Vecchi, folli e ribelli
eBook - ePub

Vecchi, folli e ribelli

  1. 380 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Vecchi, folli e ribelli

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

Vecchi, folli e ribelli racconta, racconta senza piagnistei un protagonista dell'Italia di oggi: gli anziani. Al contrario di quanto si crede, non è un mondo di deboli, con il solo traguardo di andare al Creatore. Prima di tutto, il gusto per la vita non li ha abbandonati. Rifiutano di arrendersi e di considerare la vecchiaia una malattia incurabile. Contano molto in un Paese come il nostro dove il loro numero cresce di continuo. Nelle scelte politiche risultano decisivi, lo si è visto in Gran Bretagna nel referendum se uscire o no dall'Europa. Il mercato li coccola poiché decretano il successo o la sfortuna di un prodotto. Eppure di loro non si discute mai. Il motivo l'ho compreso quando ho compiuto gli ottant'anni. La vecchiaia impaurisce persino chi ne è ancora distante. E quasi nessuno vuole occuparsene. Ho provato a farlo con questo libro per me insolito e in parte autobiografico. Descrive la terza età nella sua forza, ma anche nei problemi che l'affliggono: la solitudine, la paura della povertà, il terrore di ammalarsi, l'angoscia di essere rapinati persino dalla propria banca, sino al rebus del rapporto tra maschi e femmine. L'amore è un test infallibile di vitalità e del desiderio di rimanere giovani. Per gli uomini lo conferma l'uso crescente di un rimedio miracoloso, il viagra. Mentre nelle donne il rifiuto della vecchiaia spinge a nascondere l'età, grazie all'abito sfacciato e alla cura del corpo. È una rivoluzione silenziosa che ho tentato di togliere dall'ombra con un insieme di storie sul privato di italiani ormai lontani dalla giovinezza. A cominciare dal lato che il pudore impone di tenere segreto. Parlo di chi non ha problemi di sopravvivenza. Se la terza età non ti sorprende con le tasche vuote, il sesso, condiviso per passione o per denaro, diventa un elisir di lunga vita. Illude di fermare l'incalzare del tempo. Infine convince molti di non appartenere alla tribù dei nuovi sconfitti: gli anziani da sempre poveri o che lo stanno diventando. Sono questi gli esclusi di una società che riflette soltanto sui giovani. Vecchi, folli e ribelli è stato pensato come il racconto di un'Italia poco conosciuta e molto trascurata. Dirà il lettore se sono riuscito a sbirciarla nel modo giusto. G.P.

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a Vecchi, folli e ribelli di Giampaolo Pansa in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a History e World History. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2016
ISBN
9788858686287
Argomento
History
Categoria
World History

1

Scrivere è vivere

Elena e Mario, come ogni mattina, si ritrovarono al tavolo della prima colazione. Dieci anni di differenza, settantotto lui e sessantotto lei, non avevano figli e neppure nipoti. Mario era alto, con i capelli non ancora del tutto bianchi, un po’ curvo per l’età, affabile, conciliante, curioso della vita e degli altri esseri umani, come di solito succede a chi ha sempre fatto il giornalista con passione.
Lei, per molti anni insegnante di lettere nei licei, era in pensione da poco tempo. Una donna sempre bella, un corpo ancora tonico, un sorriso smagliante. A volte poteva apparire un tantino apprensiva. Ma il carattere prevaleva su tutto: molto generosa e cordiale, sapeva arrivare al cuore delle persone semplici che ne intuivano la bontà.
Erano marito e moglie, vivevano l’uno per l’altra, si volevano bene, si aiutavano a vicenda anche nelle questioni di lavoro. Elena aveva pubblicato più di un libro, saggi e romanzi. Adesso affiancava Mario che continuava a scrivere articoli per un giornale quotidiano. Tra loro esisteva da sempre un cerimoniale: lui non spediva nessun pezzo se prima non l’aveva letto Elena. La moglie era un giudice affettuoso e al tempo stesso severo. Gli suggeriva di cambiare questa o quella parola, oppure di chiarire un concetto.
Era una regola che applicavano anche ai libri di Mario. Aveva iniziato a scriverne quando era ancora molto giovane. Il primo era stato una ricerca storica sulla guerra civile tra il 1943 e il 1945, un saggio corposo sulla Resistenza nella sua provincia, tra Genova e il Po. Da allora aveva pubblicato molti altri libri, tutti diversi. Da quando c’era Elena, sempre con l’assistenza che lei era felice di offrirgli. Per farla corta, Mario ed Elena erano una coppia molto unita. Soprattutto si amavano con la stessa intensità del primo giorno.
«Ti guardo seduta di fronte a me e continuo a ringraziare il cielo perché ci rinnova il regalo di farci essere ancora qui, insieme e felici» disse Mario, sorridendo. «Abbiamo trascorso una notte buona e, tutto sommato, siamo in salute.»
Elena lo scrutò, senza aprir bocca. Allora lui continuò, fingendosi indispettito: «Non ti sforzi neppure di rispondere. Accogli le mie parole come farebbe una duchessa alle prese con il maggiordomo».
«Macché duchessa! Sono in piedi da pochi minuti» sbuffò Elena. «Dovresti saperlo che la mattina, appena sveglia, mi serve un po’ di tempo per connettere. Del resto, tu non sei il maggiordomo, ma l’uomo della mia vita.»
«Va bene. Però io insisto e ringrazio il buon Dio» replicò lui. «E poi sarà pur vero che sei ancora nel dormiveglia, però sei bellissima e io ti amo come il primo giorno. Anzi di più!»
«E io vorrei essere rimasta quella del nostro primo incontro. Ma purtroppo è passato qualche anno. Se ne vedono e se ne sentono gli effetti, soprattutto nella ciccia che non cala e nelle ossa che scricchiolano» rispose Elena, ritrovando il suo miglior sorriso.
«Mio caro Mario, te lo ricordi quel giorno? Mi avvicinavo ai quaranta ed ero vedova da quasi dieci. Il nome che mio padre aveva scelto per me era premonitore: ho avuto la stessa sorte della sua mamma adorata, che a venticinque anni aveva seppellito il primo marito dopo soli tre anni di matrimonio. Poi aveva accettato di sposare il mio futuro nonno in seconde nozze. E lui le ha fatto mettere al mondo otto figli. Era una donna fragile e tutte quelle gravidanze, una dopo l’altra, l’hanno stroncata. È morta molto giovane.»
«Però tu di figli non ne hai avuti. E non morirai così giovane, anzi diventerai una signora molto anziana. E a me toccherà di lasciarti sola.»
«Questo non devi dirlo. Mai!» gli ordinò Elena, con dolcezza severa. «Lo sai che non voglio pensare a quanto ci riserva il futuro. È vero che non ho desiderato figli neppure da te. Del resto ci siamo incontrati troppo tardi perché potessi averne. Ma ti confesso che non ne ho sentito la mancanza, poiché il mio vero bambino sei tu. Un piccolo tiranno che oggi ha i capelli quasi bianchi. Però sempre di umore allegro, disposto ad affrontare prove diverse, e soprattutto buono. Il tuo sex appeal dipende da tutto questo.»
«Già, un bambino anziano» replicò Mario. «Sbaglia chi sostiene che non ne esistono. Eccone uno di fronte a te che si sta avviando a una nuova impresa. Quella di scrivere un libro dedicato ai vecchi e alle incognite della vecchiaia. Non ci avevamo mai pensato prima. Ma questo lavoro stava già in agguato dentro di noi. Forse perché riflette la nostra condizione di anziani. Adesso dobbiamo soltanto metterlo nero su bianco. Ossia scriverlo, e tu mi aiuterai anche questa volta, anzi credo che ne scriverai molte pagine.»
Elena domandò a Mario: «Ricordi che qualche giorno fa, quando abbiamo deciso di iniziare questo lavoro, ti ho chiesto come mai scrivi così tanto? Non sei più un ragazzo, forse potresti lavorare con più lentezza. Smettendo di correre sulla tastiera del computer come se avessi il fuoco alle calcagna».
«Certo che me lo ricordo. E hai aggiunto che qualche screanzato potrebbe osservare che sono diventato troppo anziano e dovrei finirla di rompere le scatole a una quantità di gente» rispose lui, divertito. «Hai persino immaginato le loro parole infastidite: “Mario, ritirati, vai ai giardinetti, dedicati alla pittura!”.
«Se vuoi sapere che cosa risponderei, di repliche ne avrei molte» continuò Mario. «E tutte spiegano perché non smetto di scrivere. Sono due i motivi che contano più di altri. La scrittura è l’antidoto migliore per attenuare le mie ansie. Mi mette al riparo dalle paure inevitabili in un signore anziano. Lavorare a un articolo o a un libro mi libera dai cattivi pensieri. Concentrarmi sulle parole da mettere in ordine, su una storia da raccontare, un fatto da spiegare, una polemica da sostenere, per me è un elisir di giovinezza, un gerovital, una specie di viagra, se accetti questa immagine a luci rosse. Per dirla tutta, è una cura contro l’invecchiamento mentale e anche fisico. Una cura che non mi costa nulla e mi rende più facile e meno triste la quarta età.»
«Questa per me non è una novità» osservò Elena. «Volevo soltanto sentirlo ripetere. Se posso esprimere un parere, troverei giusto che la spiegazione apparisse nelle prime pagine del nuovo libro che stiamo progettando. Ma adesso dimmi il secondo motivo che ti spinge a non smettere di scrivere.»
Mario rispose senza incertezze: «Scrivere mi conferma di essere vivo e mi dà l’illusione di non morire. È importante che ci sia un giornale disposto a pubblicare i miei articoli e un editore deciso a stampare i libri che gli propongo. Ma quello che per me conta più di tutto è scriverli. So che mi rimproveri quando dico che lo farei anche gratis, pur di vedere il mio compito di studente anziano, però sempre volenteroso e faticone, in un’edicola o in una libreria.
«Cara Elena, tu ribatti che non conviene ripeterlo. E aggiungi che, un giorno o l’altro, qualcuno prenderà nota di quanto vado dicendo e mi replicherà: “Caro dottore, io le pubblico quel che vuole, ma la pago come un collaboratore giovane, da liquidare con pochi euro a pezzo”…».
Elena rise. «Oppure ti proporrà una rubrica su una testata online e non ti pagherà neppure la miseria che percepiscono i tuoi giovani colleghi. Bravi ragazzi con il sogno di fare il giornalista in un’epoca dove i media hanno quasi tutti le casse vuote. E di solito fanno contratti micragnosi.»
«Propormi la diavoleria del web sarebbe come tagliarmi la lingua» sbuffò Mario. «Non sono neppure capace di fare una ricerca su Internet. Infatti chiedo sempre a te di pensarci. Sarò pure rimasto all’età della pietra, ma quel che conta per me è vedere le mie parole stampate sulla carta e non sullo schermo di un computer o di un cellulare sofisticato…»
Elena sospirò: «Questo lo so da un pezzo. A maggior ragione devi smetterla di dire che pur di scrivere lo faresti gratis. Sarebbero dolori per la tua autostima, oltre che per il portafoglio. Piuttosto mi colpisce molto sentirti dire che scrivere ti conferma di essere vivo. E ti illude di non morire».
«Non è difficile spiegarlo» replicò Mario. «Ma è necessaria una premessa. Come tu sai, ho cominciato a lavorare da giornalista il 1º gennaio 1961. Da allora sono trascorsi cinquantacinque anni, più della metà di un secolo. Sono stato agli ordini di direttori ormai scomparsi. A cominciare da Giulio De Benedetti, il dittatore della “Stampa”. Mi ha assunto quando aveva settant’anni ed è rimasto a guidare il giornale per altri otto. Oggi ne avrebbe addirittura centoventisei!
«Il suo successore fu Alberto Ronchey, classe 1926, che mi aveva di nuovo voluto a Torino. E anche lui è scomparso. Come Italo Pietra, mio direttore al “Giorno”, classe 1911. È scomparso anche Giorgio Fattori, che mi aveva portato al “Messaggero”. Non c’è più Claudio Rinaldi, ero stato il suo condirettore all’“Espresso”. Giorgio Bocca, il mio contraddittore più infuriato a proposito della guerra civile, se n’è andato da qualche anno. Gli unici ancora in vita sono Eugenio Scalfari e Piero Ottone. Scalfari, il fondatore e il primo direttore di “Repubblica”, è del 1924 e scrive articoli e libri alla bella età di novantadue anni. Lo stesso vale per Ottone, mio direttore al “Corriere della Sera”, che ha l’età di Eugenio.»
«Mi hai descritto un cimitero o una squadra di fantasmi. Spero che, a furia di nominarli, non ci vengano a fare il solletico di notte» scherzò Elena.
«Fantasmi! Hai usato una parola pesante, ma inevitabile» osservò Mario. «Tuttavia a me pare che i veri fantasmi siano altri. Parlo dei tantissimi colleghi andati in pensione, spesso per decisione dell’editore, e dunque scomparsi dai giornali. Come sai bene, visto che li porti a casa tu e ogni due o tre giorni li scarichi nel bidone della carta da riciclare, leggo undici quotidiani al giorno. Ebbene, non faccio altro che constatare l’assenza improvvisa di firme presenti in pagina sino a qualche settimana prima.»
«Non credi sia un fatto normale? In fin dei conti, dopo la pensione anche i giornalisti possono scegliere di rimanere in silenzio» lo interruppe Elena.
«Forse è vero che io sono un ultrà della carta stampata. Persino tu, che pure mi accompagni da tanti anni, hai appena detto che la vita può essere una faccenda ben più importante di un foglio di giornale o della pagina di un libro. Alla fine della storia, smettere di scrivere articoli non significa essere finiti sotto terra…»
Elena scosse la testa: «Infatti è esattamente quello che provavo a suggerirti».
«La mia parte razionale vorrebbe darti ragione» ammise Mario. «Ma gli esseri umani non sono fatti soltanto di razionalità. So bene come stanno le cose: i colleghi e le colleghe che definisco “scomparsi” sono quasi tutti vivi e vegeti. Campano tranquilli, viaggiano, fanno sport, a volte cambiano moglie o marito, si occupano dei nipoti. Ma per me è come se fossero morti. Dal momento che sui giornali non esistono più, l’assenza mi priva della loro compagnia. È come se il mondo professionale nel quale ho iniziato a lavorare, e poi sono vissuto, si fosse prosciugato, ristretto come un fiume in secca. Anche i lettori che li hanno ammirati o contestati finiranno per dimenticarne i nomi.»
«Ti auguro e mi auguro che sia il più tardi possibile, ma accadrà anche a te. Mi dispiace dirtelo, ma purtroppo è la verità» sospirò Elena.
«Pensi che non lo sappia? Ma voglio allontanare il momento di cadere anch’io dentro il buco nero della dimenticanza. Ogni tanto incontro qualcuno che mi dice, spero con stima: “Caro Mario, vedo che lei, alla sua bella età, si dà ancora da fare sulla carta stampata!”. Anche questo mi incita a continuare. Stava scritto nel mio destino che avrei lavorato nei giornali. E che firmare articoli mi avrebbe fatto percorrere la strada che mi ha portato a incontrare te. Lo ricordi?»

2

Meglio vecchio

«Visto che stamattina ci siamo fatti prendere da questi argomenti, voglio rivolgerti una domanda che forse non ti aspetti» annunciò Elena a Mario.
«Le tue domande non mi fanno paura perché so che mi vuoi bene. E non cercheresti mai di mettermi in imbarazzo» replicò lui.
«Può sembrare una domanda semplice, invece è di quelle toste, forse un po’ fastidiosa: quando hai cominciato ad accorgerti che stavi diventando anziano o, se preferisci, vecchio?»
Mario sospirò: «Per prima cosa voglio dirti che preferisco la parola “vecchio” a quella di “anziano”. Per non parlare di termini burocratici, come “terza età” e “quarta età”. Non conosco chi li abbia inventati. Qualche sociologo, qualche presunto esperto di statistiche, oppure un bizzarro demografo. Mi sono sempre apparsi il sintomo di un’ipocrisia che sta dilagando nell’epoca odierna. Un tempo dire che il nonno era entrato nella quarta età avrebbe fatto ridere anche il più stupido dei suoi nipoti!».
«Non divagare» lo pregò Elena. «E prova a darmi una risposta.»
«D’accordo. Comincerò dall’aspetto fisico. Ho iniziato a capire che invecchiavo da una serie di segnali. I capelli che diventano bianchi e meno folti di un tempo. La resistenza alla fatica, sia pure soltanto quella di scrivere, che va diminuendo. La comparsa di rughe sulla fronte, sempre più lunghe e profonde, tanto da sembrarmi dei tagli. Le macchie sul volto o sulle mani, quando ero giovane, non esistevano. Adesso, se osservo le mie mani, cosa che cerco sempre di evitare, mi rendo conto di un fatto che non so spiegarmi. Quella di sinistra è rimasta uguale a prima, mentre sulla destra sono fiorite all’improvviso tante piccole macchie color marrone.
«La conferma che gli anni passano» continuò Mario «mi viene anche da un fatto che non riguarda soltanto me. Se ho un malanno e prendo un medicinale, l’effetto è molto più lento. Per dirla con altre parole, ci metto più tempo a guarire. Quando salgo in fretta una scala, mi accorgo che il fiatone arriva con facilità. Allora, con l’orologio in mano, controllo il polso e scopro che i battiti sono più veloci. E se devo scendere, mi guardo bene dal farlo di corsa. Mi accerto sempre che esista un mancorrente al quale aggrapparmi. Quando vedo qualcuno camminare in fretta penso subito, con rammarico, che io non sono più in grado di farlo. Il passo lento è diventato un’abitudine, almeno per me.
«E questi non sono gli unici sintomi della vecchiaia già iniziata o che sta per cominciare. Ti offrirò un esempio che forse ti stupirà. Provo una punta di fastidio se mi chiamano “Maestro”. Non lo sono mai stato per nessuno e non perché fossi un distratto presuntuoso. Prima ancora che una piaggeria, mi sembra una presa in giro. Invece un sacco di persone mi appella così. Persino un messaggio sul cellulare lo iniziano con quella parola che non mi piace.»
«C’è un altro modo di chiamarti che ti infastidisce. È “Professore”» lo interruppe Elena, ridendo. «Ricordo uno dei camerieri di un ristorante romano che abbiamo frequentato spesso: ti definiva di continuo: “professor Mario”. E nonostante tu gli abbia spiegato tante volte che eri un semplice dottore, lui continuava a rivolgersi a te in quel modo. Alla fine, per simpatia nei tuoi riguardi, aveva cominciato a dare noia pure a me. La giudicavo un’adulazione senza motivo.»
«Poi c’è la faccenda dell’età degli altri» riprese Mario, subito incoraggiato da Elena a spiegarsi.
«Prima di varcare la barriera dei settant’anni, non ho mai fatto caso all’età di una persona. Adesso me lo chiedo subito. E mi piace scoprirlo. Il motivo non lo conosco, forse è il desiderio di valutare se sono più vecchio io o chi ho di fronte. Ma nel comportarmi così, ho scoperto di apparire un invadente troppo curioso. Mi capita di chiedere l’età anche alle donne, ma soltanto a quelle più giovani di me. La cosa strana è che nessuna, proprio nessuna!, si rifiuta di rispondermi o si mostra risentita della mia domanda.»
«Per quale ragione, secondo te?» indagò Elena.
«Mi capita di pensare che la mia sfacciataggine venga considerata un segnale di interesse. Viviamo in una società dove quasi nessuno si occupa del prossimo. Stiamo diventando un mondo di estranei. Troppa gente sta rinchiusa nel proprio guscio, come se avesse paura di entrare in contatto con chi la circonda. Dunque, se un signore senza secondi fini come il sottoscritto vuole sapere quanti anni hai, in fondo significa che ti ritiene una persona degna di attenzione.»
«Ci sarà pur stato qualcuno o qualcuna che non ha gradito.»
«Soltanto una volta mi è accaduto che una signorina, per usare una parola ormai fuori moda, che quasi nessuno usa più, mi abbia replicato, chiedendomi: “Perché vuole saperlo?”. Ho risposto, esagerando: “Perché lei mi piace”. Allora lei ha sorriso e mi ha svelato la sua età. Era la metà della mia.»
«Vedi, Elena, a volte i vecchi rivelano un coraggio che i giovani o i quarantenni non hanno mai avuto o hanno perso» continuò Mario. «Succede nella vita e anche in un mondo di cui mi sono occupato quando lavoravo nei giornali e che descrivo ancora oggi: la politica. I leader di partito, oppure i loro vassalli che oggi stanno in televisione, con una frequenza ormai grottesca, parlano di continuo delle nuove generazioni. Non esiste un talk show che non ci porti in casa un politico, anche di seconda o terza fila, che non giuri di lavorare per i giovani. La ragione che ci rivelano è sempre la stessa: perché hanno a cuore il futuro di chi verrà dopo di loro.»
«Vogliamo essere precisi?» domandò Elena. «La frase più ricorrente, caro Mario, è “Lo facciamo per il futuro dei nostri figli”. Quando la sento pronunciare con la solennità di chi è pronto al sacrificio supremo, cambio canale e scelgo un film d’amore o di avventura...»
«In realtà questi signori, di solito figure poco importanti, pensano soltanto alla propria carriera» riprese ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Vecchi, folli e ribelli
  4. Prologo. Diversamente giovani?
  5. 1. Scrivere è vivere
  6. 2. Meglio vecchio
  7. 3. Il grido di Capri
  8. 4. Amori lontani
  9. 5. Grazie, zia
  10. 6. Caccia ai vecchi
  11. 7. I nonni di ieri
  12. 8. I nonni di oggi
  13. 9. Una crociera galeotta
  14. 10. Mamma Joe
  15. 11. La donna dei ras
  16. 12. Postina a luci rosse
  17. 13. La zingara
  18. 14. La felicità fa bene
  19. 15. Viagra
  20. 16. Il vizio del barone
  21. 17. Amiche per sempre
  22. 18. Come la mamma
  23. 19. La vicina vuole il sale
  24. 20. L’onorevole e la governante
  25. 21. Angeli o serve?
  26. 22. La padrona cattiva
  27. 23. Una badante da evitare
  28. 24. Battibecco politico
  29. 25. Un sindaco speciale
  30. 26. Travestirsi per lavorare
  31. 27. La sposa giovane
  32. 28. Paura di ammalarsi
  33. 29. Maledetta banca
  34. 30. Scuola di ballo
  35. 31. La carampana
  36. 32. La ragazza ladra
  37. 33. Una giovane ottantenne
  38. 34. Andare lontano
  39. Epilogo. La ragazza del lago