Milano da morire
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Milano da morire

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Milano da morire

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Milano, specchio d'Italia. Nella città che accolse milioni di famiglie dal Sud, i cortei guidati dal sindaco inalberano striscioni con la scritta Zingari, foeura di ball!. Nella patria antica del buongoverno, a capo delle scuole e dei servizi sociali vengono nominate persone già pubblicamente accusate di mala amministrazione. Nella metropoli che fu modello di pianificazione urbanistica, imprese edilizie legate ai partiti di destra e sinistra pagano i vigilanti del Comune incaricati di controllarle, mentre i cantieri si bloccano, i palazzi si spaccano e negli appalti fioriscono verbali truccati. Peggio che Tangentopoli. Intanto, da Milano si scappa, decine di migliaia di cittadini sono in cura per depressione e l'inquinamento supera tutte le soglie europee. Milano, per fortuna, è molte altre cose: per esempio, la capitale italiana del volontariato. Una grande città, che soffre ma non muore. Questo libro raccoglie il suo grido. Perché se Milano si arrende, si arrende l'Italia.

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2013
ISBN
9788858652954
Categoria
Sociologia

I
La nuova classe politica

2. Le consulenze del sindaco Moratti

Letizia Moratti è donna di impresa, questo l’ha portata nelle grazie di Silvio Berlusconi. Donna, imprenditrice, politicamente conservatrice, milanese (di adozione), in lei il Cavaliere vedeva riunite tutte le caratteristiche necessarie per farne uno dei suoi cavalli di battaglia. Così se l’è portata al Governo. Così ha deciso di candidarla alla guida di Milano.
E Letizia non ha deluso le aspettative: in un momento difficile per la Casa delle Libertà, è riuscita a strappare una vittoria che sembrava poter sfuggire di mano. Eppure, appena arrivata nella stanza che da Palazzo Marino affaccia su piazza della Scala, Moratti ha preso subito una decisione non proprio in linea con l’efficientismo e l’indipendenza dai partiti che erano stati le sue bandiere in campagna elettorale.
Non sono ancora passati 100 giorni dall’elezione che Letizia decide di rivoluzionare l’organigramma del Comune. O meglio di rimpinguarlo con decine di dirigenti ben pagati e soprattutto amici. Sembra di aver fatto in un colpo un salto indietro nel tempo di vent’anni, dritti dritti fino alla Milano socialista. Con un’unica differenza: le facce sono diverse, oppure sono le stesse ma con qualche ruga in più.
Il caso più eclatante è proprio quello di Aldo Fumagalli: ex sindaco di Varese uscito di scena tra avvisi di garanzia e ghigni dell’opposizione, l’esponente leghista si ritrova a fine marzo 2006 a ricoprire l’ambita carica di direttore generale del ministero della Pubblica Istruzione. Non importa che manchino due settimane alle elezioni, Moratti lo vuole al suo fianco al governo. Fumagalli fa appena in tempo a scaldare la poltrona che dopo deve lasciarla. Ma non deve essersene preoccupato più di tanto, perché il futuro primo cittadino di Milano gli deve aver promesso una via d’uscita: sarà uno dei nuovi super-dirigenti di Palazzo Marino.
Insensibile alle critiche e agli imbarazzi politici, Letizia Moratti tira dritta – con un piglio decisionista, in questo senso sì – per la sua strada. Ma Fumagalli non è il solo. L’opposizione di centrosinistra parte all’attacco sottolineando che il Sindaco ha deciso di inserire tra i neo-dirigenti diversi trombati, una decisione che andrebbe contro la legge Bassanini. È il caso di Riccardo Albertini (omonimo, ma non parente dell’ex sindaco, che, dopo il secondo mandato, adesso lavora alla Edison). Riccardo infatti è un esponente non eletto di Forza Italia che si ritrova a ricoprire la posizione di Direttore centrale per le Politiche del lavoro e dell’occupazione. Come dire, prova a candidarti, se proprio va male ti ritrovi a fare il dirigente in Comune.
In tutto, soltanto tra settembre e ottobre, “la giunta ha deliberato l’assunzione di non meno di 63 persone esterne all’amministrazione; di queste non meno di 49 hanno la qualifica dirigenziale”, è scritto nell’esposto alla Corte dei Conti, l’organo che, secondo la Costituzione, ha il compito di vigilare sull’utilizzazione delle risorse pubbliche, presentato dal centrosinistra. La spesa complessiva per gli stipendi raggiunge quota 9.020.621 euro l’anno, di cui 8.056.250 euro soltanto per i dirigenti.
Moratti applica una versione tutta italiana dello spoil system, azzerando l’intero parco dirigenti del Comune e sostituendolo con persone di provata fiducia. I dirigenti centrali passano così da 13 a 28, la metà dei quali esterni all’amministrazione. Gli stipendi medi si aggirano intorno ai 150.000 euro annui, con un aggravio per le casse del Comune di quasi due milioni. Inoltre il Sindaco decide di costituire intorno a sé un comitato ristretto che riferisce soltanto a lei: c’è prima di tutto il direttore generale Piero Borghini (già sindaco di lunga militanza socialista), poi Antonio Acerbo e Luca Conconi, super-dirigenti con competenze per l’Area tecnica e la Programmazione e il Controllo. Infine un vice-direttore generale, Rita Amabile.
L’amministrazione, insomma, è strettamente nelle mani del Sindaco e dei suoi fedelissimi, esterni al Comune e spesso non eletti. Ma le anomalie non finiscono qui. Che dire del ruolo affidato a Mariolina Moioli, in passato dirigente del ministero dell’Istruzione, oggi assessore alla Famiglia e alle Politiche sociali che da sola, denuncia l’opposizione, “gestisce metà del personale e del budget di spesa corrente del Comune”.
Una volta, ai tempi della “Milano da bere”, si chiamavano consulenti, oggi vengono definiti “dirigenti” con contratti a termine, ma la sostanza non cambia. Si trova sempre una breccia: in questo caso è l’articolo 28 del Regolamento sull’Ordinamento degli Uffici e dei Servizi del Comune di Milano che prevede:
il conferimento di incarichi dirigenziali e di alta dirigenza con contratto a tempo determinato a soggetti esterni all’Amministrazione Comunale di particolare e comprovata qualificazione professionale che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati o aziende pubbliche e private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali, o che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale o scientifica desumibile dalla formazione universitaria e post-universitaria, da pubblicazioni scientifiche o da concrete e qualificate esperienze di lavoro, che possano sopperire alla mancanza di formazione universitaria o provenienti da settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato.
Un comma lunghissimo, infinito, una sfida aperta alla sintassi, concepita, parrebbe, più per confondere che per tracciare confini precisi. Si arriva all’ultima riga sfiancati e quasi ipnotizzati.
Ma in ogni frase si nasconde una piccola via di fuga. Un esempio: la previsione di “concrete e qualificate esperienze di lavoro che possano sopperire alla mancanza di formazione universitaria”, perché definire che cosa significhi esattamente concrete e qualificate esperienze di lavoro è impossibile. La laurea è un pezzo di carta, o ce l’hai o non ce l’hai (e molti dirigenti della Moratti non ce l’hanno), ma in questo modo si entra nel regno dell’indefinito.
Non basta. L’esposto alla Corte dei Conti ricorda un’altra cosa: “l’articolo 110 del Testo Unico degli Enti Locali stabilisce che i contratti con dirigenti esterni sono stipulati in misura non superiore al 5% del totale della dotazione organica della dirigenza e dell’area direttiva”. Ma l’infornata decisa da Letizia Moratti, attacca il centrosinistra, non rispetta assolutamente questo requisito. I dirigenti sono 49: se fossero il 5% del totale i dirigenti complessivi del Comune di Milano sarebbero la bellezza di 960. Ovviamente non è così: “la dotazione organica dirigenziale dell’amministrazione non supera le 200 unità”. In pratica: il 25% dei dirigenti, uno su quattro, sono esterni.
In fondo, però, questo è il meno. Per capire esattamente la portata della prima rivoluzione “morattiana” bisogna scorrere, uno per uno, i curricula dei nuovi dirigenti. “Primo, non si capisce assolutamente perché si è ricorsi a queste persone, molte non hanno i titoli. Secondo, non è stata fatta nessuna istruttoria per vedere se all’interno del Comune c’erano dipendenti con le stesse qualifiche” sostiene Marilena Adamo, capogruppo Ds a Palazzo Marino.
La Corte dei Conti ha precisato più volte che si possono conferire incarichi dirigenziali a persone estranee all’amministrazione per “arricchire, attraverso un limitato apporto esterno, la pubblica amministrazione con il conferimento di incarichi dirigenziali” a individui “in possesso di spiccatissime doti professionali”.
Qui è meglio affidarsi direttamente ai curricula prodotti dai dirigenti. Alcuni sono talmente esaurienti da comprendere perfino le conferenze cui hanno partecipato (“Marzo 2000, ha partecipato alla giornata di studi: Il nuovo C.C.N.L. della dirigenza nel comparto della sanità”), gli hobby (“vela, tennis e apnea”) o gli interessi (“conoscenza armi individuali standard Nato”); altri sono sintetici, quasi telegrafici, magari scritti a mano, verrebbe da pensare, sul tram verso Palazzo Marino.
Si potrebbe partire da Riccardo Albertini (dirigente responsabile della Direzione centrale Politiche del lavoro e dell’occupazione), Carlo Boselli (dirigente responsabile del Settore Demanio e Patrimonio nell’ambito della Direzione centrale cassa) e Antonio Cecconi (dirigente responsabile della Direzione centrale Sport e Tempo libero). I tre percepiranno dal Comune – per tutto il mandato di Letizia Moratti – da 203.560 (Albertini e Cecconi) a 189.990 euro lordi l’anno (Boselli). Albertini, oltre a essere un candidato sconfitto della Casa delle Libertà, è stato, tra l’altro, vigile urbano, sindacalista Uil, presidente dell’Inps di Milano e membro della Commissione comunale assegnazione alloggi. Boselli, invece, ha esibito un curriculum vitae di 22 righe (intestazione compresa) in cui descrive le sue esperienze lavorative legate al settore immobiliare. Cecconi infine racconta le proprie (specifiche) competenze professionali, tra le quali “capo delegazione della squadra nazionale studentesca di orientering” (cioè la gara di orientamento) oppure di “responsabile organizzativo dei Giochi Europei 2004”, omettendo però di specificare di che cosa si trattasse.
Altri, molti altri, con compensi fino a 203.560 euro annui, non sembrano – almeno dal curriculum da loro stessi prodotto – aver maturato il requisito richiesto di esperienza dirigenziale quinquennale. O forse bisogna intendersi su che cosa significhi esattamente “esperienza dirigenziale”: c’è chi, sostiene l’opposizione, “arriva a farci rientrare perfino la qualifica di comandante dei bersaglieri”.
In compenso c’è chi sopperisce a questa mancanza con altri titoli. Marianna Faraci, nata nel 1978, non fa nulla per nasconderlo: alla riga cinque del suo curriculum è scritto chiaramente che il suo attuale datore di lavoro è il “Comitato Letizia Moratti per Milano”. In passato, si aggiunge in seguito, ha prestato servizio al ministero del Lavoro. Come stagista. Tra le sue “Capacità e competenze relazionali” spicca una lunga esperienza negli scout e nel volontariato. Per lei il Comune prevede un compenso di 108.570 euro, sarà dirigente responsabile del servizio Pianificazione e Programmazione dei servizi nell’ambito della Direzione centrale Famiglia. E dire che nell’ottobre 2005 una certa Marianna Faraci (età, provenienza e curriculum coincidono, possibile che si tratti di omonimia?) si abbandonava a un amaro sfogo sul blog di Beppe Grillo:
Sono davanti allo schermo della mia non-scrivania, sono le dieci di sera e sono ancora qui, nella sede del mio non-lavoro… nel senso che di lavoro mi sfianco, ma non vedo l’ombra di 1 eurocent! Ho 27 anni, una laurea con il massimo dei voti, un master in comunicazione, una quantità innumerevole di corsi di specializzazione di vario genere, una passione sfrenata per il giornalismo… ma non ho una raccomandazione e, di conseguenza, non ho un lavoro. Felice e fiera di essere arrivata sulle mie sole gambe fin dove sono arrivata, sto cominciando a stancarmi di tutto questo marciume che mi gira intorno. Lavoro gratis da 6 mesi come stagiaire presso una Pubblica Amministrazione, ai livelli più alti, dove mi vengono affidati degli incarichi che i funzionari preposti a svolgerli (sotto retribuzione, ovviamente) ignorano del tutto. Eppure loro sono ben piazzati sulle poltrone! Non è solo la vecchia e irrisolta disputa tra cosa è meglio tra pubblico e privato. Il mio hobby principale, da 6 mesi a questa parte, è quello di inviare curriculum a tutto spiano, ma non se ne cava un ragno da un buco. È colpa della crisi, della congiuntura politico-economica sfavorevole, mi sento ripetere. Io me ne frego delle congiunture… ho 27 anni, voglio un lavoro perchè mi spetta di diritto (vedi art. 1 Costituzione Italiana), perché ho tanta voglia di costruire e non solo x me, xkè da quando avevo 18 anni ho fatto assieme alla mia famiglia tanti sacrifici (e loro continuano a sostenermi in tutti i sensi!), xkè sono stufa delle pacche e dei lei-è-una-persona-brillante-e-dalle-enormi-potenzialità, MA NON SONO E NON VOGLIO ESSERE RACCOMANDATA PER REALIZZARMI COME PROFESSIONISTA E DONNA!!!! Il futuro non lo immagino, sono chiazze che svaniscono lentamente. Le lacrime sono scese da sole leggendo il commento di Marco da Roma. Sono già andata via dalla mia amata Sicilia perché pensavo che l’altrove mi avrebbe offerto più possibilità. Penso che la valigia varcherà il confine!
Appena un mese dopo Marianna approdava al comitato elettorale Moratti. Un anno più tardi era dirigente del Comune di Milano.
Il curriculum, redatto dallo stesso Luca Concone – che avrà dal Comune una retribuzione di 244.270 euro in qualità di dirigente responsabile dell’Area Pianificazione e Controlli –, invece non lascia spazio ai dubbi. Impossibile dubitare delle sue capacità:
Luca è un manager di talento che associa l’orientamento ai risultati con la profondità di pensiero strategico. Luca ha avuto modo di sviluppare profonde conoscenze nel campo della consulenza, in quello manageriale e in quello imprenditoriale. In questo modo Luca combina tre differenti punti di vista in uno stile di leadership energico, ma attento alle persone. Luca ha anche sviluppato interessanti esperienze nell’ambito sociale in India e in Italia.
Insomma, nonostante non si capisca se il signor Luca abbia ricoperto per un quinquennio ruoli dirigenziali, sembra impossibile non arruolare come dirigente una persona con queste caratteristiche.
Francesca Feraboli parla sicuramente bene l’inglese – si è laureata in Galles – ma anche nel suo curriculum non si trova traccia di esperienza dirigenziale durata cinque anni. Difficile anche pensare che la sua esperienza di lavoro (è stata, come del resto altri neo-dirigenti, assistente di un parlamentare, prima di diventare capo di Gabinetto dell’assessore alle Politiche sociali del Comune di Milano) possa averle fornito le conoscenze per diventare dirigente del Settore Imprese, Moda, Design e Libere Professioni. Il compenso previsto per Feraboli è 149.280 euro.
C’è poi Carmela Madaffari, dirigente responsabile della Direzione centrale Famiglia, Scuola e Politiche sociali. Una persona che ha maturato un’esperienza nel settore, ma in Calabria. E che ha ricoperto la carica di sindaco nel comune di Santa Cristina d’Aspromonte, prima di presentarsi come candidata al Senato per l’Udc. Non è stata eletta, ma è finita in Comune a Milano, e per lei la giunta Moratti fissa una retribuzione annua di 217.000 euro. Ma di lei parleremo più avanti.
Decine di nuovi dirigenti, quindi, ma non basta: in consiglio comunale l’opposizione vocifera della nomina di un comitato ristretto di super-saggi vicini alla Moratti che per partecipare alle riunioni di giunta riceverebbero 2.500 euro come gettone di presenza (in tutto, intorno ai 10.000 euro lordi l’anno a testa). Da Palazzo Marino non è arrivata alcuna smentita. Il caso non è più soltanto politico. Sulle nomine dei consulenti della Moratti indaga adesso la Procura.
Non basta. Se per la scelta dei super-dirigenti Letizia Moratti aveva sperato di muoversi lontano dai riflettori dei giornali, per le nomine dei vertici delle municipalizzate agisce alla luce del sole.
E quando i giornali riportano l’elenco dei designati sembra di leggere articoli degli anni Novanta. Alcuni nomi – soprattutto per quanto riguarda le società chiave, che gestiscono bilanci da decine di milioni di euro – sono quelli della classe dirigente pre-Tangentopoli. Personaggi spesso contestati, altre volte toccati dalle indagini. Quasi sempre rispondenti a logiche spartitorie lontane dall’aura di efficienza tanto sbandierata dal sindaco prima delle elezioni.
Allora le domande diventano ineludibili: Moratti è riuscita a contrabbandare un’immagine di sé totalmente diversa dalla realtà oppure i partiti hanno preso decisamente il sopravvento? E ancora: i milanesi non sanno o non vogliono sapere? O piuttosto, sanno e sono d’accordo?
Ma cominciamo dai piccoli enti, quelli di cui molti ignorano perfino l’esistenza. È anche qui che si misura la vera qualità di un’amministrazione comunale. Perché è proprio in questi enti che i partiti e i gruppi di potere si infiltrano, si radicano, infilano i loro uomini, li mantengono a spese pubbliche. Un discorso, purtroppo, valido per tante amministrazioni locali, di centrodestra come di centrosinistra. In questa selva di enti e fondazioni, Moratti che scelte ha fatto? A quali criteri si è ispirata? Proviamo a verificarlo. Sfogliamo l’interminabile elenco delle nomine. Per la carica di revisore dei conti della Fondazione dei “Pomeriggi Musicali” il membro effettivo indicato dal Comune è Pinuccia Mazza. Sul documento 1199417/2006 è riportato un breve curriculum della dottoressa: “Laureata in economia e commercio, dottore commercialista e revisore contabile, per l’esperienza maturata nell’esercizio della libera professione, quale consulente e revisore di varie società e per la conoscenza della Fondazione”. È vero, la signora Mazza ha un’esperienza notevole di revisione dei conti, è uno di quei nomi che ricorrono, soprattutto quando il collegio sindacale viene nominato dagli enti pubblici. Ha, insomma, la fiducia del mondo politico. Tanto per dirne una, è membro del collegio sindacale di Sviluppo Sistema Fiera. E proprio nella Fondazione Fiera di Milano siede anche, come revisore, il suo collega di studio Antonio Fezzi.
Come membro del collegio sindacale della Fondazione “Irccs” (Istituto neurologico Carlo Besta di Milano) la persona scelta è invece Maria Luisa Mosconi, “nata a Varese il 18 maggio 1962, laureata in economia aziendale, dottore commercialista e revisore contabile, per l’esperienza acquisita nell’esercizio della libera professione e quale revisore dei conti e sindaco di enti pubblici e privati”.
È vero, Mosconi ha senz’altro una buona conoscenza della materia maturata in diverse società. Vediamo quali. Prima di tutto la Sea (società controllata dagli enti pubblici milanesi), dove sedeva nel collegio sindacale presieduto da Giuseppe Lucibello (nominato nel 2004 dal governo). Ancora: Mosconi è stata membro anche del collegio sindacale della Mm, Metropolitana milanese. Insomma, si tratta di una persona stimata dalle giunte comunali presenti e passate che l’hanno scelta anche per il consiglio di revisori dei conti delle Scuole civiche di Milano e soprattutto della Sogemi, la potente società che gestisce i mercati e che da sempre è nelle mani di Alleanza nazionale. Ma la dottoressa Mosconi è soprattutto professionista di fiducia del gruppo Fondiaria-Sai, del solito Salvatore Ligresti (vicino a Ignazio La Russa e a certi ambienti di An). Leggendo l’organigramma della società assicurativa, accanto all’immancabile Vincenzo La Russa, si trova come sindaco supplente Maria Luisa Mosconi.
Ancora: nella Investimenti Immobiliari Lombardi, vicina alla Banca Popolare di Lodi travolta dallo scandalo Antonveneta, troviamo come consiglieri il ben noto Stefano Ricucci (marito di Anna Falchi, quello dei “furbetti del quartierino”, tanto per capirci), Romano Marniga (anche lui sfiorato dall’indagine perché aveva rastrellato i titoli della banca padovana e, come accertato dalla Consob, aveva ricevuto finanziamenti da Lodi). Tra i sindaci figura Maria Luisa Mosconi.
Il membro del consiglio di amministrazione del Carlo Besta scelto dalla Moratti è Costante Portatadino “nato a Varese il 23 dicembre 1944, laureato in filosofia, per l’esperienza gestionale maturata presso importanti societ...

Indice dei contenuti

  1. Milano da morire
  2. Copyright
  3. Premessa
  4. I – LA NUOVA CLASSE POLITICA
  5. II – VIVERE A MILANO. L’ARIA CHE RESPIRIAMO
  6. III – VIVERE A MILANO. UNA CITTÀ INOSPITALE
  7. IV – VIVERE A MILANO. QUANDO SI AMMALA LA SANITÀ
  8. V – QUELLA MILANO CHE NON CAMBIA
  9. Ringraziamenti
  10. Sommario