Superba è la notte
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Superba è la notte

  1. 88 pagine
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Superba è la notte

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Informazioni sul libro

«L'ansia, l'amore, i confini sbarrati della reclusione e lo slancio vitale della resurrezione sono i temi che si inseguono lungo l'intero arco produttivo di Alda Merini», scrive Ambrogio Borsani nella sua introduzione alle liriche, composte fra il '96 e il '99, che danno forma a Superba è la notte. «Ci troviamo dentro una poesia di forti contrasti. L'estate può esplodere all'improvviso in mezzo alle bacche gelate dell'inverno. Inni e maledizioni crescono da semi primordiali sepolti in un terreno fertilizzato dal dolore. Il linguaggio fiorisce con esplosioni violente o con un sospiro». La nuova raccolta si alimenta del dialogo ininterrotto, ora tenero ora polemico, fra l'autrice e i propri fantasmi, le interiorizzate presenze degli affetti di una vita: gli amori, le figlie, la sorella scomparsa di recente, gli amici. Dialogo che include la maestà della Morte, figura sottintesa e costante, allusa nel titolo ed evocata nei due poemetti di chiusura, e la alterna alla concretezza dei sentimenti, restituiti dal linguaggio di Alda Merini alla loro piena fisicità.

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Informazioni

Editore
EINAUDI
Anno
2014
ISBN
9788858414064
Argomento
Littérature
Categoria
Poésie

Il grido della morte

ad A. M. B.
Qui dove abito non si sente nulla di nulla, nemmeno il grido
della morte, il paradosso oscuro che scivola via dalla vita
quell’ingorgo che può fare presagire il passato, quel vuoto
di memoria assoluto che porta al compimento di ogni parola.
Niente affoga il passato, niente lo risolleva dal suo
baratro, nessuna incertezza è dentro il sonno e nessuna ora
fu piú velata e piú martoriata di questa che arde
nel silenzio di un’ermetica chiusura di porte che non si aprono
e non si concedono al canto. Il male è una fossa tremenda,
l’ateo pruriginoso del nostro solco di vita. Ecco anche
il male rimane incerto e sospeso in questo
non essere presenti al male medesimo della vita.
Nessuno che pianga o si discolpi o che diventi personaggio
e figura nel tempio della morte, nessuna meretrice che
balzi spontanea al canto della strada, a soffrire e a offrire
il bene del suo ventre disfatto per andare oltre i confini
della parola. Nessuna canzone muliebre o sofferta che abbia
in sé radici malsane o comunque radici di vita, e nessun
velo che possa alzarsi come figura e che diventi aiuola e
che diventi fatica. Anche la fatica di amare, perenne
dolcezza della vita, è stata scaricata da una parsimonia infelice.
Gli uomini sono come velieri, velieri immoti che non
solcano acque, che non risanano il linguaggio,
gli uomini sono occasioni di vendemmia, ma niente altro.
Essi potrebbero apparire e sparire dalla fama
del grande albero della vita come i sogni, e potrebbero
portare con sé il nostro linguaggio infantile
fatto di occasioni tremende. La nostra fantasia si
incammina nel cielo, essa è colpevole come la parola
e il silenzio medesimo di questi orribili portatori
di frane che gravitano sopra un letto, accesi di colpa
e inerenti proprio al male piú prodigiosamente
satanici di colui che afferra il coltello e apre la chiave
scurrile di una porta che si chiama vita, per lasciarne
uscire l’anima affogata nelle lacrime e nel sapere.
Sono proprio questi uomini scorrevoli come la dannazione
eterna, che cacciano il peccato dalle loro mitiche
lenzuola di presagio per dar corso alla fama di colei
che fruttuosamente godeva del peccato peggiore che è
l’azione. Dentro il peccato esseri ingobbiti nelle loro tenebre
sussultano al primo apparire della notte, come se la colpa
fosse consapevole in loro e l’anima traviata
potesse cadere addosso alla loro ridondanza.
Fiaccole infelici e vane che vanno oltre questa
posa di pietra che è la vita e che giace
nel tentacolo amaro della solitudine, come se volesse
prendere il principio di ogni radice, e colei che
ingemmava il suo sapere e la sua fama di donna, ora
è passata a tenebre sicure, lei che faceva l’inventario
della mia morte ora per ora, trascinandola per
i capelli come fosse stata l’esempio stesso
di un cuore spettacolare fatto di marciume e di solitudine
che porta male, che porta solamente silenzio.
Il male quindi se ne è andato in un vecchio sapere delle cose
in un ancheggiare fosco che porta lontano i nostri pensieri
e li fa grigi come la notte, e come il parto infelice di una
musa cieca e sorda che non ha un’aiuola fiorita
che non vuole presagire nulla se non la notte e la fatica
mortuaria del senso, pare che diventi il proprio
crimine orrendo. Qui sul ballatoio infelice, la donna
di nessun esempio e di nessuna paura giace velata per
sempre in un’ovazione generale che ha visto cadere
il dubbio della fortuna e la fortuna del dubbio.

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Superba è la notte
  3. Introduzione di Ambrogio Borsani
  4. Superba è la notte
  5. «Sulla noce di un’albicocca»
  6. «La cosa piú superba è la notte»
  7. «Lasciami andare contro la parete»
  8. «Portentosa è la vita se si avanza»
  9. «O destino, destino di poeti»
  10. Poeti
  11. «Viene quindi la stanca permissione che ci dà»
  12. «La notte se non è rapida»
  13. «C’era una fontana che dava albe»
  14. «O ragioniere che alteri le cifre»
  15. «Felice te che spargi sementi ovunque»
  16. Il tebano
  17. «Era un uomo senza discorso»
  18. «Per ciò che non dissi»
  19. «Naviglio che soccorri la mia carne»
  20. «Lampeggiano i delitti»
  21. «Ci sono paradisi artificiali»
  22. «Nascono a volte muse furibonde»
  23. «Divorami col tuo canto le spalle»
  24. «Trovo che il mio coraggio è ormai spento»
  25. «Anima, solamente la parola»
  26. «Resti un ardente ulivo»
  27. «Ogni volta che mi parte il cuore»
  28. «Piange la follia nel mio letto»
  29. In morte di mia sorella
  30. «La tua unghia scalfiva il tempo»
  31. A un giovane
  32. «Ci sono germogli di sempre»
  33. «Sono scesa in Porta Genova»
  34. Esodo
  35. «Mi guardi con occhi penetranti»
  36. «Potevi essere la canzone del mio umile sguardo»
  37. «Non avessi sperato in te»
  38. «Avete ginocchi, avete canzoni giovani»
  39. «Ero una foglia libera nel vento»
  40. «Donne che non sapete nulla»
  41. «È colpa dell’amato trascurare il nome»
  42. «E tu albero stanco»
  43. «Titano, quella voce di sempre»
  44. «C’è chi crede che un uomo sia un’allegra vallata»
  45. «Ambrogio, nessun carme è tanto devoto a Dio»
  46. «Sono spoglie le dita della morte»
  47. «Abbiamo lenzuola fredde come lapidi»
  48. «Lentamente sulla memoria che accade»
  49. «O canto della neve chiuso dentro la fossa»
  50. «C’è gente che va in manicomio»
  51. «Tenuta ferma con lo stendardo dei venti»
  52. «La vestale»
  53. «Ha una voce di madre che cammina»
  54. Leggenda
  55. La bambina
  56. «La fatica del corpo cade dentro»
  57. «O folle nome che ha nome paura»
  58. «Mancava un palloncino nella mia vita»
  59. «Aveva nelle sue notti calcolato che l’Alpe»
  60. Invocazione
  61. Lo psichiatra
  62. Guerra
  63. «O anima che giri per gli eterni colli»
  64. «Non mettetemi accanto alle donne»
  65. «O cupo inverno che assalti con questi scudisci di neve»
  66. «Questa sorda popolazione scavata nella roccia e nel tufo»
  67. «Ci sono giorni che corrono»
  68. Il corvo
  69. Il grido della morte
  70. Per Vanni Scheiwiller
  71. Il libro
  72. L’autore
  73. Dello stesso autore
  74. Copyright