Lungo Canale Mussolini
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Lungo Canale Mussolini

Antonio Pennacchi e la sua opera

  1. 276 pagine
  2. Italian
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Lungo Canale Mussolini

Antonio Pennacchi e la sua opera

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Informazioni sul libro

«Per la fame. Siamo venuti giù per la fame. E perché se no?» È questo l'incipit del libro per cui Antonio Pennacchi, per sua stessa ammissione, è «venuto al mondo», questo l'inizio di una saga familiare in grado di evocare e restituirci un universo, quello dei coloni venuti dal Veneto a bonificare le Paludi Pontine, di cui illustri studiosi, italiani e stranieri, hanno voluto esplorare ogni riflesso - linguistico, storico, letterario.

Ne è nato questo volume, a cura di Rino Caputo, che raccoglie gli atti del convegno svoltosi a Latina il 5 e 6 ottobre del 2018: un viaggio lungo gli argini di Canale Mussolini, le cui acque raccontano un'epoca, quella vissuta all'insegna del regime fascista, secondo l'ottica di una prospettiva «interna» (Roberta Colombi, Mia Fuller); un viaggio attraverso la tradizione orale del filò, su cui tanto si basa il racconto di Pennacchi, ma anche attraverso gli echi letterari di cui si nutrono la sua lingua e la sua narrazione (Marco Santagata, Valeria Della Valle, Giuseppe Patota, John Thornton); un viaggio nelle terre dell'Agro Pontino, «redente» dalla bonifica voluta dal Duce, e nell'architettura del Ventennio (Massimo Onofri, Gino De Vecchis, Giorgio Villa, Marco Romano); un viaggio attraverso l'«epica del quotidiano» (Giulio Ferroni) della famiglia Peruzzi, con i suoi personaggi scultorei e spesso sanguigni (Elisa Manca); un viaggio, infine, alla scoperta dell'intera opera di Antonio Pennacchi (Leopoldo Gamberale, Lucio Caracciolo, Marco Petreschi) e degli echi da essa suscitati nei Paesi in cui Canale Mussolini e Canale Mussolini. Parte seconda sono approdati in traduzione (Øjvind Fritjof Arnfred, Nathalie Bauer, Diana Kastrati, Thomas Harder).

Ma in questo coro di voci - quelle dei relatori, dell'autore, dei tanti indimenticabili personaggi che popolano le pagine di Pennacchi - spiccano soprattutto quelle di coloro che non ci sono più, che la Storia ha presto cancellato e che solo l'arte e la letteratura sono in grado di richiamare in vita: coloro, come dice Leone D'Ambrosio a conclusione del volume, «che tornano in affanno... per far sapere che vivono ancora».

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2021
ISBN
9788835705512

La «furia dei Peruzzi»

di Elisa Manca
Linguistica italiana
Università di Heidelberg

1
Introduzione

1.1. «Cantami, o Diva, l’ira funesta»

Cantami, o Diva, del Pelìde Achille
l’ira funesta che infiniti addusse
lutti agli Achei…
(Iliade, I, vv. 1-3, traduzione di Vincenzo Monti)
Dirò d’Orlando in un medesmo tratto
cosa non detta in prosa mai, né in rima:
che per amor venne in furore e matto,
d’uom che sì saggio era stimato prima…
(Orlando furioso, I, 2)
Questi due brevi accenni letterari, nei quali la furia del protagonista costituisce l’elemento scatenante dell’azione epica, rappresentano per chi scrive – e forse hanno rappresentato anche per Pennacchi – il punto di partenza dal quale muovere le riflessioni che seguiranno in questo breve contributo. Così come l’ira di Achille da una parte e la furia amorosa di Orlando dall’altra danno il via alle vicende dei due eroi e di tutti gli altri personaggi, anche la saga dei Peruzzi ha nelle variegate manifestazioni di furia la causa scatenante di tutte le vicende narrate: è la miccia che accende gli animi e soffia sul fuoco dell’azione narrativa, «il karma di famiglia»,1 il «peggior peccato»2 dei Peruzzi.
… la furia c’è sempre stata nella mia famiglia … Uno se la porta dentro, nascosta bene bene in una piega dell’anima e magari non esce mai fuori. Ma poi salta il giorno in cui meno te lo aspetti e ti pungono sul vivo, nel vivo di quella piega dell’anima e la furia esce fuori e prende il sopravvento e tu dopo dici: «Ma che è successo? Io non lo volevo fare. Torniamo indietro di un minuto solo, vi prego, torniamo a tutto com’era prima».3
In questo contributo si cercherà dunque di delineare il ruolo della furia attraverso le sue manifestazioni nella trilogia costituita dai due Canale Mussolini (parte prima e parte seconda) e dal Fasciocomunista, nei quali la famiglia Peruzzi e i loro discendenti Benassi sono protagonisti. Considerata la pluralità di personaggi che compaiono nell’universo pennacchiano, non sarà possibile in questo contesto approfondire ogni singolo episodio di furia e ogni singolo carattere: per questo ci si concentrerà su alcuni aspetti precipui e sulle personalità più significative, confidando di fornire al lettore un quadro il più completo possibile sul tema.
Proprio con l’atto di furia di uno dei protagonisti, Adelchi che esce di casa sparando e inveendo contro il fattore e i conti Zorzi Vila4 nell’apertura di Canale Mussolini, comincia la narrazione delle vicende dei Peruzzi, fatta di analessi e prolessi.5 La saga dei Peruzzi si sviluppa nei tre diversi romanzi con la presenza costante della furia, che affligge – chi più, chi meno – tutti i membri della famiglia, coloro che con la famiglia interagiscono e persino i personaggi storici e la Natura.
Nonostante l’autore parli di «furia dei Peruzzi» al singolare, attraverso le pagine dei romanzi emergono diversi tipi di furia. Certo, ne esiste una in particolare che rappresenta il tratto comune dei Peruzzi, e cioè quella furia momentanea, inarrestabile e brutale, che li spinge ad atti violenti, quasi mai realmente voluti e dei quali si pentono all’istante. Tuttavia, limitare la furia agli atti di violenza, alle litigate e alle sfuriate che avvengono nel quadro familiare e storico dei Peruzzi sarebbe riduttivo: non si tratta infatti soltanto di semplice rabbia, o facilità al venire alle mani, bensì di qualcosa che avvolge le vite dei membri della famiglia. Si pensi ai peccati d’amore e passione di alcuni dei Peruzzi, all’impegno talvolta smodato nella politica o nel lavoro, al coraggio in battaglia o al desiderio incontrollabile di apprendere. La storia corale, che diventa poi individuale con Il fasciocomunista, si definisce pertanto attraverso le esperienze dei singoli e attraverso quel gene di furia, trasmesso dal ramo femminile della famiglia, che trova soluzioni ed evoluzioni differenti e simili, per tramite di quei «corsi e ricorsi» che vedono la storia ripetersi in modi e con protagonisti differenti.

1.2 Le parole della furia

Data la sua frequenza, in tutti e tre i romanzi la furia fornisce una vasta scelta semantica di tipo derivativo, sinonimico, antonimico, e legato a espressioni idiomatiche e collocazioni a essa connesse. In primo luogo direttamente collegati alla furia in chiave derivativa abbiamo l’aggettivo furioso, il verbo infuriare coniugato anche al participio passato infuriato, il sostantivo sfuriata; poi le espressioni idiomatiche andare su tutte le furie, in fretta e furia, la similitudine come una furia, o anche la locuzione avverbiale a furia di, che pur non significando direttamente il concetto di perdita del controllo non è probabilmente un caso che il nostro autore scelga di utilizzare frequentemente in tutti e tre i romanzi. La furia poi ritorna anche in frasi non idiomatiche ma comunque significative come «subito a cavallo di tutte le Furie» (qui volutamente con la maiuscola), «come furie scatenate assatanate», «avvolto dalla furia», «pareva una furia», «dentro di sé la furia cominciava a montargli».
Al posto della furia Pennacchi utilizza talvolta sinonimi come ira, rabbia, incazzatura. L’ira compare ad esempio nell’espressione ira di Dio, in Canale Mussolini sempre in rapporto alla furia della Natura,6 mentre nel Fasciocomunista con il significato più generico di situazione fuori controllo.7 La rabbia invece è presente con i suoi derivati arrabbiarsi (anche al participio passato arrabbiato), arrabbiatura, rabbioso (si pensi all’espressione cane rabbioso)8 e in alcune espressioni come piangere dalla rabbia, gonfiarsi come un rospo dalla rabbia, sbollire la rabbia.
La famiglia lessicale legata all’incazzatura, più spesso usata nella forma verbale incazzarsi (comprendendo anche in questo il participio passato incazzato), dalla radice derivazionale ovvia, è più frequente della forma meno scurrile derivata dalla rabbia, forse anche per l’espressività più forte attribuita dal turpiloquio. Di solito i personaggi pennacchiani sono incazzati neri o, più spesso, incazzati come una bestia (o al plurale bestie).
I furiosi però non sono agli occhi degli altri – e di se stessi – semplicemente arrabbiati, essi assumono i tratti del matto, o pazzo, proprio perché sotto l’effetto della furia diventano incontrollabili. E la furia nel mito e nella letteratura si manifesta spesso nella forma di ira che porta alla follia. L’aggettivo matto è molto presente: come ad esempio nella similitudine come un matto, nell’iperbole da matti, nella collocazione diventare matto.
Tuttavia la maniera più efficace nella quale Pennacchi riesce a esprimere la furia dei suoi personaggi è attraverso le espressioni idiomatiche che spesso hanno chiari richiami metaforici e similitudinari. Frequentissime sono le metafore e le similitudini animalesche, che associano cioè il personaggio infuriato all’ambiente animale. Preponderante è l’uso del termine bestia sia in similitudine che in metafora: espressioni come arrabbiato o incazzato come una bestia, diventare o essere una bestia sono assai frequenti in tutti e tre i romanzi. Si aggiungono poi le frasi iperboliche come «si trasformava in una bestia da guerra che più bestie non ce n’è».9 Solo una volta compare un derivato del termine nella forma verbale imbestialirsi.10 Simile dal punto di vista semantico anche se dalla radice diversa, comunque ferina, è il participio passato imbufalito.11 Compaiono associazioni alla furia attraverso similitudini e metafore legate ad animali specifici: la iena (diventare una iena, scattare come una iena, strillare come una iena rivolti principalmente ai personaggi femminili), la scimmia («è saltato offeso come una scimmia» e «scimmie incazzate»),12 il cane («era sempre un cane arrabbiato»,13 «ero diventato una bestia nera, un cane rabbioso»),14 la mula («mollava calci come una mula»15 riferita all’Armida furiosa contro Pericle), il rospo («quello quasi si gonfiava come un rospo dalla rabbia»),16 la tarantola («pareva che lo avesse mozzicato la tarantola»),17 la mosca (con la comune espressione «gli è saltata la mosca al naso», che ricorre frequentemente). Anche numerose forme verbali correlate alla furia sono traslate da atteggiamenti prettamente animali: ruggire, ringhiare, scalciare.
Un altro campo lessicale nel quale emerge la furia è quello «demoniaco». Sia Armida che Pericle vengono associati a poche pagine di distanza al demonio: lei come «demonio biondo»18 e lui con «la faccia urlante come un demonio».19 Armida è anche un «diavolo biondo». Abbiamo poi ancora l’aggettivo assatanata e le similitudini come un ossesso (sia al maschile che al femminile) e come uno ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Lungo Canale Mussolini
  4. Saluto di presentazione. di Silvio Di Francia
  5. Introduzione. di Rino Caputo
  6. L’incolto colto narratore di Pennacchi. di Marco Santagata
  7. Un’epica del quotidiano? di Giulio Ferroni
  8. «Canale Mussolini»: un caso di «contro storia». di Roberta Colombi
  9. «Canale Mussolini»: il libro per cui Pennacchi è venuto al mondo. di Valeria Della Valle
  10. La lingua di «Canale Mussolini. Parte seconda». di Giuseppe Patota
  11. Antonio Pennacchi viaggiatore nelle città del Duce. di Massimo Onofri
  12. La «furia dei Peruzzi». di Elisa Manca
  13. «Ognuno gheva le so razon». di Øjvind Fritjof Arnfred
  14. «Canale Mussolini» e la Francia. di Nathalie Bauer
  15. Il bisbetico tradotto. di Diana Kastrati
  16. Il diario del traduttore. di Thomas Harder
  17. Le geografie di Antonio Pennacchi. di Gino De Vecchis
  18. Pomptinae Musae, paulo maiora canamus. di Leopoldo Gamberale
  19. «Pesci nell’oceano della storia...». di John Thornton
  20. Presentazione aggratis. di Lucio Caracciolo
  21. Good History. di Mia Fuller
  22. Rileggendo «Fascio e martello». di Marco Petreschi
  23. Ragionamento sentimentale su Antonio Pennacchi. di Marco Romano
  24. Pennacchi e la sua terra. di Giorgio Villa
  25. La luna operaia. di Leone D’Ambrosio
  26. Profili degli autori
  27. Bibliografia di Antonio Pennacchi
  28. Copyright