il mare si frantuma
sulla superficie,
alla ricerca del confine
racchiuso in infinite idee di mare,
di onde, di schiume di onde del mare,
nell’abisso piú nero che tutti ci contiene è il mare
dove approdare,
dove tutti siamo partiti,
dove aspiriamo a tornare,
amare le rifrazioni del sole,
nel sale
amare scogliere,
la sabbia,
il relitto,
nel buio piú fitto il tragitto
luce, inversa, del sole,
immersi nel mare da tempo immemorabile,
ovunque, ovunque ma non
nell’acqua, dall’acqua che sale,
sale alla luce, è giorno dentro immemore
sciaborda il mare,
come soggetti come
conchiglie come
sabbia
come
d’ossigeno è il cielo,
la madre, dei pellicani, le ossa,
del legno, i colori,
rifratti,
la memoria,
la memoria del mare
che assale,
tutto e
cancella tutto,
soltanto
e
rimane e poi
azzurro,
il fondo si muove, è
nero,
bianco e le stelle
e il
mare
come se esistesse e continuamente,
oscillazione e
d’acqua
e mente, moto perpetuo del mare,
anime, cristallino
depositato aperto tutto,
nel sangue, parente, rigagnolo
che dall’esplosione s’aggrappa al vortice, è nato,
scorre,
con gli altri pesci
dentro piú
ciò che vive, e noi non siamo
Noi sognavamo che era tutto vero,
ma eravamo solamente noi
la luce che ci s’accendeva attorno,
– è questo che è accaduto,
non so piú in quale giorno
Questo, nostro
– Non luce documenti –
Eccoli, i poliziotti
bambini che manovrano i decenni
in cui viviamo adesso
Cosí non va
se il cielo perquisiscono
Non c’è immaginazione
è grigio il cuore
dentro
non c’è
ossigeno né
paesaggio
Normale il grido
prassi lo spavento
Non c’è cultura
solo dati scheletri
sotto gli armadi i secoli
nascosti e non è adesso
non è adesso
che muoio
Non è morte questa
non è vita
che vivo
che vivi
né niente
ma incerta sbatte contro
se stessa
si domanda
che cosa
chi
e marciare
avanti,
Avanti verso. Come se quello fosse
futuro
E lo sappiamo che non è
futuro e non ha
sangue non ha passato gridano
piú forte le rocce
piú vive di sangue di noi
gridano mentre
l’uomo dai capelli bianchi
nega gli alberi
l’uomo i fiori
li cancella.
Ma siamo stati stelle noi
siamo esplosi
eravamo alberi e oceano
e ancora prima la pressione
inaudita del cosmo
Il cibo che i miei genitori hanno mangiato
è ciò che un giorno è
diventato
io, altro
cibo
inglobato, associato
alla coscienza che mangia
il creato che mi ha generato.
È questa parvenza
cosí uguale a tutto. Sono
e sono stato
una nuvola, un prato.
Noi avevamo delle scodelline
Di differenti e nascosti colori sul fondo
di ceramica, appoggiate
sul mare
tutto attorno
erano nostre,
coi remi da un giorno all’altro ci spostavamo
da questo mondo a quello
tramite di esse
di plastica
dentro, remi con altri
remi nei magazzini
erano nostre,
accatastate,
e quanti mondi e quante scodelline
non avevano mai fine,
i magazzini,
le scodelline
Una volta che ero molto piccolo continuavo a non nascere con delle altre persone variamente esistite o meno però andavamo con le borracce piene d’acqua in una sorta di strada che s’arrampicava non so dove ma piú in alto sarebbe arrivata la storia e allora ci saremmo separati ma andavamo come adesso,
non identificati volevamo
Uno spettacolare profluvio di colori
incendia le dimensioni della bussola
– la combustione –
– non funziona piú –
fino a farne uscire il nord,
Il sud in forma di parole. E l’ovest
e l’est
come schiacciati,
compressi si rintanano invece
piú dentro
ad ogni voce. Cosí precoce
nasce l’universo, nella croce
dei venti la tua mano,
lo spettacolare
– di nuovo –
lontano
si disarticola, tempestato di ossa
si apre
si scoperchia
la sera, si chiama
fiume
si perde, l’azzurro del sole
converge nel centro, nel centro piú piccolo
dove eravamo già stati
isotopi
vapore
spinta
– di nuovo –
spin
colore
*
Persone con la faccia che non stanno
ai limiti del territorio strette
di isole le macchie quando stacca
la nave dove tornano
dal cielo ci accudiscono con gli occhi
*
Con la bocca muovono le automobili
scritte sulle pareti del bagno
persone o segnali indelebili appaiono
a intermittenza panorami e ossa
degli alberi si slacciano
*
Si spostano nel cuore una città
un mucchietto di nervi
stelle
avanzano ovunque resti
di civiltà si intrecciano
*
Nella ragazza che s’ingi...