Dichiarazia
eBook - ePub

Dichiarazia

  1. 332 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Dichiarazia

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

Ogni giorno i politici ci inondano di migliaia di parole in libertà. Promesse, smentite, voltafaccia, bugie, insulti e banalità dilagano nelle agenzie di stampa, nei "pastoni" dei tg, sulle pagine dei giornali. Siamo in piena Dichiarazia, una perversa spirale tra politica e media dove il fumo verbale annebbia i fatti, le inchieste, l'attività politica seria. Qualunque critica diventa la "demonizzazione dell'avversario", ogni accusa è "farneticante", i giornalisti scomodi sono "faziosi". In continue polemiche che montano furiose e sfumano nel nulla, la Casta dichiarante si rinfaccia "menzogne", non accetta "lezioni" e non si fa certo "intimidire". E dietro la cortina delle chiacchiere nega l'evidenza, si contraddice senza pudore, afferma tutto e il contrario di tutto. Ma la rappresentazione che va in scena non ha niente a che vedere con la realtà. Mario Portanova ci invita a capire trucchi, frasi fatte, voli pindarici e sviolinate, che non hanno colore né schieramento. Perché mai come in politica tra il dire e il fare c'è di mezzo un mare (di parole).

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a Dichiarazia di Mario Portanova in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Social Sciences e Sociology. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Editore
BUR
Anno
2013
ISBN
9788858653036
Categoria
Sociology

LA PROMESSA

E i segreti per non mantenerla

Siamo stanchi di essere strumentalizzati dalla classe politica, le promesse non sono state mantenute.
Leoluca Bagarella, comunicato letto davanti
alla Corte d’Assise di Trapani, 13 luglio 2002

Dies Irap

Nell’anno 2009, sotto il quarto governo Berlusconi, i contribuenti italiani pagano l’Irap, imposta regionale sulle attività produttive. Che cosa c’è di strano? Di strano ci sono 13 anni di promesse del Cavaliere, accompagnati da invettive e proclami su questo iniquo balzello, anzi, su questa «rapina». L’imposta regionale sulle attività produttive, rivolta a imprese e professionisti, fu introdotta nel 1997 da Vincenzo Visco, ministro delle Finanze del governo Prodi, in sostituzione della «tassa sulla salute» e di altre imposte. Il gettito, infatti, va a finanziare soprattutto la sanità pubblica, di competenza delle Regioni.
Dal giorno in cui definì l’Irap una rapina, Berlusconi ha governato cinque anni filati, dal 2001 al 2006, e un anno dopo la vittoria del 2008, sempre con maggioranze solidissime. La «rapina», però, continua.
a) Berlusconi di lotta
Sulle tasse la sinistra cinicamente è pronta a dire tutto e il contrario di tutto. Le imposte che Prodi dichiara di essere pronto ad abolire sono già riassorbite in una nuova imposta che chiama Irap, cioè imposta regionale sulle attività produttive, e già il nome dice che continua l’avversione della sinistra nei confronti del mondo della produzione, nei confronti delle imprese, nei confronti delle aziende.
SILVIO BERLUSCONI, Forza Italia, 8 marzo 1996,
Tg1, Rai Uno
L’Irap è davvero l’imposta di rapina, cioè una tassa iniqua che va soprattutto contro chi rischia in proprio, i lavoratori autonomi, i commercianti, gli artigiani, i professionisti, aumentando le loro difficoltà in un momento difficile dell’economia.
5 novembre 1997, Tg 5, Canale5, annunciando
la manifestazione contro l’Irap del 13 novembre
Da Roma, ma collegati con 116 città italiane, con tutte le province e tutte le grandi città, faremo una manifestazione che abbiamo chiamato Dies Irap, per protestare contro una tassa che è una piccola rapina. Irap vuol dire Imposta Rapina perché è un’imposta stranissima che ci distingue da tutti gli altri Paesi perché si calcola non sugli utili, non sul reddito, ma sul valore aggiunto, cioè su tutto ciò che un’impresa o un professionista aggiunge al costo dei prodotti grazie al lavoro suo e dei suoi collaboratori. È la prima volta in Europa che viene fatta un’imposta sul lavoro.
6 novembre 1997, manifestazione elettorale a Roma
Siamo qui per denunciare che questa sinistra usa le tasse per colpire il ceto medio, l’Italia che lavora e che produce: una sinistra che danneggia l’economia. L’Irap è una tassa sulle tasse perché non è deducibile, è un’imposta che impoverisce il ceto medio, vero artefice del benessere nazionale. L’Italia è l’unico Paese in Europa ad aver introdotto una simile imposta.
13 novembre 1997, manifestazione nazionale contro l’Irap
L’Irap è un non senso assoluto e una complicazione per le imprese, che dimostra che la sinistra, maestra nella gestione del potere, è disastrosa nella gestione dell’economia.
31 ottobre 1997, manifestazione elettorale a Campi
di Bisenzio (Firenze)
Chiediamo anche noi le cose che chiedete voi: la diminuzione delle tasse, la restituzione delle multe, l’abolizione dell’imposta di successione, l’abolizione dell’Irap, la riduzione dell’Iva.
17 dicembre 1997, manifestazione della Coldiretti a Roma
La nostra rivoluzione copernicana prevede la riduzione delle aliquote Irpef da 5 a 2, l’abolizione dell’Irap, della tassa di successione ed esenzioni fiscali per gli anziani.
27 maggio 1999, lancio del No Tax Day a Verona
L’Irap farà una brutta fine perché è una brutta imposta. Penalizza soprattutto l’imprenditore che investe, perché penalizza il costo del lavoro.
8 maggio 2001, Porta a porta, Rai Uno
b) Berlusconi di governo
La soppressione dell’Irap è nel nostro programma e non c’è alcuna modifica, non vi abbiamo rinunciato.
SILVIO BERLUSCONI, Forza Italia, presidente del Consiglio,
12 aprile 2003, risposta al presidente di
Confindustria Antonio D’Amato
L’eliminazione dell’Irap dovrà essere controbilanciata da altre iniziative dal momento che questa imposta ha portato nelle casse dello Stato lo scorso anno qualcosa come 62.000 miliardi di vecchie lire. Ci dovrà essere una contropartita, forse un ritorno all’antico, per esempio qualcosa di simile al contributo per il Servizio sanitario nazionale.
22 maggio 2003, Porta a porta, Rai Uno
Posso annunciare sin da ora che con la prossima Finanziaria non ci sarà più l’Irap. La cancelleremo.
19 marzo 2005, Bari, assemblea della Piccola impresa
Con la prossima Finanziaria abbiamo previsto un consistente taglio dell’Irap, che ci consentirà di proseguire nell’abbattimento di questa imposta che abbiamo ereditato dai precedenti governi, e che costituisce una pesante zavorra per la crescita delle imprese.
10 settembre 2005, Bari, inaugurazione
della Fiera del Levante
Irap, come imposta rapina che grava su tutto ciò che le imprese fanno per svilupparsi. […] Noi abbiamo cominciato a ridurla.
17 marzo 2006, intervista al «Gazzettino»
La manovra permette di avere l’Iva di cassa e delle detrazioni sull’Irap ed è una promessa per una futura abolizione di un’assurda imposta che abbiamo solo noi e che è stata introdotta dalla sinistra.
30 novembre 2008, convegno della Democrazia cristiana
per le autonomie a Sesto San Giovanni (Milano)

Il conflitto dei dieci anni

La promessa, un classico della Dichiarazia. Buttata lì in campagna elettorale, a volte scolpita nel sacro Programma, poi dimenticata o infranta contro il muro della dura realtà («C’è stato l’11 Settembre», «È arrivata la crisi», «Abbiamo ereditato un buco dal precedente governo»…), oppure fissata in una legge che però si rivela blanda o inefficace rispetto agli obiettivi inizialmente proclamati (per esempio la Social Card varata dal ministro dell’Economia Giulio Tremonti per alleviare il peso della spesa ai cittadini più poveri). La promessa, a volte precisa, come nel caso dell’Irap, a volte tanto vaga che il suo mantenimento è difficile da verificare oggettivamente, come quella più evocata negli ultimi anni, la «maggiore sicurezza».
La madre di tutte le promesse della Seconda Repubblica è il Contratto con gli italiani, firmato da Silvio Berlusconi nella campagna elettorale del 2001 sulla scenografica scrivania predisposta da Bruno Vespa a Porta a porta. Il contratto prometteva l’abbattimento della pressione fiscale, una «forte riduzione dei reati», l’innalzamento delle pensioni minime a un milione di lire al mese (pari a 516 euro), il dimezzamento della disoccupazione «con la creazione di almeno un milione di posti di lavoro», l’apertura dei cantieri per il 40 per cento degli investimenti previsti nel «Piano decennale delle grandi opere». Berlusconi si impegnava a non ripresentarsi a successive elezioni se non avesse raggiunto almeno quattro traguardi su cinque. Berlusconi vinse e governò cinque anni con una maggioranza inattaccabile nei due rami del Parlamento. Rispettò il contratto? Su questo si sono esercitati esegeti e studiosi. Un’analisi approfondita di Luca Ricolfi, pubblicata verso la fine di quella legislatura, (Dossier Italia. A che punto è il contratto con gli italiani, Il Mulino, Bologna 2005) concludeva che i punti del contratto erano stati rispettati parzialmente, a macchia di leopardo. La prima e principale – il contratto fu firmato nella famosa campagna elettorale dei giganteschi manifesti che assicuravano «meno tasse per tutti» – era stata sicuramente disattesa. La semplificazione a due sole aliquote, il 23 e il 33 per cento, per i redditi delle persone fisiche era rimasta lettera morta. No problem, perché Berlusconi l’aveva effettivamente proposta, ma gli alleati si erano opposti, in particolare An e Udc, perché sarebbe stata semplicemente insostenibile per le casse dello Stato. Da qui nacque un altro mantra del Cavaliere: cominciò a ripetere che tutto si sarebbe risolto se lui avesse avuto il consenso «del 51 per cento degli italiani», senza dover rendere conto delle scelte di governo ad alleati inopportuni.
La promessa a volte è come Highlander, in grado di attraversare governi e legislature, ogni volta disattesa e spesso tradita anche quando viene finalmente fissata sulla carta sotto forma di legge. È il caso, quest’ultimo, del conflitto d’interesse.
Quando, nel 1993, l’imprenditore Silvio Berlusconi decide di scendere in campo, la domanda sorge spontanea: può l’uomo che in Italia già assomma il massimo potere mediatico e il massimo potere economico detenere anche il massimo potere politico, diventando presidente del Consiglio? Anche la risposta sorge spontanea: no. Il suo conflitto d’interessi nel prendere decisioni di governo, oltre al gigantesco vantaggio di risorse rispetto ai contendenti esterni e interni alla sua coalizione, distorcerebbero il gioco democratico. Lo insegna la più liberale delle democrazie, gli Stati Uniti, che in materia è dotata di una normativa severa. A fasi alterne lo ammette lo stesso Berlusconi, che promette, in caso di vittoria, di varare una legge sul conflitto d’interessi entro 100 giorni dall’insediamento. A maggior ragione insiste sul tasto il centrosinistra, all’epoca rappresentato dalla «gioiosa macchina da guerra» guidata da Achille Occhetto, segretario del Pds.
Il tema diventa uno dei più caldi della campagna elettorale, ma soltanto a parole: non farà una legge sul conflitto di interessi il vincitore Silvio Berlusconi, né nei primi 100 giorni né nei restanti 110 del suo breve governo; non la farà il centrosinistra tra il 1996 e il 2001 con i governi Prodi, D’Alema e Amato, perché la legge approvata all’unanimità alla Camera il 22 aprile 1998 resterà impantanata al Senato per quattro anni, fino alla fine della legislatura; la farà, architettata in modo da non recare il minimo disturbo a Berlusconi tornato nel frattempo a palazzo Chigi, la maggioranza di centrodestra. Il progetto di legge predisposto da Franco Frattini, ministro della Funzione pubblica e poi degli Esteri, fedelissimo di Berlusconi, è definitivamente approvato il 13 luglio 2004. Il conflitto d’interessi continua ai giorni nostri a essere un tema ricorrente del diattito politico e delle campagne elettorali.
Tra i pasdaran del conflitto d’interessi emerge la figura di Clemente Mastella, per il quale è «inconcepibile» che un leader politico abbia tre reti televisive «a disposizione». Dopo vari passaggi tra centrodestra e centrosinistra, la sua ultima collocazione conosciuta è quella di candidato alle europee del 2009 per il Pdl, guidato dal suddetto leader, che ha sempre tre reti televisive a disposizione, cosa evidentemente diventata, nel frattempo, perfettamente concepibile.
Può essere messo in discussione lo stesso gioco democratico: oggi chi ha in mano l’informazione televisiva può dettare legge. Bisognerà stringere in Parlamento su conflitto di interessi e antitrust e bisognerà votare subito.
CESARE SALVI, presidente dei senatori Progressisti,
23 settembre 1994, intervista a «Panorama»
Tra le altre cose che abbiamo ascoltato stamattina al Senato, c’è stato l’impegno del presidente del Consiglio a risolvere il problema costituito dalla contemporaneità di funzione di presidente del Consiglio e azionista della Fininvest. Annunciando questa sua decisione di sciogliere il problema, rinunciando in pratica alla proprietà della Fininvest, Berlusconi non ha nascosto un po’ di emozione. Questo non è dispiaciuto a molti di quelli che lo stavano ascoltando, perché ha aggiunto della profonda sincerità nella dichiarazione.
CARLO SCOGNAMIGLIO, Forza Italia, presidente del Senato,
12 ottobre 1994, intervista a Studio Aperto, Italia1
Credo che in un Paese civile non si debba neanche discutere di questo: che l’onorevole Berlusconi possa cioè presiedere il governo che dovrebbe rinnovare le concessioni televisive a Berlusconi. Non siamo noi a innescare questo rischio. È l’onorevole Berlusconi, che prima si è impegnato a risolvere questo problema in pochi mesi, e non l’ha fatto; poi ha detto che avrebbe venduto le sue televisioni, e non lo ha fatto. Se Berlusconi lo risolve, questo problema non c’è. Non sono stato io a prendere questi impegni, ma l’onorevole Berlusconi.
MASSIMO D’ALEMA, segretario del Pds, 24 settembre 1995
Si può girare intorno quanto si vuole, ma D’Alema ha riproposto una questione importante, in qualche modo cruciale per il funzionamento di una moderna democrazia. L’unico ad avere cambiato opinione, smentendo quanto più volte solennemente affermato, è proprio Berlusconi.
MARCO MINNITTI, segreteria del Pds, 26 settembre 1995
Che esista la necessità di fare in Italia una legge che regoli il conflitto di interessi, il Polo lo riconosce ampiamente e nel programma c’è una proposta che altro non è che quella avanzata dal governo Berlusconi.
GIANFRANCO FINI, presidente di An, 5 aprile 1996
Fini ha detto che esiste il conflitto d’interessi? No, sempre le solite cose… Ancora con questo teatrino….
SILVIO BERLUSCONI, presidente di Forza Italia, 5 aprile 1996
Il conflitto di interessi fra la proprietà di mezzi di informazione e la partecipazione alla vita pubblica è un’anomalia italiana. V...

Indice dei contenuti

  1. Dichiarazia
  2. Copyright
  3. INTRODUZIONE
  4. IL VOLTAFACCIA
  5. LA BUGIA
  6. LA PROMESSA
  7. LA BANALITÀ
  8. L’ADULAZIONE E L’INSULTO