Dio è un matematico
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Dio è un matematico

La scoperta delle formule nascoste dell'universo

  1. 390 pagine
  2. Italian
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Dio è un matematico

La scoperta delle formule nascoste dell'universo

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Come è possibile che un prodotto della mente umana, pur essendo indipendente dall'esperienza, si accordi tanto bene agli oggetti della realtà fisica? Se lo chiedeva, tra gli altri, Einstein pensando alla matematica, una disciplina che almeno dai tempi dei pitagorici ha assunto un'aura di divinità per le sue caratteristiche di perfezione e trascendenza. Man mano che le nostre conoscenze tecniche si sviluppano, scopriamo che le formule e le forme geometriche, elaborate sullo slancio della speculazione pura, descrivono con precisione il mondo che ci circonda e spesso anticipano scoperte ben più tarde. Qual è il mistero di tanta "irragionevole efficacia"? Per rispondere a questa domanda, Mario Livio ripercorre con vivace curiosità le avventure, i pensieri e gli accesi dibattiti delle grandi menti del passato: geni che non a caso furono insieme matematici e mistici, astronomi, fisici, sociologi e alchimisti. Così, tra le leggi della gravitazione universale di Newton, le geometrie non euclidee di Riemann e il teorema d'incompletezza di Gödel, nel racconto trovano spazio anche le Osservazioni fatte sui bollettini di mortalità con cui nel Seicento il merciaio londinese John Graunt aprì la strada al trionfale ingresso di numeri ed equazioni nelle scienze sociali per mezzo della statistica. Secoli di interrogativi, conclude l'autore, non sono bastati a dissipare il mistero della perfetta corrispondenza tra speculazione matematica e realtà fisica, ma ci hanno regalato almeno una certezza: se Dio esiste, di sicuro è un matematico integralista.

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Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2011
ISBN
9788858601099
Dio è un matematico
A Sofie
Prefazione
Quando si lavora nel campo della cosmologia – lo studio del cosmo nel suo complesso –, una delle certezze della vita diventa l’arrivo a scadenza settimanale di una lettera, un’e-mail o un fax inviati da qualcuno (invariabilmente un uomo) che vuole esporvi la propria teoria dell’universo. Il più grosso errore che possiate commettere è rispondere gentilmente dicendo che vi piacerebbe saperne di più. Il risultato immediato sarà un interminabile fuoco di fila di messaggi. Come si può dunque prevenire l’attacco? Una tattica che ho trovato particolarmente efficace (a parte la scortesia di non rispondere affatto) è di far presente un fatto incontestabile: fintantoché una teoria non è formulata in maniera precisa nel linguaggio della matematica, è impossibile valutarne la validità. Questa risposta blocca all’istante la gran parte dei cosmologi dilettanti. La verità è che senza matematica i cosmologi moderni non avrebbero potuto progredire nemmeno di un passo nel loro tentativo di comprendere le leggi della natura. La matematica fornisce la solida impalcatura che tiene insieme ogni teoria dell’universo. Può darsi che ciò non appaia così sorprendente finché non ci si rende conto che la natura della stessa matematica non è del tutto chiara. Come ha affermato una volta il filosofo inglese Sir Michael Dummett, «Le due discipline intellettuali più astratte, la filosofia e la matematica, fanno sorgere la stessa perplessità: di che cosa trattano? La perplessità non nasce soltanto dall’ignoranza: anche coloro che si occupano professionalmente di queste materie trovano difficile rispondere alla domanda».
In questo libro cercherò umilmente di chiarire sia alcune caratteristiche essenziali della matematica sia la natura del rapporto tra la matematica e il mondo che osserviamo. L’intento non è quello di stilare una storia generale della matematica: quello che faccio è piuttosto seguire l’evoluzione cronologica di alcuni concetti che hanno risvolti diretti per capire il ruolo della matematica nella nostra comprensione del cosmo.
Nel corso di un lungo periodo di tempo, molte persone hanno contribuito, direttamente e indirettamente, alle idee presentate nel libro. Vorrei ringraziare Sir Michael Atiyah, Gia Dvali, Freeman Dyson, Hillel Gauchman, David Gross, Sir Roger Penrose, Lord Martin Rees, Raman Sundrum, Max Tegmark, Steven Weinberg e Stephen Wolfram per i proficui scambi di opinioni. Sono grato a Dorothy Morgenstern Thomas per avermi permesso di consultare il testo completo del resoconto di Oscar Morgenstern dell’esperienza avuta da Kurt Gödel con il Servizio di immigrazione e naturalizzazione statunitense. William Christens-Barry, Keith Knox, Roger Easton e in particolare Will Noel sono stati tanto gentili da offrirmi spiegazioni dettagliate sui loro tentativi di decifrare il palinsesto di Archimede. Un ringraziamento speciale va a Laura Garbolino per avermi fornito materiali fondamentali per la mia ricerca e documenti rari riguardanti la storia della matematica. Ringrazio anche i dipartimenti collezioni speciali della Johns Hopkins University, della University of Chicago e della Bibliothèque nationale de France (Parigi) per aver trovato alcuni manoscritti rari per me.
Sono grato a Stefano Casertano per l’aiuto nelle difficili traduzioni dal latino, e a Elizabeth Fraser e Jill Lagerstorm per la loro impagabile assistenza bibliografica e linguistica (offerta sempre con il sorriso).
Devo un ringraziamento speciale a Sharon Toolan per la sua assistenza professionale nella preparazione del manoscritto per la stampa, e a Ann Feild, Krista Wildt e Stacey Benn per aver realizzato alcune delle figure riprodotte nel libro.
Qualsiasi autore dovrebbe essere riconoscente del sostegno continuo e paziente che io ho ricevuto da mia moglie Sofie durante il lungo periodo della stesura del libro.
Infine, vorrei esprimere la mia sincera gratitudine alla mia agente, Susan Rabiner, senza il cui incoraggiamento questo libro non sarebbe mai esistito. Sono anche profondamente riconoscente al mio editor Bob Bender per la sua attenta lettura del manoscritto e i suoi commenti penetranti, a Johanna Li per la sua preziosa assistenza nella produzione del libro, a Loretta Denner e Amy Ryan per la revisione finale del testo, a Victoria Meyer e Katie Grinch per la promozione del libro, e all’intero staff di produzione e di marketing della Simon & Schuster per il loro lavoro indefesso.
1
Un mistero
Qualche anno fa tenni un discorso alla Cornell University. Su una delle mie diapositive PowerPoint apparve la scritta: «Dio è un matematico?». Sentii uno degli studenti seduti in prima fila esclamare: «Oh Dio, spero di no!».
Quella mia domanda retorica non era né un tentativo filosofico di definire Dio per il mio pubblico né un’astuta macchinazione per intimidire le persone affette da fobia per la matematica. Stavo semplicemente presentando un mistero in cui da secoli si dibattono alcune tra le menti più originali: i poteri in apparenza onnipresenti e onnipotenti della matematica, caratteristiche che in genere si associano soltanto a una divinità. Come disse una volta il fisico inglese James Jeans (1877-1946), «Sembra che l’universo sia stato progettato da un matematico puro».[1] Sembra, insomma, che la matematica sia quasi troppo efficace per descrivere e spiegare non solo il cosmo in generale, ma persino alcune delle attività umane più caotiche.
I fisici che tentano di formulare teorie dell’universo, gli analisti di borsa che si rompono la testa per prevedere il prossimo crollo dei mercati, i neurobiologi che costruiscono modelli del funzionamento del cervello, gli esperti di statistica dell’intelligence militare che cercano di ottimizzare l’allocazione delle risorse, tutti costoro utilizzano la matematica. E, anche se si servono di formalismi elaborati in differenti branche matematiche, fanno tutti riferimento a un unico sistema matematico globale coerente. Che cosa dà alla matematica questi incredibili poteri? «Come è possibile» si chiese una volta Einstein «che la matematica, un prodotto della mente umana che è indipendente dall’esperienza [il corsivo è mio], si accordi in maniera tanto eccellente agli oggetti della realtà fisica?»[2]
Questo senso di assoluta meraviglia non è nuovo. Già alcuni filosofi dell’antica Grecia, Pitagora e Platone in particolare, manifestavano il loro stupore di fronte all’apparente capacità della matematica di dar forma all’universo e di governarlo, e di esistere, a quanto sembrava, al di sopra del potere degli uomini di alterarla, dirigerla o influenzarla. Anche il filosofo inglese Thomas Hobbes (1588-1679) non riusciva a nascondere la sua ammirazione. Nel Leviatano, l’imponente opera in cui espose ciò che considerava il fondamento della società e del governo, Hobbes individua nella geometria il paradigma del ragionamento razionale:
Se allora tale verità consiste nel giusto ordinamento dei nomi nelle nostre affermazioni, un uomo che cerca la verità precisa deve ricordarsi per che cosa sta ogni nome che utilizza e posizionarlo di conseguenza, altrimenti si troverà intrappolato nelle parole, come un uccello in un rametto di vischio, che più cerca di divincolarsi e più rimane invischiato. E così in geometria (che è l’unica scienza che Dio ha voluto finora donare al genere umano) gli uomini cominciano con lo stabilire i significati delle loro parole, chiamando definizioni questa sistemazione di significati e collocando tali definizioni all’inizio del calcolo.[3]
Millenni di ricerche matematiche portentose e di speculazioni filosofiche erudite hanno contribuito relativamente poco a far luce sull’enigma del potere della matematica. Anzi, in un certo senso il mistero si è addirittura infittito. Il noto fisico matematico di Oxford Roger Penrose, per esempio, oggi identifica addirittura un triplo mistero. Penrose distingue tre «mondi»: il «mondo delle nostre percezioni coscienti», il «mondo fisico» e il «mondo platonico delle forme matematiche».[4] Il primo mondo è la sede di tutte le nostre immagini mentali: come percepiamo i volti dei nostri figli, come godiamo di un tramonto mozzafiato o come reagiamo di fronte a orripilanti immagini di guerra. È anche il mondo che contiene l’amore, la gelosia e i pregiudizi, le nostre percezioni della musica, degli odori del cibo e della paura. Il secondo mondo è quello che in genere chiamiamo realtà fisica. Oggetti reali come fiori, pastiglie di aspirina, nuvole bianche e aviogetti appartengono a questa categoria, così come vi appartengono galassie, pianeti, atomi, cuori di babbuino e cervelli umani. Il mondo platonico delle forme matematiche, che per Penrose è altrettanto reale quanto quello fisico e mentale, è la patria della matematica. È qui che troveremo i numeri naturali 1, 2, 3, 4..., tutte le figure e i teoremi della geometria euclidea, le leggi newtoniane del moto, la «teoria delle stringhe», la «teoria delle catastrofi» e i modelli matematici del comportamento dei mercati finanziari. E a questo punto, osserva Penrose, sorgono i tre misteri. Primo, il mondo della realtà fisica sembra obbedire a leggi che risiedono nel mondo delle forme matematiche. Era questo il mistero che lasciava perplesso Einstein.
Il Premio Nobel per la Fisica Eugene Wigner (1902-1995) ne era altrettanto sbalordito:
Il miracolo dell’idoneità del linguaggio della matematica alla formulazione delle leggi della fisica è un dono meraviglioso che non comprendiamo né meritiamo. Dovremmo esserne grati e sperare che rimarrà valido nella ricerca futura e che si estenderà, nel bene e nel male, per il nostro piacere e forse anche per il nostro sconcerto, a vaste branche del sapere.[5]
Secondo, la stessa mente che percepisce – la sede delle nostre percezioni consce – è emersa in qualche modo dal mondo fisico. Come ha fatto la mente a nascere, in senso letterale, dalla materia? Saremo mai in grado di formulare una teoria della coscienza che sia coerente e convincente quanto lo è, per fare un esempio, la teoria dell’elettromagnetismo? Alla fine, ed è il terzo mistero, il cerchio si chiude. Quelle menti che percepiscono sono state capaci di accedere al mondo matematico scoprendo o creando ed esprimendo una raccolta preziosa di forme e concetti matematici astratti.
Penrose non offre una spiegazione per nessuno dei tre misteri. Conclude invece laconicamente: «Senza dubbio i misteri non sono tre ma uno, la cui vera natura al momento non riusciamo nemmeno a intravedere». Questa è un’ammissione molto più umile della risposta data dal preside nella commedia Forty Years On (scritta dall’autore inglese Alan Bennett) a una domanda in qualche modo simile:
Foster: Sono ancora un po’ confuso riguardo alla Trinità, signore.
Preside: Tre in uno, uno in tre, assolutamente chiaro. Per qualsiasi dubbio al riguardo rivolgiti al tuo professore di matematica.
Il mistero è ancora più intricato di quanto ho appena esposto. Ci sono in realtà due facce della capacità con cui la matematica riesce a spiegare il mondo che ci circonda (una capacità che Wigner chiamava «l’irragionevole efficacia della matematica»),...

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  1. Cover
  2. Frontespizio
  3. Dio è un matematico
  4. Note
  5. Bibliografia
  6. Referenze
  7. Indice