Separati in patria
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Separati in patria

Nord contro Sud, perché l'Italia è sempre più divisa

  1. 280 pagine
  2. Italian
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Separati in patria

Nord contro Sud, perché l'Italia è sempre più divisa

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Chi minaccia (o promette) secessioni può risparmiarsi la fatica: l'Italia è già spaccata. Almeno in due. Nord e Sud sono mondi diversissimi, che a volte si odiano, quasi sempre non si capiscono e di sicuro non sembrano appartenere allo stesso Paese. E se si può sorridere di striscioni e cori da stadio come "Garibaldi, perché?", i numeri delle impari opportunità sono serissimi: il reddito medio in Val d'Aosta supera i 18.000 euro, in Basilicata non arriva agli 11.000. La Lombardia ha circa 27.000 posti nei suoi asili nido, il Molise poco più di 200. Un processo in appello può durare 369 giorni a Bolzano, 2185 a Reggio Calabria, dove però alcune procure sono sotto organico fino a un devastante 100 per cento. E così via in altri campi: istruzione, amministrazione pubblica, lavoro, persino lo sport. Non stupisce che in un anno 120.000 cittadini siano emigrati da un'Italia all'altra: è uno stato di emergenza. La classe politica lo sa? Certo, ma proviene quasi esclusivamente dal Nord, visto che al Sud sembrano non fidarsi più dei politici meridionali. In questo libro, Giovanni Floris ci accompagna alla scoperta della penisola che crediamo di conoscere, analizzando le realtà sconcertanti, i dati preoccupanti, le curiosità e gli scandali di una nazione la cui unica gestione unitaria efficiente a volte sembra quella del crimine organizzato. L'Italia che sogna il federalismo e pratica l'evasione, l'Italia che chiede la meritocrazia e cerca le scorciatoie, l'Italia che si sente diversa da sé ma che a se stessa è uguale da 150 anni. E che ha la possibilità di una riscossa, legata a un salto di volontà: rimettere in moto una politica pigra e affrontare riforme coraggiose. L'inno nazionale che cantiamo è stato adottato in via provvisoria nel 1946. Forse è ora di rendere definitiva, e soprattutto operativa, l'unità d'Italia.

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Informazioni

Editore
RIZZOLI
Anno
2010
ISBN
9788858609057
A Valerio e Fabio, perché sappiano dov’è casa,
ma amino viaggiare.
A Beatrice, perché di case ne abbiamo cambiate tante,
ma non ci siamo mossi mai.
«Ebbene, che te ne sembra?» disse Peleg
quando ritornai, «cosa hai visto?»
«Non molto» risposi, «nient’altro che
acqua.»
Herman Melville, Moby Dick
Introduzione
Futuri diversi
«Il Sud alla camorra, il Nord alla Lega»: è stato un collega inglese a tratteggiare bruscamente, durante una cena tra giornalisti di diverse nazionalità, quello che, a suo modo di vedere, sarà il futuro più o meno prossimo del nostro Paese. L’Italia, secondo lui, sarebbe destinata a spaccarsi a breve, non importa se formalmente o no, e a vedere «splittato» (così diceva nel suo anglo-italiano) il proprio futuro. Da una parte (al Nord) le cliniche private, dall’altra (al Sud) gli ospedali pubblici; da una parte le industrie, dall’altra i campi lavorati dagli immigrati; da una parte le università, dall’altra i potentati baronali; da una parte il mercato, dall’altra lo Stato. Da una parte il centrodestra, dall’altra (se recupera) il centrosinistra, altrimenti un centrodestra arcaico, dai tratti un po’ democristiani e un po’ assistenzialisti. Da una parte (infine) la legge, dall’altra (nella migliore delle ipotesi) il caos.
Naturalmente la cena è terminata con una gran litigata, scatenata dalla reazione piuttosto accesa dei giornalisti meridionali che partecipavano alla tavolata. L’allarmato e allarmante scenario del collega inglese non veniva respinto solo perché tratteggiava un Paese spaccato a metà, ma anche perché prevedeva un’ineluttabile separazione dei ricchi dai poveri. Lo scenario tratteggiato dal corrispondente inglese infatti non vedeva cedere solo le istituzioni fondamentali dello Stato, ma la stessa concezione di solidarietà tra pari, il perno ultimo su cui si regge e ruota, in sostanza, la vita di una collettività.
Per quanto da un punto di vista formale le quattro categorie poveri-ricchi, Nord-Sud non siano completamente sovrapponibili a due a due (non vale l’equazione Nord = ricchi e Sud = poveri, visto che molti sono i poveri che vivono al Nord e molti i ricchi che vivono al Sud), la spaccatura tra Settentrione e Meridione sostanzialmente può (e anzi da un certo punto di vista deve) essere vista come una linea di frattura economica. La separazione dei destini di Nord e Sud sarebbe quindi, alla fin fine, leggibile come una semplice adesione al più disperato degli appelli, quel «si salvi chi può» che determinerebbe la caduta inevitabile di ogni legame interindividuale all’interno della nazione. Se approfittando delle differenze tra Nord e Sud i ricchi si liberassero dei poveri, la tappa successiva della secessione potrebbe essere immaginata come un’ulteriore spaccatura all’interno delle macroaree, poi un’altra e un’altra ancora, fino alla divisione per fasce di reddito all’interno dei quartieri della stessa città. L’effetto domino di un malinteso individualismo, l’egoismo coperto dal regionalismo.
Non è questo che ci aspetta: siamo italiani, e lo impediremo. Ma il rischio c’è.
Questo libro non intende imporre l’idea di un’Italia unita. Non vuole far forza sulla retorica per convincere eventuali eretici che Garibaldi, Mazzini e Cavour avevano ragione. Questo libro parla anzi di una secessione: la secessione che già c’è, non quella che qualcuno auspica e qualcuno teme. Analizza le divisioni che nel nostro Paese sono determinate da fattori storici, economici e sociali, in qualche misura anche da fattori culturali e che di certo vengono aumentate, in maniera sempre più netta, da un mix di logica, cinismo e rassegnazione.
Questo libro non intende negare le differenze, non intende cancellarle con appelli accorati.
Intende scavalcarle.
PARTE PRIMA
L’Italia non esiste
1
Vite parallele
Il signor Cacace e il signor Brambilla
Quando nacque il piccolo Cacace, sua mamma (la signora Cacace) dovette lasciare il lavoro. I nonni non stavano bene, vivevano con lei ma non potevano tenerle il bambino, e fu così che si decise che fosse lei a restare a casa con il pupo. Il babbo d’altronde, nei periodi in cui lavorava, si assentava spesso e asili nido, nella zona, non ce n’erano. Il piccolo Cacace era iscritto alla lista d’attesa, ma il suo turno non arrivava mai. Peccato, perché il nido non sarebbe nemmeno costato tanto.
La signora Brambilla invece, quando nacque il piccolo Brambilla, il lavoro poté tenerlo. I suoceri non erano certo un peso, da poco il Comune aveva anche concesso loro l’assistenza, e il babbo lavorava e guadagnava bene: quando il suo piccolo compì un anno, poi, lo consegnò a un asilo nido molto bello, vista sul lago, che non costava poco, ma le permetteva di continuare ad andare al lavoro, cosa importante perché senza il lavoro «a stare sola col bambino, senza staccare mai», amava dire, «si rischia di impazzire!».
Il rischio in effetti la signora Cacace lo correva ogni giorno, ma seppe tener duro. Durante i suoi primi anni di vita il bambino Cacace restò molto a casa, in compagnia della mamma e dei nonni, mentre il bambino Brambilla poteva giocare anche con gli amichetti al nido, seguito dalle maestre. Quando verso le 13 lo andavano a prendere, rivedere babbo, mamma, nonno e nonna era una festa.
Il tempo passava, e il piccolo Brambilla cresceva bene. Amava leggere, venivano spesso a cena le colleghe di mamma o i colleghi di babbo, lui sedeva a tavola con loro e li ascoltava chiacchierare, a volte persino intervenendo nelle discussioni. Tutti gli dicevano: «Ma che sveglio è questo bambino, e come parla bene!».
Il piccolo Cacace non faceva vita «mondana», cenava con la madre in cucina, prima che tornasse il padre. La mamma però si sforzava di farlo parlare, del mondo esterno e di ciò che vi accadeva, cercava in tutti i modi di animare le loro conversazioni, così da non far pesare al suo bambino un ambiente che avrebbe voluto fosse un po’ più stimolante. Mano a mano che cresceva, il piccolo Cacace tendeva a stare meno in casa, frequentava gli amici in strada; ma questi ultimi non affrontavano chissà quali discussioni, e parlavano per lo più in dialetto. Babbo e mamma Cacace lo tenevano comunque sempre sott’occhio, perché non finisse in brutti giri e perché non dimenticasse mai quale doveva essere il suo obiettivo: laurearsi e trovare un buon lavoro.
Intanto Brambilla riceveva una paghetta mensile, e si abituava a risparmiare. Anche i suoi genitori vigilavano, perché con i giovani non si può mai sapere, ma conoscevano bene gli amici del Brambillino, e sapevano sempre a casa di chi andavano a giocare.
A casa Brambilla si mangiava molta carne, a casa Cacace poca, e i cibi che arrivavano sulla tavola dei Brambilla erano vari e gustosi, a differenza di quelli della tavola dei Cacace, sempre più spesso comprati al discount.
A scuola il piccolo Cacace fu eroico. Gran parte dei suoi amici del quartiere abbandonarono gli studi dopo le medie, qualcuno anche prima. Lui si impegnò, aiutato anche da ottimi insegnanti, e arrivò al diploma. Nonostante quello che gli avevano da sempre detto babbo e mamma, avrebbe voluto cercarsi subito un lavoro, lavoro che però non trovò, e fu costretto quindi (per la gioia dei suoi) a continuare a studiare: fu così che Cacace si laureò.
Anche qualche amico di Brambilla abbandonò gli studi, attratto dal lavoro immediato e dallo stipendio facile. Brambilla invece divenne dottore, e affrontò immediatamente una serie di colloqui di selezione, alcuni dei quali ebbero esito fortunato. Scelse l’impiego che sentiva più adatto a sé, e ottenne il suo primo stipendio.
Cacace intanto si sposava con la signorina Esposito, un bel matrimonio in chiesa. Lei mostrò subito di che pasta era fatta: gestiva la casa e cercava un lavoro che alla fine, però, trovò proprio quando scoprì di essere rimasta incinta del loro primo bambino. Rinunciò quindi all’impiego, anche perché Cacace, ancora disoccupato a tre anni dalla laurea, aveva deciso: si sarebbero trasferiti in una grande città del Nord. Cacace aveva la testa dura, e non voleva mollare.
Brambilla intanto andò a convivere con la signorina Barbieri. Lui il lavoro lo aveva trovato quasi subito, ma era rimasto a vivere con i genitori a lungo prima di fare il passo. Brambilla e Barbieri decisero anche di aspettare prima di avere figli, visto che il lavoro di lei (stimolante ma impegnativo) le avrebbe impedito di seguirli come avrebbe voluto.
Cacace arrivò al Nord, e trovò un lavoro che bene o male lo soddisfaceva. In ogni caso era un’assunzione vera e propria, non un contratto a tempo determinato come tutti quelli che gli avevano proposto al Sud.
Fermiamo qui il nostro gioco, pochi giorni prima che Cacace e Brambilla si conoscano in una qualche cena di professionisti. Fermiamoci al momento in cui Cacace ce l’ha fatta, il momento in cui si è messo al passo con Brambilla: adesso entrambi hanno messo su famiglia, hanno ottenuto un lavoro, vivono in una città che offre loro delle opportunità. Adesso sono alla pari, e hanno le stesse chance di essere felici. Ma quanto ha dovuto faticare Cacace per arrivare ai blocchi di partenza! Ha dovuto persino abbandonare la città dove era nato. Per riuscire a giocarsi le sue carte è stato costretto a emigrare, ha salutato parenti e amici, proprio come aveva fatto suo nonno tanti anni prima.
Sia chiaro: Brambilla e Cacace non esistono. Sono una figura retorica, il risultato di una statistica, sono la traduzione letteraria di tutti i dati con cui gli appositi uffici studio fotografano l’Italia ogni anno. 1 Sono un’approssimazione, non devono gratificare o indignare nessuno. Ci servono per focalizzare il nostro punto di partenza: da subito in Italia i destini di chi nasce al Sud e di chi nasce al Nord si dividono. È questa la vera secessione.
Sin dalla nascita
Sembra una sciocchezza, ma mentre nel Centro-Nord le donne che frequentano corsi di preparazione al parto sono circa il 40 per cento, nell’Italia meridionale e nelle Isole sono rispettivamente il 12,7 e il 14,9 per cento. Al Settentrione il babbo assiste al parto 8 volte su 10, al Sud 3 su 10. Nel Mezzogiorno 80 parti su 100 si svolgono senza problemi, ma 10 possono essere ad altissimo rischio per mamma e bambino. Un parto su 3 avviene in strutture non eccellenti, attrezzate in modo inadeguato e con meno di 1000 parti annui effettuati (livello minimo richiesto, secondo la Federazione italiana di ostetricia e ginecologia, per avere un «livello di garanzia ottimale»). La Calabria presenta il più alto tasso di mortalità infantile (5,40 per mille) la Lombardia il più basso (2,79 per mille).
Più i bambini crescono, più il divario tra Nord e Sud si apre: il gap territoriale insegue gli italiani per tutta la vita. Per quanto riguarda l’assistenza dei comuni, nell’area «famiglia e minori» la spesa pro capite varia dai 36,4 euro del Sud ai 140,5 euro del Nord-Est, con un minimo di 25,7 euro in Calabria e con valori superiori a 200 euro pro capite in Valle d’Aosta, Emilia-Romagna e nella provincia di Trento. Assistenza ai disabili? Spesa pro capite della Calabria 324 euro contro i 2621,46 della Lombardia. Gli asili costano più al Nord, ma al Sud non se ne trovano: economici, ma pochissimi. Scopriremo più in là che al Nord si guadagna di più, mentre al Sud si guadagna di meno, e che quindi i prezzi potrebbero anche considerarsi proporzionati, se non fosse che le liste d’attesa traboccano solo al Sud. Il poco edificante record va alla Campania con il 40 per cento di bimbi in anticamera, seguita da Molise (36 per cento), Sicilia e Lazio (34 per cento ciascuno). A Lecco la percentuale dei bimbi in coda è pari a zero, a Crotone 6 su 10 aspettano di fare il loro ingresso in asili sul punto di scoppiare.
La Lombardia ha 617 strutture e circa 27.000 posti nido disponibili, l’Emilia-Romagna 540 asili e 23.463 posti, la Toscana 399 nidi e 14.137 posti. Il Molise ha solo 6 asili per 219 posti disponibili. Il servizio di asilo nido pubblico è presente solo nel 17 per cento dei comuni italiani; nel loro insieme il 59 per cento è concentrato nelle regioni settentrionali, il 27 per cento al Centro e solo il restante 14 per cento al Sud.
Si potrebbero citare altri dati: sono tanti, diversi, e li incontreremo durante il percorso che ci siamo prefissi. Tutti i dati raccolti comunque disegnano due Ital...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Frontespizio
  3. Separati in patria
  4. Note
  5. Ringraziamenti
  6. Indice