Capannetta
Bozzetto Siciliano
1. Datata da Pirandello «Palermo ’83», fu pubblicata su «La Gazzetta del Popolo della Domenica» di Torino il 1° giugno 1884. Non venne mai ristampata vivente Pirandello. Gino Raya la riprodusse per la prima volta in «Narrativa» (IV, 4, dicembre 1959) e Manlio Lo Vecchio-Musti la recuperò al novero delle opere pirandelliane in SPSV. Primissimo e isolato esercizio narrativo di un Pirandello appena adolescente, il bozzetto ha valore esclusivamente documentario. Tanto più che tra questo ingenuo lavoro scolastico e la prima vera novella, La ricca, il cui svolgimento già manifesta, invece, sia nella declinazione della vicenda che nella caratterizzazione dei protagonisti, i lineamenti riconoscibili di una parabola genuinamente pirandelliana, correranno otto anni durante i quali Pirandello non narrerà se non le peripezie liriche dell’io-poeta della sua prima raccolta di versi, Mal giocondo. A rigore, dunque, questa preistorica novelletta non anticipa, non inaugura e non promette alcunché.
3. Incantata, imbrogliata.
4. «Che ha il colore dello zafferano o croco» (Devoto-Oli).
5. Per quanto disegnato genericamente, questo tratto paesaggistico (la campagna girgentana che si spalanca sulla vista del mare) è l’unico elemento fissato una volta per sempre fin da questo incerto abbozzo. V. Prima notte, p. 460 e n. 11.
8. È un nome che Pirandello non utilizzerà più. Ma del 1880 è la novella verghiana di Vita dei campi intitolata Jeli il pastore.
10. Il pittore Paolo Caliari, detto il Veronese (1528-1588).
La ricca
1. Fu pubblicata in «La Tavola Rotonda» il 13 novembre 1892. Non venne mai più ristampata vivente Pirandello. Recuperata soltanto in L. PIRANDELLO, Novelle per un anno, vol. II, a cura di M. Lo Vecchio-Musti, Milano, Mondadori, 19666.
2. È questo il primo motivo ad attrarre Pirandello: quello appunto dei matrimoni senza amore. Al quale fanno da contorno le nozze di interesse e di comodo e i matrimoni viceversa impossibili per ragioni economiche. Sembrano tutti motivi prettamente veristici, e valgono invece a rendere subito palpabile la deriva del mondo pirandelliano rispetto ai modelli di quella scuola.
4. La parte di eredità spettantele per legge.
5. Viale della Libertà a Palermo, che è la continuazione di via Maqueda e via Ruggero Settimo (al di là della piazza omonima), e che va a costeggiare ville e parchi, tra i quali il Giardino Inglese.
6. Via Domenico Scinà è un’ampia strada palermitana che va da Piazza Ruggero Settimo verso la Piazza Ucciardone e il mare.
7. La piega che (l’uso della forma pronominale cui, propria dei casi obliqui, in funzione di complemento oggetto, è letterario e avviato a desuetudine; tuttavia Pirandello vi indulgerà più volte anche in seguito).
8. Maniglie ad appoggiamano.
9. Sorpresa, colta alla sprovvista.
10. Fibra tessile vegetale ricavata dalla corteccia di varie specie di còrcoro (una tigliacea originaria delle Indie), con la quale si confezionano tessuti resistenti e piuttosto grossi.
11. Grosso panno di lana.
13. Progetti che (v. la n. 7).
14. Che gli ostacoli (v. la n. 7).
Se...
1. Fu pubblicata per la prima volta in «La Tribuna illustrata della domenica» il 26 agosto 1894, e successivamente in «Psiche» il 1° settembre 1897 e in «Ariel» il 5 giugno 1898. Nel 1902 fu compresa nella raccoltina Beffe della morte e della vita (Firenze, Francesco Lumachi). Entrò infine a far parte del primo volume delle «novelle per un anno», Scialle nero (Firenze, Bemporad, 1922).
2. Nella sola stampa su «Ariel», Pirandello sperimentò – per poi abbandonarla nuovamente – una versione del racconto trascritta alla prima persona.
3. Piccola costruzione rustica (che qui ospita un caffè, che nelle redazioni in rivista aveva anche un nome non festoso: Morteo).
4. Il largo tra l’attuale piazza della Repubblica e la piazza dei Cinquecento a Roma, su un lato del quale ci sono i resti delle terme di Diocleziano, e che è vicinissimo alla Stazione Termini.
5. Quando sia, come qui, circondato da globi di vetro non trasparente (nelle due prime stampe: «smerigliati», ossia traslucidi perché levigati allo smeriglio).
6. Giallo-bruno chiaro. È solo un particolare, ma l’abbigliamento della anziana signora ha curiosamente impegnato Pirandello. Dopo averle fatto indossare, sotto un «cappellino nero», prima un «abito acciaio», poi un vestito «un po’ frusto» e poi ancora un «abito acciajo un po’ frusto», stabilì, si direbbe, che quel grigio freddo e quel nero erano troppo luttuosi per una vecchierella così placida in faccia all’inevitabilità del destino, e le mise addosso prima (nel 1902) «una veste di color giuggiolino» (ossia di un colore tra il giallo e il rosso, come quello delle giuggiole) e un «cappellino logoro e stinto», e infine questa veste color cannella non priva del vezzo di una guarnizione «di cordellina nera a zig-zag». La connotazione del lutto, ingraziosita, si restringe a questo punto ai nastri che servono a legare il cappello. Chi volesse, può naturalmente scorgere in questa cura anche l’attenzione alla semantica ostensiva che sarà propria dell’autore di teatro.
7. I fili che formano la frangia.
9. Altra piazza romana negli immediati paraggi, che dalla vecchia piazza delle Terme si poteva raggiungere con un breve percorso in linea retta, parallelo alla fronte della Stazione Termini.
10. Lao Griffi è il primo viaggiatore immaginario del mondo novellistico. Ne seguiranno le tracce i protagonisti de Il treno ha fischiato... (1914) e di Rimedio: la geografia (1920), novella, quest’ultima, che non a caso Pirandello ha fatto seguire immediatamente a questa in Scialle nero.
11. V. Il treno ha fischiato V 84: «Tante città, in cui egli da giovine era stato [...]. Sì, sapeva la vita che vi si viveva! La vita che un tempo vi aveva vissuto anche lui!».
12. Per non perdersi in un tale labirinto, bisogna essere filosofi, almeno dilettanti, come Memmo Viola: v. Quando s’è capito il giuoco IV 442: «L’Essere, caro mio, per uscire dalla sua astrazione e determinarsi ha bisogno dell’Accadere. E che vuol dire questo? Dammi una sigaretta. Vuol dire che... – grazie – vuol dire che l’Accadere, poiché l’Essere è eterno, sarà eterno anch’esso. Ora, un accadere eterno, cioè senza fine, vuol dire anche senza un fine, capisci? un accadere che non conclude, dunque, che non può concludere, che non concluderà mai nulla. È una bella consolazione».
13. Qui il ragionamento ossidionale muove dal tarlo del se, e un analogo ragionamento, destinato a far affiorare la medesima incontrollabile rete deterministica, muoverà vent’anni più tardi dalla considerazione dei viluppi prodotti dai fatti in cui si concreta l’agire umano: v. La carriola V 218: «Quando tu, comunque, hai agito, anche senza che ti sentissi e ti ritrovassi, dopo, negli atti compiuti; quello che hai fatto resta, come una prigione per te. E come spire e tentacoli t’avviluppano le conseguenze delle tue azioni. E ti grava attorno come un’aria densa, irrespirabile la responsabilità, che per quelle azioni e le conseguenze di esse, non volute o non prevedute, ti sei assunta. E come puoi più liberarti?».
14. Capacità d’immaginazione.
15. È la prima prolungata e ancora implicita petizione pirandelliana contro il desiderio e il piacere, che, liberata dei problemi del caso e della necessità, diventerà un ossessionante leit-motiv repressivo. Già qui è tuttavia adombrata chiaramente la «trappola» che si nasconde nel desiderio e nel piacere sessuale.
16. Per gli sviluppi ulteriori e ultimi di questo tarlo leibniziano, v. La carriola V 218 e n. 14.
18. Questa precisazione, importante, interviene a partire dalla...