Quando, nel 395, ebbe luogo la suddivisione amministrativa dell’Impero romano tra i due figli di Teodosio I, e la parte occidentale toccò a Onorio e quella orientale a suo fratello Arcadio, pochi sarebbero stati in grado di predire i diversissimi destini a cui le due metà sarebbero andate incontro. Difesa da generali germanici e in seguito dominata da signori della guerra germanici, la metà occidentale dell’Impero fu costantemente soggetta a ondate migratorie di popolazioni anch’esse di origini per lo più germaniche, che ne penetravano i confini con o senza l’autorizzazione imperiale. Si trattava di vere e proprie invasioni che frammentarono il territorio. In un simile contesto si persero progressivamente le entrate fiscali, il controllo territoriale e l’identità politica romana: la deposizione dell’ultimo imperatore fantoccio, Romolo Augustolo, avvenuta il 4 settembre 476, fu una pura formalità. In alcune circostanze si trovarono accordi con gli invasori, giungendo talvolta all’integrazione culturale. Tuttavia, la tendenza degli storici contemporanei a dipingere un’immigrazione pacifica e una trasformazione graduale del mondo romano in una tarda antichità serena è contraddetta dalle numerose e dettagliate prove della violenza e della distruzione che segnarono quel periodo, oltre che dalla perdita catastrofica di benessere materiale e di possibilità di istruzione per recuperare i quali ci sarebbero voluti come minimo un migliaio di anni.
Il destino dell’Impero romano d’Oriente, che faceva capo a Costantinopoli, fu molto diverso. È l’Impero che noi chiamiamo bizantino, ma si tratta di un’abitudine moderna, perché esso non fu mai nient’altro che romano per i suoi sovrani e i loro sudditi, i romaioi, che non potevano identificarsi con la provinciale Bisanzio, l’antica città greca che Costantino aveva trasformato nella sua capitale, come Nuova Roma, nel 330. Dopo aver ridotto all’obbedienza i propri signori della guerra germanici e sconfitto gli Unni di Attila nel momento della massima crisi del V secolo, quella che portò all’estinzione del suo omologo occidentale, l’Impero bizantino acquisì il metodo strategico con il quale resistette alle successive ondate di invasori per più di ottocento anni almeno.
L’Impero d’Oriente dovette subire continui attacchi da parte di nemici vecchi e nuovi provenienti dalla sterminata steppa euroasiatica, dall’altopiano iraniano – patria di imperi –, dalle coste del Mediterraneo e dalla Mesopotamia, che dal VII secolo cadde sotto il dominio islamico, e infine dalle regioni occidentali, che nel frattempo avevano riacquistato la loro forza. L’Impero tuttavia non crollò fino alla conquista di Costantinopoli nel 1204, durante la Quarta Crociata, per poi riprendere vita – seppur in forma molto più ridotta – fino alla vittoria definitiva degli Ottomani nel 1453.
Quando l’Impero romano era ancora indiviso e prospero, e comprendeva tutte le regioni intorno al Mediterraneo spingendosi molto oltre verso l’interno, la sola forza militare bastava a garantire un ampio margine di sicurezza. Una tassazione moderata e il reclutamento volontario dei soldati erano sufficienti a mantenere le flotte e un esercito di circa 300.000 uomini pronti e addestrati nei forti di frontiera e nelle guarnigioni dei legionari, da cui si potevano distaccare delle truppe, le vexillationes, e radunarle per formare degli eserciti campali che sopprimessero le rare ribellioni interne o ricacciassero gli invasori stranieri. Ma fino al III secolo raramente i Romani dovettero combattere per ottenere i benefici che garantiva loro la forza militare di cui disponevano.
In ogni provincia di frontiera c’erano città fiorenti e granai imperiali a tentare i vicini, ma questi preferivano di solito vivere affamati in pace che andare incontro alle spietate rappresaglie o al puro e semplice annientamento con cui i Romani avrebbero certamente risposto a un loro attacco. Data la superiore forza militare, all’apice della loro potenza imperiale i Romani potevano liberamente scegliere tra la semplice deterrenza – accompagnata, se necessario, dalla rappresaglia, che richiedeva solo eserciti campali – e la difesa attiva delle frontiere, per la quale occorrevano guarnigioni ovunque. Nei primi due secoli della nostra era Roma provò, in successione, entrambe le strade. Anche più tardi, quando nemici vecchi e nuovi di là del Reno e del Danubio si unirono in potenti confederazioni, e in Oriente la temibile Persia dei Sassanidi prese il posto del debole predecessore, l’Impero arsacide dei Parti, gli eserciti romani erano ancora abbastanza forti da contenerli efficacemente con una nuova strategia di difesa in profondità.
I Bizantini non ebbero mai tale sovrabbondanza di forza. Nel 395 la divisione amministrativa dell’Impero – non si trattava ancora di due entità politiche distinte, perché i fratelli le governavano insieme – seguì i confini tra est e ovest stabiliti per la prima volta da Diocleziano (284-305), che spartivano l’intero bacino del Mediterraneo in due metà pressoché uguali. Era una suddivisione precisa, ma lasciò all’Impero romano d’Oriente tre regioni separate in tre diversi continenti. In Europa il confine orientale, segnato dalle province della Mesia inferiore e della Praevalitana, oggi in Serbia e Albania, racchiudeva anche i territori dell’odierna Macedonia, della Bulgaria, le coste romene del Mar Nero, la Grecia, Cipro e la Turchia europea – l’antica Tracia – con la stessa Costantinopoli. In Asia il territorio imperiale era composto dalla vasta penisola dell’Anatolia, oggi Turchia asiatica, così come da Siria, Giordania, Israele, e da una fetta dell’Iraq settentrionale nelle province di Mesopotamia e Osroene. Nell’Africa del Nord l’Impero dominava la provincia d’Egitto, che si estendeva lungo il Nilo fin nella Tebaide, e la metà orientale della Libia moderna, composta dalle province della Libia superiore e della Libia inferiore, l’antica Cirenaica.
Per il primo sovrano dell’Impero d’Oriente, Arcadio (395-408), si trattò di una ricca eredità: erano regioni produttive che versavano abbondanti tributi nelle casse dello stato. Tra le più remunerative l’Egitto, che esportava grano, e le fertili pianure costiere dell’Anatolia. Solo i Balcani erano stati gravemente danneggiati in tempi recenti dalle scorrerie e dalle invasioni di Goti, Gepidi e Unni.
Dal punto di vista strategico, tuttavia, l’Impero d’Oriente aveva un enorme svantaggio rispetto alla sua controparte occidentale.
Lungo il confine orientale, che si estendeva per ottoce...