Le origini dell'universo
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Le origini dell'universo

Una breve storia dell'inizio

  1. 192 pagine
  2. Italian
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Le origini dell'universo

Una breve storia dell'inizio

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Come, quando e perché è nato l'universo? Qual è l'origine del tempo e dello spazio? Cosa c'era prima delle galassie, in quel freddo oceano di onde che è lo spazio, prima dell'esplosione di quindicimila anni fa? Negli ultimi cinquant'anni anni la tecnologia ha permesso agli scienziati di dare risposte nuove e migliori alle domande che l'uomo si pone da sempre, spingendo la nostra esplorazione dell'universo in numerose direzioni. Abbiamo lanciato nello spazio satelliti, astronavi, sonde che ci inviano ogni giorno foto e video dello strano cielo buio là fuori. E allo stesso tempo abbiamo guardato fin dentro le strutture degli atomi, impiegando microscopi, frantumatori di atomi e acceleratori. Avvicinando due frontiere della conoscenza, il piccolo mondo delle particelle elementari della materia e il mondo astronomico delle stelle e delle galassie, Barrow cerca di spiegare l'origine dell'universo, analizzando le prove sulla protostoria del cosmo nelle teorie più recenti. Una breve storia dell'Inizio per i non iniziati, che dà occasione di aggiungere alcuni tasselli al mosaico delle conoscenze, senza dimenticare però i limiti del territorio da cui questo sapere è dedotto. Un itinerario affascinante e allo stesso tempo inquietante, dove "i segreti più profondi sono quelli che rimangono non svelati".

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2017
ISBN
9788858689387

1

L’universo in un guscio di noce

«Debbo ringraziarLa» disse Sherlock Holmes «per aver attirato la mia attenzione su un caso che presenta indubbiamente alcuni motivi di interesse.»
Il mastino dei Baskerville
Come, quando e perché ha avuto inizio il nostro universo? Qual è il suo ordine di grandezza? Che forma ha? Di che cosa è fatto? Sono domande che possono nascere sulle labbra di ogni bambino curioso, ma sono anche quesiti intorno ai quali si travagliano da molti decenni i cosmologi moderni. Per i divulgatori scientifici e i giornalisti uno degli aspetti più attraenti della cosmologia è la facilità con cui si possono formulare tanti problemi che si trovano ai confini di quella scienza. Pensate ai confini dell’elettronica quantistica, della biologia del DNA, della neurofisiologia o della matematica pura, e non troverete mai che i problemi affrontati dall’esperto possano tradursi facilmente nel linguaggio dell’uomo della strada.
Fino ai primi anni del ventesimo secolo, né i filosofi né gli astronomi avevano mai messo in dubbio l’idea che esistesse uno spazio fisso sullo sfondo del quale si muovevano le stelle, i pianeti e tutti gli altri corpi celesti. Per quanti cambiamenti si potessero osservare, ci si immaginava sempre che essi avvenissero sullo sfondo di uno spazio fisso, più o meno come avviene alle palle da biliardo che rotolano su un piano. Ma negli anni Venti questa semplicistica rappresentazione dovette essere mutata; in primo luogo, per suggerimento dei fisici che studiavano le conseguenze della nuova concezione einsteiniana della gravità; e, in secondo luogo, per i risultati delle nuove osservazioni eseguite dal famoso astronomo nordamericano Edwin Hubble sul colore della luce emessa dalle stelle appartenenti a galassie lontane.
Hubble fece uso di una semplice proprietà delle onde elettromagnetiche. Se la loro sorgente si allontana dall’osservatore, la frequenza con cui le onde stesse sono ricevute diminuisce. Per rendervene conto, agitate un dito in uno specchio d’acqua tranquilla e osservate le creste delle onde che si muovono verso un altro punto della superficie dell’acqua. Allontanate adesso il dito da quel punto, mentre continuate a produrre le onde, e vedrete che esse saranno ricevute con una frequenza inferiore a quella con cui sono emesse. Muovete infine il dito verso il punto di ricezione, e la frequenza di ricezione delle onde aumenterà. Questa proprietà è comune a tutte le specie di onde. Nel caso delle onde sonore, essa determina il cambiamento di altezza del fischio di un treno o di una sirena della polizia, quando il treno o l’automobile vi passano davanti. Anche la luce è un’onda, e quando la sua sorgente si allontana dall’osservatore, la diminuita frequenza delle onde luminose fa sì che la luce visibile appaia all’occhio dell’osservatore leggermente più rossa. Questo effetto è chiamato «spostamento verso il rosso». Quando la sorgente luminosa si avvicina all’osservatore, la frequenza di ricezione aumenta, la luce visibile diventa più azzurra e questo effetto prende il nome di «spostamento verso il violetto».
Hubble scoprì che la luce proveniente dalle galassie da lui osservate mostrava un sistematico spostamento verso il rosso. Misurando il cambiamento di colore della luce emessa da particolari atomi e confrontandolo con quello della luce emessa da atomi dello stesso tipo in un laboratorio terrestre, egli poté stabilire la velocità di fuga delle sorgenti luminose. Confrontando la luminosità apparente delle stelle della medesima specie (stelle la cui intrinseca luminosità è la stessa), Hubble poté dedurre le loro relative distanze da noi. Scoprì, in tal modo, che quanto più lontana era la sorgente luminosa, tanto più velocemente essa si allontanava da noi. Questa tendenza è nota col nome di «legge di Hubble» ed è illustrata con dati moderni nella figura 1.1. La figura 1.2 mostra un esempio di segnale luminoso emesso da una galassia lontana, che presenta lo spostamento verso il rosso di vari atomi rispetto allo spettro che si sarebbe avuto se la luce fosse stata emessa dagli stessi atomi in laboratorio.
Hubble aveva scoperto l’espansione dell’universo. Al posto di uno sfondo immutabile entro il quale noi potessimo seguire i moti locali dei pianeti e delle stelle, egli scoprì che l’universo si trovava in uno stato dinamico. Fu la più grande scoperta scientifica del ventesimo secolo, che confermava quanto la teoria generale della relatività di Einstein aveva già predetto a proposito dell’universo: che esso non può essere statico. L’attrazione gravitazionale fra le stelle e le galassie le spingerebbe le une addosso alle altre se esse non si allontanassero reciprocamente. Il cosmo non può star fermo.
FIGURA 1.1 Moderna illustrazione della legge di Hubble. La figura mostra l’aumento della velocità di fuga delle galassie, che cresce in ragione diretta della loro distanza.
FIGURA 1.1 Moderna illustrazione della legge di Hubble. La figura mostra l’aumento della velocità di fuga delle galassie, che cresce in ragione diretta della loro distanza.
Se l’universo si espande, allora – invertendo la direzione di marcia della storia e guardando al passato – troveremo le prove che il cosmo è emerso da uno stato più denso e più piccolo nel quale esso aveva dimensione zero. A questo inizio dell’universo è stato dato il nome di «Big Bang».
Ma stiamo correndo un po’ troppo. Vi sono alcune importanti cose da dire sull’attuale espansione dell’universo, prima di cominciare a indagare il passato. Prima di tutto, che cosa esattamente si sta espandendo? Nel film Io e Annie, Woody Allen si trova disteso sul lettino dello psicoanalista e gli racconta la sua angoscia per l’espansione dell’universo: «Ciò significa, chiaramente, che Brooklyn si espande, che io mi espando, che Lei si espande, che tutti ci stiamo espandendo...». Per fortuna, si sbagliava. Noi non ci stiamo espandendo. E neanche Brooklyn si espande. E neppure la Terra. Non si espande il sistema solare, non si espande quella galassia che chiamiamo Via Lattea, e neppure quegli aggregati di migliaia di galassie a cui diamo il nome di «ammassi galattici». Tutti questi aggregati di materia sono legati insieme da forze di attrazione chimiche e gravitazionali fra le loro parti costitutive, più forti delle forze di espansione.
FIGURA 1.2 Spettro di una galassia lontana (Markarian 609), che mostra come tre righe spettrali (indicate con Hβ, O e O), che si trovano a circa 5.000 angstrom, e altre due righe (indicate con Hα e N), che si trovano a circa 6.500 angstrom, vengano sistematicamente spostate verso lunghezze d’onda superiori a quelle che esse posseggono quando sono misurate in laboratorio. Le posizioni delle righe in laboratorio sono indicate dalle frecce marcate LAB; le posizioni misurate corrispondono ai picchi disegnati sul grafico dello spettro luminoso. Lo spostamento verso il rosso (la luce rossa ottica si trova a circa 8.000 angstrom) consente di calcolare la velocità di fuga.
FIGURA 1.2 Spettro di una galassia lontana (Markarian 609), che mostra come tre righe spettrali (indicate con Hβ, O e O), che si trovano a circa 5.000 angstrom, e altre due righe (indicate con Hα e N), che si trovano a circa 6.500 angstrom, vengano sistematicamente spostate verso lunghezze d’onda superiori a quelle che esse posseggono quando sono misurate in laboratorio. Le posizioni delle righe in laboratorio sono indicate dalle frecce marcate LAB; le posizioni misurate corrispondono ai picchi disegnati sul grafico dello spettro luminoso. Lo spostamento verso il rosso (la luce rossa ottica si trova a circa 8.000 angstrom) consente di calcolare la velocità di fuga.
Solo quando si passa alla scala dei grandi ammassi di centinaia di migliaia di galassie è possibile constatare che l’espansione vince la locale forza di gravità. Per esempio, la galassia a noi più vicina, Andromeda, si muove verso di noi perché l’attrazione gravitazionale fra Andromeda e la Via Lattea è più forte degli effetti dell’espansione universale. Sono gli ammassi galattici, e non le galassie, che funzionano come punti di riferimento dell’espansione cosmica. Per averne un’idea, si pensi a dei granelli di polvere sulla superficie di un palloncino gonfiabile. Il palloncino, gonfiandosi, si espanderà e i granelli di polvere si allontaneranno gli uni dagli altri. Ma i granelli, come tali, non si espandono; essi fungono soltanto da punti di riferimento del grado di stiramento della gomma. Del pari, è preferibile pensare l’espansione dell’universo come l’espansione dello spazio esistente fra gli ammassi galattici, come mostra la figura 1.3.
Dobbiamo adesso considerare che cosa implichi il fatto che tutti gli ammassi si allontanano da noi. Perché noi? Se conosciamo un poco la storia della scienza, sappiamo che Copernico dimostrò che la Terra non è al centro dell’universo. Se, invece, pensiamo che ogni cosa si stia allontanando da noi, ci ricollochiamo al centro dell’immensità degli spazi. Ma le cose non stanno così. L’espansione dell’universo non è un’esplosione che abbia origine in un determinato punto nello spazio. Non esiste uno spazio inteso come uno sfondo fisso entro il quale l’universo si stia espandendo; l’universo contiene tutto lo spazio esistente!
Pensiamo allo spazio come a una striscia elastica. La presenza e il movimento della materia su questo spazio malleabile produrranno delle frastagliature e una curvatura. Lo spazio curvo del nostro universo è paragonabile alla superficie tridimensionale di una sfera a quattro dimensioni: qualcosa che non possiamo visualizzare. Ma immaginiamo che l’universo sia piatto, con due sole dimensioni spaziali. Sarebbe paragonabile, allora, alla superficie di una sfera tridimensionale, che è facile da visualizzare. Immaginiamo adesso che questa sfera tridimensionale diventi più grande, come il nostro palloncino gonfiabile della figura 1.3. La superficie del palloncino è un universo in espansione a due dimensioni. Se segniamo due punti su di esso, questi punti si allontaneranno l’uno dall’altro quando il palloncino viene gonfiato. Ora segniamo molti punti su tutta la superficie del palloncino, e gonfiamolo di nuovo. Ci accorgeremo che, qualunque sia il punto nel quale vorremo collocarci, tutti gli altri punti sembreranno allontanarsi da noi, via via che il palloncino si espande. È un esempio assai chiaro della legge di Hubble sull’espansione dell’universo: i segni separati da una maggiore distanza si allontano l’uno dall’altro più velocemente di quelli che si trovano più vicini fra loro. Quale lezione si può trarre da questo esempio? La superficie del palloncino rappresenta lo spazio, ma il «centro» dell’espansione del palloncino non si trova su quella superficie. Non esiste un centro di espansione sulla superficie del palloncino; e non vi è neppure un orlo o margine estremo. Non si può cader giù dal margine estremo dell’universo; l’universo non si espande in qualche altra cosa. Esso è tutto ciò che esiste.
FIGURA 1.3 L’espansione dell’universo vista come espansione dello spazio. Si segnino sulla superficie di un palloncino alcuni punti di riferimento, che rappresentano gli ammassi galattici, e lo si gonfi. Lo spazio fra le galassie aumenta, ma la loro grandezza resta invariata. È un esempio di un «universo» a due dimensioni spaziali rappresentate dalla superficie del palloncino. Ogni ammasso galattico situato sulla superficie che si dilata vede gli altri ammassi galattici allontanarsi da lui. Si noti che il centro dell’espansione non si trova sulla superficie dei palloncino.
FIGURA 1.3 L’espansione dell’universo vista come espansione dello spazio. Si segnino sulla superficie di un palloncino alcuni punti di riferimento, che rappresentano gli ammassi galattici, e lo si gonfi. Lo spazio fra le galassie aumenta, ma la loro grandezza resta invariata. È un esempio di un «universo» a due dimensioni spaziali rappresentate dalla superficie del palloncino. Ogni ammasso galattico situato sulla superficie che si dilata vede gli altri ammassi galattici allontanarsi da lui. Si noti che il centro dell’espansione non si trova sulla superficie dei palloncino.
A questo punto possiamo domandarci se lo stato di espansione che constatiamo nell’universo continuerà indefinitamente. Se gettiamo una pietra in aria, essa ricadrà sulla Terra, attratta dalla forza di gravità terrestre. Quanto maggiore sarà la forza con cui la scaglieremo, quanto maggiore sarà l’energia che imprimeremo alla pietra, tanto più in alto essa salirà prima di ricadere. Ora, è noto che, se lanciamo un proiettile con una velocità superiore agli 11 chilometri al secondo, esso sfuggirà all’attrazione della gravità terrestre. È la velocità di lancio critica per i razzi; gli scienziati spaziali la chiamano «velocità di fuga» dalla Terra.
Considerazioni simili si applicano a ogni sistema materiale esplodente o in espansione, ritardato dall’attrazione gravitazionale. Se l’energia del moto verso l’esterno è superiore a quella creata dall’attrazione gravitazionale, che agisce verso l’interno, l’oggetto supererà la velocità di fuga e continuerà a espandersi. Se, invece, l’attrazione che la gravità esercita fra le parti dell’oggetto in espansione è più forte, l’oggetto stesso alla fine comincerà a tornare indietro, come fanno la Terra e la pietra. Così avviene anche con gli universi in espansione; esiste una velocità di lancio critica nel momento in cui essi cominciano a espandersi. Se la velocità di lancio supera la velocità critica, l’attrazione gravitazionale della materia contenuta in tale universo non sarà in grado di fermare l’espansione del medesimo, ed esso continuerà a espandersi eternamente. Se, invece, la velocità di lancio è inferiore al valore critico, l’espansione alla fine si fermerà e invertirà il suo corso: la contrazione continuerà fino a quando quell’universo raggiungerà la dimensione zero (la stessa che possedeva quando cominciò a espandersi). Fra i due sistemi esiste quello che io chiamerei l’«universo del compromesso inglese», il quale possiede esattamente la velocità di lancio critica, cioè il valore minimo che gli consente di espandersi per sempre. Uno dei più grandi misteri dell’universo è che esso si sta espandendo attualmente a una velocità sorprendentemente vicina alla velocità critica. Così vicina che, di fatto, non possiamo dire ancora da quale parte dello spartiacque critico esso si trovi. Non possiamo fare previsioni a lungo termine.
FIGURA 1.4 Le tre varietà di universo in espansione. Gli universi «aperti» sono infiniti in estensione e si espandono in eterno. Gli universi «chiusi» sono finiti e si contraggono fino a un Big Crunch. Lo spartiacque fra gli uni e gli altri è rappresentato dall’universo «critico», che è infinitamente grande e si espande eternamente.
FIGURA 1.4 Le tre varietà di universo in espansione. Gli universi «aperti» sono infiniti in estensione e si espandono in eterno. Gli universi «chiusi» sono finiti e si contraggono fino a un Big Crunch. Lo spartiacque fra gli uni e gli altri è rappresentato dall’universo «critico», che è infinitamente grande e si espande eternamente.
Secondo i cosmologi, il fatto di essere così vicino allo spartiacque critico è, per l’universo, una caratteristica così peculiare da richiedere una spiegazione. È difficile capire perché l’universo, espandendosi e invecchiando, debba allontanarsi sempre più dallo spartiacque critico, a meno che esso non abbia cominciato la sua esistenza proprio con la velocità di lancio critica. Ciò crea un grosso rompicapo. L’universo si sta espandendo da circa quindici miliardi di anni, ma è ancora così vicino allo spartiacque critico che non possiamo dire da quale parte esso stia. Affinché esso fosse rimasto così vicino allo spartiacque dopo un così enorme lasso di tempo bisognerebbe che la velocità di lancio dell’universo fosse stata «scelta» in modo da differire dalla velocità critica di non più di una frazione pari a 1 su 10 seguìto da trentacinque zeri! Perché? Più avanti vedremo che lo studio di quanto può essere accaduto nei primi istanti dell’espansione dell’universo offre una possibile spiegazione di questo così improbabile stato di cose. Per ora accontentiamoci di capire perché qualunque universo il quale contenga degli esseri umani debba trovarsi, dopo miliardi di anni di espansione, vicinissimo a quello spartiacque critico.
Se l’universo comincia a espandersi a una velocità molto superiore alla velocità critica, allora la gravità non può dare origine a delle isole locali di materia idonee alla formazione di galassie e stelle. La formazione delle stelle è un passo decisivo nell’evoluzione dell’universo osservabile. Le stelle sono condensazioni di materia abbastanza cospicue da creare, nei loro centri, delle pressioni sufficienti a innescare delle reazioni nucleari spontanee. Queste reazioni bruciano idrogeno, trasformandolo in elio nel corso di un lungo e tranquillo periodo della loro storia (un periodo che il nostro Sole sta attualmente attraversando); ma nelle fasi finali della loro vita le stelle vanno incontro a una crisi di energia nucleare. Esse attraversano un periodo esplosivo di rapido cambiamento, nel quale l’elio si trasforma in carbonio, azoto, ossigeno, silicio, fosforo, e in tutti gli altri elementi che svolgono un ruolo vita...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Premessa
  4. 1. L’universo in un guscio di noce
  5. 2. Il grande catalogo dell’universo
  6. 3. La singolarità e altri problemi
  7. 4. Il modello inflazionario e i fisici delle particelle
  8. 5. Il modello inflazionario e le osservazioni del satellite COBE
  9. 6. Il tempo: una storia ancora più breve
  10. 7. Nel labirinto
  11. 8. Nuove dimensioni
  12. Riferimenti bibliografici
  13. Indice