Pensieri
eBook - ePub

Pensieri

  1. 176 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub
Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

Regole generali, assiomi senza possibilità di smentita o di dubbio avanzano con sicurezza e quasi sorvolano — addirittura ostentando d'ignorarla — la scandalosa gravità morale che comportano. Ecco i Pensieri del Leopardi, annunciati all'amico De Sinner nel 1837, ma pubblicati solo postumi da Antonio Ranieri. Frammenti in prosa dal carattere letterario compiuto e definitivo che il sommo poeta scagliò sulla società del suo tempo. Massime universali e imperiture sugli uomini e i costumi di allora e di sempre.

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a Pensieri di Giacomo Leopardi in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Philosophy e Philosophy History & Theory. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Editore
BUR
Anno
2013
ISBN
9788858646649
PENSIERI
images
Io ho lungamente ricusato di creder vere le cose che dirò qui sotto, perché, oltre che la natura mia era troppo rimota da esse, e che l’animo tende sempre a giudicare gli altri da se medesimo, la mia inclinazione non è stata mai d’odiare gli uomini, ma di amarli. In ultimo l’esperienza quasi violentemente me le ha persuase: e sono certo che quei lettori che si troveranno aver praticato cogli uomini molto e in diversi modi, confesseranno che quello ch’io sono per dire è vero; tutti gli altri lo terranno per esagerato, finché l’esperienza, se mai avranno occasione di veramente fare esperienza della società umana, non lo ponga loro dinanzi agli occhi.
Dico che il mondo è una lega di birbanti contro gli uomini da bene, e di vili contro i generosi. Quando due o più birbanti si trovano insieme la prima volta, facilmente e come per segni si conoscono tra loro per quello che sono; e subito si accordano; o se i loro interessi non patiscono questo, certamente provano inclinazione l’uno per l’altro, e si hanno gran rispetto. Se un birbante ha contrattazioni e negozi con altri birbanti, spessissimo accade che si porta con lealtà e che non gl’inganna; se con genti onorate, è impossibile che non manchi loro di fede, e dovunque gli torna comodo, non cerchi di rovinarle; ancorché sieno persone animose, e capaci di vendicarsi; perché ha speranza, come quasi sempre gli riesce, di vincere colle sue frodi la loro bravura. Io ho veduto più volte uomini paurosissimi, trovandosi fra un birbante più pauroso di loro, e una persona da bene piena di coraggio, abbracciare per paura le parti del birbante: anzi questa cosa accade sempre che le genti ordinarie si trovano in occasioni simili: perché le vie dell’uomo coraggioso e da bene sono conosciute e semplici, quelle del ribaldo sono occulte e infinitamente varie. Ora, come ognuno sa, le cose ignote fanno più paura che le conosciute; e facilmente uno si guarda dalle vendette dei generosi, dalle quali la stessa viltà e la paura ti salvano; ma nessuna paura e nessuna viltà è bastante a scamparti dalle persecuzioni segrete, dalle insidie, né dai colpi anche palesi che ti vengono dai nemici vili. Generalmente nella vita quotidiana il vero coraggio è temuto pochissimo; anche perché, essendo scompagnato da ogni impostura, è privo di quell’apparato che rende le cose spaventevoli; e spesso non gli è creduto; e i birbanti sono temuti anche come coraggiosi, perché, per virtù d’impostura, molte volte sono tenuti tali.
Rari sono i birbanti poveri: perché, lasciando tutto l’altro, se un uomo da bene cade in povertà, nessuno lo soccorre, e molti se ne rallegrano: ma se un ribaldo diventa povero, tutta la città si solleva per aiutarlo. La ragione si può intendere di leggeri: ed è che naturalmente noi siamo tocchi dalle sventure di chi ci è compagno e consorte, perché pare che sieno altrettante minacce a noi stessi; e volentieri, potendo, vi apprestiamo rimedio, perché il trascurarle pare troppo chiaramente un acconsentire dentro noi medesimi che, nell’occasione, il simile sia fatto a noi. Ora i birbanti, che al mondo sono i più di numero, e i più copiosi di facoltà, tengono ciascheduno gli altri birbanti, anche non cogniti a sé di veduta, per compagni e consorti loro, e nei bisogni si sentono tenuti a soccorrerli per quella specie di lega, come ho detto, che v’è tra essi. Ai quali anche pare uno scandalo che un uomo conosciuto per birbante sia veduto nella miseria; perché questa dal mondo, che sempre in parole è onoratore della virtù, facilmente in tali casi è chiamata gastigo, cosa che ritorna in obbrobrio, e che può ritornare in danno, di tutti loro. Però in tor via questo scandalo si adoperano tanto efficacemente, che pochi esempi si vedono di ribaldi, salvo se non sono persone del tutto oscure, che caduti in mala fortuna, non racconcino le cose loro in qualche modo comportabile.
All’opposto i buoni e i magnanimi, come diversi dalla generalità, sono tenuti dalla medesima quasi creature d’altra specie, e conseguentemente non solo non avuti per consorti né per compagni, ma stimati non partecipi dei diritti sociali, e, come sempre si vede, perseguitati tanto più o meno gravemente, quanto la bassezza d’animo e la malvagità del tempo e del popolo nei quali si abbattono a vivere, sono più o meno insigni; perché come nei corpi degli animali la natura tende sempre a purgarsi di quegli umori e di quei principii che non si confanno con quelli onde propriamente si compongono essi corpi, così nelle aggregazioni di molti uomini la stessa natura porta che chiunque differisce grandemente dall’universale di quelli, massime se tale differenza è anche contrarietà, con ogni sforzo sia cercato distruggere o discacciare. Anche sogliono essere odiatissimi i buoni e i generosi perché ordinariamente sono sinceri, e chiamano le cose coi loro nomi. Colpa non perdonata dal genere umano, il quale non odia mai tanto chi fa male, né il male stesso, quanto chi lo nomina. In modo che più volte, mentre chi fa male ottiene ricchezze, onori e potenza, chi lo nomina è strascinato in sui patiboli; essendo gli uomini prontissimi a sofferire o dagli altri o dal cielo qualunque cosa, purché in parole ne sieno salvi.
images
Scorri le vite degli uomini illustri, e se guarderai a quelli che sono tali, non per iscrivere, ma per fare, troverai a gran fatica pochissimi veramente grandi, ai quali non sia mancato il padre nella prima età. Lascio stare che, parlando di quelli che vivono di entrata, colui che ha il padre vivo, comunemente è un uomo senza facoltà; e per conseguenza non può nulla nel mondo: tanto più che nel tempo stesso è facoltoso in aspettativa, onde non si dà pensiero di procacciarsi roba coll’opera propria; il che potrebbe essere occasione a grandi fatti; caso non ordinario però, poiché generalmente quelli che hanno fatto cose grandi, sono stati o copiosi o certo abbastanza forniti de’ beni della fortuna insino dal principio. Ma lasciando tutto questo, la potestà paterna appresso tutte le nazioni che hanno leggi, porta seco una specie di schiavitù de’ figliuoli; che, per essere domestica, è più stringente e più sensibile della civile; e che, comunque possa essere temperata o dalle leggi stesse, o dai costumi pubblici, o dalle qualità particolari delle persone, un effetto dannosissimo non manca mai di produrre: e questo è un sentimento che l’uomo, finché ha il padre vivo, porta perpetuamente nell’animo; confermatogli dall’opinione che visibilmente ed inevitabilmente ha di lui la moltitudine. Dico un sentimento di soggezione e di dependenza, e di non essere libero signore di se medesimo, anzi di non essere, per dir così, una persona intera, ma una parte e un membro solamente, e di appartenere il suo nome ad altrui più che a sé. Il qual sentimento, più profondo in coloro che sarebbero più atti alle cose, perché avendo lo spirito più svegliato, sono più capaci di sentire, e più oculati ad accorgersi della verità della propria condizione, è quasi impossibile che vada insieme, non dirò col fare, ma col disegnare checchessia di grande. E passata in tal modo la gioventù, l’uomo che in età di quaranta o di cinquant’anni sente per la prima volta di essere nella potestà propria, è soverchio il dire che non prova stimolo, e che, se ne provasse, non avrebbe più impeto né forze né tempo sufficienti ad azioni grandi. Così anche in questa parte si verifica che nessun bene si può avere al mondo, che non sia accompagnato da mali della stessa misura: poiché l’utilità inestimabile del trovarsi innanzi nella giovanezza una guida esperta ed amorosa, quale non può essere alcuno così come il proprio padre, è compensata da una sorta di nullità e della giovanezza e generalmente della vita.
images
La sapienza economica di questo secolo si può misurare dal corso che hanno le edizioni che chiamano compatte, dove è poco il consumo della carta, e infinito quello della vista. Sebbene in difesa del risparmio della carta nei libri, si può allegare che l’usanza del secolo è che si stampi molto e che nulla si legga. Alla quale usanza appartiene anche l’avere abbandonati i caratteri tondi, che si adoperarono comunemente in Europa ai secoli addietro, e sostituiti in loro vece i caratteri lunghi, aggiuntovi il lustro della carta; cose quanto belle a vederle, tanto e più dannose agli occhi nella lettura; ma ben ragionevoli in un tempo nel quale i libri si stampano per vedere e non per leggere.
images
Questo che segue, non è un pensiero, ma un racconto, ch’io pongo qui per isvagamento del lettore. Un mio amico, anzi compagno della mia vita, Antonio Ranieri,1 giovane che, se vive, e se gli uomini non vengono a capo di rendere inutili i doni ch’egli ha dalla natura, presto sarà significato abbastanza dal solo nome, abitava meco nel 1831 in Firenze. Una sera di state, passando per Via buia, trovò in sul canto, presso alla piazza del Duomo, sotto una finestra terrena del palazzo che ora è de’ Riccardi, fermata molta gente, che diceva tutta spaventata: ih, la fantasima! E guardando per la finestra nella stanza, dove non era altro lume che quello che vi batteva dentro da una delle lanterne della città, vide egli stesso come un’ombra di donna, che scagliava le braccia di qua e di là, e nel resto immobile. Ma avendo pel capo altri pensieri, passò oltre, e per quella sera né per tutto il giorno vegnente non si ricordò di quell’incontro. L’altra sera, alla stessa ora, abbattendosi a ripassare dallo stesso luogo, vi trovò raccolta più moltitudine che la sera innanzi, e udì che ripetevano collo stesso terrore: ih, la fantasima! E riguardando per entro la finestra, rivide quella stessa ombra, che pure, senza fare altro moto, scoteva le braccia. Era la finestra non molto più alta da terra che una statura d’uomo, e uno tra la moltitudine che pareva un birro,2 disse: s’i’ avessi qualcuno che mi sostenessi ’n sulle spalle, i’ vi monterei, per guardare che v’è là drento. Al che soggiunse il Ranieri: se voi mi sostenete, monterò io. E dettogli da quello, montate, montò su, ponendogli i piedi in sugli omeri, e trovò presso all’inferriata della finestra, disteso in sulla spalliera di una seggiola, un grembiale nero, che agitato dal vento, faceva quell’apparenza di braccia che si scagliassero; e sopra la seggiola, appoggiata alla medesima spalliera, una rocca da filare, che pareva il capo dell’ombra: la quale rocca il Ranieri presa in mano, mostrò al popolo adunato, che con molto riso si disperse.
A che questa storiella? Per ricreazione, come ho detto, de’ lettori, e inoltre per un sospetto ch’io ho, che ancora possa essere non inutile alla critica storica ed alla filosofia sapere che nel secolo decimonono, nel bel mezzo di Firenze, che è la città più colta d’Italia, e dove il popolo in particolare è più intendente e più civile, si veggono fantasmi, che sono creduti spiriti, e sono rocche da filare. E gli stranieri si tengano qui di sorridere, come fanno volentieri delle cose nostre; perché troppo è noto che nessuna delle tre grandi nazioni che, come dicono i giornali, marchent à la tête de la civilisation, crede agli spiriti meno dell’italiana.

1 Il fedelissimo amico del Leopardi, che il p...

Indice dei contenuti

  1. Pensieri
  2. Copyright
  3. Nota Di Gigi Cavalli
  4. Pensieri
  5. Riferimenti Allo Zibaldone
  6. Sommario