Le poesie che hanno cambiato il mondo
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Le poesie che hanno cambiato il mondo

  1. 212 pagine
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Le poesie che hanno cambiato il mondo

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"Quello che non sai di tua scienza in realtà non lo sai. Verifica il conto: tocca a te pagarlo. Poni il dito su ogni voce, chiedi cosa significa. Tocca a te prendere la direzione". – Bertolt Brecht (1898 – 1956)

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2013
ISBN
9788858656488
Argomento
Literatura
Categoria
Poesía

LA «RUS’»

Non c’è forse Paese che più complessamente e con più tragici rivolgimenti della Russia abbia incarnato nel corso dell’Ottocento e del Novecento l’attesa di un nuovo ordine, di una diversa configurazione sociale e civile. Ciò anche per le condizioni di oggettiva arretratezza, nonostante le riforme settecentesche, in cui il grosso del Paese veniva a trovarsi all’inizio del XIX secolo. Dopo varie insurrezioni contadine nel corso del Settecento (celebre quella del comandante cosacco Pugačëv, tra 1773 e 1775), sotto il regno dello zar Nicola I ebbe luogo il più significativo tentativo di rivolgimento compiuto fino a quel momento: quello dei decabristi. Prima di unirsi a questo gruppo di rivoluzionari, Aleksandr Puškin (1799-1837), già animato da spirito libertario, aveva dovuto pagare le sue idee con il confino nel sud della Russia, dopo esser stato costretto ad abbandonare la sua Pietroburgo (dove nacque e dove sarebbe morto). Degli ideali del grande poeta e dei sommovimenti che si agitavano nel profondo della coscienza del popolo russo (non solo dei suoi intellettuali) è precoce testimonianza l’ode La libertà, composta da un Puškin appena diciottenne. Fallita l’insurrezione decabrista del 14 dicembre (dekabr’ in russo) 1825 contro lo zar Nicola I, segue un periodo di repressione, accompagnato però da un processo di ammodernamento e da alcune riforme. Nel 1861 lo zar Alessandro II concesse l’affrancamento dei contadini dalla terra: atto di liberazione che sembra presagito da un testo di Fjodor Tjutčev (1803-1873) come Su questa folla oscura (il poeta, peraltro, che aveva scritto un ciclo di componimenti sulla sconfitta di Napoleone in Russia, fu legato ad ambienti per lo più reazionari). Scritta nel 1866, l’altra breve poesia di Tjutčev, Con la mente non si può capire la Russia, ci introduce a quel miscuglio di fede, protesta, desiderio rivoluzionario e tradizione spirituale che costituiscono in profondità la coscienza russa e che si troveranno in parte espressi, in parte «violentati» dalla Rivoluzione d’Ottobre del 1917 e soprattutto dai suoi sviluppi. I poeti che più ardentemente e soffertamente attraversano la stagione rivoluzionaria sono Aleksandr Blok (1880-1921), Vladimir Majakovskij (1893-1930, uccisosi con un colpo di pistola), Boris Pasternak (1890-1960) e Sergej Esenin (1895-1925, morto in circostanze non del tutto chiarite, ufficialmente suicida). Blok scrive il testo forse più emblematico del turbine rivoluzionario con il poema I dodici (che rappresenta la folle accelerazione spirituale e fattuale indotta dalla violenza della rivoluzione), in cui dodici guardie rosse si mutano alla fine, in uno stravolto misticismo praticato anche da Esenin, nei dodici apostoli. Majakovskij fu il più volontaristico e programmatico, decidendo con scelta consapevole di cantare e celebrare con la sua poesia futurista la novità e il cambiamento: la sua (come esattamente scrisse Pasternak) fu una poesia «magistralmente scolpita, altera, demoniaca e al tempo stesso terribilmente condannata, agonizzante, quasi implorante soccorso». Pasternak, per parte sua, rifiuta ogni tono declamatorio, eppure non manca di affrontare, nel ricordo, i capitali avvenimenti storici della Russia a lui contemporanea, come la rivoluzione fallita del 1905, rappresentata come una forza impetuosa, una possibilità magnanima. Sergej Esenin proviene da un mondo rurale chiuso nella sua arcaica e rocciosa consistenza tradizionale: canta sì la Rivoluzione del ’17, ma ne sente ben presto lo sfasamento rispetto all’anima, alla storia della «sua» Rus’ (come si legge fin troppo bene in Ritorno al paese nativo), fino a sentirsi presto estraneo ed esiliato dagli eventi e a protestare (in La Rus’ sovietica) di non voler cedere la sua lira, la sua voce poetica al corso di quella vicenda: di appartenere a un nucleo più profondo e remoto, tutt’uno con una certa sua idea di popolo.
Dopo l’avvento di Lenin (1924), si inaugura una stagione di cupa persecuzione, che vede marginalizzati, confinati, imprigionati tutti i possibili oppositori: da Osip Manldel’štam (1891-1938, morto in un lager: si riporta la sua violenta satira anti-stalianiana) ad Anna Achmatova (1889-1966, a lungo perseguitata per la sua estraneità al regime), con una chiusura di orizzonti pressoché totale, in cui la poesia può resistere a patto di sacrifici e prezzi altissimi. Seguono la Guerra e il parziale superamento de...

Indice dei contenuti

  1. Poesie che hanno cambiato il mondo (Le)
  2. Copyright
  3. Le poesie che cambieranno/non cambieranno il mondo di Daniele Piccini
  4. L’UNITÀ DI UN POPOLO
  5. ITALIA MIA
  6. RISORGIMENTO
  7. LA GUERRA
  8. LA RESISTENZA E L’ITALIA SEMPRE «A VENIRE»
  9. IL «ROMANZO» DELLA LOTTA SPAGNOLA
  10. LA LIBERTÀ AL TEMPO DEI DITTATORI
  11. «ALTROVE»
  12. LA «RUS’»
  13. SHOAH
  14. SOGNO DEMOCRATICO
  15. POPOLI D’OMBRA
  16. PROTESTA, RESISTENZA, IDENTITÀ
  17. Fonti
  18. Indice