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In un suggestivo romanzo, ambientato nell'Inghilterra di Elisabetta I e di Maria Stuarda, Benson affronta e descrive il travaglio interiore che lo aveva portato alla conversione. Attraversato da due fili conduttori: la dialettica lacerante dell'uomo che quanto più è proteso alla ricerca della verità tanto più percepisce il dramma dell'ingiustizia e del peccato; la domanda che dà il titolo al romanzo, e che esprime l'insopprimibile esigenza dell'uomo di vivere pienamente solo nel seguire un'autorevolezza oggettiva. Proprio questa fu la chiave che aprì Benson alla Chiesa cattolica, l'unico luogo in grado di offrire questa Autorità liberando l'uomo dalla disperante solitudine del proprio criterio soggettivo, tipica del protestantesimo.

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2014
ISBN
9788858675540

PARTE SECONDA

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Capitolo I

ANTHONY A LONDRA

Lo sviluppo di una nazione può paragonarsi a quello dell’uomo: in entrambi vi è un periodo di adolescenza nel quale si manifestano nuove forze, si accresce la robustezza, si affacciano alla mente nuovi ideali, si risveglia la coscienza personale; le forme del corpo si fanno più pronunciate, e movimenti a un tempo vivaci e goffi succedono alla grazia dell’infanzia; si nota allora uno strano insieme di gentilezza e di rozzezza, di indolenza e di sensibilità; la volontà è soggetta a fantasie, facilmente eccitata e a stento calmata; e tuttavia questa età, nonostante gli inconvenienti che presenta, è indubbiamente un periodo di crescita.
Il regno di Elisabetta coincise precisamente con questo periodo di sviluppo dell’Inghilterra. Il suo giovanile vigore cominciava allora a manifestarsi, e Hawkins e Drake ne davano prova al mondo mostrando che quando l’Inghilterra allungava le membra dovevano necessariamente avvenire catastrofi all’estero. Le piaceva lo sfarzo e anche contemplarsi sulla scena del mondo, e cantare là le sue canzoni d’amore, simile a una fanciulla che si adorna davanti a uno specchio fissando con compiacenza i propri occhi; e tale appunto ci viene rappresentata da Marlowe, da Greene e da Shakespeare. Al tempo stesso, come il ragazzo che si diletta in divertimenti pericolosi, così essa godeva nell’assistere a combattimenti di orsi nell’arena, veder scorrere il sangue e ascoltare il ringhiare dei cani. La sua politica sotto Elisabetta era, come il suo genio, priva di accortezza, mal ponderata e capricciosa; ciò nonostante, come il ragazzo adolescente, il quale sebbene sia diventato più goffo riesce a spiccare salti più alti dell’anno precedente, essa finiva sempre col raggiungere i suoi intenti.
E per continuare col nostro paragone, mentre durante l’età di mezzo di questo regno i partiti e i poteri si controbilanciavano, si videro principi e tendenze manifestarsi in modo più determinato, come i muscoli e i tendini quando incominciano ad apparire nelle forme tondeggianti di un bambino in crescita. Cosicché, se fra il 1571 e il 1577 non ci furono cambiamenti notevoli negli affari dell’Inghilterra, la situazione prese però un aspetto più deciso: i vari partiti continuarono, per quanto alterando di poco le loro mutue relazioni, a svolgersi rapidamente secondo i loro diversi principi, facendosi sempre più distinti e meno disposti a venire ad accordi; le inimicizie estere diventarono più vive, i complotti contro la vita della regina più frequenti e più gravi, e l’opera di Walsingham per sventarli più persistente e sagace; nel commercio la concorrenza e le intraprese si fecero più ardite; la situazione in Scozia più complicata e i movimenti di rivolta e di repressione in Irlanda più violenti.
Ciò che accadeva in politica accadeva anche in religione, poiché esse erano inestricabilmente collegate; così, mentre i puritani si facevano ogni giorno più turbolenti e intolleranti, le loro adunanze più tumultuose e le loro domande più irragionevoli e interessate, i papisti divenivano quasi d’un tratto più numerosi e rigorosi nell’osservanza della loro religione, ciò che indusse il governo a usare contro di loro misure ancora più severe. Così che nel 1571 si giunse a promulgare l’atto che dichiarava essere delitto di alto tradimento tanto riconciliarsi che essere già riconciliati con la Chiesa di Roma, mettere in atto la bolla papale, possedere oggetti di superstizione e dichiarare la regina eretica o scismatica. La Chiesa d’Inghilterra, intanto, sotto la savia guida di Parker aveva incominciato con risolutezza sempre maggiore ad adottare una condotta di tolleranza e di moderazione e farsi la rappresentante del sentimento religioso di una nazione fortemente divisa in materia di fede, cercando di racchiudere entro il suo ovile ogni individuo che non fosse del tutto un fanatico sia nel campo papista che in quello puritano. Di modo che, tanto in politica interna che estera, in arte, in letteratura e in religione, l’Inghilterra si risvegliava e si liberava da ogni legame; gli ultimi fili che la tenevano ancora legata al continente venivano strappati dalla Riforma, ed essa, conscia della propria bellezza e della propria forza, credendo l’anima sua alfine desta e libera, era pronta a presentarsi al mondo come una potenza dominante e imperante.
Anthony Norris era stato come tanti altri colpito dalla visione di questa sua giovane patria, che attendeva di essere servita dai suoi figli. Aveva lasciato Cambridge nel’73 e grazie al generoso assegno che gli passava il suo tutore, aveva per tre anni condotto una vita senza scopo alcuno: era stato con Hubert nel nord dell’Inghilterra, poi a Great Keynes dove non aveva fatto altro che annoiarsi, quindi in casa ora di un amico ora di un altro, e in ultimo aveva finito col concludere, come già gli era stato fatto osservare da molti, che stava perdendo il suo tempo. Aveva allora incominciato a cercarsi un’occupazione e nella scelta di essa influì naturalmente l’educazione religiosa ricevuta nella fanciullezza, la quale aveva tenuto desto in lui quel senso del soprannaturale, che altrimenti avrebbe potuto essere soffocato dalla sua esuberante vita fisica. Riflettendo al modo col quale avrebbe potuto servire il suo paese, divenne conscio che il carattere religioso di esso aveva per lui una speciale attrattiva; quindi per un po’ di tempo ebbe l’idea di ricevere gli ordini, poi l’abbandonò, continuando però sempre a desiderare di servire in qualche modo la Chiesa nazionale. Vi era in essa molto che poteva impressionare i suoi figli, poiché se mancava di unità in materia di fede e in politica, ciò però non appariva in modo del tutto manifesto, e la sua intrepida condotta era tale da colpire gli animi. Possedeva grandi ricchezze e grande potenza; gli antichi edifici e le loro rendite erano in suo possesso; il potere civile a sua disposizione e la regina stessa desiderava ardentemente estendere sempre più la sua autorità e proteggere i suoi vescovi contro l’usurpante potere del parlamento; e a questo fine pretendeva per la sola Corona il diritto d’essere il punto d’unione tra la parte civile della nazione e quella ecclesiastica e di convalidare col suo consenso o annullare col suo veto tanto gli atti del parlamento, che quelli dell’assemblea del clero. Pareva ad Anthony che la Chiesa d’Inghilterra avesse davanti a sé un grandioso destino, come rappresentante del sentimento religioso d’una nazione che cominciava ad acquistare nel mondo una posizione dominante, e che non esistessero limiti all’influenza che essa avrebbe potuto esercitare disciplinando l’esuberante forza dell’Inghilterra e opponendosi con la sua prudenza e padronanza di sé all’appassionato fanatismo delle nazioni latine. Così a poco a poco in luogo del difettoso individualismo, che era la sola cosa ch’egli conosceva della religione, sorse davanti a lui la visione di una Chiesa vivente, che avanzava terribile come un’armata con i vessilli spiegati, circondata dal rispettoso affetto che il nazionalismo poteva darle, con la regina stessa per custode e grandi prìncipi e prelati per sostenitori; mentre accanto alle ruote del suo splendido carro camminavano i suoi ardenti, cavallereschi figli, che la servivano per terra e per mare diffondendo ovunque le sue glorie, e ciò forse non tanto per difesa delle sue pretese spirituali, quanto perché essa era ossa delle loro ossa, e non meno zelante di loro nel tenere alto il nome e il carattere dell’Inghilterra. Quindi, allorché verso la fine del ’76 fu offerto ad Anthony, grazie alle raccomandazioni di un amico, il posto di gran scudiere nella casa dell’arcivescovo di Canterbury, egli l’accettò con vero entusiasmo.
In altri tempi questa carica dava molto da fare, ma l’arcivescovo Grindal, in ciò diverso dal suo predecessore, non era amante del fasto e preferiva una vita semplice e tranquilla. Egli, che sin dai primi anni del suo episcopato era caduto in disgrazia presso la regina, godeva allora dei suoi ultimi giorni di libertà e ne approfittava per attraversare spesso il Tamigi e andare a conferire con i suoi amici e con i membri del Consiglio.
Correva voce che Elisabetta fosse decisa ad abolire tanto i Prophesyings dei puritani, quanto le funzioni dei papisti, e ciò perché entrambi contribuivano a turbare quella pace che era risoluta a mantenere nel regno; Grindal dal canto suo appariva deciso a non cedere davanti ad alcuna ingiunzione. Si diceva persino che avesse scritto a Elisabetta di non immischiarsi in ciò che non la riguardava, che anche lei avrebbe dovuto un giorno rendere conto delle sue azioni al tribunale di Cristo, e che avesse finito col minacciarla dell’ira di Dio se avesse persistito nei suoi propositi. Un paggio reale aveva raccontato che un giorno, mentre sedeva nella sala di guardia, aveva udito Sua Maestà bestemmiare come un soldato e dichiarare che se lei era come Oza, Achab e compagnia, come Grindal le aveva detto, avrebbe fatto in modo ch’egli fosse almeno come Michea, figlio di Jemla.
Poi incominciò a trapelare che Elisabetta mandava i suoi ordini direttamente ai vescovi invece che per mezzo del metropolitano, e a poco a poco apparve manifesto che l’arcivescovo stava per cadere del tutto in disgrazia. Le barche che solevano approdare a Lambeth diminuirono di numero di giorno in giorno, e le lunghe tavole nella sala da pranzo divennero sempre più deserte.
Un giorno, al suo ritorno a Lambeth, Anthony notò che vi era nel palazzo qualche cosa d’insolito; a pranzo poi lo colpì l’aspetto triste e agitato di Grindal, che non toccò quasi cibo e, appena finito, lasciò in fretta la sala. Pochi minuti dopo un servo venne a dire ad Anthony che farcivescovo desiderava parlargli e che l’aspettava nel cortile. Il giovane si affrettò ad andare da lui, ma visto che discorreva animatamente con uno dei suoi segretari, si fermò a una certa distanza in attesa di essere chiamato. Pochi minuti dopo il segretario inchinatosi rientrò in casa, e Grindal, fatti ancora alcuni passi su e giù, cercò con lo sguardo Anthony e gli fece cenno di avvicinarsi.
«Signor Norris» disse. «Abbia la compiacenza di fare subito sellare sei cavalli; il signor Frampton le darà poi altri ordini in proposito. Informi pure, la prego, tutti i miei servitori che ho dei dispiaceri a causa di Sua Maestà e che mi daranno prova della loro fedeltà obbedendomi con prontezza. Oggi stesso, ma ciò rimanga fra noi, mi è stato comunicato dai membri del Consiglio che per sei mesi io non debbo uscire di casa, e ciò per volontà della regina. Ora, essendo io deciso, come ho anche scritto a Sua Maestà, a non proibire gli Esercizi e a continuare a governare il mio gregge secondo i lumi che mi darà il Signore, non so davvero come le cose andranno a finire.»
Fu con vero dolore che i sottoposti di Grindal appresero queste notizie, essendosi egli, con il suo carattere dolce e affabile, conquistato l’affetto di tutti loro; nessuno però ne fu afflitto quanto Anthony, il quale sapeva pure quanto egli fosse mal visto anche dai papisti.
Costoro in quell’anno erano non solo cresciuti di numero, ma si mostravano sempre più risoluti a non conformarsi al nuovo culto, sì che giungevano continuamente lagnanze contro di loro. Nel novembre le cose si fecero così serie che l’arcivescovo stesso si sentì obbligato a prendere provvedimenti per punire i non conformisti; e nel dicembre giunse la notizia che a Lanceston, in Cornovaglia, Cuthbert e Maine erano stati messi a morte. Alcuni giorni dopo Anthony poté accorgersi dell’ira che questo fatto aveva suscitato fra i cattolici. Se ne tornava a cavallo da Battersea, allorché giunto vicino alla porta di Morton vide un uomo che stava attaccandovi un foglio; ma lo sconosciuto, accortosi di lui, scappò via prendendo attraverso i campi. Anthony rimase un momento incerto se inseguirlo o no, poi, curioso di sapere di che cosa si trattasse, andò a staccare il foglio e vide che conteneva un vero e proprio attacco contro l’arcivescovo sospettato di avere avuto parte nella morte dei due papisti. Entrato nel palazzo, lo fece leggere al signor Scott e quando questi glielo ebbe reso lo gettò sdegnato nel fuoco.
«Ma perché l’ha fatto?» esclamò il maggiordomo.
«Avrebbe forse voluto che lo incorniciassi per poi mostrarlo all’arcivescovo?»
«Veramente non so se, agendo così, ella abbia inteso nuocere ai papisti; tali ingiuste accuse sono la loro maggior condanna, ed è sempre meglio conservare prove contro un traditore, anziché distruggerle; inoltre ci sarebbe stato possibile arrestare quel birbante, ora invece bisognerà rinunciarvi» soggiunse guardando il foglio già nero e accartocciato.
«È un mistero per me come vi possano essere dei papisti» disse Anthony.
«È gente che odia l’Inghilterra» rispose il maggiordomo. Ma al ricordo di Sir Nicholas e della sua signora, Anthony si domandò se ciò poteva dirsi anche di loro. Egli però non dubitava che ciò fosse vero dei cattolici come corpo: essi avevano cessato di essere inglesi; la causa del Papa e della regina erano irriconciliabili. E così quell’incidente non fece che accrescere in lui il sentimento di amore e di fedeltà alla patria, che già così vivo ardeva nel suo cuore. Tale sentimento venne ora ravvivato in lui da quel poco che poté vedere della vita di corte e ciò grazie a Mary Corbet, che solo una volta o due aveva visto in società, senza però avere mai avuto, da quando l’aveva incontrata a Great Keynes, occasione di parlarle. Spesso nel ricordare quel tempo e la sua fanciullesca passione per Mary, si era sentito salire le fiamme al viso; tuttavia quel suo antico affetto non era ancora del tutto spento; cosicché alcuni giorni dopo provò un certo turbamento nel ricevere un biglietto di Mary Corbet, che gli chiedeva di andare a trovarla quello stesso giorno a Whitehall Palace.
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Puntualmente all’ora indicata Anthony si presentò al palazzo; fu subito introdotto in una galleria tutta illuminata dal sole e con finestre che davano su un grande cortile dove i cavalieri solevano giostrare, e che era adesso avvolto in un pulviscolo dorato. Abbagliato da quella gran luce si fermò un istante sulla porta e in quel mentre udì un’esclamazione di gioia e vide farsi avanti l’attraente figura di Mary, che ricordava così bene. La giovane non era quasi punto cambiata da quando sei anni addietro era stata alla Hall, e Anthony, alla vista di quegli occhi scintillanti e di quelle labbra vermiglie, sentì di nuovo tutto il fascino di lei.
«Come son felice di-rivederla!» disse Mary. «Ricordo ancora i bei giorni passati a Great Keynes» e nel pronunciare quelle parole gli strinse così forte la mano ch’egli fu quasi forzato a credere di essere sempre stato l’oggetto dei suoi pensieri.
«In che posso servirla, signorina Corbet?» domandò inchinandosi.
«Servirmi? Ma ciò che desidero è soltanto discorrere un poco con lei e avere notizie dei nostri buoni amici» e così dicendo lo fece sedere nel vano di una finestra.
Anthony si affacciò un momento e nella grande, luminosa corte vide un uomo a cavallo con un lungo bastone in mano che si dimenava violentemente dando forti strattoni alle redini e bestemmiando ad alta voce.
«Ah guardi quello sciocco!» esclamò Mary. «Crede che il suo cavallo sia stupido quanto lui.»
«Chris, Chris» gridò al cavaliere. «Imbecille, non tratti in quel modo la sua povera bestia, cerchi di calmarla; non capisce che cosa lei voglia con le sue sfuriate e con quel suo bastone che le gira come un mulino a vento intorno alle orecchie.»
Il cavaliere smise d’un tratto d’imprecare e guardò in alto furioso; Anthony vide allora un viso acceso circondato da una folta barba nera.
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«Vede, Chris?» proseguì Mary senza dargli tempo di rispondere. «La povera bestia è di nuovo tranquilla come una pecora. Ora dia il colpo.»
«Ma che fa costui?» chiese Anthony.
«Si esercita alla quintana. Ah, ah!» esclamò vedendo che il cavaliere non aveva centrato il bersaglio e riceveva nel passare un forte colpo sulla schiena. «Va al mercato, Chris? È seguito da un ben duro pastore. Bee, bee, pecora nera.»
«Chi è quel cavaliere?» domandò Anthony, mentre l’altro, come spinto dalle contumelie che gli piovevano dall’alto, spariva in direzione delle scuderie.
«È Chris Hatton, che la regina chiama la sua pecora; e di pecora ha infatti l’intelligenza, gli occhi, la voce e anche la mansuetudine, poiché segue ovunque Sua Maestà. Ma abbastanza si è parlato di lui; mi dica adesso un po’ qualche cosa di Isabel; non si è ancora fatta papista?»
Anthony fece un viso così meravigliato che Mary scoppiò in una risata.
«Via, via, non ho mica detto niente di male. E quel giovane, che era assente l’ultima volta che sono stata a Great Keynes, si è forse fatto protestante?»
A questa nuova domanda Anthony parve ancora più stupito.
«Ma mio caro, dove ha gli occhi?»
«Signorina Corbet, io non so veramente che cosa intenda dire. Hubert è a Durham già da alcuni anni e nessuno parla di...» e si arrestò.
Il viso di Mary si fece nuovamente serio.
«Sì, sì, sono sempre stata una chiacchierona; mi scusi signor Anthony.»
Parlarono allora di Great Keynes, di Sir Nicholas, dell’arresto e della morte del signor Stewart; poi Mary volle ch’egli le raccontasse nei più minuti particolari la vita che conduceva a Lambeth e Anthony a poco a poco incominciò ad animarsi e a divenire sempre più disposto a far confidenze. Mary era così affabile e graziosa mentre lo interrogava e ascoltava con tanto interesse, e il suo delicato profumo di viole risvegliava in lui tanti dolci ricordi!
A un tratto si udì lo squillo di una tromba; Mary alzò un dito e piegò i...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. Collana fondata da Don Luigi Giussani diretta da Don Julián Carrón
  5. IL CORAGGIO E LA PROFEZIA DI BENSON
  6. PARTE PRIMA
  7. PARTE SECONDA
  8. PARTE TERZA