Si può vivere così?
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Si può vivere così?

Uno strano approccio all'esistenza cristiana

  1. 455 pagine
  2. Italian
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Si può vivere così?

Uno strano approccio all'esistenza cristiana

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Ci si trova davanti a un genere di libro particolare, una specie di «romanzo», come spontaneamente dissero i primi cui le bozze furono date da leggere. In esso la scoperta della vita come «vocazione» non avviene per deduzione, ma per il mostrarsi di una esperienza vissuta secondo ragione dentro l'afflato del Mistero. Si tratta del percorso di un anno che don Luigi Giussani ha realizzato in dialogo con un centinaio di giovani decisi a impegnare la propria vita con Cristo in una forma di dedizione totale al Mistero e al suo destino nella storia: la Chiesa la chiama «verginità». Settimana per settimana i principali contenuti della fede cristiana e le loro ragioni umane sono stati svolti attraverso, prima una proposta che scaturiva dall'esperienza dell'Autore, e poi dall'appassionante gioco di domande e risposte che la proposta suscitava nei giovani, resi consapevoli e determinati nella loro esperienza di uomini. Lo stile dei settimanali convegni è stato tutto quanto trattenuto nella forma del libro, a testimonianza di una modalità di approccio al problema come grosso problema umano e della maturità di convinzione e di affezione che questo può produrre. Il libro può essere concepito come un racconto esemplare in cui la spontaneità, la lealtà e la serietà nella considerazione della propria esistenza rendono fin suggestivo quello che la mentalità comune totalmente oblitera e anche disistima, se non per qualche astratta paura.

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Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2011
ISBN
9788858600870
SI PUÒ VIVERE COSÌ?
La gente non parte dai discorsi,
ma è colpita da una presenza
Introduzione
LA RAGIONEVOLEZZA DEL COMINCIARE
Oggi iniziate una cosa che non conoscete ancora. Allora è giusto incominciare domandando a Dio che ci aiuti, perché è un cammino che non conosciamo. Di fatto, di questa cosa nuova potete avere confuso desiderio, ma non basta, allora occorre domandare che questo desiderio sia illuminato e assecondato. Ma se non conoscete questa strada, se non conoscete questa cosa che nella vostra vita incomincia, perché la incominciate? Se non la conoscete, perché la incominciate?
Perché quello che ho visto fino ad ora basta per incominciare.*
Secondo me è una risposta molto giusta e ragionevole, ma forse potrebbe essere descritta o ridescritta in termini ancora più chiari, ancora più formalmente consapevoli. Quello che lui ha detto può voler dire: «C’è stato qualche cosa per cui io mi sono sentito di incominciare». E, secondo me, questa è proprio la risposta: è la sua, ma semplificata. Noi incominciamo una cosa che non conosciamo. Perché la incominciamo? Perché c’è stato qualche cosa per cui ci sentiamo di incominciare.
Questo «qualche cosa» cosa è stato? Per me, lo sapete, è stato il mio insegnante di quinta elementare, centurione della milizia, il quale mi ha preconizzato cardinale. Viene vicino al mio banco, ero al primo banco, e mi dice: «Senti, ma tu sei intelligente, se tu vai in seminario, fai la carriera del prete, ti fanno cardinale!». Così incominciò per me la ragione per questa strada (non certo per il cardinalato, che non sapevo neppure cosa fosse)… Iddio a volte è perfino burlone – quella volta lì fu burlone veramente – perché io non ci avevo mai pensato, il mio povero papà era un socialista accanito e contrario, mia mamma era una pia donna del popolo che è stata dubitosamente felice da subito, ma io sono voluto andare con insistenza, non ci avevo mai pensato: non frequentavo neanche l’oratorio!
Così ad ognuno di voi è capitato qualche cosa: un incontro. La parola incontro è quella che descrive più genericamente ed è, quindi, più utilizzabile per tutti i casi, perché anche quello del mio maestro Fossataro di quinta elementare è stato un incontro: ero stato con lui tutto l’anno, verso la fine dell’anno c’è stato quell’incontro. Per ognuno di voi c’è stato un incontro, un qualche cosa per cui voi avete detto: «Incomincio». Questo «qualche cosa» può essere un urlo di don Giorgio, l’esempio di qualche vostro amico o amica, un pensiero che vi è venuto, ma non un pensiero: la reazione a qualche cosa, bella o brutta, di morte o di vita, di gioia o di sofferenza.
Non siete d’accordo che non c’è nessuno di voi che sia qui per il quale non ci sia stato qualcosa per cui ha detto: «Incomincio»? Qualcosa… perciò, pur non sapendo la strada, pur non conoscendo la cosa, l’avete incominciata. Anche perché dovete ammettere che questa è una norma generale: prima di conoscere, per conoscere, bisogna incominciare.
Però, qui, non si tratta di curiosità, non si tratta neanche di una ricerca scientifica. Si tratta di una dedizione della vita, si tratta di un impegno per la vita e, quindi, non può trattarsi di una ipotesi – «Vediamo se…» –, si tratta di qualche cosa di più che «Vediamo se…», si tratta di qualche cosa di persuasivo, come una persuasione in lontananza: è come capire che lì dentro ci deve essere, c’è qualche cosa di bello, di giusto, c’è un compimento da trovare, c’è la percezione di questo, anche se uno non saprebbe darne le ragioni. E quindi uno incomincia, decide di cominciare. Non per curiosità, non per una ricerca anche scientifica, non per un «Vediamo se…», ma perché dentro lì ci deve essere la questione, lì ci deve essere.
Pensate, io mi ricordo poi il 2 ottobre di quell’anno… il maestro me ne aveva parlato in principio di giugno o alla fine di maggio e il 2 ottobre di quell’anno 1933 (pensate in quale angolo del cuore di Dio eravate voi), ho fatto valigie e valigette e con la mia povera mamma sono andato in seminario. Ma chi avrebbe pensato quella sera, in quell’immenso androne dove eravamo in 150 a dormire, la discussione tra mia mamma e la mamma di quello vicino se era meglio mettere la trapunta pesante o la trapunta leggera. «In principio di ottobre fa ancora caldo», dice l’altra, e mia mamma fa: «No, secondo me (e aveva ragione mia mamma!), secondo me fa già fresco». Allora mi ha messo la trapunta: meno male che mi ha messo la trapunta! Poi alla sera ci siamo trovati tutti e a me è incominciato a venir voglia di piangere, non mi ricordo proprio più se ho pianto o se non ho pianto. Anni dopo sì che ho pianto, quando sono venuto via da casa mia e avevo cinque anni di più. A pensare da quel giorno cosa è venuto fuori, tutto quello che si è svolto…
La vita non è proprio una cosa nostra. No, è sbagliato, non scrivete! La vita è una cosa nostra, ma la sua consistenza, il suo svolgimento non è nostro, ciò di cui è fatta la nostra vita non è nostro. La vita è tua, ma ciò di cui è fatta non è tuo. Non sei tu che comandi alla giornata di domani come deve essere; ti può capitare qualsiasi cosa. Come quell’anno lì, c’era un compagno a cui ero affezionatissimo, di un paese del Lago Maggiore, mi ricordo ancora che si chiamava Edo, Edo Malnati (avevamo dieci anni): è morto, si è ammalato improvvisamente, una tisi fulminante, ed è morto dopo un mese. La vita è mia, allora non potevo ragionare così, però uno sente così, anche senza ragionare così. Così voi incominciate questa strada senza ragionarci sul perché, sul come, però sentendo, sentendo qualche cosa che è per voi.
In questo senso il gesto che compite non ha un valore ipotetico, cioè «Vediamo se…», ma è profondamente ragionevole perché quello che capite che ci deve essere dentro qui è qualcosa che corrisponde profondamente all’esistenza del vostro cuore, alla sete e alla fame del vostro cuore, al destino della vita. E quindi vi lega, quello che incomincia qui vi lega alla sponda ultima su cui fermerete la vostra nave quando sarà l’ora, ma vi lega anche a tutto il mondo nel quale penetrerete ogni giorno di più, perché è una caratteristica di questa strada la necessità di penetrare sempre di più il rapporto con la gente, con tutta la gente che si vede: prima coi vicini, ma, attraverso quei vicini, i vicini ai vicini, e poi i vicini ai vicini dei vicini, e poi allargate il cerchio, allargate il cerchio e arrivate al mondo intero. È l’abbraccio al mondo, una passione per il mondo.
Insomma, ciò per cui incominciate non è ipotetico proprio perché ci impegnate la vostra vita, fate entrare in gioco la vostra vita e la vita può essere fatta entrare in gioco solo là dove c’è l’intuizione o il presentimento di una risposta a quello che la vita vuole: la vita è fatta per la felicità. È ciò per cui è fatta la vostra vita che siete destinati a trovare, a scoprire, a capire per questa strada man mano che la percorrerete. E, per questo, è ragionevole l’incominciare, è ragionevole tutto ciò che corrisponde al desiderio della vita.
Purtroppo ci sono tanti di voi che non hanno fatto neanche il primo volume della Scuola di Comunità,1 invece proprio la Scuola di Comunità2 ci ha allenato, ci dovrebbe avere allenato e preparato a questo passo. La Scuola di Comunità non c’è per chi ha la vocazione alla verginità, ma non c’è niente che prepari al cammino della vocazione alla verginità più della Scuola di Comunità.
È ragionevole che voi abbiate incominciato oggi, perché c’è stato qualche cosa che vi ha fatto presentire come l’esigenza del vostro cuore – l’esigenza di felicità, di giustizia, di verità e di bellezza del cuore – troverà risposta su questa strada. E la ragionevolezza è la risposta all’esigenza del cuore. Quando una cosa è ragionevole? Quando corrisponde alle esigenze del vostro cuore. Perciò, se su questa strada avete intuito di poter trovare la risposta alle esigenze del vostro cuore, fare questa strada è ragionevole, anche se non la si conosce ancora.
Quello di oggi è come mettere dentro la terra un seme; il seme dentro la terra si confonde con tutti gli altri pezzetti di terra: un seme sembra un pezzetto di terra. Se voi mettete un seme nella terra, poi lo coprite e dopo tre giorni andate a vedere, lo confondete con la terra che gli sta attorno, perché è come un pezzetto di terra. Così, la giornata di oggi è una giornata come tutte, anzi, un po’ più pesante delle altre… è come tutti gli altri giorni, ma è come un seme dentro la terra di tutti i giorni. Man mano che svilupperemo quello che oggi incominciamo a dirci, troverete qualcosa che cresce, e lì non c’è più un sassolino, ma qualcosa che vien fuori con due foglie, poi con quattro foglie, poi di più e magari è una pianta grande, è destinato a diventare una pianta grande.
Che coraggio ci vuole a sostenere la speranza degli uomini! Perché quello che incominciano, lo incominciano sinceramente: lo incominciate sinceramente, con un certo residuo di paresse, con un certo residuo di pigrizia, però lo incominciate sinceramente. Ma che coraggio occorre avere per sostenere lo sviluppo di questa speranza, di questa attesa!
Avevo ben chiaro quello che dovevo dirvi, ma sono imbrogliato, sono come impacciato perché è come se volessi riuscire a condurvi come la mamma che prende la mano del bambino e gli fa fare i passi. Vorrei riuscire a condurvi passo dopo passo, un passo dopo l’altro, così che il secondo passo sia fatto in modo più persuaso del primo e il terzo più persuaso del secondo e il quarto più persuaso del terzo… ma è una progressione difficile da salvare.
Il primo passo, comunque, l’abbiamo detto: qual è il primo passo? La ragionevolezza dello stare qui, è ragionevole che siate venuti qui. Perché è ragionevole? Si dice ragionevole ciò che corrisponde alle esigenze del cuore. Le esigenze del cuore sono ultimamente e profondamente esigenze di felicità, di compimento e di felicità, di perfezione e di felicità, esigenza del destino per cui si è fatti. C’è qualche cosa per cui abbiamo detto (senza dircelo!), abbiamo sentito che il destino per cui il cuore è fatto, le esigenze del cuore, le esigenze più vere della vita su questa strada potrebbero trovare la risposta: questa corrispondenza c’è su questa strada. Perciò è ragionevole l’aver detto: «Io chiedo di entrare». È ragionevole aver lasciato la vostra casa oggi, dove potevate dormire tre ore di più – dico dormire perché è il mio ideale!… – infatti avete lasciato la vostra casa e vi siete disturbati a venir qui, avete fatto la fatica di venir qui e adesso state facendo la fatica di compiere cose, di interessarvi di cose cui siete abituati da certi antefatti come, per esempio, i raduni della verifica3 oppure la preghiera in comune… però è una cosa più pesante che non andare a vedere una partita di football, per esempio a San Siro, o, meglio ancora, starsene a casa in ...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Frontespizio
  3. Nota introduttiva
  4. Si può vivere così?
  5. Indice dei riferimenti biblici
  6. Indice dei nomi
  7. Indice tematico
  8. Indice