ATTO PRIMO
Salotto in casa di Silia Gala, bizzarramente addobbato. In fondo, grande porta vetrata olandese, di vetri rossi scompartiti su intelajatura bianca che s’apre su due bande, scorrendo di qua e di là entro la parete. Aperta, lascia scorgere di là il salotto da pranzo. La comune è nella parete sinistra, dove è anche una finestra. Nella parete di destra é un camino; sulla mensola di esso, un orologio di bronzo. Presso il camino, un uscio.
SCENA PRIMA
SILIA GALA, GUIDO VENANZI
Al levarsi della tela, la vetrata in fondo è aperta. Guido Venanzi, in abito da sera, è nel salotto da pranzo, in piedi presso la tavola, su cui si scorge una rosoliera d’argento con varie bottiglie entro gli anelli in fila. Silia, in una lieve vestaglia scollata, è nel salotto; quasi aggruppata su una poltrona, assorta.
GUIDO
(offrendo dal salotto da pranzo) «Chartreuse»? (Aspetta la risposta. E poiché Silia non risponde:) «Anisette»? (c.s.) «Cognac»? (c.s.) Insomma? a mio gusto? (Versa un bicchierino d’anisette e viene a porgerlo a Silia.) Ecco.
SILIA
(lo lascia aspettare senza scomporsi dal suo atteggiamento; poi, scrollandosi per il fastidio di vederselo lì accanto con quel bicchierino in mano) Ufff!
GUIDO
(subito, allo sbuffo, bevendo lui d’un tratto il bicchierino e poi inchinandosi) E grazie dell’incomodo! Non ne avevo proprio nessuna voglia, per me. (Va a posare il bicchierino di là, siede, si volta a guardar Silia che s’è ricomposta nel primo atteggiamento, e dice:) Potessi almeno sapere che cos’hai!
SILIA
Se tu, in questo momento, mi credi qua…
GUIDO
Ah! non sei qua? Sei fuori?
SILIA
(smaniosamente) Fuori, sì! fuori! fuori!
GUIDO
(piano, dopo una pausa, come a se stesso) E dunque io qua sono solo. Benissimo. Potrei, come un ladro, approfittarmi di quello che vi trovo. (Si alza, finge di cercare intorno, le s’appressa come se non la vedesse; poi, fermandosi, con finta meraviglia:) Oh! guarda… e che cos’è? Il tuo corpo lasciato qua, su questa poltrona? Ah, me lo prendo subito! (Fa per abbracciarla.)
SILIA
(balzando in piedi e respingendolo) Finiscila! T’ho detto no! no! no!
GUIDO
Peccato! Sei già tornata a casa. Ha ragione tuo marito quando dice che il nostro fuori è sempre dentro di noi.
SILIA
È la quarta o quinta volta, ti faccio osservare, che mi parli di lui, questa sera.
GUIDO
Mi pare che sia l’unico mezzo che riesca a farmi parlare con te.
SILIA
No, caro: a rendermiti più insoffribile!
GUIDO
Grazie.
SILIA
(dopo una lunga pausa, con un sospiro, come se parlasse tanto lontana da sé) Lo vedevo così bene!
GUIDO
Che cosa?
SILIA
Forse l’ho detto… Ma così preciso… tutto… Con quel sorriso per niente…
GUIDO
Chi?
SILIA
Mentre faceva… non so… le mani non gliele vedevo… Ma è un mestiere che fanno lì le donne, mentre gli uomini pescano. Vicino l’Islanda, sì… certe isolette.
GUIDO
Ti sognavi… l’Islanda?
SILIA
Mah!… Vado così… vado così! (Muove le dita, per significare, in aria, con la fantasia. Pausa. Poi di nuovo smaniosamente:) Deve finire! deve finire! (Quasi aggressiva:) Capisci che così non può più durare?
GUIDO
Dici per me?
SILIA
Dico per me!
GUIDO
Già, ma… per te vuol dire per me?
SILIA
(con fastidio) Oh Dio! Tu vedi sempre piccolo. La tua persona. Te, in ballo. Tutto circoscritto, definito. Per te, scommetto, la geografia è ancora il libro su cui da ragazzo la studiavi.
GUIDO
(stordito) La geografia?
SILIA
Nomi da imparare a memoria, sì, per la lezione che il professore t’assegnava!
GUIDO
Ah già, che supplizio!
SILIA
Ma fiumi, montagne, paesi, isole, continenti, ci sono davvero, sai?
GUIDO
Eh… grazie…
SILIA
Mentre noi siamo qua, in questa stanza, ci sono, e ci si vive!
GUIDO
(come se tutto a un tratto gli si facesse lume) Ah, forse vorresti… viaggiare?
SILIA
Ecco qua: io… tu… viaggiare… Dico perché tu veda un po’ fuori di te… largo… Tanta vita diversa da questa che io non posso più soffrire, qua. – Soffoco!...