Il libro che Babbo Natale non vi farebbe mai leggere
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Il libro che Babbo Natale non vi farebbe mai leggere

  1. 208 pagine
  2. Italian
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Il libro che Babbo Natale non vi farebbe mai leggere

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Informazioni sul libro

Natale è una stagione di buoni propositi: famiglie che si riuniscono, feste e scambio di doni. Molti, moltissimi doni... ma quanti di noi ricevono cose davvero gradite? L'autore illustra come le nostre spese consumistiche generino grandi sprechi economici e fornisce solide spiegazioni per mostrarci perché è tempo di mettere fine alla follia e pensare due volte prima di comprare regali.

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2013
ISBN
9788858655344

1

Introduzione

Ogni dicembre si rinnova la medesima visione da incubo. Inizia con un centro commerciale deserto, dove sono accatastati prodotti per un milione di dollari. All’esterno, a qualche centinaio di metri, la folla dei clienti circonda il centro commerciale. Poi, come scaturita dal nulla, una tromba d’aria – un violento tornado – avviluppa il centro commerciale, non la folla circostante, e solleva vorticosamente in aria vestiti, elettrodomestici, libri, DVD, giocattoli e aggeggi vari; improvvisamente, così come era apparso, il ciclone svanisce in cielo. Allora, come una pioggia leggera, i prodotti ricadono alla rinfusa sulla folla sottostante.
“Ehi, mi è toccato un tostapane”, dice qualcuno in mezzo alla calca.
“Ma guarda, ho ricevuto un maglione rosso, però non è della mia taglia e anche il colore non mi piace”, dice un altro.
“Oh, mi è piovuto in testa un singing fish.”1
E queste sono le persone fortunate.
Miracolosamente, nessuno si è fatto male, tutti hanno ricevuto qualcosa e non sono stati danneggiati né gli edifici né alcun prodotto. Ma una volta passata l’eccitazione per gli oggetti avuti gratis, la gente si rende conto di non avere ricevuto ciò che desidera.
Vado in giro con un blocco per appunti chiedendo alle persone quanto sarebbero state disposte a pagare per ciò che hanno ricevuto. Sono poche quelle che hanno avuto ciò che volevano o che ora si rendono conto di volere dopo averne letto la descrizione sulla confezione. Al contrario, per la maggior parte non sono per nulla soddisfatte di quel che è piovuto loro in testa e non sarebbero state disposte a pagare nemmeno lontanamente una cifra vicina al prezzo di acquisto, ammesso che avrebbero voluto pagare qualcosa. Quando riepilogo le risposte ottenute, scopro che la gente sarebbe disposta a sborsare mediamente non più del 25% del prezzo di acquisto.
Vorrei dirvi che potete stare tranquilli perché tali eventi non sono mai accaduti; ma, purtroppo, si sono verificati e si verificano ogni anno in buona parte del mondo. Quella tromba d’aria è Babbo Natale. E nonostante i sentimenti di calore e intimità familiare che evoca nei bambini, il suo tornado di regali è un perenne e misero fallimento dell’abbinamento fra le cose regalate e le persone. Nel far ciò, egli distrugge un enorme ammontare di valore, poiché trasforma il nostro milione di dollari di prodotti in una soddisfazione, per i clienti che circondano il centro commerciale, che ne vale a malapena 250 mila.
Ogni anno, nel periodo che precede le festività natalizie, nelle abitazioni delle famiglie dei paesi ricchi si verifica un fenomeno in qualche modo simile al tornado di cui sopra, solo che non c’è la “nube a proboscide” tipica delle trombe d’aria. Per mesi prima del grande giorno, madri e padri – in particolare le madri – si danno un gran da fare cercando di trovare i regali giusti per i loro cari, giovani e vecchi. In alcuni casi la scelta è facile; non ci vuole molta immaginazione per prevedere che una bambola o un camioncino piaceranno a un bimbo di quattro anni. Ma quando i bambini crescono diventa più difficile trovare un dono che li sorprenda e che apprezzino; spesso, però, i ragazzi più grandicelli contribuiscono a risolvere il problema della scelta facendo delle richieste specifiche, ad esempio un capo di abbigliamento che va di moda fra gli adolescenti. Allora si pone un altro problema, quello degli adulti ai quali siamo obbligati a regalare qualcosa. Sappiamo che ci saranno lo zio Jim, sua moglie e i bambini, così dobbiamo prendere qualcosa per loro. Ma che genere di musica piacerà quest’anno a vostro nipote? Il piercing che si è fatto sulla lingua vi può dare un indizio? E verrà anche la nonna; non avete alcuna idea di ciò che desidera, ma neppure lei – credetemi – ha la minima idea di ciò che desiderate voi e i vostri ragazzi.
Quando arriva il gran giorno, le famiglie – e tutto il parentado – si riuniscono attorno a un albero di Natale o a un focolare oppure a una menorah2 e si scambiano i doni. I bambini strillano di gioia nell’aprire i pacchetti con bambole e camioncini; per loro, tra l’altro, conta di più il rito dell’apertura – tagliare i nastri, strappare la carta delle confezioni – che non i regali stessi. Gli adolescenti fingono sorpresa – a beneficio della nonna – ed esprimono la propria contentezza per dei regali che avevano esplicitamente richiesto. Si mostrano entusiasti per le canzoni e i film che gli avete comprato, e siccome li avete allevati bene, fanno un bel sorriso davanti ai regali dell’anziana parente. Ma non sono solo gli adolescenti a fare sorrisi di circostanza; anche gli adulti atteggiano il viso a espressioni di contentezza mentre aprono confezioni con oggetti che non si sarebbero mai sognati di comprare per sé. “Un segnapunti elettronico per le freccette? Non avresti dovuto”, diciamo alle nostre suocere. Già, davvero non avrebbero dovuto.
Nei paesi sviluppati con popolazione prevalentemente cristiana, il Natale rappresenta l’occasione di grandi spese. Negli Stati Uniti, ad esempio, durante il mese di dicembre il volume delle vendite al dettaglio è nettamente superiore a quello dei mesi adiacenti. In alcune categorie merceologiche – con i tipici articoli natalizi – le vendite di dicembre costituiscono una quota notevole del fatturato annuo, oltre un quinto per gioiellerie e oreficerie, circa un sesto per i grandi magazzini e circa un settimo per i negozi di abbigliamento, elettronica, articoli sportivi, hobby e libri.
La peculiarità di tutte queste spese è che le scelte – eccettuato il caso dei regali per gli adolescenti, da questi espressamente richiesti – non vengono fatte dai consumatori finali. Negli altri mesi dell’anno sono le persone che poi effettivamente li useranno a scegliere gli oggetti da comprare. Di norma, quindi, gli acquirenti scelgono di acquistare delle cose il cui utilizzo sarà loro molto gradito. Il che, però, non si verifica a Natale. Di conseguenza, le enormi spese natalizie sono potenzialmente un disastro per quanto riguarda l’abbinamento fra i prodotti e i loro fruitori. Nel corso dell’anno, facciamo gli acquisti per noi stessi con estrema cura, esaminando decine di articoli prima di scegliere quelli per i quali vale la pena spendere il nostro denaro. Al contrario, a Natale la modalità di acquisto è un sorta di sparo nel buio, nell’improbabile speranza di “centrare” le cose che piacciono, una modalità che richiama alla mente la distribuzione casuale dei regali fatta dal nostro tornado immaginario. A peggiorare la situazione, c’è il fatto che buona parte di queste spese viene effettuata a credito, finendo così per indebitarci al solo scopo di acquistare delle cose destinate a persone che non le desiderano.
Se scopriste l’esistenza di un piano dell’amministrazione pubblica che non fa che perdere soldi – diciamo, che spende annualmente 100 miliardi dei contribuenti per dare luogo a benefici pari solo a 85 miliardi – vi sentireste oltraggiati e vi arrabbiereste di brutto; potreste persino mandare una email ai politici eletti con il vostro voto per esigere di porre fine allo spreco.
Ma anche nel privato, nonostante le nostre buone intenzioni, otteniamo meno soddisfazione – e per miliardi! – di quanta ne potremmo avere con tutto quel che spendiamo.
In questo libro vi mostrerò l’ammontare delle spese natalizie, e l’ammontare dello spreco, negli Stati Uniti e nel mondo. Vi farò anche vedere la differenza fra il Natale dei nostri giorni e quello dei nostri nonni, e come siamo passati da un costume improntato al risparmio in vista del Natale a un uso forsennato delle carte di credito per finanziare l’uragano dei regali. Sosterrò la tesi che in molte circostanze sarebbe meglio non acquistare regali per le festività. Infine, indicherò alcune soluzioni che possono porre fine agli sprechi e fare dei doni natalizi un elemento benefico e vantaggioso.

2

Spesa e soddisfazione

Si presume che la decadenza in stadio avanzato sia indizio certo del fatto che la “Fine” è vicina. Quando i Romani si abbandonarono a una vita orgiastica e a ogni sorta di dissipazione, si poteva scommettere che Roma sarebbe caduta rovinosamente. Provate ad aggirarvi per un grande magazzino durante il mese di dicembre. Le corsie sono intasate non solo da clienti affannati, ma anche da tavoli straripanti di “articoli da regalo”. Nelle corsie vicine al settore dell’abbigliamento maschile troverete una quantità incredibile di aggeggi relativi al golf: tazze decorate con palle da golf, mezziguanti da golf griffati, tee in ottone e così via. Ci sarebbe qualcuno disposto a comperare questa merce per sé? C’è forse qualcuno che ne ha bisogno? Azzardo un “no” in entrambi i casi; eppure, questa merce è presente immancabilmente tutti gli anni, assieme al singing fish – e si vende bene –, per una serie di ragioni che nel loro insieme fanno una tempesta perfetta per donazioni superflue, sprecate. In primo luogo, i donatori sono obbligati a fare regali, ad esempio, a lontani parenti che vedono raramente ma che incontreranno quest’anno quando verranno per le feste natalizie. In secondo luogo, i donatori vogliono dimostrare la propria attenzione scegliendo regali in qualche modo riferiti agli interessi dei destinatari (o beneficiari) dei regali stessi. E in terzo luogo, è noto che molte persone, uomini in particolare, giocano a golf. (Il marito: “Tesoro, cosa dovrei prendere per tuo cugino Ned?” La moglie: “Gioca a golf.” Il marito: “Perfetto.”) Quindi, per Natale, ecco la candela a forma di palla da golf oppure il portabottiglie a forma di sacca da golf. Costo sociale di beni del genere: 10 dollari; valore per il beneficiario del regalo: zero dollari, meno la fatica del sorriso forzato. Deve esserci dietro l’angolo una qualche specie di apocalisse economica.
Ogni anno, fra la metà di novembre e Capodanno, i giornali fanno a gara nel pubblicare articoli sull’andamento delle spese natalizie, se batteranno o no quelle dell’anno precedente. Sarà una stagione di shopping da record oppure sarà deludente? Questi servizi giornalistici sostengono implicitamente – e spesso esplicitamente – che più si spende, meglio è. Senza dubbio è vero che una maggiore spesa crea più posti di lavoro, maggiori ricavi per i fornitori e maggiori profitti per i dettaglianti. E queste sono tutte cose buone. Ma il fatto di spendere di più è necessariamente un bene per la società? Lasciamo perdere le considerazioni sui nostri costumi corrotti o sui nostri figli eccessivamente materialisti; quel che voglio dire è: spendere è un fatto positivo, anche da un punto di vista strettamente economico? La risposta sorprendente è “no”.
Spesso, i politici incitano apertamente a spendere. Dopo gli attacchi terroristici agli Stati Uniti dell’11 settembre 2001, il presidente Bush incoraggiò gli americani a vivere come sempre e, in particolare, a fare shopping. In un discorso alla nazione del 20 settembre, Bush chiese agli americani “di continuare nel proprio impegno lavorativo e di mantenere la propria fiducia nell’economia americana”. Questa tematica venne fuori di nuovo in un discorso del 2006: “Un recente report sulle vendite al dettaglio indica un inizio sostenuto della stagione degli acquisti natalizi in tutto il Paese, e io incoraggio tutti voi a fare ancora più shopping”.1
La spesa crea posti di lavoro, e i posti di lavoro sono certamente una buona cosa, sotto due aspetti. In primo luogo, a livello teorico. Supponete di essere disposti a lavorare per soli 10 dollari all’ora; se la vostra paga oraria è di 20, allora metà del vostro stipendio è essenzialmente un bonus, il che non guasta. A livello pratico, i posti di lavoro forniscono le risorse per man?tenere le famiglie, e le persone disoccupate sono infelici e talvolta pericolose.
Detto questo, l’insistenza dei politici nel puntare l’attenzione sulla creazione di posti di lavoro per giustificare l’invito a spendere rivela una sconsiderata noncuranza per i contribuenti che pagano il conto. Se il nostro scopo fosse semplicemente quello di creare posti di lavoro, lo potremmo raggiungere senza produrre merci o servizi di alcun valore. I lavoratori potrebbero scavare delle buche e poi riempirle; oppure potrebbero costruire dei ponti per collegare fra loro delle remote isole dell’Alaska.
Lo spendere non si autogiustifica, dunque in che maniera esso è normalmente un bene per la società? Un acquirente entra in un negozio e vede un CD che costa 15 dollari; lo compera solamente se si aspetta che quel CD gli dia un beneficio che vale più di 15 dollari. La differenza fra la valutazione del compratore e il prezzo rappresenta una rendita (o surplus) per il compratore, ed è il modo in cui la transazione apporta un miglioramento alla vita del compratore. Questa rendita è un elemento molto importante. Quando vostro figlio piange tutta la notte perché ha male a un orecchio, sareste disposti a pagare centinaia o migliaia di dollari per una medicina che lo faccia guarire. Grazie alla scienza moderna, la medicina – di solito, un antibiotico come l’amoxicillina, un farmaco generico – è disponibile per pochi dollari, in base al ticket che si deve corrispondere. Nel momento in cui ritirate la medicina in farmacia, ricavate dalla transazione un surplus di soddisfazione elevatissimo.
Ipotizzando di sapere ciò che facciamo, ogni nostro acquisto riflette la decisione che per noi – i comprato-ri – il valore dell’oggetto è superiore al suo prezzo. E la differenza fra la nostra valutazione e ciò che paghiamo è la “rendita del consumatore” derivante dalla transazione.
Entrate in un’aula dopo una lezione di economia: sia perché molti economisti non cancellano la lavagna, sia perché molte lezioni trattano una curva della domanda, vedrete una curva che punta verso il basso. I punti lungo la curva rappresentano la quantità massima che persone differenti sarebbero disposte a pagare per un prodotto, ordinate dalla più alta alla più bassa disponibilità a pagare. Ad esempio, supponete che Bob sia disposto a pagare 10 dollari per un certo libro, Suzy a pagarne 9, Ravi 8 e Miguel 7. Se il prezzo del libro è di 7,50 dollari, allora tre di essi (Bob, Suzy e Ravi) lo comprano. Ciascuno di loro tre è disposto a pagare una cifra maggiore del prezzo, e la loro disponibilità collettiva a pagare (27 dollari) è superiore all’ammontare che pagano collettivamente (22,50), con una rendita del consumatore pari a 4,50 dollari. Se, come in questo caso, la curva della domanda è una linea retta, allora la rendita del consumatore è un triangolo che sta sotto la curva e sopra il prezzo. L’am?piezza di tale area triangolare rappresenta l’ammontare della rendita del consumatore, ed è ciò che fa sì che le transazioni siano vantaggiose per gli acquirenti. È questo il senso in cui la spesa, per i consumatori, è un fatto positivo.
L’elemento peculiare della rendita del consumatore è che essa, diversamente dal ricavo dei venditori, non appare nelle statistiche dell’amministrazione pubblica. Vi appare il ricavo della vendita dell’amoxicillina, ma non la maggior parte del sollievo provato dai genitori. Naturalmente, la rendita del consumatore è collegata al ricavo. Quando l’eccitazione per un prodotto aumenta – ad esempio, tutti noi ci interessiamo all’iPod –, allora la curva della domanda si sposta verso destra e tanto il ricavo quanto la rendita aumentano. Ma, ironicamente, può pure capitare che i prezzi crollino, ad esempio per via della concorrenza o del progresso tecnico, facendo abbassare la curva dei ricavi di un prodotto anche mentre aumenta la rendita del consumatore relativa a quel prodotto. Buoni esempi in tal senso sono quelli della penicillina e del vaccino antipolio: sono farmaci che continuano a dare benefici enormi, ma che si producono a bassi costi; di conseguenza, generano elevate quantità di rendita per i consumatori, ma scarsi ricavi se paragonati con i benefici da essi apportati.
Quando scegliamo i nostri consumi, compriamo solamente cose che ci renderanno più soddisfazione di quanto paghiamo, una soddisfazione, cioè, maggiore del prezzo. Ad esempio, se acquisto per me un maglione a 50 dollari, lo compro solo se per me vale come minimo quei 50 dollari. Fare un regalo significa troncare il legame fra la decisione d’acquisto e il valore attribuito al regalo dal destinatario, richiamando alla mente l’aforisma che recita “la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni”. Nonostante le vostre buone intenzioni e per quanto io vi voglia bene, se mi comperate un maglione può succedere che non mi piaccia. Nel peggiore dei casi, potrebbe darsi che per me non abbia alcun valore. Dal momento che il maglione non è stata una mia scelta, non c’è alcuna garanzia che io gli attribuisca un valore superiore al prezzo da voi pagato. E se il valore che gli attribuisco è inferiore ai suoi 50 dollari di prezzo – e ai 50 dollari che costa alla società – allora la transazione, in effetti, invece di creare valore, lo distrugge. Ad esempio, se per me il maglione vale 25 dollari, il fatto di regalarlo a me (e il fatto che il suo costo di produzione, per la società, è di 50 dollari) riduce il patrimonio della società di almeno 25 dollari. Vi guardereste bene dal cogliere un’occasione di investimento che promettesse di trasformare in 25 dollari i 50 investiti inizialmente. (In caso contrario, ho un buon affare da proporvi!)
È un’esperienza che tutti noi abbiamo fatto. A partire, più o meno, dai dieci anni di età – quando si chiariscono le nostre preferenze – sopportiamo il fatto di ricevere regali che non ci piacciono; e quel che è peggio, siamo obbligati a fingere la nostra riconoscenza.
In effetti, il costo di una scelta sbagliata è un po’ più alto, come mostrato da un celebre spot televisivo USA del V8, una bevanda a base di vegetali e frutta. Dopo aver comprato e assaggiato qualche altro drink, non il V8, l’attore si dava uno schiaffo in fronte ed esclamava, “Avrei potuto prendere un V8!” Gli schiaffi sulla testa sono sempre divertenti, così questo spot illustra piacevolmente, e in modo preciso, il vero costo della scelta, quello che gli economisti definiscono “costo-opportunità”. Una gazzosa e il V8 costano entrambi un dollaro. A Bill piace così tanto il V8 che, se necessario, sarebbe disposto a pagarlo 2 dollari, ma pagherebbe solo 1,50 per una gazzosa. Talvolta, però, Bill – forse a causa di un precedente schiaffo che si è dato sulla testa – dimentica la sua preferenza per il V8. Qual è il costo della sua scelta sbagliata a favore della gazzosa? È di 0,50 dollari, cioè la differenza fra il valore della soddisfazione che avrebbe potuto comperare con il V8 e quella acquistata con la gazzosa. Anche se Bill ottiene una soddisfazione del valore di 1,50 dollari dalla gazzosa che gli è costata solo un dollaro, la sua scelta sbagliata fa sì che egli perda 0,50 dollari di soddisfazione aggiuntiva che avrebbe avuto al medesimo prezzo. In breve, la scelta della gazzosa fatta da Bill distrugge un valore pari a 0,50 dollari.
Per vedere queste idee in azione, torniamo ai nostri piani di spesa dell’amministrazione pubblica, piani che creano posti di lavoro. Com’è che essi possono rivelarsi dannosi? Possono rivelarsi dannosi nel senso che la spesa necessaria per metterli in atto si sarebbe potuta utilizzare per acquistare qualcosa che avesse maggior valore per la cittadinanza. Supponete che ci sia bisogno di una nuova ...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. Sommario
  5. Prefazione
  6. 1. Introduzione
  7. 2. Spesa e soddisfazione
  8. 3. La spesa natalizia negli Stati Uniti
  9. 4. Quanti sprechi si fanno a Natale?
  10. 5. Perché facciamo regali: i beneficiari sono dei drogati, dei bamboccioni o che altro?
  11. 6. Regali e sprechi nel mondo
  12. 7. Un secolo di spese natalizie americane
  13. 8. Fatevi un piccolo Natale, anche prendendo soldi in prestito (se proprio non potete farne a meno)
  14. 9. Com’è il Natale? Al risparmio, dignitoso o alla grande?
  15. 10. Feste natalizie e consumismo: Babbo Natale e Gesù giocano nella stessa squadra? E se sì, chi è il capitano?
  16. 11. Basta con le lamentele: va tutto per il meglio
  17. 12. Rendere più efficienti le donazioni, con contanti e carte regalo
  18. 13. Donazioni e redistribuzione
  19. 14. Soluzioni: fare dei regali una forza volta al bene
  20. Note