Consigli ai politici
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Consigli ai politici

  1. 144 pagine
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Consigli ai politici

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CURIOSA E DIVERTENTE, ecco una breve raccolta di scritti politici sulla formazione dell'uomo di governo, una guida alla conquista e alla gestione del potere. In questo moderno vademecum del politico, Plutarco dà consigli all'aspirante leader: dal modo di atteggiarsi in pubblico alle letture, dall'età per andare in pensione alle norme etiche cui attenersi. Cinque trattati presi dai Moralia di estrema attualità, utili allora come ai giorni nostri. Il politico è l'artista per eccellenza. - PLUTARCO (47 - 125 d.C. ca)

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2013
ISBN
9788858646571
CONSIGLI POLITICI
1. Se per qualche altra occasione torna utile, o Menemaco,1 riportare versi:
«Nessuno, per quanti sono gli Achei, disprezzerà il tuo discorso, o vorrà contraddirlo. Ma tu non hai raggiunto ancora il [termine del tuo dire»2
È proprio dei filosofi nei confronti di quelli che esortano, senza che nulla insegnino, e nulla di concreto riescano a indicare. Sono simili a coloro che smoccolano le lucerne, ma poi non vi versano l’olio. Considerando dunque che tu sei stato spinto alla politica dalla ragione, e aspiri, conformemente alla tua nobile origine, a essere in patria uno che:
«Sa dire parole e portare a termine fatti»,3
perché non hai tempo di considerare la maniera di vita di un filosofo, immersa sotto la luce del sole nelle faccende politiche e nelle pubbliche lotte e di divenire spettatore di esempi che si concludono con fatti e non con parole, e desideri ricevere insegnamenti politici, ritengo che un rifiuto sarebbe assolutamente sconveniente da parte mia, ed esprimo l’augurio che questo lavoro risulti degno del tuo zelo e della mia disposizione d’animo. Come poi tu chiedevi, io mi sono avvalso degli esempi più svariati.
2. Anzitutto sia stabilita per l’attività politica come base sicura e stabile la scelta che trae il suo principio sul giudizio e sulla ragione e non un fuoco di paglia dettato da vanagloria o amore di contesa o per mancanza di altre attività. Come infatti coloro che in casa non hanno niente di buono da fare passano la maggior parte del tempo in piazza, anche se non ne hanno alcun bisogno, così alcuni per non avere niente altro da fare di personale che sia degno d’attenzione si buttano nei pubblici affari prendendo la politica per passatempo. Molti d’altra parte, che a caso si sono dati alla politica, una volta che ne siano ben sazi, non possono staccarsene facilmente, provano la stessa condizione di quelli che saliti su una barca per dondolarsi un po’, ma poi trascinati in alto mare, ne soffrono il male. Poi guardano lontano in preda al vomito e qua e là sbattuti, costretti a rimanere (dove sono) e a subire le circostanze:
Sopra la rilucente bonaccia del mare
le brame ardenti del bel volto della nave col remo
che solca il mare,
li esposero alla collera divina.4
Questi poi screditano in modo particolare l’attività politica per il loro ripensarci e affliggersi, e pur avendo sognato la gloria, precipitano nell’oscurità, o aspettandosi di divenire temibili agli altri tramite il potere, devono affrontare situazioni pericolose e sconvolgenti.
Colui invece che si è dato alla politica, come a un’attività a lui particolarmente confacente e bella in base a convinzione e ragionamento, non viene colpito da alcuna di queste vicissitudini e nemmeno si ricrede circa la sua scelta.
Né bisogna volgersi alla politica per desiderio di imbrogli o di lucro, come i seguaci di Stratocle o Dromoclide5 che si chiamavano l’un l’altro alla «messe d’oro», così chiamavano scherzosamente la tribuna, e neppure essendo stati colti all’improvviso da frenesia, come avvenne a Caio Gracco,6 che mentre le sventure capitate al fratello erano ancora calde aveva stabilito di tenere lontanissima la propria vita dalla politica, ma bruciando di rabbia per l’insolenza di alcuni e per le offese contro di lui, vi si immerse a testa in giù; poi ben pieno di maneggi e di fama, cercando di staccarsene e avendo bisogno di un mutamento e di tranquillità, non trovò modo di deporre il proprio potere perché troppo grande e finì per essere eliminato. Quelli poi che per amore di pubbliche contese o di gloria si sono trasformati come attori per recitare in teatro, è giocoforza che si pentano o essendo servi di coloro che ritenevano di dominare o indisponendo coloro che volevano compiacere.
Ma io ritengo che coloro che cadono accidentalmente e contro ogni aspettativa nella lotta politica, come in un pozzo, siano presi da sconforto e pentimento, mentre coloro che vi scendono con preparazione e discernimento, molto serenamente e con misura governano gli impegni e non si tormentano per nulla, poiché hanno come fine delle loro azioni proprio il bene e nessuna altra cosa.
3. Così dopo aver poggiato la loro scelta in se stessi e averla resa salda e non soggetta a mutazioni, occorre volgersi all’analisi del carattere dei concittadini, a quello che appare fra tutte le altre cose particolarmente saldo e ha considerevole forza. Del resto il metter mano subito a formare il carattere del popolo e correggerne la natura, non è cosa facile né sicura, ma richiede molto tempo e grande autorevolezza.
Ma come il vino inizialmente è dominato dall’indole del bevitore, poi gradualmente scaldandosi e diffondendosi nel corpo è esso stesso a formare l’umore di chi beve e a mutarlo, allo stesso modo occorre che chi fa politica, finché non si è procurato come guida la forza che deriva dalla fama e dal credito, si ponga in armonia con i costumi ricorrenti e li tenga bene in considerazione, ben conoscendo i tratti per cui il popolo si compiace per sua naturale conformazione e dai quali si lascia attrarre. Come il popolo ateniese è ben facile all’ira, ma altrettanto facile alla compassione, e disposto a volgersi al sospetto all’improvviso più che a lasciarsi guidare con calma; e come è assai pronto a venire in aiuto agli uomini umili e deboli, così ama e predilige i discorsi scherzosi e comici; si rallegra particolarmente con chi l’elogia, ma non si adira affatto con chi lo canzona: temibile perfino con chi comanda, è poi umano anche con i nemici. Diverso il carattere del popolo cartaginese, aspro, torvo, sottoposto a chi comanda, duro con i sottoposti, del tutto selvaggio nell’ira, tetragono nelle decisioni, impassibile e rigido allo scherzo e alla grazia. Essi poi se Cleone li avesse invitati a rimandare l’assemblea, perché aveva compiuto un sacrificio e era in attesa di cenare con degli ospiti, e nemmeno ad Alcibiade, quando durante un discorso saltò fuori una quaglia da sotto il mantello, non gliela avrebbero certo restituita dopo averla diligentemente cercata, ma li avrebbero certamente condannati a morte, quali insolenti e dissoluti.7 Del resto cacciarono in esilio anche Annone perché si serviva come bestia da soma di un leone, accusandolo di aspirare alla tirannide.
Io ritengo che neppure i Tebani, una volta impadronitisi delle lettere dei nemici, si sarebbero guardati dal leggerle come fecero invece gli Ateniesi, quando catturarono dei messi che portavano una lettera di Filippo per Olimpia, evitarono di aprirla e divulgare l’intima amorevolezza di un uomo lontano alla sua donna. E d’altra parte io penso che neppure gli Ateniesi avrebbero sopportato agevolmente l’alterigia e l’orgoglio di Epaminonda che ricusando di difendersi dall’accusa, si ritirava dal teatro e passando in mezzo all’Assemblea, se ne andava al ginnasio;8 e che sarebbe mancato molto che gli Spartiati avessero tollerato la presa in giro e la buffonaggine di Stratocle quando convinse gli Ateniesi a solennizzare con sacrifici la buona notizia in quanto vincitori, ma poi quando in realtà fu annunciata la sconfitta chiese al popolo che cosa aveva fatto di male, quando per merito suo aveva passato piacevolmente tre giorni di festa.9
Gli adulatori di corte, come cacciatori, imitandoli con la voce e rendendosi in tutto simili ai regnanti, cercano di insinuarsi con ogni mezzo e li accostano con la frode. Al politico invece non si addice imitare il carattere del popolo, ma conoscerlo e valersi quanto a ogni singolo popolo dei mezzi con i quali è facile accattivarselo. L’ignoranza dei caratteri porta di conseguenza in politica a insuccessi e cadute non meno deleterie di quelle che si determinano nei legami di amicizia con i re.
4. Occorre poi, una volta che goda di forza e di credibilità, tentare di armonizzare il carattere dei cittadini e condurli senza timore verso il meglio quasi tenendoli con accortezza per mano: è piuttosto laborioso infatti il cambiamento delle moltitudini.Tu stesso, come dovessi vivere d’ora in poi in un teatro esposto alla vista di tutti, tendi a dare ordine al tuo modo di vivere.
Anche se non è facile eliminare del tutto la disposizione viziosa dell’animo, cerca di scacciare e di eliminare quanti fra gli errori umani maggiormente si fanno notare e si rendono palesi.
Ti è ben noto infatti che Temistocle, quando meditava di darsi alla politica, si astenne dalle bevute e dalle allegre comitive, e sofferente di sonno, astenendosi dal vino e immerso nella meditazione confidava agli amici che il trofeo di Milziade non lo lasciava dormire.10
Pericle poi, a sua volta, cambiò radicalmente l’atteggiamento del corpo e il proprio tenore di vita, con il camminare lentamente, l’esprimersi con calma, nel mostrare l’atteggiamento del volto assai composto, e nel percorrere una strada solo o verso la tribuna o verso il consiglio.11
La moltitudine non è ben maneggevole né facile ad attaccarsi a una presa di salvezza da parte di chi capita, ma ci si deve accontentare se accetta la guida di qualcuno senza esserne spaventata, come una fiera sospettosa e scaltra, né alla vista né alla voce. Ma colui (il politico) che di questi particolari deve prendersi cura e nemmeno in modo superficiale, come può non occuparsi di quelli che riguardano la propria vita e il carattere così da renderli puri da biasimo o da ogni accusa?
Quelli che si occupano di politica non solo debbono dare conto di quello che dicono e fanno in pubblico, ma si indaga anche con curiosità sul loro banchetto, sugli amori, sul matrimonio, su quanto fanno di scherzoso o di serio.
E che bisogno c’è di menzionare Alcibiade che in politica era l’uomo più in gamba di tutti, come generale era invincibile, ma che il comportamento dissoluto e la sfrontatezza trassero in rovina e resero la città impossibilitata a trarre giovamento, dalle altre sue qualità, per la sua smodatezza e per l’intemperanza? Gli Ateniesi d’altra parte rinfacciavano a Cimone il vino, e i Romani non avendo nessuna altra cosa da biasimare, rimproveravano a Scipione il sonno. Pompeo Magno poi doveva sopportare le contumelie degli avversari, perché l’avevano sorpreso mentre si grattava la testa con un solo dito.12
Infatti come qualche lentiggine nel volto o una verruca si sopportano peggio che macchie, storpiature e cicatrici nel resto del corpo, così anche i più piccoli difetti appaiono grandi quando vengono notati nella vita di coloro che governano e si trovano in alto, per l’opinione che hanno i più sul comando e sull’attività politica come cosa grande e degna di essere conservata indenne da ogni stranezza e da ogni stonatura.
Giustamente dunque ottenne fama Livio Druso,13 il tribuno della plebe, poiché siccome la sua casa aveva molte parti bene esposte alla vista dei vicini e un artigiano lo assicurava che per soli cinque talenti le avrebbe mutate e orientate in maniera diversa, disse: «Ne avrai dieci se renderai la mia casa tutta trasparente perché tutti i cittadini possano vedere in che modo vivo io». Era infatti un uomo onesto e saggio. E molto verosimilmente nel suo caso non era affatto necessaria una tale trasparenza. Infatti il popolo conosce bene, anche quando sembrano essere completamente celati, i caratteri, i pensieri, le azioni e la vita di quelli che si occupano di politica e fa oggetto della sua simpatia e della sua ammirazione l’uno non meno dai suoi atteggiamenti privati che da quelli pubblici, mentre (per le stesse ragioni) fa oggetto di odio e di disprezzo l’altro. «E con questo? Le città non si lasciano anche governare da uomini che conducono una vita nella lussuria e nella mollezza?» E infatti come le donne incinte hanno voglia di sassi e quelli che soffrono il mal di mare spesso hanno desiderio di salumi o di cibi consimili che poco dopo sputano e ne hanno schifo, così anche i popoli per dissolutezza, o per mancanza di migliori amministratori, si affidano ai primi che capitano pur aborrendoli e disprezzandoli e poi si rallegrano dei motti scagliati contro di essi quali quelli che il comico Platone fa dire al popolo:
«Orsù, prendi la mia mano alla svelta!
Ché io sto per eleggere stratega Agirrio»14
e poi di nuovo mentre chiede un catino e una penna per vomitare, dicendo:
«Mantia mi vien su, verso la tribuna».
E:
«Mantiene quel puzzone di Cefalo:15 odiosissimo malanno».
Il popolo romano, poiché Carbone16 faceva molte promesse e le sosteneva con giuramenti e scongiuri, rispose giurando a sua volta con compostezza che non gli accordava fiducia. A Sparta, poiché un tale che viveva in modo dissoluto aveva fatto una proposta conveniente, il popolo la rigettò, ma gli efori, avendo tratto a sorte uno degli anziani, lo invitarono a ripetere quello stesso discorso, dopo averlo travasato da un vaso sporco a uno pulito. Tanto grande peso ha in politica la fiducia nel carattere e il suo contrario.
5. Ma non bisogna sottovalutare per questo la grazia e l’efficacia nel parlare, ponendo ogni valore nella virtù, ritenendo invece che l’attitudine al dire senza essere l’artefice è però fautrice della persuasione, rettificando quel detto di Menandro:
«È il carattere, non la parola, a convincere in chi parla».17
Infatti sono di grande peso il carattere e la parola.A meno che, per Zeus, come a condurre la nave è il nocchiero e non il timone ed è il cavallo a fare voltare il cavaliere e non le briglie, qualcuno non voglia dire allo stesso modo che a convincere la città è la virtù politica, che si avvale, a guisa di barra o di morso, non della parola, ma del carattere, come adattandosi e governando la città da prua dal punto in cui, come un animale assai maneggevole, si lascia guidare. Come quei grandi Re, nati da Zeus, come dice Omero, con le vesti di porpora, gli scettri, gli astati, i responsi degli dei, accentuavano la loro grandezza e si rendevano soggette le moltitudini con la loro maestà, come se fossero uomini più grandi, desideravano essi pure essere «artefici della parola» e non sottovalutavano la grazia del dire
«né le adunanze dove gli uomini si rivelano di valore»18
e non invocavano solo Zeus consigliere, né Ares bellicoso, né Atena guerriera, ma si rivolgevano anche a Calliope, che
«ai re venerandi si accompagna»19
che placa con la persuasione e addolcisce il lato feroce e violento dei popoli, come sarà possibile che un privato cittadino, dimesso nell’abbigliamento e nell’aspetto, desideroso di guidare una città possa imporsi e dominare una moltitudine se non possiede una parola convincente e atta a trascinare? Come quelli che governano le navi si servono di altri come ufficiali, il politico invece deve avere in sé una mente atta a governare e una parola in grado di dare ordini, perché non abbia bisogno della voce di un altro, come Ificrate quando venne travolto dall’eloquenza di quelli che erano per Aristofonte, ebbe a dire: «l’attore dei miei avversari è migliore, ma il mio dramma è più bello», per non essere costretto spesso a ricorrere ai versi euripidei:
«O se fosse senza voce la stirpe degli infelici mortali»20
oppure
«Ahimè, ahimè, perché i fatti stessi non hanno voce per gli [uomini, perché quelli che sono abili a parlare non siano nulla».21
In questo poi si può ammettere che si sottraggono un Alcamane, un Nesiote, un Ictino, e tutti gli artigiani e manovali che giurano di non essere in grado di parlare bene. Come una volta in Atene confrontandos...

Indice dei contenuti

  1. Consigli Ai Politici
  2. Copyright
  3. Consigli Politici
  4. Se Un Vecchio Debba Fare Politica
  5. Il Filosofo Deve Dialogare Soprattutto Con I Potenti
  6. A Un Governante Non Colto
  7. Monarchia, Democrazia, Oligarchia
  8. Note
  9. Sommario