II
La delegazione apostolica di Mesopotamia, Kurdistan e Armenia Minore
LAURENT TRIOCHE, decimo vescovo latino, primo arcivescovo (1837-1887) e delegato apostolico per la nazione caldea e per la Persia (1837-1850).
La scelta del successore del Bonamie non fu breve; a tre anni dalla rinuncia, il 22 marzo 1837, Gregorio XVI decideva di nominare vescovo di Babilonia dei Latini, nonché amministratore ad beneplacitum di Isfahan dei Latini e «Delegatum Apostolicum pro Natione Catholica Chaldeorum [...] cum facultatibus omnibus necessariis et opportunis [...] quando gravius aliquod novum Ecclesiasticum negotium ad exitum perdicendum occurrat»1, il sacerdote Laurent Trioche, fino ad allora amministratore diocesano. Marsigliese, buon conoscitore della Chiesa latina di Mesopotamia, ancora chierico, aveva raggiunto il vescovo Coupperie, che lo ebbe quale segretario, lo ordinò prete nel 1826 e lo fece suo fiduciario durante le assenze dalla sede; nel ricordare il suo «vertueux évêque» [virtuoso vescovo], il Trioche si dichiarava «admirateur et fidèle compagnon de ses traveaux apostoliques depuis l’an.1820» [ammiratore e fedele compagno dei suoi lavori apostolici fin dall’anno 1820] e affermava di voler seguire «les traces de ce vénérable prélat» [le orme di questo venerabile prelato].2 La scelta pontificia fu opportuna per due ragioni: anzitutto, perché il Trioche conosceva bene la situazione religiosa locale dandone prova con meticolosi rapporti a Propaganda Fide, poi perché era difficile catapultare dalla Francia in Mesopotamia vescovi privi di esperienza missionaria, non sempre ben disposti a trasferimenti in luoghi difficili e spesso ostili. In futuro Roma nominerà per Bagdad ecclesiastici vissuti o viventi in Medio Oriente, riducendo il rischio di trovarsi di fronte a rinunce, dopo che il candidato aveva accettato l’ufficio. A Roma, inoltre, si faceva strada l’idea di avere sul posto un delegato apostolico; un ufficio che poteva essere ricoperto dal vescovo latino, dopo l’esperienza, tutto sommato positiva, dei vescovi Coupperie e Baillet, ai quali erano state affidate incombenze del genere e come era avvenuto già in Siria. Le relazioni con la Chiesa caldea, e presto anche con le altre antiche Chiese della regione, esigevano sul posto una presenza stabile del rappresentante pontificio. E il vescovo Trioche fu il primo a portare ufficialmente il titolo di Delegato Apostolico per la Nazione caldea.
Eletto, dunque, vescovo, la notizia lo raggiunse a Bagdad il 5 agosto 1837 e fu subito felicitato dai presuli caldei.3 Dandone riscontro al card. G. Fransoni, prefetto di Propaganda Fide, con bella lettera del 19 dello stesso mese, il Trioche informava di essere stato consacrato il 15 agosto a Bagdad nella chiesa latina, dal vescovo caldeo di Gezira Pier Giorgio di Natale, responsabile della sede patriarcale di Babilonia, assistito dal vescovo siro di Mossul, Gregorio Issa, e dal patriarca caldeo di Babilonia, Youhanna Hormez, giunto a Bagdad proprio alla vigilia del rito; vi partecipò una folla assai numerosa, che seguì il rito dai tetti, dalle finestre e da ogni dove possibile. L’essere stato consacrato da vescovi non latini aveva suscitato ammirazione per il papa anche tra i non cattolici: «Plusieurs m’ont dit» scriveva «“nous sommes a présent convaincus que le souverain pontife honore tous les rites également puis qu’il fait sacrer un évéque latin par des évêques qui sont d’un autre rit. Qu’elle est belle est heureuse cette église romaine elle réunit tous les peuples dans son sein comme une bonne mère elle les aime tous également, poussions nous un jour nous réunir à elle!”» [Molti mi hanno detto “siamo ora convinti che il sovrano pontefice onora ugualmente tutti i riti, dal momento che fa consacrare un vescovo latino da vescovi che appartengono a un altro rito. Quanto è bella e felice questa chiesa romana, che riunisce tutti i popoli nel suo seno e li ama tutti allo stesso modo. Possiamo noi un giorno ricongiungerci a essa!”]4 Nella primavera del 1838 intraprese la visita apostolica nei villaggi cristiani dell’Alta Mesopotamia, cominciando da Kerkuk fino ad Alqosh; nel suo resoconto, rilevava che il patriarcato era composto da otto circoscrizioni ecclesiastiche, oltre la sede patriarcale, e cioè: Babilonia-Bagdad, con 107 famiglie cristiane; Kerkuk con 320; Mossul con 962; Amadia con 594; Gezira con 265; Seert con 187; Diarbekir con 69; Mardin con 41; Azerbajan e Salmas con 259. Si incontravano anche piccole comunità in alcuni villaggi presso Tabriz, Orfa e Urmia, con 118 famiglie; visitò il monastero di S. Ormisda, intrattenendosi alcuni giorni e dando istruzioni circa la vita monastica;5 ma, a suo dire, uno dei maggiori problemi della Chiesa caldea consisteva nella precaria formazione del clero, a cui era necessario provvedere. Anche per tale istanza, nel 1841 Propaganda Fide cominciò a pensare all’ipotesi di erigere un seminario per la formazione sacerdotale; questione che si ripropose nel 1844, allorché il Trioche ottenne dal dicastero vaticano l’incoraggiamento «a promuoverlo con ogni impegno a vantaggio della Nazione caldea»;6 nel sinodo dei vescovi caldei del 1853, i presuli ne fecero oggetto di valutazione, ma, a motivo delle complesse vicende del tempo, si dovette attendere per la sua istituzione; Propaganda, infatti, studiava pure l’opportunità di creare in Mesopotamia un «gran seminario, il cui scopo fosse di educare alla Chiesa, e d’istruire nelle sagre discipline i chierici latini delle missioni di oriente» e, in proposito, il vescovo Trioche fu richiesto di fornire valutazioni e giudizi.7 Durante il suo mandato, il presule si occupò poi della successione del patriarca Youhanna Hormez, morto l’8 agosto 1838 a Bagdad, a cui seguì il patriarca Nicolas Isaias Yacoub; nel 1848 gli successe il patriarca Yousuf Audo.8 Il Trioche resse la diocesi latina di Bagdad per circa vent’anni; a lui si deve l’elevazione della medesima circoscrizione ecclesiastica al rango di arcidiocesi, che avvenne il 19 agosto 1848, divenendone il primo arcivescovo, e avendo come suffraganea la diocesi latina di Isfahan, allora amministrata dallo stesso Trioche, tramite un missionario apostolico, suo vicario;9 in pari tempo, il Trioche fu nominato Delegato Apostolico di Persia10 e, come i suoi predecessori, rappresentò la Francia quale console a Bagdad, godendo di benefici e privilegi che gli facilitarono non poco la sua attività e i suoi viaggi.
Il presule, quale pastore, consolidò le opere avviate dal suo amato predecessore: richiamò i carmelitani a Bagdad, cui affidò nuovamente la chiesa e la scuola dei ragazzi, mantenne buone relazioni con i caldei e gli assiri, sviluppò il sensus ecclesiae catholicae tra tutti i cristiani; rimase a Bagdad fino al 1856, allorché decise di ritirarsi, andando a vivere a Marsiglia, ma mantenendo il titolo di Babilonia fino alla morte, che lo colse il 27 novembre 1887.
Durante il suo mandato il vescovo giacobita Stefano Gezracci era passato al cattolicesimo, come pure alcuni preti nestoriani;11 per l’opera di cappuccini e domenicani, inoltre, si era notevolmente accresciuto il numero dei siro-cattolici a Mossul e nella Mesopotamia settentrionale; i loro vescovi mostreranno zelo e virtù, facendo della comunità di Mossul una delle più importanti diocesi della Chiesa sira.12 Era cominciata un’epoca di conversioni al cattolicesimo, compreso di armeni e nestoriani, che sarebbe durata tutto il secolo.
Dal 1850 mons. Trioche rinuncerà a trattare gli affari orientali; motivo per cui Roma nominò un delegato nella persona del domenicano italiano Merciaj, antico prefetto della missione di Mossul. La missione domenicana di Mossul, abbandonata da ventisei anni (1815-1841), su richiesta di Propaganda Fide, era stata riaperta nel 1843 proprio dal padre Merciaj e dai suoi confratelli Coda e Lacetti; il loro arrivo, in verità, non fu troppo fortunato: padre Coda ben presto morì e padre Lacetti dovette rientrare in Italia; restò il Merciaj, con un prete italiano, Giuseppe Valerga,13 che, più tardi, diverrà il primo patriarca latino di Gerusalemme dopo la restaurazione del patriarcato nel 1847. Nel 1844 arriveranno i padri Marchi e Jodice, che avviarono la costruzione della chiesa della missione, visitarono il Kurdistan e, nel 1847, con padre Cecchi, fondarono il convento di Mar Yacoub, appunto nel Kurdistan.14
La delegazione apostolica di Mesopotamia, Kurdistan e Armenia Minore. Valutazioni storico-geografiche e statistiche della delegazione.
A seguito delle conversioni tra nestoriani, giacobiti e armeni nelle province di Bagdad, Mossul e Diarbekir, i vescovi Baillet, Coupperie e Trioche si erano trovati spesso a occuparsi dei bisogni spirituali dei neo-convertiti. Moltiplicandosi le esigenze, cominciarono a essere costituite o ripristinate sedi episcopali i cui pastori, «comme de juste» [come è giusto], annotava il delegato Altmayer nella breve manoscritta Histoire de l’Archevêché Latin de Bagdad et de Babylone, presero in mano il governo dei propri fedeli, sotto l’autorità dei rispettivi patriarchi; in precedenza, non di rado, i missionari apostolici avevano supplito alle carenze realizzando un intreccio pastorale, non sempre privo di equivoci e di controversie, specialmente quando vi erano di mezzo matrimoni misti e i fedeli richiedevano, con varie motivazioni, di passare ad altro rito. L’ordinario latino di Bagdad fu al centro di tale materia, riservata alla Sede Apostolica, che domandava di essere sempre informata, concedendo i nulla osta con molta cautela e a ragion veduta.
Intanto, nell’impero ottomano del XIX secolo, la Sede Apostolica, in considerazione della rapida evoluzione dei tempi, aveva cominciato a nominare i primi delegati apostolici; ne beneficiarono Siria, Mesopotamia, Kurdistan e Armenia Minore; poi successivamente Egitto, Arabia, Turchia e Persia; un ufficio «devenu d’autant plus nécessaire et important» [divenuto ancora più necessario e importante]15 dello stesso ordinariato latino. Così, mentre in passato vescovi e vicari apostolici rappresentarono il romano pontefice in modo occasionale e senza titolo, ora, sotto la nuova configurazione giuridica, lo divengono in modo stabile e ufficiale, offrendo la possibilità a Roma di conoscere e informarsi sulla vita e sullo sviluppo delle chiese locali, cattoliche e non cattoliche.16
Il primo delegato apostolico in Medio Oriente fu costituito in Siria, con breve pontificio del 17 giugno 1762, nella persona del vicario apostolico di Aleppo, Arnoldo Bossù, al quale fu affidato il compito di seguire tutte le comunità cattoliche esistenti sul territorio, a qualunque rito appartenessero, nonché di dare esecuzione alle costituzioni pontificie e informare la Sede Apostolica sulla vita e i problemi delle comunità orientali; l’esperimento fu ripetuto in Mesopotamia con il Trioche, nominato «delegato per la Nazione Caldea», quindi in Costantinopoli e Persia. Ma la costituzione dei delegati apostolici non era priva di problemi, in quanto il governo turco, pur non ignorandone l’esistenza (ad esempio la delegazione di Costantinopoli era accettata come canale di comunicazione tra il papa e il sultano), non riconosceva l’attività e la giurisdizione sui sudditi ottomani cattolici; autorità, invece, accordata tramite firmano, ai vescovi investiti dal governo, i quali avevano il diritto di emanare per i soggetti delle proprie Chiese, ordini implicanti effetti amministrativi.17 La delicata posizione dei delegati, pertanto, comportava che essi, anche in materia religiosa, dovessero mantenere molta prudenza, al fine di non irritare le suscettibilità e non sollevare penosi conflitti, che avrebbero potuto comportare l’intervento delle autorità turche. Ciò spiega perché l’ambasciata di Francia presso la Sublime Porta, almeno fino al tempo del crollo dell’impero ottomano, divenne un canale privilegiato per l’inoltro di proteste e di richieste per gli interessi della Chiesa latina. Lo stesso Altmayer, volendo spiegare meglio il ruolo del delegato pontificio, ne tracciò un profilo, che ricalcava certamente quello di altri delegati pontifici, ma, al tempo stesso, rilevò le peculiarità connesse alla situazione della cristianità di Mesopotamia. Egli affermava, anzitutto, che il delegato apostolico non era estraneo, anzi si inseriva pienamente negli avvenimenti, «felici e infelici», che marcavano i «progressi, le lotte e le sofferenze» della vita delle Chiese locali, dive...