L'Arte della strategia
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L'Arte della strategia

  1. 174 pagine
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L'Arte della strategia

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La guerra non è qualcosa di cui compiacersi, né la vittoria qualcosa da cui trarre profitto. SUN PIN (IV sec. a.C.) DISCENDENTE DI SUN TSU, l'autore dell'Arte della guerra, Sun Pin fu illustre stratega nella Cina degli Stati Combattenti, consulente militare alla corte del sovrano di Ch'i. Ma la forza delle sue parole prosegue fino a noi, prestandosi a un uso molto più ampio rispetto al contesto bellico in cui furono generate e offrendo al lettore contemporaneo un breve, incisivo e incredibilmente attuale manuale di psicologia sociale e professionale, nonché un addestramento all'autoanalisi.

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2013
ISBN
9788858652534
Argomento
Business
III
LE QUESTIONI DI RE WEI
«Re Wei dello Stato di Ch’i interpellò il maestro Sun sul modo migliore di impiegare l’esercito (yung-ping), dicendo:
“Che fare, quando due armate sono entrambe in assetto di guerra, i rispettivi comandanti si studiano a vicenda e le linee di difesa appaiono entrambe robuste e solide, cosicché nessuno si azzarda a compiere la prima mossa?”.
Il maestro Sun replicò:
“In tal caso va usata la fanteria leggera per mettere il nemico alla prova, assegnandone il comando a un ufficiale di infimo rango ma audace, confidando più nella sua sconfitta o nella ritirata che nella vittoria. Poi si predisporranno altre truppe per un’imboscata, in modo da colpire il nemico ai fianchi. Questa è una tattica di grande successo (ta-te)”.»
La tattica indicata ricorda quella descritta in precedenza; anche qui si sacrifica una parte delle proprie risorse per un risultato positivo a breve scadenza. Lì la vittima era l’incapace, qui l’ufficialetto di rango minore: Sun Pin, evidentemente, equipara le due figure.
Con questa strategia si compie la prima mossa? Tutt’altro. Ciò avviene solo in apparenza. Il principio del judo non viene tradito: è l’altro che si espone, inseguendo le truppe; la nostra è una esposizione fasulla.
Saggiare le risorse del nemico: questo lo scopo di una tattica fortunata. Per conseguirlo, si presta anche la ritirata. Si attinge alla confusione: il nemico non coglierà il senso dell’azione, scambiandola per qualcos’altro; di nuovo, la simulazione. Si lascia all’avversario il compito di decifrare mosse di significato polivalente. Un espediente utile in campo militare e nelle relazioni sociali o d’affari.
«Re Wei domandò:
“Esiste un tao per avvalersi di formazioni che risultino sparute o al contrario in sovrannumero?”.
Il maestro Sun rispose di sì.
Re Wei domandò:
“Se la mia armata è forte e numerosa, mentre quella nemica è debole e sparuta, qual è la strategia ottimale?”.
Il maestro Sun s’inchinò due volte, e replicò:
“Questa è proprio la domanda di un sovrano illuminato (ming). Ancorché forti e numerosi, ci si interroga ancora sulla strategia ottimale! È questo il tao per garantire la sicurezza dello Stato. Il nome della tattica è: ‘Indurre il nemico ad agire’. Fingete che tra le vostre file regnino l’indisciplina e il disordine: l’ambizione dell’avversario ne sarà solleticata, e darà di sicuro battaglia”.»
Anche qui si stimola l’avversario all’azione: niente iniziative! Un altro test delle sue effettive risorse, simulando perplessità. Ancora una volta: «il ben ordinato si mostra disordinato». Si parte dall’idea che chi si espone per primo vada incontro al fallimento, ancorché in possesso di forze soverchianti.
Altri strateghi sottolineavano che il più forte può inorgoglirsi delle proprie qualità, e inclinare alla sconfitta. Da qui certe precauzioni, tutt’altro che superflue.
«Re Wei domandò:
“Se l’armata del nemico è forte e numerosa, mentre la nostra è debole e sparuta, qual è la strategia ottimale?”.
Il maestro Sun replicò:
“La tattica si chiama ‘arrendersi all’imponenza del nemico’. Accertatevi di occultare le retrovie, per consentire al grosso delle truppe un’agevole ritirata. Schierate in prima linea i soldati dalle armi lunghe e quelli dalle armi corte in funzione di supporto. Mandate un contingente mobile di balestrieri a coadiuvare le operazioni più impervie della prima linea. Il grosso delle truppe si manterrà stazionario, in attesa che il nemico riveli le sue capacità”.»
Delle forze dell’armata, alla prima linea spetta il compito più impegnativo attraverso una serie di operazioni militari. Le retrovie si nascondono, mentre il grosso delle truppe resta fermo in attesa. Un altro test delle capacità del nemico, dettato dalla sua imponenza, cui «ci si arrende» solo in apparenza.
A una parte spetta un compito ricognitivo, a un’altra difensivo, mentre la terza si mantiene alla finestra: una divisione dei compiti che torna utile in ogni rapporto sociale che la richieda. La componente difensiva resta celata per evitare di far sapere all’avversario o all’interlocutore le nostre risorse più intime, cui attingere all’occorrenza. Il grosso delle truppe, o la parte più rappresentativa di noi stessi, resta in attesa, pronta a intervenire se necessario e a dosare l’impatto dell’azione.
«Re Wei domandò:
“Se la nostra armata avanza, al pari di quella nemica, di cui ignoriamo l’effettiva consistenza, qual è la strategia ottimale?”.
Il maestro Sun replicò:
“La tattica si chiama: ‘Affrontare il pericolo con successo’. Quando il nemico si dispone in un determinato assetto di guerra, suddividete le vostre truppe in tre unità e mandategliele contro. Una di loro (affronterà il nemico, mentre le altre due) potranno supportarsi a vicenda. Se siete in grado di mantenere la posizione, fatelo; se siete in grado di muovervi, fatelo. Non dovreste cercare di (conseguire un rapido trionfo)”.»1
Un altro modo per saggiare le risorse nemiche, stavolta motivato da un’effettiva ignoranza numerica e da applicare per un periodo più lungo, attraverso la pazienza necessaria. Ogni mossa è valida, che si riesca ad avanzare o nel caso contrario. Si tratta di un esame conoscitivo, per rendersi conto dell’esistente. Saranno i suoi frutti a determinare la vittoria. Si consideri che in questi test non vanno esibite le proprie capacità effettive, in modo da confondere l’altro.
Sul piano interiore, con questa tattica non ci si curerà dei successi o degli incidenti di percorso, bensì del risultato finale, conseguibile attraverso una conoscenza più approfondita della effettiva posizione dell’avversario o della portata del problema.
«Re Wei domandò:
“Qual è la strategia ottimale nei confronti di un aggressore allo stremo delle forze e della disperazione?”.
Il maestro Sun (…) replicò: “Non dovreste tentare di incalzarlo, bensì attendere che colga la possibilità di sopravvivere”.»
Non si dovrebbe infierire su un nemico esausto, bensì concedergli una chance. Più che di compassione, è in questione un timore ancestrale: che il nemico colpito a morte, vistosi perduto, possa concentrarsi su forze inconcepibili e capovolgere la condizione a suo vantaggio.
Altri strateghi suggeriscono di vietare al nemico le mosse produttive, non quelle superflue o innocue.
«Re Wei domandò:
“Qual è la strategia ottimale nei confronti di un aggressore di pari potenza?”.
Il maestro Sun replicò:
“Confonderlo attraverso delle mosse sporadiche e dispersive, per indurlo a dividere le sue forze, e attaccarlo con il grosso delle truppe. Non dovreste permettergli di rendersi conto delle vostre azioni. Tuttavia, se l’avversario non dovesse dividere le sue truppe, prendete posizione e mantenetela. Non dovreste attaccare, finché non vi sentite sicuri”.»
L’adozione di una strategia ammette sempre varie alternative. Ciò è particolarmente vero quando le forze in competizione sono uguali. La confusione è da perseguire, certo, ma non si è certi che il nemico cadrà in trappola, smembrando le sue risorse. Sarebbe troppo facile! Meglio mantenere la propria postazione, e lasciargli la prima mossa. In base al solito assunto, si attaccherà solo se sorretti da una grande fiducia in sé e determinazione.
«Re Wei domandò:
“Esiste un tao2 che consenta a un uomo solo di travolgerne dieci?”.3
Il maestro Sun replicò:
“Sì. Vanno attaccati i punti deboli del nemico, ricorrendo a mosse inaspettate”.»
Si tratta di una strategia sinogiapponese che ha sempre destato l’ammirazione dell’osservatore al cinema, del lettore nei romanzi, ecc. Sun Pin ne svela il segreto, tutt’altro che di facile applicazione. La domanda non dà affatto per scontato, giustamente, che la superiorità numerica garantisca la vittoria.
«Re Wei domandò:
“Su un terreno pianeggiante e con truppe ben organizzate, un’armata viene sconfitta. Come mai?”.
Il maestro Sun replicò:
“Perché manca di una robusta prima linea”.»
Alla prima linea spettano parecchi compiti e una responsabilità molteplice: azioni di sfondamento, modi per saggiare e confondere l’avversario, ecc. La replica alla questione è logica e prevedibile per Sun Pin.
«Re Wei domandò:
“Come posso indurre il popolo a ubbidire sempre ai miei ordini?”.
Il maestro Sun replicò:
“Risultando sempre affidabile (hsin)”.
Re Wei disse:
“Eccellente! La vostra conoscenza delle tattiche strategiche efficaci (shih) è inesauribile!”.»
Hsin vuol dire tanto «sincerità» che «affidabilità», nonché «perfezione». Una qualità confuciana, valorizzata pure dagli strateghi. Dando agli altri un’impressione di stabilità, li si predisporrà favorevolmente ai propri voleri. Si funge da modello dello stesso comportamento che si richiede loro.
«T’ien Chi pose varie domande al maestro Sun:
“Cosa inibisce i movimenti delle truppe? Cosa può mettere in difficoltà il nemico? Cosa impedisce di espugnare una fortificazione? A cosa si deve la sconfitta, malgrado il clima favorevole? A cosa si deve la sconfitta, malgrado il terreno favorevole? A cosa si deve la sconfitta, malgrado i favori del popolo?4 Vi chiedo se esiste un tao che permetta di affrontare queste sei questioni con successo”.
Il maestro Sun replicò:
“Sì, esiste. È la scelta di un terreno inadeguato a inibire il moto delle truppe; è la nostra capacità di gettare il nemico in una situazione pericolosa a metterlo in difficoltà. È stato detto che sono tre li5 di palude a inibire i movimenti dell’esercito. Per traversarli, occorrerà lasciarsi dietro le armature pesanti.6 Per questo ho detto che è la scelta di un terreno inadeguato a inibire il moto delle truppe, mentre la nostra capacità di gettare il nemico in una situazione pericolosa lo mette in difficoltà. Una fortificazione risulta inespugnabile a causa di fossati e barricate (…)”.»
In molti passi dell’opera, tao significa «strategia di successo». Sul piano interiore, va precisato che talvolta si deve essere pronti a lasciarsi dietro qualcosa per il buon esito di un’impresa. Un principio più volte valorizzato da Sun Pin.
Alcune risposte sembrano tautologiche: è chiaro che il nemico in pericolo si troverà in difficoltà! In certi casi, Sun Pin sembra alludere alle capacità d’intesa dell’interlocutore (va anche considerato che il testo del paragrafo è lacunoso). Come Confucio, il quale indicava ai discepoli solo una parte del problema, lasciando che fossero loro a integrare la risposta con l’esperienza. Ci sono questioni che è impossibile descrivere esaustivamente: l’ambito strategico si espone all’imprevedibilità. Da ciò la necessità di elaborare sul campo le indicazioni degli strateghi, in base alla situazione bellica da affrontare. Ciò vale per qualsiasi situazione di conflitto. Un maestro Zen insegnava meticolosamente a un allievo giovanissimo a rispondere alle provocazioni dei coetanei, ma quello si trovava, di volta in volta, a reazioni sempre diverse, per le quali mancava di istruzioni.
«T’ien Chi domandò:
“(Nei confronti di un contingente molto agguerrito,) che dobbiamo fare?”.
Il maestro Sun replicò:
“Suonate i tamburi,7 ma restate in posizione; occorre indurre il nemico ad avanzare”.»8
Valgono le considerazioni già formulate in base al «divieto di compiere la prima mossa» per le ragioni indicate. Anche Sun-tzu si pose certe questioni, e le affrontò in una logica analoga.
«T’ien Chi domandò:
“...

Indice dei contenuti

  1. L’Arte della strategia
  2. Copyright
  3. Introduzione
  4. Bibliografia
  5. I. Catturare P’ang Chüan
  6. II. Udienza dal re Wei
  7. III. Le questioni di re Wei
  8. IV. Le questioni di T’ien Chi sulle fortificazioni
  9. V. La selezione delle truppe
  10. VI. La luna e la battaglia
  11. VII. Le otto formazioni
  12. VIII. Le garanzie offerte dal terreno
  13. IX. Incrementare le proprie potenzialità
  14. X. La natura delle operazioni militari
  15. XI. La selezione del personale
  16. XII. Il sacrificio in battaglia
  17. XIII. Come manipolare lo stato d’animo delle truppe o espanderne il soffio vitale
  18. XIV. Princìpi di coordinazione militare
  19. XV. I cinque metodi di addestramento
  20. XVI. Rafforzare l’esercito
  21. XVII. I dieci schieramenti
  22. XVIII. Dieci interrogativi
  23. XIX. Regole essenziali per la fanteria
  24. XX. I rispettivi compiti dell’invasore e del difensore: l’ospite e il padrone di casa
  25. XXI. Il leader eccellente
  26. XXII. I cinque tipi di reputazione e di atteggiamento convenzionale
  27. XXIII. I difetti dell’esercito
  28. XXIV. L’integrità del generale
  29. XXV. La virtù del generale
  30. XXVI. Le sconfitte personali del generale
  31. XXVII. Il fallimento del generale
  32. XXVIII. Città maschili e femminili
  33. XXIX. Cinque parametri di valutazione e nove tattiche di controllo
  34. XXX.Truppe concentrate e sparse
  35. XXXI. Sorpresa e regolarità
  36. Sommario