Pensa che cretino che è l'amore
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Pensa che cretino che è l'amore

  1. 240 pagine
  2. Italian
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Pensa che cretino che è l'amore

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"Io e Luca Gamberini ci siamo conosciuti a Bologna in un caldissimo pomeriggio di giugno, ma forse era luglio. Sicuramente eravamo a Bologna e sicuramente faceva un caldo atroce. Io stavo sudando le proverbiali sette camicie anche se avevo solo una camicia di riserva e facevo le prove microfono su un palco dove la sera mi sarei esibito in un reading. Luca mi guardava da sotto il palco. Era piuttosto coraggioso da parte sua stare sotto il sole di Bologna a circa quaranta gradi. Siccome mi fissava in modo insistente mi sono appropinquato al bordo del palco, escludendo ottimisticamente che si trattasse di uno psicopatico che voleva uccidermi. In effetti ci ho preso. E di cosa abbiamo chiacchierato in quel tardo pomeriggio bolognese? Per lo più di una delle cose che ci sta massimamente a cuore: di poesia. D'altra parte di cosa dovrebbero chiacchierare un poeta giovane e uno meno giovane prima di uno spettacolo di poesia? Abbiamo aperto una bottiglia di vino bianco e ci siamo parlati. Credo di avere anche offerto del formaggio a Luca, ma lui lo ha saggiamente rifiutato. Abbiamo parlato di cosa sia oggi fare poesia per noi, dell'andare in giro per le città, leggere le nostre cose davanti alle persone, se si ha fortuna rendere qualcuno felice con la propria roba, scrivere libri, avere a che fare con le case editrici, quelle piccole e quelle grandi. Abbiamo parlato di inclusione e di passione e dell'importanza di esserci e di non risparmiarsi e lui, come si conviene a un giovane poeta, mi ha chiesto dei consigli, e io, al terzo bicchiere, ho finto di saperglieli dare. E intanto che Luca mi mitragliava di complimenti e il mio ego bulimico veniva nutrito, a Bologna scendeva la sera e il cielo prometteva una bella notte. A un certo punto Luca mi ha raccontato delle cose di sé. Per esempio che lui va in giro per le città e i paesi e i villaggi d'Italia con una Olivetti Lettera22 e scrive poesie espresse per chi ne ha bisogno. Tu ti metti seduto davanti a lui, che sta seduto davanti alla sua macchina da scrivere, e improvvisa una poesia per te. È una cosa che non sarei capace di fare neanche per scherzo. Perciò sapete che vi dico? C'è vento forte, teniamoci stretti, magari con una #poesiaespressa." (Guido Catalano)

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2021
ISBN
9788835708599
Argomento
Letteratura
Categoria
Poesia

VIVERE SEMPRE

Bruciare sempre, spegnersi mai.
LOSTATO SOCIALE
Siamo
di sogni
di domande
e di domani
impilati
in disordine.
I vecchi
si
somigliano
tutti.
Alla bocciofila ci sono file distinte.
Da un lato il paradiso. Dall’altro tutti.
I vecchi vivono sempre.
Anche dopo.
Le auto con i vetri ghiacciati
sono parcheggiate accanto
a quelle senza freddo tra le lamiere.
Come nulla fosse oggi si è fatto ieri.
Lieve per alcuni questa notte
incresciosa a oltranza per altri,
ha ferito.
I lampioni trattengono per loro
questo segreto infame.
Disarmati e amati come i lampioni:
che sconfiggono
ogni notte
il buio
senza saperlo.
Mario
corri ancora Mario ma lontano
da via del Lavoro
sul brandello d’asfalto
l’ultimo cuscino del tuo cervello
tra tracce di cena altrui
e tu tranciato
senza più consegne
per stasera
ma nemmeno disegni per sposarti
solo verbi al passato
e quattro cartoni:
la mozzarella plastifica
ma è il tuo corpo che si fredda.
La panchina di Porta Romana
è greto
di un corpo
senza impulsi vitali
sotto una canicola che stritola:
private di fiato
le mani toccano ovunque
i comunque prima del sesso
di Marco che ancora la ricorda Anna,
e pure Lampadina se la ricorda la Luna
al semaforo sempreverde:
apprensione del gelo quasi zero
anzi sotto,
c’erano solo costellazioni per lenzuola
e qualche volta dio.
I saltelli degli amanti
vanno a caccia
diluiscono luce nelle vetrine di Gucci
mentre la tua lingua sibila verginità
sul filo dorato del bicchiere.
Dietro le persiane si slava
una certa nudità taciuta da salotto.
Fare l’amore è diventato accademia:
esco a capo chino e muto
ma resto incollato alle notifiche.
Anche la radio si svuota di frequenze.
I miei polpastrelli cercano approvazione.
E tu invece hai occhi solo alle galassie
l’elemosina della mezzanotte ti esenta.
L’assoluzione vera è per domani,
ora c’è solo spazio per chi millanta santità
con bestemmie virtuali.
Arriva,
lenta e taciturna
snobba i rumori preferisce
gli amori
mancati tipo “ricordi quant’era bello?”
respira accanto a te
ti tiene la mano trattiene
il tuo respiro
rovistandoti come una busta della spesa
sapendo già dove arriva
ma scava
e va
giù, sempre più, e il tu risuona
una due cento mille volte
e te lo sai bene, ti vedi nitido
indomito e timido
come i bambini che puntano i piedi
sapendo già di aver perso in partenza.
Resti strattonato a te stesso.
Ci vorrebbe un’ora di sesso.
E invece lei ti sta addosso
ma è una lei intangibile
navigabile per finta
è fiume senza foce
toglie la voce
acceca come una lama scintillante.
La madre di tutti i vuoti
è dolce
e disarmante.
Mi faceva tutto ribrezzo.
Ciò che ero
e che non diventavo: ne uscivo pazzo.
Sapevo tutto
ma assomigliavo a niente.
Distante il tempo e distante la vita.
Era forse meglio la morte.
Era tutto più bello
visto dal finestrino di clausura
con quell’arsura di vociare.
Le case bianche di campagna, sepolcri
e i campanili tinti di carnevali.
Senza misura la pianura sembra dio.
Non pensi possa finire
ovunque
pensi si arrivi.
Ma noi siamo i vivi.
Siamo solo i vivi.
Teatro di mozziconi
tra la terra e i mitocondri:
esistere, resistere.
Richiamo di sciamani lontani
e vena madre al casello: sospiro,
indifferenza da tastiera
finale di partita il tuo vocale.
Poteva essere diverso.
Potevamo brillare meglio.
Vivo dentro l’ombra del dubbio
quando l’albero a camme del petto
mi trasmette ancora le vibrazioni
delle volte di Pietro da Cortona.
Ma Follonica è distante.
Lontana.
Rientro nella tana,
fumo,
la spiaggia ancora piange plastica indifferenziata.
Rientro nella tenda
mimetizzata.
Non farò rumore pensandoti:
i tasti
mi accolgono esule, finto libero,
mi addormento finto vivo, spento.
Quando ritorno a casa
l’undici
non ha nemmeno il display
non ha una destinazione certa ma aperta
come i cassonetti
pieni,
come i naufragi
che ribaltano
naufraghi
dal destino capovolto
schiuso al cielo
e poi inghiottito,
come un autobus che va
senza sapere dove.
Quella metà di noi
risuona
verso le sette
sette e mezzo
tovaglie e ritorni
frinire di giorni
compiti incasellati e timidi
sfrigolare
di cene e circa la bolletta
ancora a metà.
Quella metà di noi è il cielo
che non ci scegliamo
ma l’amore che dobbiamo
che sappiamo
che ricevendo
impariamo.
Ho comprato il latte d’avena
per fare colazione con te.
Scade tra un anno:
abbiamo tempo.
Ma prima lo apriamo e meglio sarà.
Non è barolo.
Invecchiando non migliora, anzi.
Casomai lo apro ora
così sei fregata
perché io da solo al massimo coca-cola o whisky
ma certo non avena.
I grancereale li avevo già comprati,
ma posso prenderne altri. Che gusti preferisci?
Giusto tu non abbia scuse.
Comunque non credere: ho fatto la spesa
anche per me
ma è stata la parte più noiosa.
Buonanotte d’addio miss Swann:
metto in frigo il latte, chiuso, semichiuso, sfinito,
come i tuoi occhi sulla mia spalla
in piazza sotto il cielo di agosto cadente
di foglie e angeli,
mentre si fanno le due
e imparando a conoscerci
forse impariamo a non mandarci via.
Il treno che brucia il rame
risorge
tramortito
in un reame di me e di te.
E invece sono rimasto come i piccioni
sull’antenna
prima del lampo
magari pieni di campo
per chiamare la mamma
ma ormai senza scampo:
l’ultima maglietta scolorita della lavatrice…
(quanto mi brucia Alice la tua cicatrice:
spero in giorni migliori
magari senza scioperi
altrimenti queste sono davvero ore inutili
con un biglietto del tram
in mano in una fermata di soli uomini fragili).
Poi succede sempre il miracolo
del mattino.
Torna anche la colazione.
E non importa se ieri sera non eravamo
né al binario né a casa né con gli altri a farci un calice
nemmeno da te con tu svestita se non di dita con lo smalto,
non importa se il tarlo ha girato
come un topo drogato di borgata.
Non importa. O comunque anche se importasse
sarebbe solo a me.
E tu non sei me. E tu non sei qui.
E tu più me non accadrà più. E tutto va.
E tutto resta, non importa come, ma resta.
Sei passata con il verde
che per me era rosso e io sono ancora lì
fermo
ad aspettare passino tutti,
anche le biciclette elettriche
anche la fanfara degli alpini.
Solo il treno Milano-Salerno si è fermato.
Loro non ripartono.
Ma tu sei già altrove verso il lago di Garda
e non credo tu mi veda
anche se guardi:
mi dicevi baci
ti prendevi insonnie
mi dicevi cinema
ti prendevi le cene con lui.
Ma io mi sento lo stesso figlio di un re.
Dicono di me che sono uno che con tutte…
ma non è vero.
Sarebbe logico, cercarmi un’altra.
Come la marmellata di Cremonini.
Ma tanto non la cercherò,
non importa dove tu l’abbia nascosta:
sta dietro tutte le nostre foto non fatte
sta sulle panchine dei colli bolognesi
sta dietro la Luna piena che ci faceva dire
parole più grandi di noi.
E ora anche questo divano,
dove lo abbiamo fatto senza tregua,
mi giura
che mai più
ma davvero mai più
sarà la stessa dolcissima cosa
che eri tu.
Cambiare destinatario del buongiorno
gli sms lo sanno fare meglio di noi
e ci offrono libertà
gratis e prima
delle vene dei nervi del cuore.
Ma non riesco.
Non ho campo.
Potevo amarti meglio,
potevamo lasciarci in pace
con quei circa del frequentiamoci
sì ma senza impegno e stress.
Abbiamo preso la strada impervia
di stare così
sul ramo in equilibrio quando invece
dovevamo innestarci
uno nell’altro
uno attorno all’altro.
Siamo rami solo buoni
per il camino
della casa al mare.
Non ci sono abbastanza ricordi
nostri
per subire la tua mancanza
mi confondo anzi
nell’ultima corsa del bus
tra i rider che scrivono a lei
tra i bucati che cercano lei
tra i folli ribelli che parlano con lei
tra marchette e tappi di bottiglia:
no, cocci no.
Quelli li portavo io:
l’ho sempre detto che li portavo io.
Ho pagato apposta anche il biglietto doppio
per via della tua ombra appresso
ingombrante,
sei un ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontispiece
  3. PENSA CHE CRETINO CHE È L’AMORE
  4. #POESIAESPRESSA
  5. D’amore
  6. Di rimpianti
  7. Di comunque
  8. Vivere sempre
  9. Il corpo lo sa prima
  10. È l’alba, credimi
  11. Siamo di nervi e baci
  12. Un bouquet di parole. Postfazione di Cristina Dell’Acqua
  13. Ringraziamenti
  14. Copyright