Sabato
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Sabato

  1. 304 pagine
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Informazioni sul libro

Quello che doveva essere un sabato libero dal lavoro, dopo una settimana massacrante, diventa per Henry una strada in salita, irta di ostacoli. In programma c'era una partita a squash, una visita all'anziana madre, le prove di un concerto di Theo, il figlio chitarrista, e poi la cena a base di zuppa di pesce che è la specialità culinaria di Henry - una cena in cui si doveva celebrare il ritorno a casa di Daisy, la figlia che vive a Parigi, dopo sei mesi di assenza. Ma sulla levigata superficie della giornata da dedicare a tempo libero e famiglia parte un'incrinatura. Un banale incidente d'auto si trasforma nella minaccia che può distruggere tutto ciò che Henry ha di piú caro.

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2014
ISBN
9788858400845

Quattro

Non si prende il disturbo di posteggiare nelle ex scuderie. Si limita invece a fermarsi proprio davanti alla porta di casa: a quest’ora della sera è consentito il parcheggio nelle linee gialle e Henry è impaziente di rientrare. Si concede tuttavia qualche secondo per uno sguardo al danno sulla portiera del passeggero: appena un graffio. Alzando gli occhi dall’auto, nota che la casa è al buio. Ovvio: Theo è ancora alle prove, Rosalind starà sfacchinando sulle ultime minuzie della sua istanza legale. Radi fiocchi di neve illuminati dai lampioni spiccano netti contro il nero lucido delle finestre. Suocero e figlia stanno per arrivare e lui ha i minuti contati. Aprendo la porta cerca di ricordare le parole esatte di un commento che Theo ha pronunciato qualche ora prima e al quale lí per lí non aveva fatto caso. Adesso invece gli dà fastidio, ma lo stesso sforzo svogliato per riportarlo a galla svanisce nell’attimo in cui Henry entra nel tepore dell’ingresso e accende le luci; notevole, come il semplice illuminarsi di una lampadina possa far esplodere un pensiero. Si dirige subito alle rastrelliere del vino e prende quattro bottiglie. La sua ricetta di zuppa di pesce richiede un vino robusto, genuino: un rosso, non un bianco. È stato Grammaticus a fargli assaggiare un certo Tautavel, Côtes du Roussillon Villages e Henry l’ha eletto vino della casa: squisito, e a meno di cinquanta sterline la cassa. Quella di stappare i vini ore prima di consumarli è una forma di scaramanzia: la superficie di liquido esposta all’aria è troppo esigua per poter ragionevolmente fare un’effettiva differenza. Le bottiglie in compenso, le vuole proprio meno fredde, perciò le porta in cucina e le mette vicino ai fornelli.
Nel frigo ci sono già tre bottiglie di champagne. Henry sta per dirigersi al lettore cd, poi cambia idea perché, ineluttabile come la legge di gravità, sente il richiamo del notiziario imminente. Fa parte dei tempi, questo imperativo a sentire come vanno le cose del mondo, a unirsi alla totalità del pubblico, a una comunità fondata sull’ansia. L’abitudine è andata aumentando in questi ultimi due anni; certe scene mostruose e spettacolari hanno conferito un valore di portata diversa all’informazione. La possibilità che si ripetano è come un filo che tiene legati i giorni. Il parere del governo – vale a dire che un attacco a una città europea o americana sia inevitabile – non costituisce solo un disconoscimento di responsabilità, ma anche una promessa esaltante. Tutti lo temono, ma a livello di inconscio collettivo esistono anche un anelito oscuro, un perverso desiderio di castigo e una curiosità blasfema. Come gli ospedali hanno i loro piani di emergenza, cosí le reti televisive si tengono pronte a trasmettere, e il pubblico si mantiene in attesa. Piú ingente, piú grave la prossima volta. Fa’ che non debba succedere. Ma fa’ anche che io veda ogni cosa mentre si verifica, e da ogni angolazione possibile, e fa’ che sia tra i primi a saperlo. Perdipiú, Henry deve scoprire che ne è stato dei piloti trattenuti in custodia.
Insieme alla prospettiva del telegiornale, da essa pressoché inseparabile, almeno nei weekend, c’è la sontuosa certezza di un bicchiere di vino rosso. Si mesce l’avanzo di un Côtes du Rhône, accende la Tv azzerando l’audio e si accinge a sbucciare e tritare tre cipolle. Non avendo pazienza con la friabile pellicola esterna, esegue un’incisione profonda, inserisce il pollice a forza e strappa via i primi quattro strati, sprecando un buon terzo di polpa. Tagliuzza velocemente quanto rimane e rovescia il tutto dentro una casseruola con abbondante olio di oliva. Quel che gli piace del fare cucina è la relativa imprecisione e la mancanza di disciplina connesse – un sollievo dal rigore che impone la sala chirurgica. Ai fornelli, le conseguenze di un fallimento sono modeste: delusione, un vago senso di sfortuna, di rado espresso in forma esplicita. Nessuno però rischia di morire. Henry sbuccia e taglia otto grossi spicchi di aglio che unisce alle cipolle. Dalle ricette ricava soltanto i principî di massima. I compilatori di libri di cucina che ammira di piú parlano di «manciate» e di «spolverate», e invitano ad aggiungere «q.b.» di questo o quell’ingrediente. Inoltre elencano possibilità alternative e incoraggiano la sperimentazione. Henry è ben consapevole che non sarà mai un cuoco come si deve, che appartiene a quella che Rosalind definisce la scuola dei volenterosi. Si serve di un buon numero di peperoncini essiccati presi da un barattolo e se li sminuzza tra le mani lasciando poi piovere fiocchi di buccia e semi dentro il soffritto di aglio e cipolla. Il telegiornale è iniziato, ma lui non tocca il tasto dell’audio. È la stessa ripresa dall’elicottero di prima che facesse buio, le stesse masse di gente accalcate nel parco, la stessa atmosfera celebrativa. Unisce a cipolla e aglio ammorbiditi qualche pizzico di zafferano, due foglie di alloro, scorza d’arancia grattugiata, origano, cinque filetti d’acciuga, due scatole di pomodori pelati. Sul vasto palcoscenico di Hyde Park, si alternano le formule propagandistiche di un rispettabile politico di sinistra, di una pop star, di un drammaturgo, di un sindacalista. Henry tuffa dentro il tegame del brodo le lische delle tre razze. Le teste risultano ancora intatte, le bocche carnose. Gli occhi si velano a contatto con l’acqua bollente. Un anziano poliziotto risponde ad alcune domande sulla manifestazione. A giudicare dal suo mezzo sorriso e dalla postura del capo si direbbe che è soddisfatto della giornata. Henry estrae dalla loro reticella verde all’incirca una dozzina di cozze e le getta nell’acqua del brodo. Se sono vive e sofferenti, lui non è tenuto a saperlo. Ed ecco ancora lo stesso zelante cronista riferire a pesce tutto quello che c’è da sapere riguardo a quel raduno senza precedenti. Il liquido dei pomodori cuoce a fuoco lento con le cipolle e il resto, assumendo il colore rosso aranciato prodotto dallo zafferano.
Con l’udito in parte ancora frastornato dalle prove del concerto e l’umore appannato, per non dire stordito, dalla visita a sua madre, Henry decide che deve ascoltare qualcosa di energico, tipo Steve Earle, il Bruce Springsteen dell’uomo pensante, secondo il giudizio di Theo. Ma il disco che cerca, El Corazón, è di sopra, perciò ripiega su un sorso di vino e continua a lanciare occhiate allo schermo, in attesa della sua notizia. Il primo ministro sta pronunciando il discorso di Glasgow. Perowne preme il telecomando in tempo per sentirgli dire che il numero dei dimostranti di oggi è stato superato dal numero dei morti causati dal regime di Saddam. Argomentazione acuta, l’unica valida, ma si sarebbe dovuto farvi ricorso sin dal principio. Adesso è tardi. Dopo Blix, ha un sapore strategico. Henry azzera di nuovo l’audio. Lo sorprende constatare quanto sia soddisfatto di fare cucina; nemmeno il pudore riesce a guastargli la sensazione di appagamento. Rovescia il resto delle cozze nel grosso colabrodo e procede a pulirle con uno spazzolino di fibre vegetali, passandole sotto l’acqua corrente nel lavandino. Le vongole verde chiaro invece hanno un aspetto delicato e puro, perciò si limita a risciacquarle. Una delle razze ha inarcato la spina dorsale, quasi volesse sfuggire al bollore. Mentre la risospinge nell’acqua con una spatola di legno, la colonna si spezza, esattamente sotto T3. L’estate scorsa ha operato una ragazza che si era rotta la schiena alla Quinta Cervicale e alla Seconda Toracica cadendo da un albero a un festival di musica pop, mentre cercava di procurarsi una visuale migliore dei Radiohead. Aveva appena finito il liceo e voleva studiare russo all’università di Leeds. Adesso, dopo otto mesi di riabilitazione si sta riprendendo. Ma Henry respinge il ricordo. Non intende pensare al lavoro, vuole solo cucinare. Prende dal frigorifero una bottiglia di vino bianco piena per un quarto, un Sancerre, con il quale annaffia il suo sugo di pomodoro.
Su un tagliere piú ampio e massiccio, Perowne sistema le code di rana pescatrice che taglia a pezzettoni e poi trasferisce in una grossa ciotola bianca. A questo punto elimina il ghiaccio dai gamberi e butta dentro anche quelli. In una seconda ciotola, rovescia le vongole e le cozze. Poi i contenitori finiscono in frigo, con dei piatti per coperchio. Le immagini di repertorio mostrano l’edificio delle Nazioni Unite a New York e, subito dopo, Colin Powell che sale a bordo di una limousine nera. Questo significa che la sua notizia è stata retrocessa, ma non gliene importa. Henry riordina la cucina, sgombrando l’isola centrale dai rifiuti e gettandoli in un grosso bidone, prima di lavare i taglieri sotto il rubinetto. È venuto il momento di schiumare il brodo bollente di cozze e razze dentro la casseruola. Terminata l’operazione, Henry ritiene di avere piú o meno due litri e mezzo di brodo ben carico che lascerà sobbollire per altri cinque minuti. Appena prima di cena, lo riscalderà a fuoco lento per una decina di minuti dopo avervi immerso vongole, rane pescatrici, cozze e gamberi. Servirà la zuppa con pane nero, insalata e vino rosso. Dopo New York, si passa al confine Kuwait-Iraq, poi automezzi dell’esercito in convoglio su una strada del deserto, e i nostri ragazzi che si coricano accanto alle impronte dei carri armati e che il mattino dopo mangiano salsicce dalle gavette. Henry prende dal fondo del frigo due pacchi di lattuga e li svuota nel lavaverdure. Fa scorrere l’acqua fredda sulle foglie. Un ufficiale, poco piú che ventenne, indica con un’asticciola dei punti su una cartina appoggiata a un cavalletto. Perowne non sente la tentazione di premere il tasto dell’audio: questi servizi dal fronte hanno un’aria cordiale che sa di censura e gli deprimono l’umore. Centrifuga la lattuga e la rovescia dentro l’insalatiera. Olio, limone, pepe e sale, li aggiungerà dopo. A fine pasto ci saranno formaggio e frutta fresca. Theo e Daisy possono apparecchiare.
I preparativi si concludono proprio quando, come quarto servizio, arriva la vicenda dell’aereo in fiamme. Con il vago sentore di essere sul punto di scoprire qualcosa di significativo sul proprio conto, Henry alza il volume e si piazza davanti al piccolo televisore, asciugandosi le mani in uno strofinaccio. Una quarta posizione potrebbe indicare che non ci sono stati sviluppi, oppure un ambiguo silenzio da parte delle autorità; in effetti, la notizia si è semplicemente sgonfiata. Quasi lo si percepisce dal tono deluso nella presentazione del conduttore. Eccoli qui, il pilota, quel tipo grinzoso dalla lustra chioma nera con il suo tarchiato secondo, fuori da un hotel nei pressi di Heathrow. Non si tratta, spiega il pilota con l’aiuto dell’interprete, né di ceceni né di algerini, non sono musulmani, sono cristiani, anche se solo nominalmente, giacché non frequentano alcuna chiesa e non possiedono né un Corano né una Bibbia. Sono soprattutto russi, e orgogliosi di esserlo. Di certo non sono responsabili del materiale pornografico sul minore americano rinvenuto semidistrutto sul velivolo danneggiato dall’incendio. Lavorano per una ditta seria, registrata in Olanda, e si sentono responsabili esclusivamente nei confronti del mezzo aereo. E sí, certo, la pornografia infantile è un reato orrendo ma non fa parte dei loro doveri ispezionare ogni collo presente sulla lista di bordo. Sono stati rilasciati senza capi d’accusa e, non appena l’autorità dell’Aviazione civile lo riterrà opportuno, faranno ritorno a Riga. Si è spenta anche la controversia a proposito della rotta in arrivo sull’aeroporto; risultano rispettate tutte le regolari procedure. Entrambi gli uomini precisano di essere stati trattati con cortesia dalle forze dell’ordine. Il pingue copilota afferma di aver voglia di un bagno e di un long drink.
Buone notizie, eppure uscendo dalla cucina e dirigendosi verso la dispensa, Henry non prova alcun piacere particolare, e nemmeno sollievo. Che le sue ansie si siano prese gioco di lui? Rientra nel nuovo stato di cose, questo ridimensionamento della libertà mentale, del suo diritto alla divagazione. Non molto tempo fa i suoi pensieri spaziavano in modo piú imprevedibile, su una rosa di temi piú vasta. Henry ha il sospetto di poter diventare un babbeo, il classico consumatore solerte e instancabile di polpettoni giornalistici, opinioni, indagini e di tutte le briciole cadute dal tavolo di chi comanda. È un cittadino docile, che osserva il Leviatano irrobustirsi mentre lui striscia sotto la sua ombra in cerca di protezione. Questo aereo russo è volato dritto dentro la sua insonnia e a lui non è parso vero di permettere alla vicenda e a ogni minima variazione nervosa all’interno del processo dell’informazione quotidiana di modificare il suo stato d’animo. È un’illusione, credersi soggetto attivo della storia. Non penserà per caso di apportare il proprio contributo solo guardando i telegiornali o standosene sdraiato sul divano la domenica pomeriggio a leggere ulteriori editoriali pieni di certezze infondate, l’ennesimo lungo articolo su quello che sta davvero dietro a questo o quello sviluppo, e su quello che molto probabilmente succederà: profezie dimenticate nell’atto stesso di leggerle, ben prima cioè che gli avvenimenti le sconfessino? A favore o contro la guerra al terrorismo, o la guerra in Iraq; a favore della eliminazione di un odioso tiranno e della sua famiglia criminale, a favore di un’ulteriore ispezione sulle armi, dell’apertura delle prigioni dove si pratica la tortura, della ricerca delle fosse comuni, di un’opportunità di progresso e liberazione, e di un avvertimento agli altri dittatori; oppure, contro i bombardamenti sui civili, gli inevitabili profughi e le carestie, le azioni illecite a livello internazionale, l’ira delle nazioni arabe e l’ingrossarsi delle file di Al-Qaeda. In un modo o nell’altro, la faccenda conduce a una forma di consenso, a un’ortodossia dell’attenzione, a una moderata forma di soggiogamento. O pensa forse che la sua ambivalenza – se di questo si tratta – lo scagioni dal conformismo imperante? Anzi, c’è dentro piú della maggior parte della gente. I suoi nervi, tesi come corde di violino, vibrano obbedienti a ogni nuova «dose» di notizie. Ha perso l’abitudine allo scetticismo, si sta frastornando di opinioni contraddittorie, ha smesso di pensare con chiarezza e addirittura, gli parrebbe, in autonomia, il che non è da meno.
I piloti russi vengono mostrati mentre entrano in albergo, e quella è l’ultima immagine che avrà mai di loro. Prende dalla dispensa qualche bottiglia di acqua tonica, controlla i cubetti del ghiaccio e il gin – tre quarti di litro dovrebbero proprio bastare per una sola persona – e spegne il fuoco sotto il brodo. Di sopra, al pianoterra, tira i tendoni del soggiorno a L e accende le lampade e l’interruttore del gas nei finti camini a carbone. Queste tende pesanti, col loro grosso pomolo d’ottone, hanno la prerogativa di cancellare discretamente la piazza e il mondo invernale al di là di essa al semplice tiro di una corda. La sala dai soffitti alti, nei toni del panna e del marrone, è silenziosa, accogliente; l’unica nota di colore acceso sono i turchini e i rossi dei tappeti e la pennellata astratta di arancio e di giallo su fondo verde di un Howard Hodgkin appeso su uno spiovente del camino. Le tre persone al mondo che lui, Henry Perowne, ama piú delle altre e che piú delle altre lo amano, stanno per arrivare a casa. E dunque, che c’è che non va? Niente, assolutamente niente. Lui sta bene, e va tutto a gonfie vele. Si ferma in fondo alla scala, domandandosi che cosa volesse fare subito dopo. Sale nel suo studio al primo piano, e rimane in piedi davanti allo schermo per ripassare il programma della settimana dopo. Ci sono quattro nomi in elenco per lunedí, cinque per martedí. Per prima, alle otto e trenta, toccherà a Viola, l’anziana astronoma. Jay ha ragione, potrebbe non farcela. Ciascun nome evoca una storia che Henry ha imparato a conoscere nelle settimane e nei mesi passati. Per ogni caso sa esattamente che intende fare, e prova piacere alla prospettiva del lavoro. Che differenza rispetto ai nove individui, alcuni già in reparto, altri a casa, altri ancora in arrivo a Londra domani o lunedí, con il terrore del momento che li aspetta, l’oblio anestetico, e il ragionevole sospetto che al loro risveglio non saranno piú gli stessi di prima.
Sente di sotto lo scatto della serratura, e dal suono che accompagna l’aprirsi e il chiudersi della porta – quel modo sobrio di entrare in un posto e di riaccostarsi l’uscio alle spalle – sa che si tratta di Daisy. Che fortuna che sia già qui prima di suo nonno. Henry si precipita giú per le scale per andarle incontro, e lei ha un lieve sussulto di gioia.
– Ci sei!
Mentre si abbracciano, Henry emette un basso ruggito sbuffante, lo stesso con cui era solito salutarla quando aveva cinque anni. Ed è proprio il corpo di quella figlia piccola che sente fra le braccia e che quasi solleva da terra, la compattezza dei muscoli sotto i vestiti, l’evidente elasticità delle articolazioni, i baci asessuati. Perfino l’alito sembra quello di una bambina. Daisy non fuma, beve di rado, e sta per diventare un poeta con tanto di pubblicazione. Il suo, di fiato, sa molto di vino rosso. Che figli astemi ha messo al mondo.
– Allora, fatti guardare.
Sei mesi sono il periodo piú lungo che Daisy abbia mai trascorso lontano da casa. I Perowne, benché alquanto indulgenti, sono anche genitori possessivi. Tenendola a distanza di braccia tese, Henry spera che lei non si accorga dei suoi occhi lucidi né della voce un po’ strozzata. Il momento di commozione monta...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Sabato
  3. Uno
  4. Due
  5. Tre
  6. Quattro
  7. Cinque
  8. Ringraziamenti.
  9. Il libro
  10. L’autore
  11. Dello stesso autore
  12. Copyright