Dormi solo quattro ore per notte. Vai a letto alle undici, ti alzi alle tre e tutto è trasparente come cristallo. Cominci la giornata così, prendendo il caffè, leggendo un libro per un’ora, ascoltando le deboli, remote, irreali parole e musica delle stazioni antelucane, e forse esci a fare una passeggiata, accertandoti sempre di avere con te il permesso speciale della polizia. Ti hanno già pizzicato una volta per vagabondaggio in ora tarda e insolita ed è stata una seccatura, quindi alla fine ti sei procurato un permesso speciale. Adesso puoi camminare e fischiettare dove ti pare, con le mani in tasca e i tacchi che battono il marciapiede con un ritmo lento e pacato.
È così da quando avevi sedici anni. Adesso ne hai venticinque, e quattro ore di sonno ti bastano ancora.
In casa hai pochi oggetti di vetro. Ti radi con il rasoio elettrico, perché i normali rasoi di sicurezza a volte fanno un taglio e tu non puoi permetterti di sanguinare.
Sei emofiliaco. Quando il sangue comincia a scorrere, non si ferma più. Anche tuo padre era così, ma il suo serve soltanto da esempio spaventoso. Un giorno si tagliò un dito in profondità e morì per emorragia mentre lo portavano all’ospedale. Anche nella famiglia di tua madre ci sono casi di emofilia, ecco come l’hai ereditata.
Porti sempre un flacone di pillole coagulanti nel taschino destro. Se ti capita di tagliarti, le mandi giù immediatamente. L’effetto del coagulante si diffonde nel sistema e fornisce il materiale necessario a formare un grumo e bloccare il sangue.
Questa è la tua vita. Hai bisogno di quattro ore di sonno e non di più; eviti gli oggetti taglienti. Le ore di veglia della tua giornata sono quasi il doppio di quelle dell’uomo medio, ma la tua aspettativa di vita è breve e quindi si tratta di un’ironica compensazione.
Passano ore e ore prima che arrivi la posta mattutina, così ti siedi alla macchina per scrivere e batti dodici o tredici cartelle di narrativa. Alle nove, quando la cassetta postale davanti a casa viene riempita, metti da parte i fogli dattiloscritti, li unisci con un fermaglio, controlli la copia carbone e conservi il tutto con l’intestazione NUOVO ROMANZO. Poi, fumando una sigaretta, vai a ritirare la posta.
Prelevi il contenuto della cassetta. Un assegno di trecento dollari da una rivista nazionale, due rifiuti da case editrici minori e una piccola scatola di cartone legata con nastro verde.
Dopo aver dato un’occhiata alle lettere, prendi la scatola, sleghi il nastro, apri il coperchio e tiri fuori il contenuto.
«Maledizione!»
La scatola ti cade di mano. Una chiazza color rubino si spande sulle dita. Come una molla, è balzato fuori un oggetto lucente. Hai sentito lo scatto di una lama.
Il sangue scorre limpido e veloce dalla mano ferita. Guardi un momento l’oggetto tagliente che è finito a terra, minuscola trappola omicida con un rasoio conficcato nella ganascia d’acciaio che si è richiusa nell’istante in cui hai aperto la scatola, cogliendoti alla sprovvista.
Tremando, cerchi disperatamente le pillole nel taschino, imbrattandoti di sangue. Prendi il flacone, ne inghiotti parecchie.
Poi, mentre aspetti che facciano effetto e l’emorragia si fermi, avvolgi le dita in un fazzoletto e con molta cautela prendi la trappola e la metti sul tavolo.
Dopo averla guardata per dieci minuti, siedi e ti concedi una sigaretta che prendi come puoi, goffamente; batti le palpebre più volte, la luce lampeggia, davanti a te le cose appaiono sfocate, confuse, poi ti concentri e finalmente trovi la risposta.
… Qualcuno non mi vuol bene. Qualcuno non mi vuol bene per niente…
Squilla il telefono, rispondi.
«Pronto, parla Douglas.»
«Ciao, Rob, sono Jerry.»
«Oh, Jerry.»
«Come stai, Rob?»
«Pallido e tremante.»
«Come mai?»
«Qualcuno mi ha mandato una scatola con un rasoio.»
«Scherzerai.»
«Dico sul serio, ma a te non interesserà.»
«Come va il romanzo?»
«Non lo finirò mai, se la gente continua a mandarmi oggetti taglienti. Con la prossima distribuzione mi aspetto un vaso di cristallo svedese intagliato. O un’attrezzatura per giochi di prestigio con uno specchio rotto.»
«In effetti hai una voce strana» osserva Jerry.
«Lo credo. Per quanto riguarda il romanzo, Gerald, ti dirò che va benissimo. Ho appena scritto altre tredici cartelle, la scena in cui descrivo il grande amore di Anne J. Anthony per il signor Michael M. Horn.»
«Allora i guai te li cerchi, Rob.»
«L’ho scoperto in questo istante.»
Jerry mormora qualcosa.
Poi dici: «Mike non mi toccherebbe direttamente, Jerry. Nemmeno Anne. Dopotutto, una volta ero fidanzato con lei, anche se questo succedeva prima che scoprissi cosa combinavano. Le feste che davano, le dosi di morfina che passavano alla gente».
«Cercheranno di fermare il libro, probabilmente.»
«Credo che ci abbiano già provato. Forse non sono stati loro a spedire la scatola che è arrivata per posta, ma certo una delle altre persone che nomino nel libro. È probabile che siano venuti a saperlo.»
«Hai parlato con Anne, ultimamente?» chiede Jerry.
«Sì» rispondi.
«E preferisce ancora quel tipo di vita?»
«È eccitante. Quando prendi quella roba vedi un sacco di immagini colorate.»
«Non l’avrei mai creduto, Anne non sembra il tipo.»
«È il tuo Edipo, Jerry. Le donne non ti sembrano femmine, ma statuette d’avorio senza sesso montate su piedistalli rococò, tutte fiorite e appena uscite dal bagno. Hai voluto bene a tua madre in modo troppo completo. Per fortuna io sono più ambivalente: Anne mi ha ingannato per un certo periodo, ma una sera l’ho vista troppo scatenata e ho capito che era ubriaca. Poi senza preavviso mi ha baciato e mi ha passato un ago fra le dita, dicendomi: “Dai, Rob, per favore. Ti piacerà”. Era morfina, e lei l’aveva già presa.»
«E quella è stata la rivelazione» dice Jerry all’altro capo del filo.
«Infatti» confermi. «Ho parlato con la polizia e l’Agenzia statale per i narcotici, ma da qualche parte c’era un inghippo e loro hanno avuto paura di muoversi. O semplicemente erano stati pagati, e bene. Personalmente, credo un po’ di tutt’e due. In ogni sistema c’è sempre qualcuno o qualcosa che ottura il condotto. Nel dipartimento di polizia c’è sempre il tizio che accetta un po’ di soldi extra e rovina il buon nome del corpo. Non puoi farci niente, siamo esseri umani e lo sono anch’io. Se non posso togliere l’ostruzione in un modo, lo farò in un altro: inutile dire che il mio romanzo servirà proprio a questo.»
«Potresti finire anche tu in fondo allo scolo, Rob. Credi davvero che il tuo romanzo farà vergognare quelli della Narcotici e li spingerà ad agire?»
«L’idea è quella.»
«Non ti faranno causa?»
«Ci ho già pensato. Firmerò una lettera in cui assolvo l’editore da ogni responsabilità, dicendo che i personaggi del romanzo sono frutto di fantasia. In questo modo, se pubblicassi cose non vere la casa editrice sarebbe a posto. Inoltre, se venissi citato per diffamazione i miei diritti d’autore servirebbero a pagare la difesa. Ma ho molte prove, e detto fra noi sta venendo un ottimo romanzo.»
«Sul serio, Rob. Hai ricevuto un rasoio per posta, stamattina?»
«Sì, e questo è il pericolo più immediato. È da brividi, perché non hanno il coraggio di ammazzarmi senza sotterfugi. Ma se morissi per mancanza di cautela, malato come sono, chi potrebbe dare la colpa a loro? Non mi taglierebbero la gola, troppo plateale; ma un rasoio, un chiodo, il bordo del volante coperto di lame di coltello… È molto melodrammatico, lo so. Come va il tuo romanzo, Jerry?»
«A rilento. E se andassimo a mangiare insieme, più tardi?»
«Per me va bene. Al Brown Derby?»
«Sempre in cerca di guai. Sai benissimo che Anne mangia là tutti i giorni, con Mike.»
«Mi fa venire appetito, buon vecchio Gerald. Ci vediamo.»
Riappendi il ricevitore e osservi che la mano va decisamente meglio. La fasci e intanto fischietti, in bagno. Poi ti liberi della trappola con il rasoio: un oggetto rozzo, con il cinquanta per cento di probabilità di funzionare.
Ti siedi e scrivi ancora dieci cartelle, stimolato dagli avvenimenti della mattina.
Durante la notte qualcuno ha lavorato sullo sportello della tua auto, intagliando la maniglia. Adesso è affilata e ti ferisci di nuovo, perciò torni in casa a prendere altre bende. Sanguini, devi inghiottire le pillole. L’emorragia si arresta.
Dopo aver depositato i due nuovi capitoli del romanzo nella cassetta di sicurezza che tieni in banca, guidi fino al Brown Derby e incontri Jerry Walters. Sembra piccoletto ed elettrico come sempre, con la mascella scura e gli occhi che schizzano dietro gli occhiali spessi.
«Anne è già arrivata.» Ti sorride. «Mike è con lei. Perché dobbiamo mangiare qui, mi chiedo?» Poi il sorriso scompare e guarda la tua mano. «Hai bisogno di bere qualcosa. Vieni da questa parte, Anne è laggiù. Falle un cenno.»
«L’ho fatto.»
Guardi Anne seduta a un tavolo d’angolo. Porta un vestito sportivo in panno intrecciato di fili d’argento e d’oro e una collana azteca di bronzo intorno al collo che ha preso il sole. Anche i capelli sono color bronzo. Al suo fianco, diet...