La grande strategia dell'Impero Bizantino
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La grande strategia dell'Impero Bizantino

  1. 535 pagine
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La grande strategia dell'Impero Bizantino

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Quello di Costantinopoli è stato un caso unico nella storia: mille anni di dominio incontrastato su un impero vastissimo e multietnico. Dal IV secolo fino alla caduta, avvenuta nel 1453 per mano di Maometto II, l'Impero romano d'Oriente è sopravvissuto al gemello d'Occidente, ha retto l'onda d'urto degli Unni, degli Slavi, degli Arabi e degli altri che nei secoli hanno cercato di sfondare il limes. Eppure la forza militare, la posizione e le risorse non erano neppure lontanamente paragonabili a quelle di Roma. Come è stato possibile? Bisanzio elaborò una strategia politica e militare efficacissima, basata su un uso estremamente moderno di quella che oggi chiameremmo "intelligence". La diplomazia dell'Impero romano d'Oriente seppe imbrigliare le forze nemiche raccogliendo dettagliati dossier e riuscendo a ottenere vantaggiose concessioni a tutti i tavoli di trattativa. Sul fronte militare, cercò di conservare la pace il più a lungo possibile: mantenne alta la tensione agendo come se la guerra fosse sempre imminente, ma scese in battaglia solo quando aveva buone possibilità di vittoria. Nella politica interna, privilegiò l'integrazione e l'assorbimento per sfruttare il patrimonio di culture, tecnologie e conoscenze che ogni popolo assoggettato portava in dote. Questo libro, seguito ideale del bestseller La grande strategia dell'Impero romano, è il frutto di quasi trent'anni di ricerche. Edward Luttwak ha viaggiato, indagato, consultato testi un tempo inaccessibili per rintracciare i segni di quel "codice operativo" non scritto che permise a Costantinopoli di diventare la capitale dell'impero più longevo della storia. Il risultato è un affresco che abbraccia quasi mille anni e ci consegna una lezione di strategia che ci illumina sul passato e ci spiega cosa stiamo sbagliando oggi.

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Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2011
ISBN
9788858601167
Argomento
Storia
La grande strategia
dell’Impero bizantino

Prefazione

La metà orientale dell’Impero romano, quello che noi moderni chiamiamo Impero bizantino, un tempo è stata molto trascurata, come se il 476 avesse segnato la fine di tutto l’Impero romano. Oggi, invece, desta talmente tanta attenzione da divenire perfino il soggetto di volumi divulgativi. Anche se molti sono interessati alla cultura di Bisanzio, quello che sembra avere risonanza è la lotta epica per difendere secolo dopo secolo un impero contro una serie interminabile di nemici. Questo libro è dedicato a una dimensione specifica della storia bizantina: l’applicazione di metodo e creatività nell’usare sia la persuasione sia la forza, cioè la strategia in tutti i suoi aspetti, dalla più elevata arte di governo alle tattiche militari in senso stretto.
Quando cominciai a studiare seriamente la strategia bizantina avevo appena completato la stesura di un libro sulla strategia dell’Impero romano fino al III secolo, un libro che continua a ricevere sia immensi elogi sia dure critiche. La mia intenzione originaria era semplicemente quella di scrivere un secondo volume per coprire i secoli successivi. Quello che invece ne è scaturito è la scoperta di una strategia nel complesso più ricca di quella posseduta dai primi Romani, scoperta che esigeva uno sforzo maggiore di ricerca e di composizione. Alla fine, tale sforzo è durato più di due decenni, benché con numerose interruzioni, alcune dovute al mio lavoro non interamente correlato alla strategia militare sul campo. Questo immenso ritardo è compensato dal fatto che molti testi bizantini essenziali per il mio lavoro, un tempo disponibili solo sotto forma di manoscritti e quindi difficilmente accessibili, sono stati pubblicati in una versione attendibile soltanto di recente. Inoltre, dagli albori della mia ricerca sono comparse nuove e importanti edizioni di opere attinenti alla strategia bizantina.
In anni recenti, infatti, gli studi bizantini hanno conosciuto una rigogliosa fioritura, come non era mai capitato prima. Eccellenti studiosi hanno illuminato gli angoli bui della storia di Bisanzio, ispirando tra l’altro un clima di generosità euforica tra gli esperti della materia. Generosità di cui, sebbene in questo campo sia più uno studente che uno studioso, ho avuto anch’io prova.
Attorno al 1982, quando cominciai a documentarmi per questo libro, George Dennis mi diede una copia dello Strategikon da lui curato, il testo sulla strategia militare bizantina più letto, e che poi pubblicò con il titolo Three Byzantine Military Treatises. Ventisei anni dopo, mi inviò il dattiloscritto di parte della sua attesissima edizione dei Taktika dell’imperatore Leone VI, di cui avevo bisogno per completare questo libro: la generosità è un’abitudine del gesuita George T. Dennis. Anche Walter E. Kaegi Jr., le cui opere illuminano il campo, mi diede validi consigli durante la mia lunga ricerca.
Altri, che non avevo mai incontrato, ma ho semplicemente importunato senza essere stato presentato prima, mi hanno risposto come se fossimo legati da una vecchia amicizia e da obblighi di colleganza. Peter B. Golden, l’eminente turcologo citato ampiamente in queste pagine, ha risposto a molte mie domande, mi ha offerto suggerimenti validi e prestato libri altrimenti introvabili. John Wortley mi ha affidato l’unica copia del suo dattiloscritto annotato di Giovanni Scilitze. Peter Brennan e Salvatore Cosentino mi hanno dato consigli importantissimi, mentre Eric McGeer, Paul Stephenson e Denis F. Sullivan, alle cui opere ho attinto molto spesso, hanno letto bozze di questo libro, scoprendo errori e dandomi consigli preziosi. John F. Haldon, i cui scritti costituiscono da soli una biblioteca di studi bizantini, ha risposto alla seccatura di un estraneo con la lettura critica minuziosa di una stesura iniziale.
Poiché quanto segue è destinato anche a un pubblico non specialista ho chiesto a due non specialisti, Anthony Harley e Kent Karlock, di commentare questo lungo testo; sono grato a entrambi per l’ardua fatica e i loro suggerimenti. Un terzo lettore è stato Hans Rausing, nemmeno lui specialista, ma studente di storia serio e poliglotta a cui, pure, devo preziose osservazioni. Stephen P. Glick ha applicato al testo sia una conoscenza enciclopedica della storiografia militare sia una meticolosa attenzione, lasciando la sua impronta nel libro. Nicolò Miscioscia è stato mio abile assistente per una stagione. Christine Col e Joseph E. Luttwak hanno curato la resa grafica delle cartine, compito non facile date le innumerevoli revisioni. Michael Aronson, senior editor per le Scienze sociali della Harvard University Press, fu un sostenitore attivo del mio primo libro sulla grande strategia dei Romani. Ha continuato per due decenni a chiedermi con pazienza infinita anche questo libro: la sua esperienza e il suo entusiasmo sono evidenti nella qualità di questa pubblicazione, uno sforzo in cui ha potuto contare sull’abile assistenza di Hilary S. Jacqmin. È stata una circostanza fortunatissima che sia stata scelta per la redazione Wendy Nelson di Bryan, Texas. Con infinita cura, giudizio e talento, Wendy ha scoperto molti errori nascosti e ha indicato con garbo espressioni e passaggi poco felici che necessitavano di essere migliorati. Infine, è un piacere ringraziare Alice-Mary Talbot, anche lei spesso citata in questo libro, direttrice della Dumbarton Oaks Research Library and Collection, e Deb Brown Stewart, bibliotecaria del dipartimento di studi bizantini della Dumbarton Oaks, sempre disponibile a offrire aiuto. Avrei potuto esitare per sempre invece di dare una versione definitiva al testo se non avessi incontrato Peter James MacDonald Hall, che non ha mai smesso di chiedere con insistenza il libro, liberandomi dalla scusa di tutto l’altro lavoro.

PARTE PRIMA

L’invenzione della strategia bizantina

Quando, nel 395, ebbe luogo la suddivisione amministrativa dell’Impero romano tra i due figli di Teodosio I, e la parte occidentale toccò a Onorio e quella orientale a suo fratello Arcadio, pochi sarebbero stati in grado di predire i diversissimi destini a cui le due metà sarebbero andate incontro. Difesa da generali germanici e in seguito dominata da signori della guerra germanici, la metà occidentale dell’Impero fu costantemente soggetta a ondate migratorie di popolazioni anch’esse di origini per lo più germaniche, che ne penetravano i confini con o senza l’autorizzazione imperiale. Si trattava di vere e proprie invasioni che frammentarono il territorio. In un simile contesto si persero progressivamente le entrate fiscali, il controllo territoriale e l’identità politica romana: la deposizione dell’ultimo imperatore fantoccio, Romolo Augustolo, avvenuta il 4 settembre 476, fu una pura formalità. In alcune circostanze si trovarono accordi con gli invasori, giungendo talvolta all’integrazione culturale. Tuttavia, la tendenza degli storici contemporanei a dipingere un’immigrazione pacifica e una trasformazione graduale del mondo romano in una tarda antichità serena è contraddetta dalle numerose e dettagliate prove della violenza e della distruzione che segnarono quel periodo, oltre che dalla perdita catastrofica di benessere materiale e di possibilità di istruzione per recuperare i quali ci sarebbero voluti come minimo un migliaio di anni.1
Il destino dell’Impero romano d’Oriente, che faceva capo a Costantinopoli, fu molto diverso. È l’Impero che noi chiamiamo bizantino, ma si tratta di un’abitudine moderna, perché esso non fu mai nient’altro che romano per i suoi sovrani e i loro sudditi, i romaioi, che non potevano identificarsi con la provinciale Bisanzio, l’antica città greca che Costantino aveva trasformato nella sua capitale, come Nuova Roma, nel 330. Dopo aver ridotto all’obbedienza i propri signori della guerra germanici e sconfitto gli Unni di Attila nel momento della massima crisi del V secolo, quella che portò all’estinzione del suo omologo occidentale, l’Impero bizantino acquisì il metodo strategico con il quale resistette alle successive ondate di invasori per più di ottocento anni almeno.
L’Impero d’Oriente dovette subire continui attacchi da parte di nemici vecchi e nuovi provenienti dalla sterminata steppa euroasiatica, dall’altopiano iraniano – patria di imperi –, dalle coste del Mediterraneo e dalla Mesopotamia, che dal VII secolo cadde sotto il dominio islamico, e infine dalle regioni occidentali, che nel frattempo avevano riacquistato la loro forza. L’Impero tuttavia non crollò fino alla conquista di Costantinopoli nel 1204, durante la Quarta Crociata, per poi riprendere vita – seppur in forma molto più ridotta – fino alla vittoria definitiva degli Ottomani nel 1453.
Quando l’Impero romano era ancora indiviso e prospero, e comprendeva tutte le regioni intorno al Mediterraneo spingendosi molto oltre verso l’interno, la sola forza militare bastava a garantire un ampio margine di sicurezza. Una tassazione moderata e il reclutamento volontario dei soldati erano sufficienti a mantenere le flotte e un esercito di circa 300.000 uomini pronti e addestrati nei forti di frontiera e nelle guarnigioni dei legionari, da cui si potevano distaccare delle truppe, le vexillationes, e radunarle per formare degli eserciti campali che sopprimessero le rare ribellioni interne o ricacciassero gli invasori stranieri.2 Ma fino al III secolo raramente i Romani dovettero combattere per ottenere i benefici che garantiva loro la forza militare di cui disponevano.
In ogni provincia di frontiera c’erano città fiorenti e granai imperiali a tentare i vicini, ma questi preferivano di solito vivere affamati in pace che andare incontro alle spietate rappresaglie o al puro e semplice annientamento con cui i Romani avrebbero certamente risposto a un loro attacco. Data la superiore forza militare, all’apice della loro potenza imperiale i Romani potevano liberamente scegliere tra la semplice deterrenza – accompagnata, se necessario, dalla rappresaglia, che richiedeva solo eserciti campali – e la difesa attiva delle frontiere, per la quale occorrevano guarnigioni ovunque. Nei primi due secoli della nostra era Roma provò, in successione, entrambe le strade. Anche più tardi, quando nemici vecchi e nuovi di là del Reno e del Danubio si unirono in potenti confederazioni, e in Oriente la temibile Persia dei Sassanidi prese il posto del debole predecessore, l’Impero arsacide dei Parti, gli eserciti romani erano ancora abbastanza forti da contenerli efficacemente con una nuova strategia di difesa in profondità.3
I Bizantini non ebbero mai tale sovrabbondanza di forza. Nel 395 la divisione amministrativa dell’Impero – non si trattava ancora di due entità politiche distinte, perché i fratelli le governavano insieme – seguì i confini tra est e ovest stabiliti per la prima volta da Diocleziano (284-305), che spartivano l’intero bacino del Mediterraneo in due metà pressoché uguali. Era una suddivisione precisa, ma lasciò all’Impero romano d’Oriente tre regioni separate in tre diversi continenti. In Europa il confine orientale, segnato dalle province della Mesia inferiore e della Praevalitana, oggi in Serbia e Albania, racchiudeva anche i territori dell’odierna Macedonia, della Bulgaria, le coste romene del Mar Nero, la Grecia, Cipro e la Turchia europea – l’antica Tracia – con la stessa Costantinopoli. In Asia il territorio imperiale era composto dalla vasta penisola dell’Anatolia, oggi Turchia asiatica, così come da Siria, Giordania, Israele, e da una fetta dell’Iraq settentrionale nelle province di Mesopotamia e Osroene. Nell’Africa del Nord l’Impero dominava la provincia d’Egitto, che si estendeva lungo il Nilo fin nella Tebaide, e la metà orientale della Libia moderna, composta dalle province della Libia superiore e della Libia inferiore, l’antica Cirenaica.
Per il primo sovrano dell’Impero d’Oriente, Arcadio (395-408), si trattò di una ricca eredità: erano regioni produttive che versavano abbondanti tributi nelle casse dello stato. Tra le più remunerative l’Egitto, che esportava grano, e le fertili pianure costiere dell’Anatolia. Solo i Balcani erano stati gravemente danneggiati in tempi recenti dalle scorrerie e dalle invasioni di Goti, Gepidi e Unni.
Dal punto di vista strategico, tuttavia, l’Impero d’Oriente aveva un enorme svantaggio rispetto alla sua controparte occidentale.4
Lungo il confine orientale, che si estendeva per ottoce...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Frontespizio
  3. La strategia dell'Impero bizantino
  4. Glossario
  5. Note bibliografiche
  6. Indice
  7. Mappe