Che cosa è la vita?
eBook - ePub

Che cosa è la vita?

I cinque principi fondamentali della biologia

  1. 144 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Che cosa è la vita?

I cinque principi fondamentali della biologia

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

Tutto è cominciato in una giornata di primavera, con una farfalla che svolazzava in un giardino inglese e un ragazzino di circa dodici anni che, affascinato da quell'essere perfetto, ha iniziato a interrogarsi sulle somiglianze e sulle differenze tra quella farfalla e un essere umano, visto che entrambi si muovono, reagiscono agli stimoli e, di fatto, sono vivi. Ebbene, a mezzo secolo di distanza, dopo una vita trascorsa in laboratorio e un Nobel per la medicina, quel ragazzino non è ancora certo di aver trovato una risposta esaustiva.

Per il biologo cellulare Paul Nurse, infatti, chiedersi che cosa vuol dire essere vivi è una delle domande più difficili che qualsiasi scienziato e umanista possa porsi, poiché l'articolata diversità della natura rende davvero ardua l'elaborazione di una teoria univoca. D'altro canto, però, la ricerca scientifica nel corso dei secoli ha dimostrato che la vita per come noi la conosciamo segue regole condivise da tutti gli organismi, semplici e complessi - che si tratti di un singolo batterio o di una balenottera azzurra - ed è riconducibile a cinque principi essenziali: la cellula, il gene, l'evoluzione per selezione naturale, la vita come chimica e la vita come informazione. Tuttavia, la vita sul nostro pianeta non smette di rivelare la sua straordinaria e misteriosa varietà. Questo significa che le sfide per tentare di migliorare il destino dell'umanità e di capire meglio i meccanismi all'origine dell'albero genealogico condiviso da tutti i viventi - farfalle, lieviti, esseri umani e così via - sono tutt'altro che terminate.

Che cosa è la vita? ci invita a preservare e, innanzitutto, a comprendere la meravigliosa interconnessione che unisce nel profondo gli organismi del pianeta, vera chiave per tutelare la vita e superare le difficoltà che l'umanità si trova oggi a fronteggiare, dalla pandemia al cambiamento climatico, dalla crisi alimentare al declino della biodiversità.

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a Che cosa è la vita? di Paul Nurse, Laura Serra in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Sciences biologiques e Biologie. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2021
ISBN
9788835708407
V

LA VITA COME INFORMAZIONE

Agire come un insieme
Che cosa indusse la farfallina gialla ad avventurarsi, tanti anni fa, nel giardino della mia infanzia? Aveva fame, cercava un posto dove deporre le uova, era forse inseguita da un uccello? O era spinta solo dall’innato impulso di esplorare il mondo? Naturalmente non so perché la cedronella si sia comportata in quel modo, ma posso dire che interagì con la realtà esterna e poi compì un’azione. Per farlo, però, dovette gestire delle informazioni.
Le informazioni sono al centro dell’esistenza delle farfalle e, anzi, di tutta la vita. Per funzionare efficacemente come sistemi complessi e organizzati, gli organismi viventi devono raccogliere e usare costantemente informazioni sia sull’ambiente esterno in cui vivono, sia sui propri stati interni. Quando questi mondi, esterni o interni, cambiano, gli organismi hanno bisogno di sistemi per rilevare il cambiamento e reagirvi. Se non lo fanno, potrebbero andare incontro a un futuro abbastanza breve.
In che modo si applica tale considerazione alla farfalla? Quando la cedronella volò da me, i suoi sensi elaborarono un quadro dettagliato del mio giardino. Gli occhi rilevarono la luce, le antenne saggiarono le molecole delle varie sostanze chimiche presenti in giro, e la peluria monitorò le vibrazioni dell’aria. Nel complesso, la farfalla raccolse un sacco di informazioni sul giardino in cui ero seduto, poi mise insieme l’eterogeneo coacervo di dati per trasformarlo in conoscenze utili in base alle quali agire. Le conoscenze potevano consistere, per esempio, nell’avere rilevato l’ombra di un uccello o di un bambino curioso, o nell’avere riconosciuto l’odore del nettare di un fiore. L’operazione generava quindi un risultato: una sequenza ordinata di movimenti delle ali che induceva la farfalla a evitare l’uccello o a posarsi su un fiore per nutrirsi. La cedronella combinava distinte fonti di dati e le usava per prendere decisioni con conseguenze significative per il suo futuro.
L’affidamento che gli esseri viventi fanno sulle informazioni è strettamente correlato al senso di finalità che le loro azioni rivelano. Le informazioni che la farfalla raccoglieva significavano qualcosa. La cedronella le usava per decidere che cosa fare di lì a poco con l’obiettivo di ottenere qualcosa di specifico. Ciò significa che essa agiva con uno scopo.
La biologia è una branca della scienza in cui spesso ha senso parlare di scopo. Nelle scienze fisiche non ci chiederemmo mai lo scopo di un fiume, una cometa o un’onda gravitazionale. Invece è chiaramente plausibile chiedersi lo scopo del volo di una farfalla o del gene cdc2 del lievito. Tutti gli organismi viventi si mantengono in vita e si organizzano, crescono e si riproducono. Sono, questi, comportamenti finalizzati a uno scopo, che si sono evoluti perché accrescono la probabilità degli esseri viventi di raggiungere il loro obiettivo fondamentale, e cioè perpetuare se stessi e la progenie.
Il comportamento «teleonomico», finalizzato a uno scopo, è una delle caratteristiche distintive della vita, ma è possibile soltanto se i sistemi viventi operano come un insieme. Uno dei primi a capire tale caratteristica distintiva degli esseri viventi fu, all’inizio del XIX secolo, il filosofo Immanuel Kant. Nella sua Critica del giudizio, egli sosteneva che le parti di un corpo vivente esistono per amore dell’intero essere e che l’intero essere esiste per amore delle sue parti. Kant riteneva che gli organismi viventi fossero esseri organizzati, dotati di coesione interna e capaci di autoregolazione e controllo del proprio destino.
Consideriamo la situazione al livello di una cellula. Ogni cellula comprende una grande abbondanza di reazioni chimiche e attività fisiche distinte. Tutto si disgregherebbe in fretta se questi vari processi operassero in maniera caotica o in diretta competizione gli uni con gli altri. È solo gestendo le informazioni che la cellula può imporre l’ordine all’estrema complessità delle sue operazioni e raggiungere quindi il proprio scopo principale, che è quello di restare viva e di riprodursi.
Per capire come funzioni la faccenda, ricordiamoci che la cellula è una macchina chimica e fisica che si comporta come un insieme. Si capiscono molte cose di una cellula studiando le sue componenti individuali, ma, per funzionare adeguatamente, le tante distinte reazioni chimiche che avvengono a livello intracellulare devono comunicare tra loro e operare insieme in maniera integrata. Così, quando il suo ambiente o il suo stato interno cambiano – magari gli zuccheri stanno per esaurirsi, oppure viene introdotta una sostanza velenosa –, la cellula registra il cambiamento e adatta le sue azioni alle circostanze, tenendo l’intero sistema in funzione nel miglior modo possibile. Come la farfalla raccoglie informazioni sul mondo e usa quanto ha appreso per modificare il proprio comportamento, così le cellule valutano in continuazione le circostanze chimiche e fisiche sia interne sia esterne, e usano i dati per regolare il proprio stato.
Per comprendere meglio che cosa significhi per le cellule usare le informazioni per l’autoregolazione, è forse utile considerare prima di tutto come questa regolazione avviene in macchine più semplici progettate dall’uomo. Prendiamo il regolatore centrifugo, messo a punto in origine dall’erudito olandese Christiaan Huygens per essere utilizzato nelle macine, ma poi adattato con grande successo dall’ingegnere e scienziato scozzese James Watt nel 1788. Il congegno fu applicato alla macchina a vapore per assicurare che questa funzionasse a velocità costante, anziché accelerare in maniera incontrollata e magari rompersi: è costituito da due sfere di metallo che girano intorno a un asse centrale, il quale è alimentato dalla stessa macchina a vapore. Quando il motore acquista velocità, la forza centrifuga spinge le sfere verso l’esterno e verso l’alto, e questo stimola l’apertura di una valvola che libera vapore proveniente dal pistone della macchina, rallentando i giri della medesima. Quando la macchina rallenta, la gravità spinge di nuovo in basso le sfere d’acciaio del regolatore, facendo chiudere la valvola e permettendo alla macchina di accelerare di nuovo fino a raggiungere la velocità desiderata.
È più facile comprendere il regolatore di Watt in termini di informazioni. La posizione delle sfere serve per trasmettere le informazioni sulla velocità della macchina. Se la velocità supera il livello desiderato, viene attivato un interruttore – la valvola del vapore – che riduce la velocità. Si crea così un congegno di elaborazione dati che la macchina può usare per regolarsi, senza bisogno di alcun input da parte di un operatore umano. Watt aveva inventato un semplice dispositivo meccanico che si comportava in maniera «finalizzata». L’obiettivo era far funzionare sempre la macchina a una velocità costante, e l’ingegnere raggiunse brillantemente lo scopo.
Sistemi che in linea di principio funzionano in maniera simile, anche se spesso tramite meccanismi molto più complessi e regolabili, sono largamente utilizzati dalle cellule viventi. Tali meccanismi rappresentano un modo efficiente per raggiungere l’omeostasi, ovvero il processo attivo di mantenere condizioni favorevoli alla sopravvivenza. È, per esempio, attraverso l’omeostasi che il nostro organismo si adopera per mantenere costanti la temperatura, il volume dei fluidi e il livello di zuccheri nel sangue.
Tutti gli aspetti della vita sono permeati dall’elaborazione delle informazioni. Per illustrare il concetto, prendiamo due esempi di componenti e processi cellulari complessi che si possono capire meglio attraverso la lente dell’informazione.
Il primo è costituito dal DNA e dal modo in cui la sua struttura molecolare spiega l’ereditarietà. Il fatto cruciale, riguardo al DNA, è che ciascun gene è costituito da una sequenza lineare di informazioni scritta nel linguaggio di quattro lettere dei nucleotidi. La sequenza lineare rappresenta una strategia familiare e assai efficace per immagazzinare e trasmettere informazioni: è quella che viene utilizzata dalle parole e dalle frasi che state leggendo in questo libro, così come quella usata dai programmatori che hanno scritto il codice per il computer sulla vostra scrivania e il cellulare che avete in tasca.
Questi vari codici archiviano le informazioni in maniera digitale. «Digitale», in questo caso, significa che i dati sono immagazzinati in distinte combinazioni di un ristretto numero di cifre. La lingua inglese usa ventisei cifre fondamentali, le lettere dell’alfabeto; i computer e gli smartphone usano pattern di 1 e 0; il DNA usa le quattro basi nucleotidiche. Un grosso vantaggio dei codici digitali è che si traducono facilmente da un sistema di codifica all’altro. È ciò che fanno le cellule quando traducono il codice genetico del DNA in RNA e poi in proteine. In questo modo trasformano le informazioni genetiche in azioni fisiche con una fluidità e una flessibilità che non hanno ancora eguali nei sistemi inventati dall’uomo. E, mentre i sistemi informatici sono costretti a «scrivere» le informazioni su un mezzo fisico diverso per immagazzinarle, la molecola di DNA «è» le informazioni, il che la rende un sistema compatto di immagazzinamento dati. I tecnologi lo hanno capito e stanno studiando il modo di codificare le informazioni in molecole di DNA per archiviarle con la maggiore stabilità e la maggiore efficienza possibili sotto il profilo dello spazio.
Anche l’altra funzione cruciale del DNA, la capacità di replicarsi in maniera molto precisa, è una diretta conseguenza della sua struttura molecolare. Considerata in termini di informazioni, l’attrazione molecolare tra coppie di basi (A con T, e G con C) rappresenta uno strumento per fabbricare copie molto precise e affidabili delle informazioni contenute nella molecola di DNA. Questa intrinseca replicabilità spiega in sostanza perché le informazioni contenute nel DNA siano così stabili. Alcune sequenze genetiche hanno resistito a una serie ininterrotta di divisioni cellulari in periodi di tempo inconcepibilmente lunghi. Le consistenti parti del codice genetico necessarie a fabbricare vari componenti cellulari come i ribosomi sono visibilmente le stesse in tutti gli organismi, siano essi batteri, archaea, funghi, piante o animali. Ciò significa che le informazioni fondamentali contenute in quei geni sono state preservate con tutta probabilità per tre miliardi di anni.
Questo spiega perché la struttura a doppia elica sia così importante. Scoprendola e interpretandola, Crick e Watson hanno gettato un ponte tra la visione teorica top down («dall’alto in basso») di come siano trasmesse da una generazione all’altra le informazioni necessarie alla vita, e la visione meccanicistica bottom up («dal basso in alto») di come la cellula sia fabbricata e fatta funzionare su scala molecolare. La struttura a doppia elica fa capire perché la chimica della vita abbia senso solo se è considerata in termini di informazioni.
Il secondo esempio in cui le informazioni sono la chiave per capire la vita è la regolazione genica, vale a dire la serie di reazioni chimiche che le cellule usano per «attivare» e «inattivare» i geni. Essa consente alle cellule di usare solo le porzioni specifiche della serie completa di informazioni genetiche di cui hanno realmente bisogno in qualsiasi momento. L’importanza cruciale della regolazione genica è illustrata dallo sviluppo embrionale, che consente a uno zigote informe di diventare un essere umano pienamente sviluppato. Le cellule dei reni, della cute e del cervello contengono tutte la stessa serie totale di ventiduemila geni, ma grazie alla regolazione genica i geni necessari per fabbricare un rene sono «attivati» nelle cellule renali embrionali, e quelli che hanno la funzione specifica di fabbricare le cellule della cute o del cervello sono invece «inattivati». In sostanza, le cellule di ciascun organo umano sono diverse perché usano combinazioni di geni molto diverse. In effetti, si reputa siano solo quattromila – ossia circa un quinto del totale – i geni che sono attivati e utilizzati dalle varie cellule dell’organismo per svolgere le operazioni fondamentali necessarie alla loro sopravvivenza. Gli altri sono attivati solo sporadicamente, o perché svolgono funzioni specifiche richieste solo da alcuni tipi di cellula, o perché sono necessari soltanto in momenti specifici.
«Regolazione genica» significa anche usare la stessa esatta serie di geni per produrre creature assai diverse in stadi diversi della loro vita. Ogni raffinata, complessa cedronella all’inizio è una creatura molto meno bella, e cioè un bruco verde: la straordinaria metamorfosi da una forma all’altra si realizza attingendo a porzioni diverse della stessa serie completa di informazioni immagazzinate nello stesso genoma e usandole in maniera diversa. Ma la regolazione genica non è importante solo quando gli organismi crescono e si sviluppano: è anche, infatti, uno dei mezzi principali con cui tutte le cellule aggiustano la propria struttura e il proprio funzionamento per sopravvivere e adattarsi quando l’ambiente cambia. Se, per esempio, un batterio si imbatte in una nuova fonte di zuccheri, attiva subito i geni di cui ha bisogno per digerirla. In altre parole, il batterio è dotato di un sistema di autoregolazione che seleziona automaticamente le precise informazioni genetiche di cui ha bisogno per accrescere le proprie probabilità di sopravvivere e riprodursi.
I biochimici hanno identificato molti dei meccanismi fondamentali impiegati per realizzare le varie imprese di regolazione genica. Vi sono proteine, i cosiddetti «repressori», che inattivano i geni; e proteine, i cosiddetti «attivatori», che li attivano. Lo fanno cercando sequenze di DNA specifiche nelle vicinanze del gene che viene regolato e legandosi a esse, e questo rende più o meno probabile che l’RNA messaggero sia prodotto e inviato a un ribosoma perché fabbrichi una proteina.
È importante sapere come tutto questo funzioni a livello chimico, ma, oltre a chiederci in che modo i geni siano regolati, dovremmo cercare di capire quali geni lo siano, se siano attivati oppure inattivati, e perché. Rispondere a questi interrogativi può condurre a un nuovo livello di comprensione. Le risposte ci spiegheranno come le informazioni contenute nel genoma di un ovocita umano abbastanza omogeneo siano usate per dare istruzioni relative alla formazione delle centinaia di distinti tipi di cellule presenti nell’intero feto, come un nuovo farmaco cardiaco attivi o disattivi i geni per correggere il comportamento delle cellule del miocardio, come si possano modificare con l’ingegneria genetica geni batterici per produrre un nuovo antibiotico, e molto altro. Analizzando la regolazione genica in quest’ottica, è chiaro che i concetti basati sull’elaborazione delle informazioni saranno essenziali per capire come funziona la vita.
Questa potente visione della regolazione genica emerse dagli studi condotti da Jacques Monod e dal suo collega François Jacob, che per questa ricerca furono insigniti del premio Nobel per la medicina nel 1965. Monod e Jacob sapevano che i batteri Escherichia coli da loro analizzati in quel periodo utilizzavano, per crescere, o il glucosio o il lattosio. Per poter essere usato dall’Escherichia coli, ciascuno zucchero aveva bisogno di enzimi diversi fabbricati da geni diversi per scindersi. Il problema era il modo in cui i batteri decidevano come passare dal glucosio al lattosio.
I due scienziati idearono una brillante serie di esperimenti genetici che rivelarono la logica alla base di quel particolare esempio di regolazione genica. Dimostrarono che, quando l’Escherichia coli si nutre di un dato zucchero, una proteina repressore inattiva il gene necessario al batterio per nutrirsi dello zucchero alternativo. Ma, quando lo zucchero alternativo si rende disponibile, il batterio attiva di nuovo il gene represso per poter digerire quello zucchero. La chiave di tale riattivazione è lo stesso zucchero alternativo: esso si lega alla proteina repressore, impedendole di funzionare adeguatamente e permettendo quindi al gene represso di riattivarsi. È un modo preciso ed economico di adottare un comportamento teleonomico. L’evoluzione ha escogitato un sistema grazie al quale il batterio avverte la presenza di una fonte di energia alternativa e usa tale informazione per regolare nella maniera più appropriata la sua chimica interna.
In modo ancora più straordinario, Jacob e Monod riuscirono a capire e dimostrare tutto questo in un’epoca in cui nessuno era in grado di purificare direttamente i particolari geni e proteine che erano coinvolti nel processo. Risolsero il problema analizzando i batteri attraverso il prisma delle informazioni, il che significa che non avevano bisogno di conoscere tutti i «dettagli specifici» delle sostanze chimiche e dei componenti che erano alla base del processo cellulare oggetto dei loro studi. Ricorsero piuttosto a un metodo basato sulla genetica, sottoponendo a mutazione i geni coinvolti nel processo e trattando i geni come parti informazionali astratte che controllavano l’espressione genica.
Jacob scrisse La logica del vivente,e Monod scrisse Il caso e la necessità. Entrambi i libri trattavano argomenti analoghi a quelli che sto affrontando in questo saggio, ed entrambi mi influenzarono moltissimo. Non ho mai conosciuto Monod, invece ho incontrato Jacob in plurime occasioni. L’ultima volta in cui lo vidi, mi invitò a pranzo a Parigi. Voleva parlare della sua esperienza personale e discutere con me di idee come la definizione di vita, le implicazioni filosofiche dell’evoluzione e i contributi degli scienziati francesi alla storia della biologia, che secondo lui si contrapponevano a quelli degli scienziati anglosassoni. Si agitava in continuazione sulla sedia a causa di vecchie ferite di guerra, ed era il prototipo dell’intellettuale francese, incredibilmente colto non solo in campo scientifico ma anche in filosofia, letteratura e politica. Un grande e memorabile incontro, per me.
Jacob e Monod condussero ricerche in un’epoca in cui si cominciava a capire che le informazioni fluivano dalla sequenza genica alle proteine e dalle proteine alla funzione cellulare, e si iniziava a intuire il modo in cui fosse gestito quel flusso. L’approccio incentrato sulle informazioni ispirò anche il mio modo di ragionare. Quando iniziai la carriera di ricercatore, cercai di scoprire come la cellula interpretasse il suo stesso stato e organizzasse la chimica interna per controllare il ciclo cellulare. Non intendevo limitarmi a descrivere che cosa succedeva durante il ciclo cellulare: volevo capire che cosa lo regolava. Ciò significò, per me, tornare spesso a riflettere sul ciclo cellulare in termini di informazioni e considerare la cellula non solo come una macchina chimica, ma anche come una macchina logica e computazionale, proprio nel modo in cui la consideravano Jacob e Monod, una macchina che deve la sua esistenza e il suo futuro alla capacità di elaborare e gestire informazioni.
Negli ultimi decenni i biologi sono riusciti a mettere a punto potenti strumenti e hanno compiuto molti sforzi per identificare e contare i vari componenti delle cellule viventi. Il mio laboratorio, per esempio, si è dato parecchio da fare per sequenziare l’intero genoma di Schizosaccharomyces pombe. Ci siamo riusciti insieme a Bart Barrell, che aveva lavorato con Fred Sanger, la persona che negli anni Settanta aveva ideato il primo metodo pratico e affidabile per sequenziare il DNA. Incontrai Fred varie volt...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. L’autore
  3. Frontespizio
  4. CHE COSA È LA VITA?
  5. Introduzione
  6. I. La cellula
  7. II. Il gene
  8. III. L’evoluzione per selezione naturale
  9. IV. La vita come chimica
  10. V. La vita come informazione
  11. Cambiare il mondo
  12. Che cosa è la vita?
  13. Ringraziamenti
  14. Copyright