Banda stretta
eBook - ePub

Banda stretta

Il futuro dell'Italia di fronte alla rivoluzione digitale. Come coglierne le opportunità e non perdere la sfida.

  1. 208 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Banda stretta

Il futuro dell'Italia di fronte alla rivoluzione digitale. Come coglierne le opportunità e non perdere la sfida.

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

La rivoluzione digitale ha imposto una svolta alle nostre abitudini, all'economia, al nostro modo di lavorare e rapportarci con gli altri. Tuttavia sono ancora in pochi – specie nel nostro Paese – ad avere una visione lucida di quali siano, esattamente, i mutamenti imposti dal web 2.0 e dalle più recenti innovazioni tecnologiche. È un'esperienza che facciamo quotidianamente, a casa come sul posto di lavoro: spesso la promessa di un'innovazione rivoluzionaria si trasforma in una minaccia di imminente inadeguatezza e viene vissuta come una condanna al superamento. Francesco Caio e Massimo Sideri ci spiegano invece come nessuna competenza odierna sarà inutile nel mondo di domani. Con questo saggio chiaro e autorevole, gli autori ci offrono preziosi strumenti mentali e metodologici per comprendere il progresso telematico senza farci travolgere. Per cambiare il nostro atteggiamento al lavoro e al mondo, ma soprattutto per affrontare le esigenze strutturali alle quali l'Italia deve saper dare priorità.

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a Banda stretta di Francesco Caio, Massimo Sideri in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Ciencias sociales e Sociología. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Editore
BUR
Anno
2011
ISBN
9788858615652

Parte seconda

GEOGRAFIA
DEL NUOVO MONDO

Capitolo 1

L’ONDA DIGITALE

Senza frontiere

A differenza delle tecnologie in uso nel passato, quelle digitali non conoscono frontiere o vincoli geografici. La loro capillarità applicativa e la natura pervasiva le rendono rilevanti per ogni attività a prescindere dalla collocazione spaziale.
Che si operi dietro il bancone di un dettagliante o lo sportello di una banca, nell’installazione e manutenzione di caldaie o in una sala di radiologia, che si disegnino palazzi o si organizzino viaggi e vacanze, l’avvento della rete e dei dispositivi digitali introduce nuove modalità lavorative, caratterizzate spesso da costi più bassi e qualità più alta.
In questa seconda parte proveremo a dare evidenza concreta del fatto che legge di Moore, semiconduttori e internet non si limitino a fornire spunti di dibattito in conferenze e convegni ma siano, invece, i fattori dinamici di un processo che crea nuovi posti di lavoro e ne distrugge altri, che cambia le nostre abitudini e il modo con cui spendiamo tempo e soldi, che modifica i profitti e la capitalizzazione di borsa di molte imprese.

La lotta fra vecchio e nuovo

A metà degli anni Novanta un negozio (un superstore) di musica della catena Tower Records occupava l’edificio più in vista di Piccadilly Circus a Londra. Imponente, affollato, aperto molti giorni fino a notte fonda. Controllato a ogni uscita da robusti sorveglianti pronti a indicare la cassa più vicina a quegli avventori che «dimenticavano» di pagare un paio di cd prima di andarsene. Al piano terra rock e successi del momento. Al primo piano jazz e musica etnica da tutto il mondo. Al secondo la classica, divisa per compositori e interpreti. Centinaia di metri di scaffali. Una meta per molti, che arrivavano a Londra anche dalla periferia e dal «continente» per accedere a un ricco e ben organizzato catalogo di musica.
Quel negozio oggi non c’è più. Legge di Moore, digitalizzazione, internet e tutto ciò che abbiamo descritto finora hanno reso il suo modello non più economico. E come il negozio di Tower Records a Piccadilly Circus, molti altri business hanno dovuto fare i conti con la rivoluzione digitale. Conti che non sono più tornati.
In America, come Blockbuster, ha dichiarato fallimento e anche la grande catena di librerie Barnes & Noble, che si è messa alla ricerca di un compratore. I giganti dell’editoria come la Random House devono combattere porta a porta con il nuovo potere dei «distributori» online dell’anima del libro, la sua versione digitale. I nuovi competitor sono Apple, Amazon, Google.
Che rendono sempre più obsoleto il tradizionale sistema basato su affitti, spazi di stoccaggio molto estesi e ingenti capitali impiegati per offrire una gamma di titoli che, per quanto ampia, risulta comunque limitata rispetto a quella completa disponibile in un catalogo virtuale accessibile in rete. Da dove si può scegliere con potenti algoritmi di ricerca il brano o il libro desiderato, che verrà consegnato a domicilio in pochi giorni o che sarà possibile scaricare direttamente sul pc via internet in poche frazioni di secondo.
Insomma, anche immaginando un mondo senza pirateria, la lotta tra il fisico e il digitale resta comunque impari. Non più un libro fisico o un cd, ma la versione digitale direttamente trasferita su un lettore: sia questo un ebook o un riproduttore di musica Mp3. Esempi quotidiani dell’impatto della digitalizzazione. Spariscono dischi e negozi di musica. Le librerie, per non soccombere, si devono reinventare, trasformandosi in luoghi di nicchia, punti di incontro e consulenza specializzata per i lettori. Ma non spariscono la letteratura e la lettura, non la musica e l’ascolto. Aumentano la scelta e la flessibilità, diminuiscono i costi.
La digitalizzazione – come e più di altre discontinuità tecnologiche – sta mandando in pensione molte aziende e in alcuni casi interi settori di attività.
In questo senso l’onda tecnologica non è un fenomeno che governa solo lo sviluppo di aggeggi e chincaglieria digitali (gadget) e che riguarda principalmente i più giovani, quasi fosse un fenomeno transitorio. È un processo che sta trasformando le modalità di creazione e distribuzione del valore aggiunto e della ricchezza, e che modifica in modo strutturale i rapporti tra le forze economiche e sociali in campo: tra competenze, geografie, produttori e distributori, clienti e fornitori, autori e agenti, artisti e studios, giornalisti e giornali.
È una trasformazione che spesso assume le forme di una forte contrapposizione tra business e tecnologie consolidati e la loro versione digitale, tra chi c’è e chi arriva, tra vecchio e nuovo.

Anticipare il pericolo: il paradigma Olivetti

Gli scenari che si vanno definendo, l’emergere di diverse regole competitive e la necessità di elaborare nuove strategie generano, come è naturale, incertezza e timore. E il pericolo di inciampare in approcci tecnofobi o catastrofisti è alto.
Questo avviene quando si parla, per esempio, del sorpasso dei libri digitali su quelli di cellulosa. Ciò che è stato annunciato da Amazon nell’estate del 2010 – ossia che le vendite di ebook hanno superato quelle di libri tradizionali – era, però, ampiamente prevedibile, anche tenendo conto del fatto che la proposta di ebook era piuttosto scarna: i libri presenti sulla piattaforma digitale erano solo seicentotrentamila. Una disponibilità ben diversa da quella della biblioteca del Nome della rosa, dunque, a maggior ragione se si considera che si tratta perlopiù di pubblicazioni in lingua inglese. Insomma, il gruppo più che a una vera e propria libreria, assomiglia a uno scaffale del supermercato: poche proposte e tutte da classifica.
Quella che si sta combattendo è una autentica battaglia per i margini, per certi versi esattamente corrispondente a quella che i produttori di tecnologia devono costantemente ingaggiare con i vari mediastore per controllare cosa, come e a quale prezzo si vende. Certo, però, i rapporti di forza tra chi produce contenuti e chi distribuisce stanno cambiando a favore di questi ultimi.
Si tratta senza dubbio di un passaggio storico, ma difficilmente sancirà la morte del libro, la «rivoluzionaria tecnologia senza fili, riciclabile, senza batterie e che non si blocca mai» come ironizza un esilarante video spagnolo molto cliccato su YouTube in difesa del grande tipografo Gutenberg (http://snipurl.com/27a68f).
A fare paura agli editori, però, è un altro aspetto. L’allarme lo lancia, sempre nell’estate 2010, Stefano Mauri, presidente del gruppo editoriale GeMS: «Il rischio vero è che grazie al monopolio della distribuzione gruppi come Amazon e Google presto decideranno chi potrà fare l’editore e chi no».
I contorni si fanno più inquietanti se si pensa che nel nuovo panorama di network e leggi economiche c’è chi, come l’importante agente letterario americano Andrew Wylie, ha affermato che il copyright della versione digitale di un’opera non coincida con quello della versione cartacea. Una interpretazione che, nel caso si fosse affermata come valida, avrebbe potuto spazzare via in un solo colpo gli editori, permettendo agli agenti di trattare direttamente con Amazon. Tutto si è risolto con un accordo tra Wylie, i propri clienti e le case editrici.
Questa vicenda, tuttavia, dimostra che il pericolo, viene spesso dall’interno, da chi ha competenze ed esperienza e vola in avanti – forse troppo – annusando le trasformazioni. Per non uscire sconfitti dalla sfida, allora, bisogna saper guardare oltre. E non esitare a percorrere la strada prima che venga tracciata.
C’è una storia, tutta italiana, il cui epilogo rivela quanto sia pericoloso rinunciare a farlo: è la storia della Olivetti.
A metà degli anni Cinquanta del secolo scorso Olivetti aveva conquistato una posizione di primazia globale nel settore delle macchine da calcolo elettromeccanico per ufficio. Chi ha avuto modo di vederne una e di dare uno sguardo sotto la carrozzeria potrà concordare nel descriverle come piccole cattedrali di meccanica di precisione. Centinaia di leve, molle, ingranaggi che trasformavano la pressione sui tasti in calcoli complessi sulle quattro operazioni, medie, percentuali, margini. Una tecnologia, un insieme di saperi matematici, meccanici, ingegneristici e sulla chimica dei materiali che «informavano» qualche chilo di ferro, venduto – letteralmente – al prezzo dell’oro.
E di età dell’oro si trattò: per l’azienda, per i suoi dipendenti, per tutto il territorio dei suoi insediamenti produttivi.
Il transistor e l’elettronica digitale posero fine, negli anni Settanta, a questa straordinaria fonte di reddito. La resero obsoleta, termine più rispettoso del suo significato più brutale, purtroppo altrettanto corretto: inutile.
Documenti di archivio, libri, articoli narrano i molti dettagli e i diversi aspetti di quel passaggio. Ma la tradizione orale, la narrazione epica del territorio riassume la morale della storia in tre narrazioni che raccontano come l’azienda reagì a questo terremoto tecnologico.
La prima ricorda gli investimenti che la terza generazione di imprenditori – e in particolare Roberto Olivetti – già alla fine degli anni Cinquanta aveva destinato allo sviluppo di competenze e macchine elettroniche. Sforzi che avrebbero dato i loro primi, promettenti risultati con la produzione, all’inizio degli anni Sessanta, di un elaboratore elettronico in grado di competere con quelli ai tempi prodotti dai concorrenti americani.
Olivetti e il suo team di collaboratori avevano intuito che l’elettronica avrebbe sostituito la meccanica nelle macchine per ufficio. Ma questa intuizione si infranse contro la necessità di finanziare l’impresa che, dopo una fase di forte espansione anche attraverso acquisizioni, aveva bisogno di trovare nuovi fondi per sostenere i nuovi investimenti. Nel 1964 le aziende che garantirono il finanziamento – il cosiddetto Gruppo di intervento – posero però come condizione l’uscita dell’azienda dalle attività elettroniche, considerate a quei tempi più rischiose e meno remunerative di quelle tradizionali.
La seconda storia narra lo sforzo estremo, quasi eroico, intrapreso dai tecnici elettromeccanici, e portato avanti fino alla fine degli anni Settanta, per rispondere con le loro competenze alla sfida della miniaturizzazione: progettando e realizzando calcolatrici meccaniche di dimensioni sempre più ridotte fino a produrne di «piccole», grandi poco meno di un mattone. E con queste tentarono di resistere alla concorrenza di quelle che a centinaia sbarcavano dal Giappone a una frazione del costo. Una battaglia persa in partenza ma che alcuni decisero di combattere per difendere – al di là del loro reddito – l’orgoglio della propria identità.
La terza storia narra di quelli che quasi di nascosto continuarono a tenere viva l’attività elettronica, anche con mezzi molto ridotti. Fu però uno sforzo che diede i suoi frutti con la produzione, negli anni Settanta, del Programma 101 (primo computer programmabile da tavolo) e pose le basi di competenza con cui, negli anni Ottanta, l’azienda lanciò prima le macchine per scrivere elettroniche e poi la sua linea di pc. Prodotti di grande successo che contribuirono a una fase di ulteriore grande sviluppo, ma che non riuscirono a ricreare intorno alla Olivetti un ecosistema paragonabile a quello che nel frattempo si era costituito negli Stati Uniti grazie ai pesanti investimenti sui grandi sistemi di elaborazione dati.
Si perse così una grandissima opportunità non solo per Olivetti ma per tutto il sistema industriale italiano, e si rinunciò alla presenza in un settore che sarebbe di lì a poco divenuto strategico.
Al di là degli interessi e delle motivazioni che guidarono le scelte del Gruppo di intervento, ci preme sottolineare che alcune, profonde discontinuità tecnologiche sono anche – soprattutto? – opportunità di visione, di coraggio, di valutazione di rischio, di determinazione. Virtù etiche ancor prima che tecnologiche.

Una trama comune

La rivoluzione digitale interviene nei singoli settori con modalità e dinamiche di volta in volta diverse: cosa inevitabile viste le specifiche strutture economiche, i differenti livelli di esposizione alla gestione di informazioni e la possibilità di digitalizzazione di parti più o meno estese della catena del valore.
I settori delle telecomunicazioni e dei media sono stati più direttamente investiti dall’onda del cambiamento. La loro specificità di operatori sui simboli – produzione, archiviazione, trasmissione – li ha resi protagonisti di questa fase della transizione dall’analogico al digitale. Causa ed effetto di questa rivoluzione.
Ma si pensi anche agli operatori postali: in una sola decade aziende che avevano le dimensioni di veri colossi nazionali, cresciute e rinforzatesi nell’ambiente protetto del monopolio, usate spesso come enormi ammortizzatori sociali, si sono viste erodere sensibilmente i propri margini e crollare il fatturato. A differenza di quanto successo in altri settori, in questo non è stata la liberalizzazione del mercato ad aprire le porte alla crisi, bensì la naturale digitalizzazione delle comunicazioni fisiche e cartacee, ridotte a una poltiglia di cellulosa inutile dall’azzeramento del costo di transazione di queste comunicazioni dovuto alla rapida esplosione delle email e degli sms.
Ma al di là dei modi e dei tempi per cui il processo sta avvenendo nei singoli comparti, esiste una trama comune a tutti.

A ogni rete il suo servizio

I media tradizionali – giornali, radio, case discografiche, televisioni – si sono tutti sviluppati come settori integrati verticalmente: dotati ognuno di una propria capacità di produrre e di distribuire prodotti o contenuti e di una propria rete di distribuzione.
Ognuno operava in ambienti protetti e, per certi versi, la stessa protezione vigeva anche all’interno di ciascun settore: pensiamo ai giornali finanziari, di gossip, di cultura, del mattino o della sera. Il prodotto veniva confezionato per un pubblico già definito, e diversificato.
Ogni ambito aveva la propria catena produttiva e distributiva. Nel caso dei giornali: redazione, rotative, distributori, edicole. Per la radio: redazione, studi di registrazione, rete di ripetitori, apparecchi radio nelle case. Per la musica: artisti, impianti di riproduzione di dischi e nastri, negozi di dischi, riproduttori fonografici presso i clienti. Per la televisione: una struttura di produzione, una rete di ripetitori per la distribuzione del segnale, apparecchi televisivi in casa delle famiglie per la fruizione del servizio.
L’avvento della radio e della televisione tra gli anni Venti e Cinquanta del Novecento offrì nuove finestre di distribuzione, ma senza alterare la struttura del settore: all’inizio i produttori temevano che la radio potesse rubare copie alle vendite, proprio come oggi gli studios di Hollywood temono possa fare YouTube.
Esistevano insomma reti parallele, ognuna delle quali preposta a un solo servizio. E gli apparecchi e i dispositivi di fruizione erano iperspecializzati: una sola funzione per apparecchio.
In questo paradigma rientravano anche le telecomunicazioni nate intorno a una rete dedicata alla sola telefonia vocale. L’avvento della telefonia mobile non ha alterato questa struttura: fino a dieci anni fa le due reti – anche se interconnesse per garantire la comunicazione tra telefoni fissi e mobili – restavano progettate e gestite come entità rigorosamente separate.
Per molti anni, dunque, i vari formati/servizi di informazione e intrattenimento si sono sviluppati intorno a una rigida, biunivoca simbiosi terminalerete-servizio. Per guardare un telegiornale non c’era alternativa: occorreva una tv, sintonizzata con la rete di ripetitori. (Per inciso: l’arrivo del satellite ha introdotto una nuova rete di distribuzione alternativa ma senza modificare fondamentalmente le regole del gioco. Tanto che con il passaggio al digitale terrestre anche in Italia, l’offerta di canali si è sì ampliata ma la gerarchia tra essi è rimasta immutata.)
Allo stesso modo, per fare una telefonata non si poteva che impugnare la cornetta di un apparecchio a casa o in ufficio, allacciato a una rete in rame progettata e realizzata per una sola finalità: la comunicazione vocale. Non scomodiamo la filosofia, ma sembra di riconoscere forme quasi aristoteliche di unità di tempo e di luogo: un solo servizio per ogni rete; solo una rete per ogni servizio. Un solo terminale per ogni servizio; un solo servizio per ogni terminale.
Questo era il mondo analogico dei media elettronici, e non, del secolo scorso, che ancora oggi conserva larga parte di queste caratteristiche in maniera più o meno estesa a seconda dei servizi.

Verso la rete delle reti

La rivoluzione digitale ha rimosso questa identità rete-servizio-terminale e ha rotto gli argini di separazione tra reti diverse.
Quando un programma radiofonico, un articolo di giornale, un brano musicale e un tg sono trasformati in una lunga sequenza di uno e di zero diventano, dal punto di vista delle macchine, tutti uguali: tutti possono essere manipolati, archiviati, trasmessi da macchine digitali. I bit sono bit: numeri, fatture, foto e tg. Una stessa rete – internet – può trasportarli in giro per il mondo.
Macchine digitali a essa connesse possono riceverli, immagazzinarli e riprodurli più o meno adeguatamente.
Lo stesso destino è toccato alle telefonate, che possono essere trasmesse come sequenza di zero e uno da un capo all’altro di internet. Così lo stesso numero telefonico, intrinsecamente legato per...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Occhiello
  3. Frontespizio
  4. Copyright
  5. Introduzione
  6. Patto con i lettori
  7. Parte prima - LE FONDAMENTA DEL CAMBIAMENTO
  8. Parte seconda - GEOGRAFIA DEL NUOVO MONDO
  9. Parte terza - POLITICA DEL NUOVO MONDO
  10. Qualche riferimento essenziale