Conosci il tuo seno
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Conosci il tuo seno

Come prendersene cura per il proprio benessere

  1. 168 pagine
  2. Italian
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Conosci il tuo seno

Come prendersene cura per il proprio benessere

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Il seno è un organo, ma è anche «un mondo intero, è un simbolo e un centro di emozione, sentimento, parole, gesti, nutrimento, genitorialità, sensualità, pensiero razionale, poesia, rappresentazione di genere», per questo evoca in tutti, indistintamente, un caleidoscopio di sensazioni e immagini.

Quello che molti non sanno, però, è che «la senologia è nata in Italia», a partire dagli studi sulla quadrantectomia effettuati negli anni Settanta allo IEO, l'Istituto Europeo di Oncologia fondato da Umberto Veronesi, di cui Alberto Luini è stato per trent'anni il braccio destro. Forte di questa decennale esperienza, l'autore ci porta in un viaggio alla scoperta di un organo che non è, come si pensa, soltanto femminile. Emerge, fin dall'iniziale descrizione dell'anatomia e della morfologia del seno, la sua importanza, sia dal punto di vista fisiologico sia da quello relazionale.

Scopriamo così come cresce e come si evolve passando dall'infanzia all'adolescenza, fino alla maturità, come adempie alla funzione primaria di allattare, cosa gli accade durante e dopo la menopausa e, infine, come si ammala, in particolare quali sono i vari tipi di tumore e quali le terapie più innovative oggi a disposizione per curarli.

A questo proposito Luini sottolinea in primo luogo l'importanza della prevenzione, che implica non solo l'attenta adesione agli screening clinici, ma, soprattutto, l'impegno a condurre una vita sana, lontana dai nemici del seno - alcol, fumo, stress, sovrappeso -, ma niente affatto priva dei piaceri dell'esistenza, dal cibo, allo sport, all'eros.

«L'obiettivo è concentrarsi sull'equilibrio psicofisico, sull'armonia del corpo e della mente» sottolinea l'autore, poiché «il corpo non è un oggetto neutro e impassibile», ma anzi reagisce agli stimoli interni ed esterni, per esempio all'inquinamento o alla luce solare, all'ansia, alle frustrazioni o alla serenità.

Questo principio, aggiunge Luini, deve fungere da guida non solo quando il seno si ammala ma, soprattutto, dopo gli interventi terapeutici messi in atto per curarlo, perché con tutte le ansie e i timori che accompagnano una diagnosi di tumore diventa fondamentale guarire non solo «fuori», ma anche «dentro». Tutti «dovrebbero concentrare maggiormente l'attenzione su uno stato di equilibrio, quindi di salute: è la prima terapia a disposizione di ogni paziente».

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2021
ISBN
9788835706274
XII

Quando il seno si ammala

Anni fa ho scritto un ebook basato sulle domande che quotidianamente ricevo dalle donne che incontro (#senonlosai. Domande e risposte sulla salute del seno, EmmaBooks, 2014): ho pensato che la forma domanda-risposta fosse più pratica e fruibile. Affrontando ora con voi un argomento che a nessuno piace, ma che riveste una notevole importanza, ripeto l’esperienza precedente: non voglio stilare un elenco di possibili malattie tumorali, ma parlare direttamente con tutte le donne che si rivolgono a me con quesiti sulla loro salute.
Le donne che fortunatamente non hanno avuto un contatto diretto con la malattia arrivano da me per i controlli preventivi e sono piene di dubbi, timori, parole da tirare fuori: alcune stanno affrontando la prima visita senologica della loro vita e magari non hanno pensato di sottoporsi prima alla mammografia e all’ecografia mammaria; altre entrano porgendomi la busta degli esami e trattengono il respiro perché non vedono l’ora di interrogarmi su ciò che le agita. Le loro paure sono comprensibilissime e nascono dalla consapevolezza che il tumore al seno riguarda circa una donna su otto.
Alcuni argomenti sembrano scontati eppure sfuggono. Siamo sommersi dalle informazioni e abbiamo la sensazione che ogni contenuto sia facilmente raggiungibile: se voglio conoscere meglio qualcosa di cui ho sentito parlare, risolvo il problema con internet perché in pochi secondi accedo a tanti siti utili, ma purtroppo anche ad altri addirittura fuorvianti. Come distinguerli? Senza togliere un milligrammo di valore al web, il rischio maggiore è confondersi le idee.
Ho chiesto ad alcuni tecnici di verificare quali siano le domande più frequenti poste nei motori di ricerca da chi raggiunge il mio sito internet e le ho integrate con gli appunti presi in previsione di questo nuovo libro. Procediamo dunque con le domande, e soprattutto con le risposte.

Che cos’è un tumore?

Non esiste una risposta univoca: il tumore non è una sola malattia, ma tante malattie identificate genericamente con una sola parola. Si tratta di un insieme di patologie differenti anche dal punto di vista molecolare: la natura, l’aggressività, la possibilità di progressione, i tempi di evoluzione, la sede sono molto variabili. Non c’è organo o apparato del corpo in cui un tumore non possa comparire: tutti sono esposti al rischio.
C’è tuttavia un aspetto che accomuna le diverse forme: la produzione incontrollata di cellule capaci di infiltrare, cioè penetrare l’organo o l’apparato di origine diffondendosi altrove e, in alcuni casi, migrando verso altre sedi limitrofe o a distanza. La perdita del normale controllo sulla duplicazione delle cellule è l’esito di alcune mutazioni del DNA normale non riparate dai sistemi che quotidianamente ci proteggono: ecco come ha inizio un tumore, e come avviene poi la diffusione attraverso le cosiddette metastasi (o secondarismi).
Ogni giorno il DNA può rompersi o alterarsi, accumulando errori: per fortuna possediamo sistemi che automaticamente provvedono a riparare i danni, consentendoci di vivere in pieno benessere e in salute. Può però succedere, per ragioni più o meno note, che il DNA vada incontro a troppi errori (come a causa del fumo di sigaretta, che rompe direttamente la struttura genetica del DNA) e/o che la riparazione non sia tempestiva o sufficiente: ecco allora che si attiva un processo a cascata che rende le cellule diverse da prima, facendo loro perdere alcune fondamentali caratteristiche di benignità.
I fattori di rischio di cui abbiamo già parlato interferiscono con il perfetto meccanismo di riproduzione e riparazione dei geni, mentre i fattori protettivi possono ridurre la probabilità di un accumulo di errori genetici o addirittura (come nel caso di alcuni alimenti specifici) riparare parti di DNA alterate.

Come e perché si forma un tumore al seno?

Stabilire quando esattamente sia nato un certo tumore è impossibile: nel momento in cui viene diagnosticato è formato da un numero molto alto di cellule la cui velocità di duplicazione può far pensare a un processo rapido oppure lento, ma non interamente significativo per una datazione. La rapidità con cui le cellule di un tumore (anche piccolissimo) si duplicano varia nel tempo e da cellula a cellula: dentro una microscopica massa tumorale già convivono gruppi cellulari diversi tra loro, il che spiega la difficoltà a trovare una cura farmacologica che elimini il cento per cento della malattia.
Un tumore al seno inizia a svilupparsi quando le cellule che rivestono i lobuli lattiferi o, più di frequente, i dotti in cui fluisce il latte subiscono una trasformazione verso uno stato di malignità. Si tratta di una progressione a tappe: alcune cellule si alterano in modo lieve, poi medio, poi grave, e danno origine a un tumore in situ (o neoplasia intraepiteliale), mentre il tumore vero e proprio è soltanto la fase finale. La differenza tra un tumore in situ e un tumore maligno è che le cellule del tumore in situ non sono capaci di infiltrare i tessuti del corpo, quindi non sanno provocare metastasi.
Nella maggioranza dei casi il problema si localizza nella parte superiore ed esterna della mammella e comunque riguarda i dotti oppure i lobuli: ecco perché l’esame istologico parla di carcinoma «duttale» oppure «lobulare». È più raro che riguardi il tessuto adiposo o il tessuto connettivo.

Che cos’è un «brutto» tumore?

Riporto questa domanda – formulata di solito dalle pazienti proprio con questi termini così generici – perché è molto frequente, e compito del medico è anche rispondere in modo chiaro a ciò che angoscia chi ha in cura o la popolazione generale. La percezione della differenza tra le malattie fa sì che le persone si domandino, appunto, quando un tumore può essere definito aggressivo e quando no.
In tutta onestà non credo che un tumore possa mai definirsi in termini positivi: si basa sempre su una degenerazione delle cellule che può rivelarsi comunque pericolosa perché non è detto che risponda alle terapie e riesca a bloccarsi. Cito l’affermazione di un collega che stimo: «I tumori non leggono i libri». È vero: definire più o meno pericoloso un tumore è questione di statistica e di probabilità; sappiamo bene che esistono le eccezioni alle presunte regole. Le leggende sulla minore aggressività nelle persone anziane, per esempio, sono smentite dai fatti, anche se, in effetti, in un corpo in là con gli anni è plausibile che il metabolismo cellulare rallenti, ma ciò non significa avere meno danni. Ecco perché incoraggio le donne a proseguire con la mammografia annuale anche dopo i settant’anni di età.
Un tumore «brutto» ha alcune caratteristiche biologiche peculiari (cioè riscontrabili con l’esame istologico): in pratica, al di là della rapidità di sviluppo iniziale (che dice alcune cose sulla velocità di proliferazione della maggioranza delle cellule in quella malattia), si può stabilire se un tumore sia molto aggressivo o lo sia mediamente oppure poco avendone verificato con esattezza gli elementi cellulari. Ciò accade di solito dopo l’intervento chirurgico oppure, se in programma c’è una cura farmacologica prima di operare, in corrispondenza di una biopsia con ago grosso che permetta l’analisi istologica. Il nome, il cognome, i dati anagrafici e le caratteristiche più dettagliate della singola malattia ne costituiscono la carta di identità e possono indirizzare verso un’ipotesi di alta, media o bassa malignità.
Dopo l’esame istologico, se si esclude la patologia benigna, le evenienze possibili sono due: la lesione pretumorale o il tumore maligno.

Quando un carcinoma è veramente maligno?

Ottima domanda: la parola «carcinoma» adottata anche per le lesioni pretumorali, cioè quelle in situ, non infiltranti, ossia che non producono metastasi, confonde le idee e genera un carico enorme di ansia in chi riceve una tale diagnosi. Infatti, leggere sui referti la parola «carcinoma» è fonte di smarrimento, paura e confusione. Nella nostra mente il significato di carcinoma è «cancro», quindi se leggiamo questa parola sulla nostra cartella clinica pensiamo subito di essere molto malati e che la lesione che è stata asportata o biopsiata abbia la capacità di provocare le metastasi (che sono il vero problema, l’incubo di chi riceve una diagnosi di tumore).
Ecco perché alcuni anni fa è stata introdotta una modifica nella terminologia senologica: quello che prima si chiamava carcinoma intraduttale in situ oppure carcinoma lobulare in situ si chiama oggi neoplasia intraepiteliale duttale o lobulare: notate la differenza? È stata tolta la parola «carcinoma».
In alcuni centri ospedalieri, tuttavia, si usa ancora la vecchia terminologia. Che non è sbagliata: solo si deve avere l’accortezza di accompagnare la consegna del referto istologico con un’accurata spiegazione di cosa significhi avere un problema pretumorale.
In realtà le neoplasie intraepiteliali non hanno la capacità di provocare metastasi, non sanno infiltrare i tessuti e spostarsi all’interno del corpo: ecco perché non vanno trattate come tumori maligni. Che per queste lesioni serva la chirurgia e in qualche caso si prescrivano la radioterapia e/o alcuni periodi di cure farmacologiche (mai la chemioterapia) a titolo preventivo indica che si desidera ridurre il rischio successivo di ulteriore degenerazione della ghiandola mammaria, non che ci sia stato un tumore.
«Sono malata di tumore»: capita che una donna che ha avuto una neoplasia intraepiteliale si esprima così nei successivi incontri per il controllo. Correggo sempre questo modo di parlare perché indica una certa impostazione mentale, la convinzione di avere avuto il cancro con tutte le conseguenze psicologiche che si possono immaginare. Qualche volta la neoplasia intraepiteliale può indicare una tendenza alla degenerazione della mammella verso il tumore, ma, con i controlli adeguati dopo il trattamento, tale tendenza si affronta con una visione sana e positiva.
La diagnosi di tumore vero e proprio riguarda il carcinoma. Che prima era definito anche infiltrante, mentre ora è sufficiente chiamarlo semplicemente «carcinoma» perché l’aggettivo «infiltrante» è stato abolito nel caso delle neoplasie intraepiteliali.
Il tumore al seno più frequente è il carcinoma di tipo duttale, ma ne esistono altri; il secondo in ordine di frequenza è il lobulare, poi ci sono il tubulare, il mucinoso, il cribriforme e il papillare. E molto raramente si possono verificare tumori mammari non carcinomatosi, come l’angiosarcoma.

Quali sono i tumori infiltranti cioè «aggressivi»?

Vengono definiti «infiltranti» i tumori le cui cellule hanno invaso la membrana che circonda il dotto o il lobulo. Quando un tumore è infiltrante o invasivo (sono due termini che identificano la stessa tendenza), può formare un nodulo palpabile con l’autoesame o durante una visita senologica, ma non è sempre così: la diagnosi precoce oggi ne scopre tanti non ancora palpabili.
Il termine «infiltrante» non determina la gravità della malattia, dice soltanto che potenzialmente le cellule sarebbero capaci di spostarsi dalla sede di origine: sanno creare metastasi, ma nella maggioranza dei casi non l’hanno fatto. Come ho già spiegato, questa è la caratteristica che differenzia i tumori veri e propri dalle lesioni in situ, che restano circoscritte nella sede di insorgenza.
I due tipi principali sono il carcinoma duttale e il carcinoma lobulare. Le cure sono simili per entrambi, anche se i lobulari hanno una maggiore tendenza all’aggressività nello stesso seno (recidiva locale) e al coinvolgimento anche dell’altro seno (tumore bilaterale): per questo può accadere che si prescriva la mastectomia monolaterale o bilaterale.

IL CARCINOMA DUTTALE

È il carcinoma più comune e può essere asintomatico o manifestarsi con sintomi e segni. A parte il classico nodulo o un indurimento che prima non c’era, è possibile osservare la retrazione o la secrezione del capezzolo o alcuni cambiamenti della pelle con increspature e affossamenti. Questo tumore, invadendo il tessuto grasso che circonda il dotto, stimola la crescita del tessuto fibroso: ecco perché il nodulo diventa palpabile e molto duro, e spesso alla mammografia e all’ecografia le dimensioni appaiono più piccole di come sembrano al tatto.

IL CARCINOMA LOBULARE

Il carcinoma lobulare di solito non sviluppa tessuto fibroso, è più difficile da rilevare e quando viene scoperto è possibile che abbia dimensioni più grosse rispetto al carcinoma duttale. Questo aspetto va preso in considerazione quando i controlli mammografici ed ecografici sono stati regolari e annuali, ma si è ricevuta una diagnosi di tumore esteso: il carcinoma lobulare può restare a lungo poco visibile, nonostante esami accurati con macchinari e medici di eccellenza. Non si tratta di errori medici, ma della caratteristica tipica di questa malattia.

Come si comunica la diagnosi di tumore?

Che ci crediate o no, è una delle domande che ricevo più spesso anche dalle pazienti, che vogliono immedesimarsi nelle donne che ritengono loro simili perché affette da tumore, e implicitamente si confrontano con loro nella reazione emotiva e nelle azioni che hanno fatto seguito alla comunicazione della diagnosi. Ma è una domanda che non ha una risposta: chi veramente vuole adottare un sistema sicuro per parlare con un paziente rivelando la presenza di un tumore deve navigare a vista. Perché ogni singola persona, ogni essere umano seduto di fronte a me chiede di essere visto in modo unico, speciale, riconosciuto con le proprie caratteristiche fisiche e psicologiche, con le emozioni, le aspettative, la cultura di base e familiare, i traumi passati e presenti. Cruciale è il sesto senso unito all’esperienza, che rendono un medico un comunicatore eccellente, mediocre o scarso: non si tratta di vanità da chirurgo, ma di consapevolezza. Sbagliare il tono e le parole, trascurare lo sguardo e i gesti può significare perdere la fiducia del paziente e indurlo a prendere decisioni pericolose: qualche volta il profondo trauma della scoperta di un tumore spinge a rivolgersi, almeno temporaneamente, a operatori non medici e cosiddetti «alternativi», perché l’incontro con i medici non ha avuto la necessaria armonia relazionale.
La diagnosi di tumore maligno porta con sé un trauma tremendo per la don...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Conosci il tuo seno
  4. Premessa. Perché siamo qui
  5. I. Il seno
  6. II. La voce interiore protegge (anche) il seno
  7. III. Dalla bambina in poi: la vita del seno
  8. IV. La donna adulta e il seno maturo
  9. V. Chi protegge il tuo seno
  10. VI. Prevenzione: che cos’è?
  11. VII. Un po’ amici, un po’ no
  12. VIII. Muoviti, per il bene del seno
  13. IX. Meditate, donne e uomini, meditate!
  14. X. Il cibo è passione (ma non solo)
  15. XI. Tra i piaceri della vita, Eros nasce (anche) dal seno
  16. XII. Quando il seno si ammala
  17. XIII. La chirurgia che ama il corpo
  18. XIV. Dopo la chirurgia
  19. XV. Senologia virtuale: la reazione a una crisi mondiale
  20. Epilogo. Guarire dentro, guarire fuori
  21. Gratitudine
  22. Copyright