo convocata dalla parola di Cristo, la Chiesa vive ed è sostenuta dai sacramenti e resa santa dallo Spirito di Cristo che dimora in essa. In questo senso, la Chiesa rappresenta l’invito della persona umana alla trascendenza in Cristo, nella sua grazia di redenzione.
Cos’è sul piano secolare, cioè sul piano mondano, storico?
Anche sulla terra e in mezzo agli uomini, dove esiste, la Chiesa può perdere il suo carattere specifico di regno di Dio in mezzo agli uomini. Pur avendo – sul piano secolare, mondano e storico – la forma di comunità dei credenti in Gesù con le caratteristiche degli enti e organismi sociali, la Chiesa però non si riduce a un organismo meramente umano e sociale. Come organismo sociale, essa è strutturata gerarchicamente secondo i servizi del papa, a capo della comunità globale, dei vescovi, alla testa delle Chiese locali o diocesi, e dei sacerdoti, amministratori e servitori delle comunità parrocchiali. La Chiesa è composta dal clero (fedeli che hanno un’ordinazione) e dai laici (che non hanno un’ordinazione). Entrambi questi gruppi possono testimoniare diversi carismi che ispirano diversi ruoli al servizio della Chiesa e dell’umanità intera. Quando, allora, si dice «Chiesa cattolica» ci si riferisce a clero e laici, quindi a persone; ci si riferisce a una confessione e a una mistica, a una variegata cultura e a una composita istituzione mondiale che ha da secoli le sue articolazioni continentali, nazionali, locali che quasi sempre precedono nella storia le aree territoriali degli Stati. Ricordo ciò che disse un ragazzo catecumeno che viveva in uno slum: «La Chiesa è anfibia: vive in cielo e sulla terra», dove essa accompagna l’umanità decaduta, essendone essa stessa parte, ma come dispensatrice della grazia del suo Maestro e Signore.
Non le pare, eminenza, che questa connessione fra persone della Chiesa e Cristo possa dare l’impressione che un cristiano si senta per definizione un «buono», o comunque occupi una sorta di gradino superiore rispetto a chi non è cristiano?
Tutto dipende, appunto, come ha detto, dalla connessione con Cristo. Il cristiano è il frutto della grazia del suo Signore risorto. In virtù del suo essere, nello stesso tempo, corpo mistico e secolo, cioè trascendenza e storia, la Chiesa è di questo mondo e, insieme, non è di questo mondo. Il cristiano è peccatore redento quanto il non cristiano, e il clero, a partire dai papi, è peccatore quanto il laicato. Noi uomini di Chiesa siamo forse più chiamati a essere strumenti di riconciliazione e guarigione del male che possiamo commettere, ma questo non deve essere visto come un primato, una sorta di privilegio, come una superbia a rovescio. La Chiesa è santa come corpo mistico, come cioè comunione nella quale circola la vita di Cristo, ma nella storia è fatta da uomini che sono tutti peccatori: tutti sempre bisognosi della grazia della redenzione, e chiamati ad accogliere l’offerta della grazia che ci giustifica davanti a Dio, davanti al prossimo e davanti al creato.
Il peccato offre la possibilità di superarsi, di maturare e, insieme, è la prova della libertà dell’uomo?
Il male non è solo ignoranza e la salvezza non è questione di «sapere» di più per «essere coerenti» di più. Il male è frutto ed espressione di un mistero di iniquità per il quale sono state necessarie l’incarnazione e la redenzione del Figlio di Dio. Visto che nessuno desidera il male per se stesso, le nostre scelte sono sempre motivate da ciò che percepiamo o giudichiamo essere buono, se anche poi esse si mostrano meno buone o addirittura cattive. In questi casi, la libertà è usata o esercitata male, perché mal motivata o motivata in modo meno consono alla nostra identità. L’atto peccaminoso – perché mal informato e mal motivato – può insegnarci a capire quanto siamo bisognosi dell’educazione e della grazia del Signore. Un peccato, in questo caso, può aiutare a superarsi e maturare il processo di discernimento e giudizio per essere più coerenti nella fede, nel carattere e nell’agire. La libertà permette la scelta che ogni giorno compiamo tra il bene e il male. Però, l’esercizio della libertà e le conseguenti scelte devono essere ben informati e ispirati. Quando le nostre decisioni, libere scelte e azioni non sono coerenti con la nostra identità, possiamo infatti cadere nel pregiudizio. Di fronte a Dio tutti gli uomini sono uguali: tutti, senza discriminazioni, siano essi cristiani o no. La sacralità è nella eguaglianza di tutti gli uomini, è nella dignità di ciascun essere umano, che è inviolabile. Nessun essere umano può essere manipolato o usato o oppresso o trattato come un oggetto. Nessuno!
Qual è il compito della Chiesa?
Direi che il compito della Chiesa è di continuare sulla terra, fra gli uomini, la missione di Gesù. Questa missione è contenuta nel Vangelo che dice che Dio ama il mondo e gli uomini al punto da volerli salvare nel figlio suo, il Cristo. Così, la Chiesa ha il compito di testimoniare l’esperienza che ha fatto essa stessa, allora, di questo amore salvatore, e di renderlo presente ancora oggi agli uomini. In altri termini, ha il compito di annunciare la salvezza realizzata da Cristo, come comunione fra Dio e gli uomini. La Chiesa stessa è parte dell’umanità, ed è dotata dell’energia di salvezza in Cristo. Grazie a essa, la Chiesa accompagna l’umanità,3 cammina insieme alle persone nella storia, incidendo sulla storia e apprendendo dalla storia, dicendo ciò che le spetta dire e imparando dall’umanità, in vista della salvezza. Papa Benedetto XVI disse: «Compito dei Vescovi era di trasformare la teologia in pastorale, cioè in un ministero pastorale molto concreto».4 Per questo, nelle nostre opere e nei nostri pensieri dobbiamo avere un’idea molto ampia del tempo e dello spazio. Non possiamo permetterci di ragionare senza includere i secoli passati e quelli che verranno. Né possiamo non tenere conto della vastissima pluralità delle culture al nostro interno. Il compito della Chiesa è continuare l’opera stessa di Cristo.5
Una cosa, inoltre, è la Chiesa, un’altra il Vaticano, un’altra ancora la Santa Sede e la Curia romana.
Sì, certo. La Chiesa cattolica è la comunità universale/globale dei credenti e discepoli che seguono la guida pastorale del papa. Come successore di Pietro, il papa è anche il vescovo della Chiesa – locale, ma preminente – di Roma. La città di Roma è la sede episcopale del papa.
Come pastore della Chiesa universale, il papa esercita il suo ministero grazie alla libertà che gli viene dal Vaticano, che è una città-stato indipendente e sovrana. Questo ruolo e impegno del papa, come pastore della Chiesa universale/globale, è esercitato in comunione con i vescovi delle Chiese locali (diocesi e arcidiocesi, patriarcati, istituzioni religiose ecc.) in tutto il mondo, sul modello dell’apostolo Pietro tra gli undici apostoli. Il papa, con i vescovi e patriarchi nel mondo, costituisce un collegio, presieduto dal pontefice, che esercita, in collegialità appunto, il governo e la guida pastorale della Chiesa. Questa struttura universale della guida, depositata/riposta nelle mani del papa, ha il nome di Santa Sede o Sede Apostolica. La Curia è l’insieme degli organi, istituzioni, strutture che aiutano il papa (e i vescovi, patriarchi ecc.) a servire il governo e la guida universale/globale della Chiesa. Questa articolazione è reale e aiuta anche a sostenere la libertà del cristiano e della Chiesa stessa. Non siamo un blocco unico e uniforme, ma una comunione di diversi. La diversità non va eliminata ma messa in circolazione per il bene e la vita di tutti.
A volte si guarda alla Chiesa come se fosse un monolite depositario di un pensiero unico e autoritario, una sorta di santa inquisizione negatrice della libertà del pensiero. Questa visione appartiene non solo a persone che sono «fuori della Chiesa», ma anche a cattolici praticanti.
Come saprà ogni cattolico che ha fatto un buon catechismo, le caratteristiche della Chiesa sono quattro: una, universale, santa, apostolica. Pur essendo universale e globale, la Chiesa è una. Un organismo che è uno e universale non può essere un ente monolitico. L’unità della Chiesa riguarda la sua natura. La missione di Gesù è unica: il discepolato a cui ci chiama è unico, e la via della salvezza tracciata per noi è unica. La via della salvezza può essere percorsa in diversi modi, secondo le esigenze delle situazioni, di luoghi e culture, ma la via della salvezza, cioè il contenuto della presentazione, resta identica, perché il contenuto non può essere altro.
La Chiesa ha una vocazione universale. Essa è, insieme, unità e pluralità. La Chiesa è un popolo con le diversità del mondo, sia di cultura sia di esperienza, pensiero, consuetudini, mentalità e spiritualità. Il Vangelo non chiude o impone le questioni, semmai le apre, dà pace inquietando. La Chiesa non è un’arcigna istituzione depositaria di una verità granitica o ideologica. Piuttosto, è serva e alla ricerca della verità. La differenza è fondamentale. La Chiesa osserva la verità come si osserva l’orizzonte: va osservato per coglierne i segni. Nello stesso tempo è un rifugio, un porto sicuro, un riferimento certo quando il barometro dà tempesta, per persone che sentono il vuoto, la solitudine, il dolore. Questo è il carattere e la funzione di quella che si definisce «ortodossia»: la cura dell’integrità della missione e del messaggio della salvezza. L’ortodossia di un organismo rivolto all’universale è, in sé, dinamismo, inculturazione, adattamento alla diversità, pluralità. Questa sua natura sfida la descrizione della Chiesa come depositaria unica e autoritaria, come una santa inquisizione negatrice della libertà del pensiero. Della Chiesa si pensa anche questo, ma persino coloro, specie in Europa, che la detestano o anche persone che ne fanno parte e che ne hanno questa stessa visione non vera, sanno che essa è comunque, tra tanti limiti e tante miserie, un posto sicuro nel quale ricoverarsi. Duemila anni non sono pochi.
«Il Dio presente in tutte le cose» della spiritualità ignaziana di papa Francesco significa che Dio (o la verità, per dirla in termini filosofici o non necessariamente religiosi) dà segno di sé anche in cose impensabili, anche in cose lontanissime che giudichiamo deplorevoli o sconvenienti? Se questo è vero, non c’è una verità chiara e immobile da custodire e, di conseguenza, un giudizio positivo e negativo sulle persone sulla base di questa rappresentazione. Le chiedo questo perché, sul piano filosofico, ritengo che non vi sia dogmatismo nel cristianesimo.
In Ghana, e forse in altre parti dell’Africa, questa domanda sarà accolta con sorpresa e con un sorriso. Tutto il creato narra della grandezza e maestà di Dio. Tutto è simbolo del Dio creatore. La presenza di Dio in tutte le cose, anche quelle impensabili, non costituisce un problema perché la verità ci precede e ci supera, è infinitamente più vasta di noi. Pensiamo all’universo, alla varietà dei vegetali o ai comportamenti delle innumerevoli specie animali o a quanto sia piccolo il nostro pianeta. Oppure pensiamo a quante sono le personalità, le culture, le possibilità del cervello e del cuore delle diverse persone. Chi può mai avere l’onestà di dire di possedere la Veritas? Nessuno può pretendere di possederla come una pietra preziosa da mettere in tasca e in nome della quale dare un giudizio ultimo sulle cose. Noi cristiani crediamo che solo Dio possa fare questo.
Le chiedo queste cose prima di entrare nell’argomento di questo libro – la corruzione – perché penso sia necessario chiarire il punto di vista della Chiesa, cioè su quale piano di pensiero si pone la Chiesa quando ha di fronte una questione sulla quale pensare e agire.
La sua domanda mi riporta a quanto abbiamo detto poco fa ricordando Benedetto XVI. Quando egli afferma che il compito dei vescovi è trasformare la teologia in pastorale, precisa poi che questo non significa trasformare i pastori in guide politiche. Come possiamo essere realisti e concreti – precisa Benedetto – senza attribuirci, nello stesso tempo, una competenza politica che non spetta a noi avere? In questo senso, il compito dei pastori rientra nel campo della laicità positiva, la quale, inoltre, richiede a essi di promuovere, sul piano teologico e concreto della dottrina sociale della Chiesa, la conversione del cuore, la spiritualità, la carità e la gratuità, offrendo condizioni e soluzioni pre-politiche, pre-economiche ecc. rispetto alle situazioni nelle quali ci troviamo. Così, è chiaro il piano di pensiero e d’azione della Chiesa. Solo che capita spesso di aspettarsi da essa le parole e le azioni che ci si aspetterebbe da uomini politi...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Prefazione
  4. Corrosione
  5. 1. Archimede e il cardinale
  6. 2. Persona
  7. 3. Società
  8. 4. Criminalità
  9. 5. Bellezza
  10. Note
  11. Indice