Il teatro greco. Commedie
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Il teatro greco. Commedie

  1. 670 pagine
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Il teatro greco. Commedie

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Non si può dire di conoscere il teatro greco se non si sono lette, assieme ai grandi tragici, anche le opere di Aristofane e Menandro. In questo volume è per la prima volta riunito il teatro comico greco superstite e ancor oggi rappresentato nei teatri di tutto il mondo: gli undici capolavori di Aristofane, insuperabili per vis polemica, esuberanza del linguaggio e invenzione drammatica, e le opere di Menandro, iniziatore di una commedia che tralascia le grandi battaglie politiche e ideologiche per ripiegare sugli affetti e sui valori individuali, antesignana e ispiratrice del moderno teatro borghese. Come e forse più delle tragedie, l'evoluzione del genere comico rispecchia il percorso spirituale di un'intera civiltà. I testi sono preceduti da un saggio di Guido Paduano, scritto appositamente per questa edizione. Una selezionata bibliografi a guida il lettore nella sterminata letteratura critica. Le traduzioni, sempre briose e aderenti al salace linguaggio comico greco, sono opera di specialisti del teatro antico, tra cui lo stesso Paduano, Alessandro Grilli e Rosanna Lauriola.

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2013
ISBN
9788858648766
ARISTOFANE
GLI ACARNESI
Traduzione e note di Rosanna Lauriola.
PERSONAGGI
DICEOPOLI
ARALDO
ANFITEO
AMBASCIATORE ATENIESE, di ritorno dal Gran Re
PSEUDARTABANO
TEORO, ambasciatore di ritorno dal re Sitalce
CORO DEI VECCHI ACARNESI
LA FIGLIA DI DICEOPOLI
SERVO DI EURIPIDE
EURIPIDE
LAMACO
IL MEGARESE
LE FIGLIE DEL MEGARESE
IL SICOFANTE
IL TEBANO
NICEARCO, altro sicofante
SERVO DI LAMACO
DERCETE, un contadino
PARANINFO
DUE MESSAGGERI
(Solo sulla scena raffigurante la Pnice, impaziente DICEOPOLI attende l’inizio dell’assemblea.)
DICEOPOLI Per quante cose mi sono roso il cuore, e di gioie ne ho provate ben poche, anzi pochissime, forse un paio. Le cose che mi hanno afflitto, invece, sono infinite quanto i granelli di sabbia. Vediamo un po’: di cosa mi sono rallegrato che fosse degno d’essere chiamato gioia? Ah, sì, lo so in quale occasione mi rallegrai nel cuore: fu quando vidi Cleone risputare fuori quei cinque talenti. Come gongolai! E per quell’impresa voglio bene ai cavalieri:1 fu davvero degna della Grecia. Ma poi, un’altra volta, ho sofferto un dolore davvero «tragico», quando stavo a bocca aperta ad aspettare Eschilo, e invece l’araldo annunciò: «Fa’ entrare il coro, Teognide». Puoi immaginare che colpo al cuore fu questo? Ma un’altra gioia ancora provai: fu quando, dopo Mosco, entrò Dessiteo per cantare la «melodia beotica». Per contro, quest’anno quasi morivo e mi si sono strabuzzati gli occhi nel vedere spuntare fuori Cheride per intonare «l’ortio». Ma, mai e poi mai, da quando faccio i bagni, per la lisciva mi sono bruciati gli occhi tanto quanto adesso che, sebbene l’assemblea sia stata indetta per l’alba, vedo la Pnice deserta: quelli se ne stanno, invece, a chiacchierare in piazza,2 e andando in su e in giù si tengono alla larga dalla corda rossa.3 E neanche i pritani si vedono arrivare; ma poi, giunti in ritardo puoi immaginarti come si urteranno l’un l’altro, a spintoni, per arrivare alla prima fila, precipitandosi in massa. E della pace, invece, come sarà da trattare, non se ne curano affatto. O città, città! Io, invece, sono sempre il primo a giungere e sedere in assemblea; poi, dal momento che sono solo, passo il tempo a lamentarmi, a sbadigliare, a smaniare, a spetezzare, a non sapere che fare, a scrivere, a strapparmi i peli, a fare conti, mentre guardo verso la campagna desiderando la pace, odiando la città e provando nostalgia del mio villaggio che mai mi ha detto «comprati il carbone», o «l’aceto», o «l’olio», né conosceva la parola «compra», ma ogni cosa produceva da sé, e il comprare non esisteva proprio. Ma questa volta sono venuto ben attrezzato, pronto a gridare, interrompere e insultare gli oratori se qualcuno parla di altro che non sia la pace. Ma eccoli qui i pritani: a mezzogiorno. Non lo dicevo? proprio come avevo detto io: ciascuno fa a spintoni per sedere in prima fila.
(La Pnice si riempie: entrano i pritani, gli arcieri,4 ANFITEO e un ARALDO.)
ARALDO Venite avanti, avanti, entrate nel recinto sacro.5
ANFITEO Ha già parlato qualcuno?
ARALDO Chi vuol prendere la parola?
ANFITEO Io.
ARALDO Chi sei?
ANFITEO Anfiteo.
ARALDO Non sei Uomo?6
ANFITEO No, ma immortale. Infatti, Anfiteo era figlio di Demetra e Trittolemo; da lui nacque Celeo; Celeo, poi, prese in moglie Fenarete, mia nonna, da lei nacque Licino, e da costui sono nato io immortale: a me solo gli dèi hanno affidato il compito di pattuire la pace con gli Spartani. Ma, per quanto immortale, signori, non ho provviste per il viaggio: i pritani, infatti, non me le vogliono dare.7
ARALDO Arcieri!
(Anfiteo viene allontanato a forza.)
ANFITEO O Trittolemo e Celeo, mi abbandonerete?
DICEOPOLI Signori pritani, fate torto all’assemblea allontanando quest’uomo che voleva stipulare la tregua per noi e farci appendere gli scudi al muro.
ARALDO Siedi e sta’ zitto.
DICEOPOLI Per Apollo, no, non sto zitto a meno che non mi discutiate della pace.
ARALDO Gli ambasciatori di ritorno dal Gran Re!
DICEOPOLI Ma di quale Re? ne ho fin sopra i capelli, io, di ambasciatori con le loro pavonate e fanfaronate.8
ARALDO Silenzio!
DICEOPOLI Accidenti! Per Ecbatana, che razza di mascherata!9
AMBASCIATORE Ci inviaste presso il Gran Re con una paga di due dracme al giorno, quando era arconte Eutimene.
DICEOPOLI Ahimè, povere dracme!
AMBASCIATORE E fu estenuante, invero, viaggiare attraverso le pianure del Caistro, attendati, mollemente sdraiati in confortevoli carri… morti sfiniti dalla fatica.
DICEOPOLI Io, invece, me la passavo assai bene, in trincea, sdraiato… nel fango.
AMBASCIATORE E, poiché eravamo ospiti, a forza dovemmo bere da bicchieri di cristallo e da coppe d’oro un vino puro e dolce.
DICEOPOLI O città di Cranao!10 non ti accorgi che gli ambasciatori si prendano gioco di te?
AMBASCIATORI I barbari, infatti, considerano uomini solo quelli che sono in grado di mangiare e bere a più non posso.
DICEOPOLI Noi, invece, i finocchi e i rottinculo.
AMBASCIATORE Al quarto anno, giungemmo alla reggia ma il Gran Re se ne era andato, con tutto l’esercito, al cesso; e per otto mesi se ne stette a cacare sui… monti d’oro.11
DICEOPOLI E per quanto tempo lasciò aperto il deretano? Fino alla luna piena?
AMBASCIATORE Poi, se ne tornò alla reggia, ci ospitò, e per noi faceva preparare buoi interi al forno.
DICEOPOLI E chi li ha mai visti buoi al forno? che spacconate.
AMBASCIATORE E, lo giuro su Zeus, poi fece imbandire per noi un uccello grande tre volte Cleonimo:12 il suo nome era Imbroglione.
DICEOPOLI Per questo, dunque, ci hai imbrogliato, arraffandoti le due dracme!
AMBASCIATORE E ora siamo tornati portando qui con noi Pseudartabano, l’Occhio del Re.13
DICEOPOLI Che un corvo ti cavi il tuo, caro ambasciatore, a colpi di becco.
ARALDO L’Occhio del Re.
(Entra PSEUDARTABANO, un personaggio in veste persiane, seguito da due eunuchi.)
DICEOPOLI Signore Eracle. In nome degli dèi, guardi come se il tuo occhio fosse una nave da guerra? Forse, girando intorno al promontorio, guardi alla darsena? E hai qualcosa, sotto l’occhio, pare un otre.
AMBASCIATORE Su, tu, Pseudartabano, riferisci quel che il re ti ha inviato a dire agli Ateniesi.
PSEUDARTABANO Iartanamexarxanapiaonasatra.14
AMBASCIATORE Avete capito cosa dice?
DICEOPOLI Per Apollo, io di certo no.
AMBASCIATORE Dice che il re vi manderà dell’oro. (Rivolgendosi a Pseudartabano.) Ehi, tu di’ «oro» più forte e più chiaro.
PSEUDARTABANO Non prendere oro, Ionio rottinculo.
DICEOPOLI O povero me, come è chiaro!
AMBASCIATORE Che cosa dice, dunque?
DICEOPOLI Cosa dice? Dice che gli Ioni sono dei rottinculo, se si aspettano oro dai barbari.
AMBASCIATORE Macché, lui sta parlando, invece, di moggi d’oro...

Indice dei contenuti

  1. Il teatro greco_Commedie
  2. Copyright
  3. ARISTOFANE E MENANDRO di Guido Paduano
  4. LA VITA DEI COMICI
  5. LE COMMEDIE
  6. BIBLIOGRAFIA
  7. ARISTOFANE
  8. MENANDRO
  9. NOTE
  10. SOMMARIO